II. Tradurre il saggio: una prospettiva olistica ad hoc
II.2. Fondamenti per un paradigma traduttologico olistico
II.2.4. Communis esse: identità – alterità
Qual è la natura delle relazioni che prendono corpo nel tradurre? Abbiamo visto come, sotto la lente dell’antropologia comunicativa, il soggetto appaia nella sua natura di homo sociologicus che, sin dai primordi, elegge l’istituzione di relazioni, su quanti più piani, a principale strategia di sopravvivenza. La categoria della relatio descrive pertanto una dimensione fondamentale dell’esistenza, della percezione e della conoscenza umana:290
Das Prinzip des Lebens ist stets und wird immer sein: die Beziehung. Nichts ist isoliert, für sich allein, nichts besteht ohne Bezug, nichts existiert ohne Vernetzung [...] der Mensch als kommunizierendes Wesen ist demnach als ein sich verhaltendes
289 «Principio e fine, partenza e arrivo, impegno e risultato – vediamo che il modello d’azione
della translatio, fondamentale com’è, modellizza un percorso, è un modello di itinerario».
290 «Die ‘Beziehung’, die ‘Bezugnahme’ als fundamentale Kategorie menschlichen Daseins,
menschlicher Wahrnehmung und menschlicher Erkenntnis gehört also mit zu dem Metaphernfeld, das sich aus dem Körper und dem Weg zentral ableitet», (KALVERKÄMPER, 2009a: 68) [«Anche la ‘relazione’, il ‘riferimento a qualcosa’, in quanto categoria fondamentale dell’esistenza umana, della percezione umana e della conoscenza umana appartiene dunque al campo metaforico che deriva centralmente dal corpo e dal percorso» ]. Cfr. anche ibid.: «Im Lateinischen wird die Beziehung wieder begrifflich als ein Übergang, als ein „Hintragen“ empfunden, mit dem gleichen Wortstamm, nämlich ferre ‘tragen’, das auf trasferre zurückgeht: nämlich, aus referre ‘hintragen’ kommend, als relatio» [«In latino la denominazione viene percepita concettualmente come un passaggio, un ‘portare qualcosa in un luogo’, con la stessa radice, ferre ‘portare’, che risale a transferre: ossia come una relatio, che deriva da referre»].
Wesen schon prinzipiell verstrickt in ein enges Geflecht von
Beziehungen, ohne die er gar nicht ‘Mensch’ sein könnte
(KALVERKÄMPER, 2004: 23, 25).291
L’interrelazione (Vernetzung), dalle forme più basiche alle articolazioni più complesse, si esplica infatti nella comunicazione ed attraverso essa si coniuga con la dinamica cognitiva forse più fondante per il processo traduttivo: la dicotomia identità-alterità. Non a caso, la traduttologia ha elevato la traduzione a «esperienza cognitiva dell’alterità par excellence» (BRISSET, 2000: 55), caratterizzandola, con la celeberrima metafora di Antoine Berman, come la più autentica «prova dell’estraneo» (BERMAN, 1997). 292
Kalverkämper rintraccia la genesi della dinamica di riconoscimento ed identificazione del factum alteritatis nello stesso etimo latino del concetto di comunicazione: communis esse. Lo studioso ne svela la semantica restituendo al termine oggi piuttosto erratico ed abusato il senso più profondo del suo etimo cum moenia, ‘stare assieme entro mura’.293
291 «Il principio della vita continua ad essere e sarà sempre: la relazione. Nulla è isolato, solo,
nulla sussiste senza riferimento, nulla esiste senza interrelazione […] l’uomo come essere che comunica, nel suo comportarsi è implicato già usque ab initio in un fitto intreccio di relazioni, senza le quali non sarebbe ‘essere umano’» [corsivo S.R.].
292 Sull’originalità dell’apporto dello studio di Antoine Berman, in aperta polemica con il
presunto primato teorico vantato dalla riflessione strutturalistica di George Mounin, è interessante ricordare le pregnanti osservazioni di Franco Buffoni: «Da questo impianto [di stampo strutturalista, S.R.] derivava a Mounin la certezza […] che prima di allora nessuna teorizzazione sera fosse mai stata tentata nel campo della traduzione. Antoine Berman ne
L’épreuve de l’étranger ha invece […] dimostrato come– per esempio – nell’ambito del
Romanticismo tedesco la questione traduttologica venga costantemente e sistematicamente dibattuta. E con argomentazioni ancora oggi vive e attuali. Tanto che Gianfranco Folena, il più accreditato avversario italiano di Mounin, nella premessa alla ristampa (1991) di Volgarizzare e
tradurre (1973), parla esplicitamente di “una bella smentita” a Mounin da parte di Berman. Ma
Berman non avrebbe avuto impatto e tale possibilità di ascolto se nel 1975 – con After Babel – George Steiner non avesse formalizzato la prima grande ribellione internazionale ai dogmatismi della linguistica teorica». Come ben nota Buffoni, Steiner inserirà Folena in bibliografia solo nella seconda edizione di Dopo Babele (1992), indicando Volgarizzare e tradurre come apparso per la prima volta nel 1991 «e quindi falsando completamente la cronologia delle priorità, avendo Folena trattato nello stesso modo molti dei temi di Dopo Babele già due anni prima (1973 vs 1975). Certamente Steiner non lo conosceva», cfr. (BUFFONI, 2007: 15sg.).
293 Qui Kalverkämper rileva con forza l’incidenza del concetto di corporeità dell’uomo:
«“Kommunikation” ist also ein Körper-Begriff, ein Begriff der Leiblichkeit des Menschen, der als Herdentier, eben als Gemeinschaftswesen (als homo sociologicus), auf Bezugsnahmen angewiesen ist und somit ein differenziertes System des „Miteinander Seins“, der Kommunikation, im Laufe der Evolution des Handelns entwickelt hat: nämlich die Habitualisierung von Sprechakten (Parole[s]) und somit der Auf- und Ausbau des jeweiligen Sprachsystems (Langue[s])» (KALVERKÄMPER, 2009a: 69) [«La “comunicazione” è dunque un
Aus diesem Begriff der umschlossenen (<moenia>) und gemeinschaftsbildenden (<cum>) Lebenspraxis entwickelt sich nämlich das beziehungsstiftende Gefühl der Identität [...] Identität nach innen und Alterität nach außen sind so zwei anthropologische Erfahrungsweisen, die die Beziehung des Menschen, seine
Interrationalität, von Grund auf prägen (KALVERKÄMPER, 2004:
25).294
Sul discrimine tra ciò che è all’interno delle mura del communis esse e ciò che invece ne rimane all’esterno, tra senso si appartenenza e di non- appartenenza, l’uomo costruisce coordinate fondamentali per lo sviluppo del concetto d’identità e dei suoi contrappunti di differenza ed estraneità, in una sola parola-valore: alterità. Tutto ciò che è esterno alle mura del communis
esse è l’estraneo, «das Fremde, das auch draußen bleiben soll und das nur
sehr schwer den Weg über die Mauer schafft» (KALVERKÄMPER, 2009a: 69).295
Das ‘Anders’, sei es im Verhalten, sei es bei der Sprache, wird als ein Ärgernis, das in der Welt ist, empfunden, und gerade die wichtigste Identitätskarte, die Sprache, ist ein entscheidender Anlaß, Alterität zu erfahren und zu beurteilen. Schon der Begriff ‘Fremd-Sprache’ ist ein eigenzentrierter, mit Blick über die moenia, die ‘Mauer’, auf die anderen, die nicht verstehbar sind, deren
‘concetto del corpo’. È un concetto che appartiene alla corporeità dell’uomo in quanto animale da branco, essere sociale (homo sociologicus) che, dipendendo dalla costituzione di relazioni, nel corso dell’evoluzione del proprio agire [Handeln] ha potuto costituire un sistema differenziato per questa comunicazione, per questo “essere insieme”: ha accettato e fatto propri determinati atti linguistici (Parole[s]) così da costruire e trasformare i vari sistemi linguistici (Langue[s])»]. Sul concetto di ‘corpo comunicativo’: (KALVERKÄMPER, 2008); inoltre cfr. (KALVERKÄMPER, 2000), in particolare a p. 46, dove lo studioso commenta una poesia (Nähe, del poeta cileno Ivan Tapia Bravo) che definisce un inno al linguaggio del corpo («der Hochgesang auf die Körpersprache»): «Der Dialog, das Gespräch, die Unterhaltung, die Disputation, die Diskussion – derartige Textsortenbezeichnungen gewichten ebenjene Erfahrung [...] nämlich die Zugewandtheit und den kommunikativen Bezug von Personen zueinander [...] Erlebbare Wärme als Auftauen von Kälte aber erfährt man durch Nähe zum fremden Gegenüber» [«Il dialogo, il colloquio, la conversazione, la disputa, la discussione – tali denominazioni di genere valorizzano proprio quell’esperienza [...] ovvero la reciprocità dell’attenzione e del riferimento comunicativo tra le persone […] Del calore, esperibile come disgelo, si fa esperienza però solo con la vicinanza ad una persona straniera che ci sta di fronte»].
294 «Dal concetto di prassi di vita conchiusa (moenia) che costituisce una comunità (cum) si
sviluppa il sentimento, che fonda relazioni, dell’identità [...] L’identità verso l’interno e l’alterità verso l’esterno sono quindi due modalità antropologiche dell’esperienza che plasmano alla radice la relazione umana, la sua interrelazionalità».
295 «L’estraneo, che all’esterno deve restare e che molto difficilmente riuscirà ad oltrepassare le
Kommunikation nicht verständlich ist und die so auch nicht mit Verständnis rechnen können (KALVERKÄMPER, 2004: 32).296
In filigrana, si legge come la dimensione soggiacente al concetto veicolato dal prefisso trans- sia una dimensione ricca di difficoltà. Qui, la comprensione si attua solo attraverso la translatio faticosa di ciò che è proprio oltre e di ciò che è estraneo entro le mura della comunicazione, oppure la trasformazione in una corrispondenza, una trans-posizione (transpositio). Emerge qui la coscienza che l’identità è un complesso costituito da molteplici aspetti, da una pluralità che va salvaguardata e protetta da chi vorrebbe «Identität mit Singularität gleichsetzen» (ibid.: 32).297