• Non ci sono risultati.

Socio-materialità dei dispositivi didattici

Nel documento RicercAzione Volume 10 - Numero 1 (pagine 53-57)

La comunità scolastica ripensa l’ambiente di apprendimento

1. Socio-materialità dei dispositivi didattici

Già nell’opera di Comenio, riconosciu-to epigono della didattica della modernità occidentale, l’illustrazione didascalica della scuola, contenuta nell’antesignano e proto-tipale ‘libro di testo’ Orbis Pictus, oltre a fare riferimento al ‘maestro’ ed allo ‘scolaro’ si sofferma sulla configurazione materiale e su-gli strumenti dell’ambiente di apprendimen-to. Infatti, si legge:

«Schola, 1. est Officina, in qua Novelli Animi formantur ad virtutem, & distingui-tur in Classes.

Praeceptor, 2, sedet in Cathedra, 3. Di-scipuli, 4. In Subselliis, 5. ille docet, hi di-scunt.

Quaedam praescribuntur illis Creta in Ta-bella, 6.

Quidam sedent ad Mensam, & scribunt, 7. Ipse corrigit Mendas, 8.

Quidam stant, & recitant mandata memo-riae, 9.

Quidam confabulantur, 10. ac gerunt se petulantes, & negligentes; hi castigantur Ferula (baculo), 11. & Virga, 12.” (Come-nius, 1658).

Non è questa la sede per un’analisi detta-gliata dell’immagine archetipica della scuola della modernità illustrata da Comenio, del-la quale tuttora permangono molti caratteri mentre sono caduti o mutati altri aspetti. Ri-levanti, ai fini della riflessione sugli ambienti di apprendimento, sono gli elementi spaziali, strumentali e simbolici che richiama: la plura-lità di azioni che possono svolgersi nello spa-zio operativo (officina) della scuola e la sua articolazione in Classes; gli strumenti che vi s’impiegano –in primis la Tabella poi Ferula

& Virga- e la precisa e gerarchica definizione dei ruoli ascritti al Praeceptor e ai Discipu-li per la formazione ‘ad virtutem’ dei NovelDiscipu-li Animi, sono i caratteri che configurano il

di-spositivo didattico. Nella visione comeniana questo dispositivo era considerato funzio-nale al perseguimento dell’ideale dell’alfa-betizzazione universale per l’accesso diretto alle Sacre Scritture, disponibili su larga scala grazie alla stampa.

L’ampia diffusione, nel corso della moder-nità, del setting d’aula nella forma dell’audi-torio in cui la cattedra è posta in posizione panottica e gli alunni sono collocati in po-stazioni fisse individuali orientate verso l’in-terazione esclusiva con lavagna, cattedra e docente, induce M. Foucault (1976) ad inclu-dere la scuola tra i dispositivi del ‘sorvegliare e punire’ tipici degli stati nazionali e finalizzati alla formazione di ‘sudditi’ uniformati dall’im-piego di un’unica lingua e del medesimo si-stema di regole.

I movimenti culturali che hanno proposto impostazioni e dispositivi didattici diversi da quelli più diffusi e dominanti hanno anche connotato con aggettivazioni specificanti il

‘tipo’ di scuola auspicato o coniato nuove denominazioni dell’ambiente di apprendi-mento. Si pensi, ad esempio, al movimento delle scuole ‘nuove’ o a quelle ‘alternative’

e a quelle che si richiamano esplicitamente a specifiche impostazioni pedagogico-di-dattiche (montessoriane, steineriane ecc.) o lo fanno implicitamente attraverso la scelta dell’intitolazione a personalità politiche, arti-stiche, letterarie o limitandosi ad indicare la localizzazione della sede. I principi generali indicati dalla Lega Internazionale dell’Educa-zione Nuova nell’incontro di Calais del 1921 sono emblematici di una trasformazione dell’idea di scuola che ha attraversato il no-vecento pedagogico e contribuito alla ride-finizione e riconfigurazione degli ambienti di apprendimento:

«1) L’Educazione Nuova è un laboratorio di pedagogia pratica che si propone di servire di suggerimento alle scuole uffi-ciali;

2) L’Educazione Nuova è un internato in

RICERCAZIONE - Vol. 10, n. 1 - June 2018 | 53

atmosfera quanto più possibile famigliare;

3) L’Educazione Nuova è stabilita in cam-pagna;

4) L’Educazione nuova raggruppa gli alunni in padiglioni (da dieci e quindici ciascuno);

5) L’Educazione Nuova pratica la coedu-cazione dei sessi;

6) L’Educazione Nuova deve compren-dere almeno un’ora e mezza al giorno di lavoro manuale;

7) La falegnameria occupa il primo posto fra tali lavori. Il giardinaggio e l’allevamen-to sono pure consigliati;

8) Devono essere possibili lavori liberi;

9) L’educazione fisica è realizzata me-diante la ginnastica naturale, i giochi, gli sport;

10) Campeggi ed escursioni.” (Romanini, 1953, vol. II, p. 13).

Seguono i principi che riguardano l’edu-cazione intellettuale e quella morale.

Per tutto il novecento, tuttavia, ha preval-so un parallelismo tra ‘oasi’ innovative e la maggioranza delle scuole in cui la configura-zione dell’ambiente era standardizzata come prescriveva, ad esempio per la scuola prima-ria italiana, il Regolamento Generale sui ser-vizi generali dell’istruzione elementare (Regio Decreto n. 1297 del 26 aprile 1928) che in-dicava analiticamente gli arredi, il materiale didattico per ogni classe e la dotazione della scuola, quest’ultima comprendente:

“1) Bandiera d’Italia, che sarà fregiata dei premi riportati dalla scuola nelle gare.

(Obbligatoria).

2) Uno strumento musicale (possibilmen-te un pianofor(possibilmen-te o un armonium)

3) Uno o più armadi per la conservazione delle carte murali varie. (Obbligatorii).

1 Achille e Piergiacomo Castiglioni, Luigi Caccia Dominioni, Sedia e tavolo T12, 1960 / Achille e Piergiacomo Castiglioni, Luigi Caccia Dominioni, Chair & desk T12, 1960 (Fondazione Achille Castiglioni, Milano; Ferrari, 2015, p. 76).

4) Museo didattico comune alle varie classi di una scuola o a tutte le classi della città. (Obbligatorio).

5) Macchina per proiezioni fisse o anima-te.

6) Apparecchio per audizioni musicali, con dotazione di dischi educativi.

7) Possibilmente: strumenti per la fanfara del ricreatorio festivo.

8) Biblioteca di pochi libri sceltissimi, con molte copie di ciascun libro. (Obbligatoria) 9) Distintivi della scuola, per gite scolasti-che (bracciali o altro).”

Nel secondo dopoguerra, la diffusione della conoscenza dei movimenti pedagogici che si erano sviluppati all’estero (Romanini, 1953) e l’estensione dell’istruzione obbliga-toria fino al 14^ anno di età, associata ad un incremento della popolazione legato al boom economico, aveva comportato signi-ficative innovazioni nell’edilizia e negli arre-di scolastici. Emblematica, ad esempio, è la sostituzione dei banchi fissi in legno con banchi e sedie mobili1 variamente collocabili per attività individuali e di gruppo, funzionali allo sviluppo di pratiche didattiche articolate e diversificate, meno standardizzate secon-do un unico modello istruttivo e trasmissivo, pur rimanendo stabili il carattere nazionale e la centralità del libro (e sempre più della bi-blioteca) nell’azione della scuola. E in paral-lelo, in particolare nei primi gradi dell’istruzio-ne, si è assistito ad una trasformazione degli allestimenti d’aula con documentazione del-le attività esposta aldel-le pareti, angoli dedicati a specifiche strumentazioni ed attività (sche-dari, libri, tipografia, acquari ecc.). Tuttavia, anche nella riflessione e pubblicistica didat-tica learning oriented l’attenzione al conte-sto materiale costituisce lo sfondo mentre risulta privilegiata la disamina della

relazio-ne tra alunno (soggetto in apprendimento), sapere (oggetto di apprendimento) e inse-gnamento (mediatore tra soggetto ed og-getto dell’apprendimento) (Damiano, 2013) emblematicamente sintetizzata nell’aforisma diffuso secondo il quale ‘per insegnare il la-tino a Pierino non basta sapere il lala-tino ma è necessario conoscere anche come impara Pierino’.

I cambiamenti che – a partire dagli anni

’70 del novecento – hanno portato a svilup-pare una rinnovata attenzione agli elementi di contesto che intervengono nella configu-razione dei dispositivi didattici possono es-sere ricondotti alla ‘crisi’ dei pilastri sui quali si è per lungo tempo retta la scuola della mo-dernità e al diffondersi di modelli scolastici a

‘tempo pieno’.

Anzitutto, da istituzione di normalizzazio-ne e selezionormalizzazio-ne la scuola è divenuta, almeno nella retorica pedagogica ed ufficiale, un di-ritto per tutti e per ciascuno. Oggi la funzione

‘inclusiva’ (Booth-Ainscow, 2008) è conside-rata essenziale per la qualità della scuola, quindi un’aula per ogni classe e per attività collettive uguali per tutti diviene insufficiente, inadeguata ed assumono nuovo significato e funzione, ovvero diventano necessari e non meramente accessori, altri spazi di socializ-zazione e diversificazione dell’attività didat-tica.

Complementare alla funzione inclusiva è l’inte(g)razione nel contesto sociale, urbano ed ambientale che porta all’apertura tra la scuola ed altre opportunità e spazi di appren-dimento, ovvero al superamento di rigidità e separazioni istituzionali ed all’incremento di flessibilità, osmosi e meticciamenti come quelli che si verificano, ad esempio, quando gli spazi della scuola si configurano anche come civic-center, di fatto o per progetto, o quando più lingue vi hanno presenza, citta-dinanza e pari dignità con quella nazionale (UNESCO, 2012).

Last but not least, anzi più macroscopica, è la mutazione degli strumenti di

conserva-zione, trasmissione ed elaborazione dell’in-formazione e della conoscenza che vede il libro affiancato, se non sostituito, dalle tec-nologie digitali in rete, fuori e dentro la scuo-la, con una osmosi che assottiglia o abbatte confini e specificità (Pireddu, 2014) e segnala incipienti radicali trasformazioni dai contorni sfumati e solo parzialmente prefigurabili. È proprio la trasformazione socio-materiale dei dispostivi didattici in prospettiva co-costrut-tivista, indotta dalle tecnologie elettroniche ed in rete, ad orientare fortemente l’atten-zione sull’ambiente didattico, oltre (e in certi casi, più) che sui soggetti ed oggetti dell’ap-prendimento.

“Nell’ottica costruttivista il docente diviene progettista di ambienti di apprendimento, costruiti intenzionalmente per consentire percorsi attivi e consapevoli in cui lo stu-dente sia orientato ma non diretto. Luo-ghi ricchi e variegati per esperienze pos-sibili e materiali di lavoro, caratterizzati da una forte struttura, ma allo stesso tempo aperti e polisemici in cui gli studenti pos-sano aiutarsi reciprocamente, utilizzando una varietà di strumenti e di risorse in at-tività guidate. […]Si tratta, quindi, di una attività complessa e altamente professio-nale, ben lontana da forme di attivismo spontaneo che nel recente passato della scuola italiana hanno avuto una certa for-tuna. Occorre invece che in ogni attività l’impalcatura (scaffolding), in particolare il complesso di regole comportamentali e sociali, sia molto forte e strutturata, dan-do spazio allo studente agendan-do però più pesantemente sul contesto (norme coo-perative molto precise, forte intervento di responsabilizzazione, presenza ed impie-go analitico di dispositivi e strumentazio-ni, ecc.)” (Calvastrumentazio-ni, 1998, p.50).

In questa transizione, tuttora in corso, la scuola è stata chiamata a ripensar(si) e pro-gettar(si) non solo nelle pratiche d’aula ma

RICERCAZIONE - Vol. 10, n. 1 - June 2018 | 55

più complessivamente. Ad esempio, già i programmi per la scuola elementare del 1985 definivano ‘la scuola come ambiente educativo di apprendimento’ e le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’in-fanzia e del ciclo primario del 2012 ne deli-neano i caratteri:

“Integrazione di momenti di cura, di rela-zione, di apprendimento … spazio acco-gliente … tempo disteso … favorire l’e-splorazione e la scoperta … incoraggiare l’apprendimento collaborativo … realizza-re attività didattiche in forma di laboratorio

… attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità …”.

L’attenzione, quindi, si sposta dall’aula come spazio panottico per lo svolgimento di lezioni alla scuola come contesto di appren-dimento che, come sintetizzava l’OCSE nel 2010:

1. “considera gli alunni come partecipan-ti centrali, incoraggia il loro coinvol-gimento attivo e ne sviluppa la com-prensione della attività,

2. si fonda sulla natura sociale dell’ap-prendimento e incoraggia attivamente un apprendimento cooperativo ben organizzato,

3. è altamente sensibile alle differenze individuali tra gli alunni, a cominciare dalle loro conoscenze previe,

4. sviluppa programmi che richiedono la-voro intenso e sfidante da parte di tut-ti, senza eccessivo sovraccarico, 5. opera con chiarezza di aspettative e

sviluppa strategie di controllo coerenti con le attese, con forte enfasi sul fee-dback formativo per supportare l’ap-prendimento,

6. promuove con forza ‘la connessione orizzontale’ tra aree del sapere e disci-pline così come con la comunità ed il più vasto mondo

7. e quando i professionisti dell’appren-dimento sono altamente sensibili alle motivazioni degli alunni e al ruolo chia-ve delle emozioni nel conseguimento di risultati.” (Dumont et alii, 2010, p. 48).

Le scuole, pertanto, sono sempre più impegnate nel confrontarsi con “the sum of the internal and external circumstances and influences surrounding and affecting a person’s learning” (https://www.edglos-sary.org/learning-environment/ Accesso 11/06/2018), nell’elaborazione di Progetti Educativi e Piani dell’Offerta Formativa nei quali viene ‘dichiarato’ ed esplicitato il ‘di-spositivo didattico’ ufficialmente adottato o adattato.

Tale intenzionalità viene rinegoziata ed

‘addomesticata’ nella quotidianità della vita scuola, ‘comunicata’ – ad esempio – attra-verso il sito web, gli allestimenti degli spazi, gli eventi organizzati, e nella socio-materiali-tà della prossemica interpersonale e con gli oggetti in aula e negli spazi comuni. Non di rado le discrasie tra l’intenzionalità proget-tuale e le pratiche quotidiane sono evidenti e rilevanti. Comunque, il più delle volte, molte delle ‘circostanze interne ed esterne’, in par-ticolare quelle strutturali, materiali, hard che

‘circondano ed influenzano l’apprendimen-to’, come ad esempio la disponibilità e distri-buzione degli spazi, gli arredi e gli strumenti sono ‘dati’, non sono immediatamente mo-dificabili da parte della scuola.

La tensione tra ‘vincoli strutturali’ ed esi-genze di trasformazione delle pratiche didat-tiche a fronte dei cambiamenti ‘epocali’ so-prarichiamati, l’evidenza dell’inadeguatezza nella contemporaneità della forme scolaire (Vincent, 1994) della modernità e la pressio-ne delle innovazioni tecnologiche hanno fatto sì che coll’inizio del nuovo millennio si siano sempre più diffuse a livello globale policies orientate alla trasformazione degli ‘spazi’

scolastici da ‘dispositivi per l’insegnamento’

a ‘dispositivi/ambienti per l’apprendimento’.

Lo scenario dei processi di trasformazio-ne degli ambienti di apprendimento risulta assai variegato e composito e rimanda a una molteplicità di situazioni, sia per ciò che con-cerne «la natura dei framework normativi di riferimento, sia per quanto attiene il percorso di riflessione sul concetto di spazio educati-vo» (Tosi, 2016, p.45). Non sempre, quindi, si realizza un “«processo di riflessione e di appropriazione da parte di tutta la comunità, che permetta di ritagliare, sul luogo deman-dato allo sviluppo della conoscenza e del-la cultura, il vestito che le è più congeniale»

(Weyland, 2015, p.42).

2. Processi di trasformazione degli

Nel documento RicercAzione Volume 10 - Numero 1 (pagine 53-57)