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I. Saggio e traduzione: un genere di confine e i confini delle teorie

I.10. Il saggio, l’«anti-genre»

I.10.1. Cornice: una forma transculturale

Il Novecento è stato definito a più voci «l’epoca saggistica», indicando nel saggio il massimo spazio d’innovazione per la letteratura moderna accanto al romanzo (SCHLAFFER, 1997: 523).105 Nella letteratura dell’America

Latina, come in quella francese, in area anglosassone come nella letteratura tedesca e nella letteratura italiana, il saggio, modulato nel suo amplissimo spettro di varietà formali, si configura come forma letteraria principe. Tanto che l’«onnipresenza» di un genere marginale, la cui grandezza è spesso riconosciuta con grande ritardo (BERARDINELLI, 2008: 9),106 è stata

ricondotta all’espressione di una problematica esistenziale e di produzione estetica (SCHÄRF, 1999: 208) caratteristiche delle modernità e squisitamente

transculturale.

A rivelare che la transculturalità è da sempre – con Canetti – «cuore segreto» del saggio è la stessa genealogia della forma che Montaigne volle chiamare Essai pensando al latino exagium.107 Lo mette bene in luce Graham

Good quando, nel suo contributo per l’imponente The Encyclopedia of the

Essay (1997), ricorda l’autentica trasversalità culturale rintracciabile nella sua

genealogia. Com’è noto, le radici del saggio affondano nel terreno francese e anglosassone a cavallo tra XVI e XVII secolo, nondimeno «the theorists of the genre have come mainly from the Germanic cultural sphere» (GOOD, 1997: XXX). Senza esitazione il pensiero va agli scritti di grandissimi

105 «Wie der Roman gehört der Essay zu den Leitformen innovativer Literatur in der Neuzeit,

und wie der Roman ist er eine offene Form, deren Beschreibung und Bestimmung den Autoren wie den Kritikern Schwierigkeiten bereitet» [«Come il romanzo, il saggio figura tra le principali forme innovative della letteratura della modernità, e come il romanzo anche il saggio è una forma aperta, la cui descrizione e definizione presentano difficoltà sia agli autori sia ai critici»]. È un pensiero che sottende la scelta «del saggio e del romanzo» come forme d’elezione «per rintracciare gli effetti dei campi di forze pluriculturali» nell’àmbito della Exilliteratur e

Migrantenliteratur nel prezioso volume (CANTARUTTI, FILIPPI, 2008). Cfr. anche con:

(CANTARUTTI, 2008b: 12).

106 Berardinelli lo rileva in preciso riferimento alla saggistica degli autori. 107 A proposito dell’etimologia si veda il § seguente.

Lukács, Benjamin, Musil, Adorno e Bense.108 Questo sebbene questi eccelsi

scrittori e critici letterari dotati «di uno spiccato talento teorico-speculativo» più che di «puri scienziati» siano piuttosto di «saggisti nel senso più specifico del termine» (BERARDINELLI, 2007: 39), autori o meglio: «Produzenten». Sono loro a dare voce al vero cosmopolitismo letterario di cui il genere vive e che allo stesso tempo irradia. Risulta con vividezza osservando come, ad esempio, «La saggistica italiana, penalizzata dall’Essayforschung», è rimasta invece sempre «presente agli autori» (CANTARUTTI, 2007a: 19).109 La Essayforschung, egida sotto cui figurano i pionieri degli studi sul genere, ma

anche gli studiosi che se ne sono occupati in tempi più recenti e l’àmbito della ricerca contemporanea,110 ha da sempre insistito sulle origini del saggio

in seno alla cultura francese e anglosassone. Raramente ha saputo rivolgere lo sguardo dal dito alla luna, finendo così per misconoscere la straordinaria

transnazionalità del genere, una transnazionalità che qualifica i saggisti nel

modo più proprio, come spiriti cosmopoliti con l’invincibile «curiosità» e «sete di peregrinare attraverso le letterature e le filosofie» (CIORAN, 1988: 172).111

Eppure lo stesso etimo del saggio offre la più perspicua cifra di tale

curiositas, veicolata dal suo peculiarissimo modus procedendi. 112

108 Sulla riflessione dei tre grandi teorici ci soffermeremo in seguito, soprattutto in riferimento

a: (ADORNO, 1958), (LUKÁCS, (1911) 1971), (BENSE, 1952), ristampati rispettivamente in

(ADORNO, 1972), (LUKÁCS, 1972), (BENSE, 1968), da cui verranno citate le edizioni tedesche;

in traduzione italiana cfr. (ADORNO, 1989), (LUKÁCS, 1989) e (BENSE, 1989).

109 «Se non può esservi storia del saggio che non rimandi al Rinascimento e a Bacone, così

occorre anche che la Romània non si restringa alla Francia: occorre, in altri termini attirare l’attenzione su quel campo di forze cui appartengono forme diverse della brevità rappresentato dalla tradizione moralistica italiana da riconoscere come tale, e nell’eccellenza dei suoi esiti»

(CANTARUTTI, 2007a: 19) [corsivo, S.R.].

110 Specie nell’ultimo ventennio, dalla pubblicazione del fondamentale The Observing Self di

Graham Good, si registra invece una fiorente «riscoperta» del saggio anche in àmbito anglosassone e francofono (GOOD, 1988). Giulia Cantarutti ricorda, in particolare, l’importante

(OBALDIA, 1995), di recente tradotto in francese, il risveglio di un’area di ricerca florida nel

Canada francofono e, dalla preziosa monografia: (MACÉ, 2006), (CANTARUTTI, 2007a: 12).

111 (CANTARUTTI, 2007a: 19): «La voce dei ‘Produzenten’ è […] preziosa per trarre dall’ombra

un’area oggi trascurata perfino quando si ricostruiscono le vicende del termine e del tutolo legato per eccellenza all’opera di Montaigne. La saggistica italiana, penalizzata dalla

Essayforschung, è rimasta invece sempre presente agli autori». Dallo stesso contributo (p. 21) ho

tratto la precedente citazione dagli Esercizi di ammirazione di Emil M. Cioran.

112 Come nota Paolo Pullega: «Una possibilità di avvicinamento all’essenza del saggio è già

I.10.2. Etimo

Sarà bene soffermarsi dunque a riflettere circa l’etimo del termine, sempre così suggestivo e ricco di preziose tracce. Il cuore del termine saggio (ted.

Essay, ing. essay, fr. essai, span. ensayo) è l’etimo tardolatino exagium, a sua

volta derivato dal tardo greco %&#$'() (hexagion) che fino al IV secolo indica una misura di peso. In seguito, nelle lingue romanze il suo spettro semantico si amplia sino a focalizzarsi sui concetti di ‘prova’, ‘assaggio’, finché nella lingua italiana assume il significato di «piccola parte che si leva dall’intero, per farne pruova o mostra»: il Dizionario dell’Accademia della Crusca riporta «Saggio vale anche il Saggiare, l’Atto del saggiare, Prova, Cimento» (ACCADEMIA DELLA CRUSCA, 1829: 405).

Com’è noto, la genesi del saggio nella Weltliteratur è inscindibile da

Les Essais di Michel Eyquem de Montaigne (1533-1592) – o meglio agli Essais de Messire Michel Seigneur de Montaigne, Chevalier de l'ordre du Roy, & Gentilhomme ordinaire de sa chambre (1580).113 Per il pater del saggio, tuttavia, il

titolo non racchiude la precisa denominazione di un genere letterario. Tant’è che nel corso dell’opera egli stesso indica i suoi Saggi con i termini più vari, da mon livre, mes escrits, mes pieces, ces memoires a, con habitus dispregiativo, ce

fagotage, cette fricassé, cette rapsodie, mes brisée e così via. 114 Riserva i termini essai

ed essaier, invece, alla designazione del modus procedendi del suo pensiero («comme les enfans proposent leurs essais»), contraddistinto dall’apertura e dalla provvisorietà che solo la costante esperienza di se stessi può garantire:

Io presento le fantasie umane e mie semplicemente come fantasie umane, e considerate per se stesse, non come stabilite e regolate

il genere legato da un proposito preciso, almeno quanto è circoscritto il limite che lo lega: nell’idea di “tentativo” è intesa tanto la forza della ricerca, quanto il suo inevitabile carattere di frammentarietà; il prima e il dopo del saggio, che come per ogni altro genere letterario ne definisce i caratteri, i contorni, consistono in un intervenire su di un esistente comunque precario, un interrogativo in attesa di risposta o una falla di sapere» (PULLEGA, 1989: 42).

113 Come recita la prima edizione dell’opera riportando l’onorificenza di Chevalier de l’ordre du Roy, eccezionale per una nobiltà di giovane lignaggio come quella del Seigneur de Montaigne. Titoli

ed onorificenze che scompariranno, invece, nella seconda edizione del 1982.

114 Friedrich ne riporta doviziosamente i loci – «Essais III, 5, p. 848b; 114. III, 8, p. 911b; 198.

I, 26, p. 183c», etc.: (FRIEDRICH, 1993: 372, nota 287 ) – qui si ricordi mon livre nella celebre

Avis au lecteur, Al lettore: «Così, lettore, sono io stesso la materia del mio libro»: (MONTAIGNE,

per ordine celeste, esenti da dubbio e da discussione; […]come i

fanciulli presentano i loro saggi; suscettibili d’essere istruiti, non capaci

di istruire – Delle preghiere, I, 56 (MONTAIGNE, 1996: 417) [corsivo

S.R.].

Nel suo splendido, imprescindibile libro sugli essais, Hugo Friedrich mette in luce come in Montaigne il campo semantico del titolo sia dunque comprensivo di «coup d’essay, apprentissage, épreuve, exercitation, expérience, jeu,

sodner, goûter, tâter», della volontà di esistere nella propria ‘provvisorietà’

(Vorläufigkeit): in questo senso il titolo del libro è il suo miglior motto, altresì per l’ampiezza della sua oscillazione semantica (FRIEDRICH, 1993: 320). I.10.3. Essais: traducenti e complessi concettuali

Sull’essai come metodo qualificante per la genesi come per tutta la storia del genere si tornerà a breve; qui proseguiamo invece seguendo la linea di sviluppo della denominazione Essai/Essay entro la poetica dei generi, nonché le sue diramazioni nella Weltliteratur. Le traduzioni più letterali del termine –

saggio, ensayo, Essay, Versuch/Essay – non sono correnti sino almeno al xix

secolo, quanto il termine è ormai divenuto indicazione di un genere di opera ossia di una classe di testi.115 Lo sarà solo, come è noto, per mediazione

anglosassone, grazie agli epocali Essayes (1597) che Sir Francis Bacon (1561- 1626) dedica ad indagare ad ampio raggio i temi dell’humanum. Vale dunque la celebre osservazione di Ludwig Rohner, uno dei pionieri degli studi sul saggio (Essayforschung) in Germania:

Geht das Essayistische als schriftstellerisches Verfahren auf Montaigne zurück, so auf Bacon, und zwar gleichen Rechts, der Essay als literarische Form (ROHNER, 1966: 12).116

Con la loro scrittura didattica, apodittica e cristallina, così lontana dal colore, dal capriccio e dall’umanità dell’archetipo francese – rileva Friedrich con la più pregnante asciuttezza – i saggi di Bacon sono «recht Montaigne-

115 Usiamo il termine genere considerandolo qui come corrispettivo Gattung, giacché il termine genere testuale/ Textsorte risulterebbe anacronistico.

116 Ossia: «Se il procedimento di scrittura del saggio rimanda a Montaigne, la forma letteraria

fremd»,117 eppure permeano nella Weltliteratur come esemplari di un genere

che si contraddistingue per eleganza, sofisticata cura stilistica e tratti autobiografici. Un genere che, recuperando i tratti già presenti nell’opera del

pater francese, fa dello scetticismo e del vaglio critico la sua ragion d’essere.

E sotto la stessa egida vengono presto pubblicati scritti scientifici, filosofici e teologici di personalità di spicco: il gesto elegante, leggero e antipedantesco dell’hônnete homme e la predilezione per il discours discontinu, tanto amati da Montaigne, conquistano, tra gli altri, Descartes e Pascal (FRIEDRICH, 1993: 321). Se infatti la denominazione saggio si inserisce stabilmente in àmbito europeo solo molto più tardi, già nell’età dei Lumi la modalità saggistica, pur con una terminologia era incerta e variegata: «tentamen, dicorso, discours, counsel, Gedanken und Meinungen» (SCHLAFFER, 1997: 523), è diffusa e espressioni letterarie eminenti118. In virtù della sua «grande

libertà», la forma saggistica diviene il veicolo di mediazione del «carattere universalistico dell’erudizione settecentesca».

I.10.4. Nomi e cose

Se, tanto più riguardo ad una costellazione tematica che gravita attorno a forme testuali minori ed alle relative denominazioni in diverse aree linguistico-culturali «il nesso tra “nomi e cose”» rappresenta un «problema caratteristico» (CANTARUTTI, ADAM, 2011), non sarà superflua qualche ulteriore considerazione terminologica. La prima traduzione italiana, parziale, de Les Essais, ad opera di Girolamo Naselli, è intitolata Discorsi

morali, politici e militari, (1590) mentre la seconda, integrale, ad opera di

117 Nel solco stilistico degli Essais sono invece gli Essayes (1600, 1637) di Sir William Cornwallis. 118 Nella produzione letteraria tedesca del secondo Settecento Adam ravvisa la «tensione verso

una prosa originale». Se l’Harlequin, oder Vertheidigung des Grotheske-Komischen (1761) di Möser o il

Versuch einer Allegorie, besonders für die Kunst (1766) di Winckelmann sono opere che

rappresentano un «preludio» del genere saggistico, scritti d’estetica e critica letteraria quali i

Kritische Wälder (1769) di Herder e il Laookon oder über die Grenzen der Malerey und Poesie (1766) di

Lessing segnano un «vero e proprio primo apice del saggio tedesco ante litteram», (ADAM, 1988:

313). Per una sintetica disamina storica cfr.(BARCHA, 2003), in particolare p. 189sg.

Sull’importanza della Kleine Prosa nel Settecento si veda: (CANTARUTTI, 1997); (CANTARUTTI,

Girolamo Canini, riporta Saggi…ovvero Discorsi naturali, politici e morali, (1633), in accordo con il concetto allora invalso di discorso come “presentazione in forma sciolta”, di cui testimoniano prestigiosamente i Discorsi di Machiavelli. La seconda edizione degli Essais, apparsa postuma nel 1595, reca significativamente il sottotitolo Thresor de plusiers beaux et notables discours. E in Spagna, Quevedo, grande ammiratore di Montaigne, parla vicendevolmente di Essais o Discursos. La traduzione inglese di Florio del 1603 porta il titolo

The Essayes, or morall, politike and Militaric Discourses. Nel 1753-1754 appare la

traduzione tedesca degli essais di Johann Daniel Titius (Tietz) e reca il titolo:

Michaels Herrn von Montaigne Verusche. La «meisterliche Verdeutschung» di

Johann Joachim Christoph Bode (1731-1793), è invece intitolata Montaignes

Gedanken und Meinung über allerley Gegenstände (1797). Un titolo che, ricorda

Friedrich, è un vero manifesto, ferocemente chiaro, contro ogni sistema gnoseologico chiuso: Lichtenberg, ad esempio, usa di frequente le parole

Gesinnungen, Meinungen, Gedanken per distinguere la soggettività della

riflessione libera, saturata di esperienza, dalla conoscenza ordinata ma uniformata della scolastica. In tedesco il termine trova inizialmente i traducenti più svariati, Versuch, Entwurf, Abhandlung, Aufsatz, Fragment, nonché tutta una serie di espressioni metaforiche, quali Abschweifung,

Gespräch, Bemühung, Gedanken, Experiment, Annährung, Spiel, intellektuelle Reise

(ADAM, 1991; SCHLAFFER, 1997).