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Come appropriarsi dello spazio educativo: indicazioni

Nel documento RicercAzione Volume 10 - Numero 1 (pagine 35-40)

architecture and design to transform schools together

3. Come appropriarsi dello spazio educativo: indicazioni

pedagogiche

Le Linee guida del MIUR 2013 per l’e-dilizia scolastica2 sono un ottimo punto di riferimento per attivare questo processo di consapevolizzazione, perché descrivono un’intenzione di rinnovamento atta a connet-tere i nuovi spazi per l’apprendimento con le innovazioni didattiche e l’utilizzo della tecno-logia. Esse forniscono criteri di progettazio-ne flessibili, coerenti alle esigenze eteroge-nee riconosciute dagli utenti della scuola. Si definiscono nuovi ambienti informali dedicati alla didattica, indicati come «spazi informa-li d’apprendimento», che sostituiscono ginforma-li spazi puramente adibiti al passaggio come i corridoi e gli spazi di risulta. Si propone di ridurre la specificità delle funzioni dei luoghi della scuola, con l’obiettivo di massimizzare la fruibilità di tutti gli spazi. Appare dunque l’immagine di un unico spazio organico in cui bambini e insegnanti hanno maggiori possi-bilità di personalizzare le attività di apprendi-mento.

Al fine di maturare maggiore consape-volezza nei confronti degli ambienti della scuola, in questo paragrafo sarà proposta una traccia esplorativa di nove spazi chiave,

2 http://www.istruzione.it/archivio/web/ministero/cs110413.html.

contenenti le nove funzioni principali che si possono individuare negli edifici scolastici.

La formalizzazione di questo percorso è se-guita a un’attività di formazione e di ricerca insieme a un gruppo di insegnanti di scuola dell’infanzia facenti capo alla Federazione Scuole Materne di Trento (Weyland & Gal-letti, 2018).

Premessa di questo discorso è che la definizione delle funzioni degli ambienti edu-cativi nella scuola (dall’infanzia all’università) non sia più casuale, ma che abbia un signi-ficato pedagogico didattico preciso. A ogni allocazione si deve dare un perché, che ab-bia una sua forza e chiarezza.

3.1 Ingresso

L’ingresso è la faccia della scuola, con-nota il primo contatto di bambini e famiglie con un edificio che li accoglierà per diver-so tempo della loro vita, che segnerà il loro rapporto con le istituzioni, con l’istruzione, la cultura, il sapere, la socialità istituzionalizza-ta. È importante che esso ne rifletta i valori (mediante forme, colori, materiali), introdu-cendo l’esperienza che sarà vissuta all’inter-no dell’edificio. Ancora prima d’oltrepassare il cancello d’entrata, la scuola ha l’occasione di comunicare la sua presenza, lasciando una traccia nel tessuto urbano ed essere facilmente individuata sia dal bambino che dal genitore. Per attrarre il bambino, senza comunicare separazione, l’ingresso può si-mulare un abbraccio, pronto a sovrapporsi a quello dei genitori, per ristabilire il legame mancante.

Per accogliere e trasmettere senso di ac-coglienza in primo luogo è importante che la porta d’entrata sia facilmente individuabi-le e raggiungibiindividuabi-le. L’ingresso deve poter già raccontare alle persone e ai bambini che stanno per entrare al suo interno. L’impegno pedagogico consiste dunque nel sceglie-re come e con che cosa si vorrà connotasceglie-re

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l’accoglienza, come si vorrà accompagnare gli arrivi, decidere attraverso quali strumenti parlare a grandi e piccini.

Utile può essere studiare anche il percor-so di avvicinamento alla scuola dei bambini fino al momento dell’ingresso. Gli spazi anti-stanti, infatti, possono già offrire un senso di prima protezione e creare una sorta di cortile accogliente piacevole per bambini e famiglie.

L’ingresso per essere un sinonimo di ac-coglienza e di primo incontro con la comuni-tà scolastica ha bisogno di spazio. Anche gli arredi non sono da trascurare, possono rac-contare che si entra non a scuola, ma in un

“albergo delle conoscenze, delle esperienze e del gioco”. E come per gli ingressi degli alberghi, lo studio di questo ambiente è il più importante sia in termini architettonici sia in termini pedagogici, perché li si gioca gran parte della fiducia nei confronti del bambino e delle famiglie (Walden, 2009).

3.2. Guardaroba

Nei paesi nord europei il guardaroba all’ingresso è un must, ormai non solo nelle scuole, ma addirittura negli uffici, anche negli studi degli architetti.

Il guardaroba comune all’entrata si sta diffondendo a macchia d’olio nella scuola dell’infanzia e lentamente anche alla primaria (Kühebacher & Watschinger, 2007). La ra-gione di questo boom sta molto nel fatto che si è scoperto il valore del pavimento come superficie didattica di grande importanza, soprattutto per i bambini più piccoli. Lavora-re a terra, lo sappiamo, piace molto ai bam-bini, anche ai più grandi piace sedersi per terra per parlare o fare cose. Gli esperti della pedagogia del corpo ci indicano che le atti-vità a pavimento sostengono uno sviluppo armonico e che potenziano anche l’appren-dimento (Tolia & Puig, 2016; Gamelli, 2011).

Un guardaroba comune all’entrata permette alla scuola di recuperare le zone comuni e i vecchi corridoi, per farle diventare luoghi di incontro, gioco e lavoro, aree di attività

indi-viduali o a piccolo gruppo, pulite e libere dai vecchi appendiabiti, sgombre dalle giacche e dalle scarpe, spesso impolverate e spor-che, soprattutto in inverno.

Il guardaroba valorizza enormemente gli spazi di cerniera/deambulazione/colle-gamento della scuola, sono molto più facili da arredare e da organizzare e se si apro-no squarci sulle aule, con trasparenze visive che permettono di mantenere una comunità di sguardi tra interno ed esterno, è possibile creare visivamente la sensazione una comu-nità che apprende.

Il guardaroba può rappresentare anche il luogo degli incontri, dove avviene il dialogo tra casa e famiglia: all’infanzia è uno spazio in cui il genitore è ancora accettato all’inter-no della scuola. Come tale rappresenta un luogo “testimone”, tra la vita personale e quella istituzionale, in cui l’insegnante pren-de in consegna e accoglie il bambino e allo stesso tempo dove possono avvenire i rituali del saluto.

In generale è opportuno soffermarsi a ra-gionare sulle informazioni pedagogiche che si vogliono dare a questo spazio perché, a seconda delle dimensioni, è possibile ren-derlo un luogo di icontro e scambio (perché no, informativo e anche culturale) per i geni-tori anche alla scuola primaria, e per i ragazzi alla scuola secondaria.

3.3. Spazi comuni e agorà

Gli spazi comuni e l’agorà sono luoghi di incontro importanti per i bambini e i ragazzi e spesso rappresentano il cuore della scuola, dove si materializza l’identità pedagogica e culturale che si vuole dare al percorso edu-cativo (Ellsworth, 2005). Essi costituiscono una occasione per portare alcune attività all’esterno della sezione o dell’aula, che non è più una isola a sé, ma diventa una par-te di un sispar-tema che inpar-teragisce con le al-tre parti. In genere gli spazi comuni mettono in rete gruppi di aule creando gli ormai noti cluster, o raggruppamenti di ambienti, che in

Germaina ormai stanno diventando il nuovo standard per costruire scuole3.

In area anglofona vengono denominati open learning spaces e rappresentano la vo-lontà di condividere luogo comunitario (Boys, 2011). Sono luoghi non più di passaggio, ricchi di funzioni allocate spesso in nicchie, gradonate ed elementi spaziali curiosi e in-consueti. Tra le funzioni, si sta sempre di più considerando l’idea di posizionare proprio nell’agorà una sorta di biblioteca diffusa e aperta, per lasciare che bambini e ragazzi abbiano momenti di incontro ed esplorazio-ne dei libri da soli o insieme ad altri anche esplorazio-nei momenti non strutturati.

Anche le pareti e la pavimentazione po-trebbero essere utilizzate a fini didattici (per contenere, per raccontare, per supportare) e pertanto le forme, le inclinazioni, l’utilizzo dei materiali, necessitano delle opportune infor-mazioni pedagogiche essere progettati con-seguentemente. Con lo scopo di consentire utilizzi diversi e simultanei (a grande gruppo, a piccolo gruppo e singolarmente) è impor-tante considerare anche le dimensioni della privacy visiva e acustica, in modo tale da evi-tare momenti di disordine e rumore non pre-visti, ad esempio mediante la progettazione di quinte e paraventi mobili, controsoffitti fo-noassorbenti, mobili contenitori e sedute a scomparsa.

3.4. Aula

L’aula o sezione è un luogo importante di attività per i bambini. Sia le indicazioni na-zionali per il curricolo, sia le direttive di edi-lizia scolastica del MIUR del 2013, sia altri documenti scientifici (Biondi, Borri & Tosi, 2016; Orsi, 2017; Hille, 2011; Hertzbeger, 1962; per indicarne solo alcuni) ci indicano però che non deve essere più pressochè l’u-nico luogo dell’attività didattica. Si sta troppo tempo a scuola per rimanere sempre negli stessi spazi. Per quanto siano a norma, la

3 https://bildung.bmbwf.gv.at/schulen/sb/raumbildung3.pdf?61edse.

classe è sempre troppo angusta per conte-nere in media 20 bambini dalle 5 alle 7 ore al giorno. Marco Orsi, il padre delle scuole sen-za sen-zaino, in particolare, ha chiamato questa situazione “spazio a densità eccezionale”, notando che la classe sia l’unico luogo nella vita in cui così tante persone stanno insieme per tante ore al giorno.

Ora, si stanno sperimentando diverse so-luzioni per superare le criticità dell’aula come spazio didattico prevalente. La prima è quel-la che prevede buona connessione visiva tra lo spazio classe/sezione e uno spazio adia-cente o antistante, per consentire una sorta di ibridazione tra dentro e fuori, per svolge-re attività di gruppo o di interscambio e per estendere il perimetro delle attività.

Si stanno inoltre diffondendo diverse esperienze di scuole (dell’infanzia e prima-rie) che praticano l’approccio della didattica aperta (Demo, 2017) e che sostengono il diritto al movimento dei bambini in tutto l’e-dificio per raggiungere aule diverse tra loro, perché contenenti materiali e attività diverse.

La tematizzazione delle diverse aule, con-nesse tra loro attraverso gli spazi comuni, consente di creare un paesaggio didattico molto più grande in cui, per esempio, all’in-fanzia si trova la sala costruzioni, l’atelier di pittura, la sala travestimenti e giochi di ruolo, e così via, mentre alla primaria si trova l’a-telier dei linguaggi, l’al’a-telier delle scienze, il laboratorio di matematica ecc.. In Alto Adige tutte le scuole dell’infanzia di lingua tedesca, dopo un periodo di transizione e di intensa formazione durato circa sei anni, oggi sono orientate alla didattica aperta, per sostenere l’autonomia del bambino, la differenziazione delle attività e per permettergli di utilizzare tutti gli ambienti della scuola e avere luoghi di attività meno affollati e più spaziosi.

Le sezioni e aule tematiche aiutano nell’organizzazione più funzionale degli spazi e soprattutto offrono la possibilità di rendere i

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diversi ambienti più accattivanti e accoglien-ti. Gli atelier (non più classi) tematici della scuola primaria e secondaria, per esempio, sarebbero già attrezzati con tutto l’occorren-te necessario per le diverse mal’occorren-terie di inse-gnamento. Gli insegnanti sarebbero in que-sto modo cuque-stodi e guide di una specifica attività didattica, alla quale i bambini potreb-bero partecipare più o meno liberamente, esercitando in questo modo l’autonomia in tutto il corpo della scuola.

3.5 Aule laboratoriali e biblioteca

Con aule laboratoriali descriviamo tut-ti quegli spazi non aula che sono destut-tinatut-ti ad attività specifiche: il laboratorio di arte e la sala nanna nella scuola dell’infanzia, per esempio, i laboratori di scienze, tecnica, arte e musica nella scuola primaria e secondaria.

I laboratori generalmente sono considerati i tesori della scuola, i primi luoghi del fare.

Come tali possono già connotarsi come spazi tematici particolarmente attrezzati, accessibili a tutti e arredati per fare attività hands on, oppure corporee, di relax insieme, a gruppi, o individualmente. È importante custodire e difendere questi tesori impe-gnando il pensiero pedagogico per attrez-zarli in modo tale da non emulare il modello della classe e per agevolare in modo molto concreto le attività laboratoriali attive.

Nei progetti per le nuove scuole si pone grande attenzione alla giusta allocazione dei laboratori nella scuola. Importanti rifles-sioni teoriche e esperienze progettuali con-fermano l’opportunità che siano allocati in luogo centrale (Lippman, 2010; Nair, Fiel-ding & Lackney, 2009; Hertzberger, 2008), in modo tale da diventare una risorsa facil-mente accessibile per tutti. L’informazione pedagogica, in questo senso, può aiutare la progettazione perché indica se l’accesso ai laboratori avviene anche in orario extrasco-lastico, consentendo anche un uso sociale e civico, o diversamente se è riservato alla sola comunità scolastica. Nel primo caso spesso

i laboratori vengono allocati al piano terra, facilmente accessibili anche alla comunità esterna, nel secondo caso possono essere allocati sia ai piani, in prossimità delle scale, perché tutti gli allievi possano facilmente rag-giungerli, sia in altri luoghi, se l’allocazione vuole potenziare un certo tipo di attività.

La sala relax e nanna (per i più piccoli), in particolare, per essere concepita come un luogo intimo e tranquillo, può essere pro-gettata e arredata con materiali piacevoli al tatto, che ricordino lo spazio domestico, in grado d’offrire diverse soluzioni ai bambini a seconda che cerchino più o meno privacy o contatto tra loro. Per non limitare il suo uti-lizzo alla sola funzione del riposo, l’informa-zione pedagogica può essere quella di indi-care che la sala ospiterà anche attività calme come lo yoga, la drammatizzazione, la psi-comotricità, la danza, la lettura, il racconto e questo determinerà un progetto più versatile della stanza.

La biblioteca sta assumendo sempre di più un ruolo importante per fare da cerniera tra scuola e territorio. Il pensiero pedagogico di nuovo può definire se questo luogo deb-ba rimanere chiuso alla comunità interna o luogo aperto e dinamico, se può essere uno spazio di accoglienza delle attività culturali oltre le maglie strette delle discipline per ac-cogliere le diverse varianti culturali del sapere e della conoscenza.

Spesso le stesse biblioteche pensate in questa ottica si ibridano con le zone delle grandi rappresentazioni (agorà all’ingresso, aula magna), includendo nella progettazio-ne anche un palco o tribuna da usare come particolare spazio per la lettura a terra, op-pure per rendere i bambini protagonisti dei loro processi di apprendimento con attività di presentazione ciclica dei loro apprendi-menti e successi.

3.6 Spazio insegnanti o salotto

Gli spazi dedicati per gli insegnanti, in chiave fenomenologica, riescono a

misura-re il valomisura-re che questi hanno nella scuola e possono qualificare o meno la relazione che i docenti intendono instaurare con i genitori e i bambini.

Se allocati in zona ingresso, racconta-no di una comunità al lavoro che accoglie i bambini e li aspetta. Se allocati in prossi-mità delle sezioni, in zona sempre centrale, indicano la volontà di condividere momenti di attività e lavoro insieme.

Anche se gli insegnanti rappresentano la categoria di persone che passa più tempo all’interno dell’edificio scolastico, non sempre hanno a disposizione spazi adeguati ai loro bisogni. L’informazione pedagogica consiste nel richiedere esplicitamente un luogo dedi-cato che possa essere abitato dai docenti, per ottenere e diffondere benessere. Lo spa-zio insegnanti può diventare, infatti, anche un luogo dove fare ricerca, dove pianificare le attività con i colleghi, dove riposarsi e rige-nerarsi, dove sostare e bere un caffè o del tè, dove poter riporre i propri oggetti e la propria documentazione. È un luogo importante di attività di back office, personalizzabile dun-que, in modo tale da sentirsi bene all’interno della scuola anche quando non si è insieme ai bambini. In questo modo potrebbe diven-tare uno spazio particolarmente speciale, il cosiddetto “salotto della scuola” acces-sibile anche ai bambini in certi momenti, e addirittura prevedere al suo interno funzioni compatibili con la presenza degli insegnanti, come la biblioteca o la mediateca.

3.7 Bagni e atelier dell’acqua

I bagni stanno diventando un importante segnale del rispetto e della valorizzazione dei bisogni fondamentali dell’individuo. Vengono spesso segnalati negli sportelli di ascolto che svolgiamo nelle scuole come luoghi comple-tamente trascurati (Weyland, 2016). In un

4 Il progetto Torino fa scuola consiste in un percorso modello sostenuto dalla Fondazione Agnelli e dalla Com-pagnia San Paolo, per ristrutturare due scuole secondarie di primo grado a partire da un concetto pedagogico degli spazi che è stato definito insieme alla sottoscritta. www.torinofascuola.it.

progetto di accompagnamento degli inse-gnanti allo sviluppo del concetto pedagogi-co e all’interlocuzione pedagogi-con gli architetti per la redazione del progetto definitivo del nuovo edificio della scuola media Enrico Fermi, all’interno del progetto “Torino fa scuola”4, i bambini e i ragazzi della scuola primaria e secondaria di primo grado, dopo la visione del video di presentazione dei render, espri-mevano perplessità proprio sul fatto che non fossero stati rappresentati i bagni.

È dunque fondamentale porre nuova at-tenzione pedagogica a questi spazi, perché non solo soddisfino le necessità fisiologiche basilari dei bambini, ma diventino un baro-metro che misura il benessere della stessa struttura e di tutta la comunità.

Inoltre, se posizionati in stretto contatto con la sezione, sempre nel caso dei piccoli, o con atelier dedicati, nel caso delle scuo-le primarie, essi possono assumere funzioni didattiche particolari e diventare i “laboratori dell’acqua”, attrezzati per esempio con er-bari o zone con acquari e tartarughe. Inoltre possono essere arredati inserendo elementi familiari come i libri o accessori tematici, ren-dendoli meno asettici e più intimi e simili a quelli casa.

3.8 Giardino e spazio esterno

Lo spazio esterno alla scuola dell’infanzia ha una qualità importante. Descrive non solo il rapporto con il mondo e il rispetto delle at-tività di gioco e di esplorazione dei bambini, ma valorizza l’incontro con la natura, anche solo attraverso l’accoglienza al suo interno dei materiali naturali (Guerra, 2017, Kaplan &

Kaplan, 1989).

In generale si auspica che esso sia una zona verde, non troppo attrezzata, ma re-alizzata con elementi naturali: collinette, le-gni, grossi sassi del posto, per fare si che

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i bambini possano arrampicarvisi, giocare a nascondino, girarvi intorno.

Il giardino, pur trovandosi all’esterno dell’edificio scolastico, può amplificare le lo-giche di strutturazione dello spazio e di or-ganizzazione delle attività all’interno, come la didattica aperta, per progetti, o attiva. Per enfatizzare la continuità tra esterno ed inter-no, possono essere allestite zone pavimen-tate e parzialmente coperte in adiacenza degli spazi didattici, con lo scopo d’ottene-re degli ambienti esterni di pertinenza, dove prolungare le attività. Gli spazi a cielo aperto costituiscono un’importante risorsa per la scuola, sia a fini ricreativi che didattici; infatti, nell’ottica del learning landscape di Herman Hertzberg (2008), lo spazio naturale assume il ruolo di laboratorio, per l’osservazione dei fenomeni naturali e del cambio delle stagioni e per la sperimentazione. Per aumentare la ricchezza dell’offerta di esperienze, il giar-dino potrebbe essere studiato dal punto di vista tattile e olfattivo, utilizzando essenze e pavimentazioni differenti e stimolanti.

3.9 Sala da pranzo

La sala da pranzo e la cucina sono di soli-to legate a orari e a contratti molsoli-to vincolanti rispetto al loro utilizzo. Nelle Linee guida per l’architettura scolastica del Miur (2013) sono invece proposte in una chiave nuova: la cu-cina diventa permeabile (almeno visivamen-te) per i bambini della scuola, assumendo la funzione di “laboratorio del gusto”. Secondo le Linee Guida, e osservando anche alcu-ne esperienze italiaalcu-ne5, i locali della mensa possono essere ascritti alla quota degli spa-zi scolastici polifunspa-zionali e quindi prevede-re un utilizzo più flessibile. In questo modo l’ambiente si presta dunque per svolgere va-rie attività prima e dopo l’orario riservato per il pranzo, permettendo alla scuola di

recu-5 Le esperienze italiane di uso polifunzionale dello spazio mensa sono diverse, meritano attenzione in questo senso le esperienze emiliane delle scuole di Reggio Children e l’esperienza del Circolo Didattico di Città di Ca-stello http://www.scuolesanfilippo.org/moodle/.

perare una superficie di spazio comune non indifferente. Essendo un luogo prevalente-mente destinato ai rituali riguardanti il consu-mo e la condivisione del cibo, l’informazione pedagogica può accompagnare una pro-gettazione che enfatizzi questo importante momento comunitario (ad es., curando la privacy acustica e visiva, consentendo di variare il numero di bambini seduti al tavolo, studiando arredi differenti per evitare la con-fusione e per sostenere l’intimità del rituale), oppure potrebbe orientare la progettazione a un setting che possa essere utilizzato, gra-zie alla vicinanza con la cucina, come “luogo del saper fare” e dell’apprendere da chi “sa fare”, studiando un momento della routine

perare una superficie di spazio comune non indifferente. Essendo un luogo prevalente-mente destinato ai rituali riguardanti il consu-mo e la condivisione del cibo, l’informazione pedagogica può accompagnare una pro-gettazione che enfatizzi questo importante momento comunitario (ad es., curando la privacy acustica e visiva, consentendo di variare il numero di bambini seduti al tavolo, studiando arredi differenti per evitare la con-fusione e per sostenere l’intimità del rituale), oppure potrebbe orientare la progettazione a un setting che possa essere utilizzato, gra-zie alla vicinanza con la cucina, come “luogo del saper fare” e dell’apprendere da chi “sa fare”, studiando un momento della routine

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