I. 10.5 «Una forma letteraria sfuggente»
I.11. Offene Form e connettività tra generi
I.11.1. La forma aperta del saggio: tratti stilistico-strutturali
I.11.1.2. Desultorietà ed ellissi
Il saggio è l’unico genere conforme alla «naturale instabilità dei nostri costumi e delle nostre opinioni» (ibid.): la sua offene Form è infatti il miglior sinonimo di vitale processualità, desultorietà152(Sprunghaftigkeit), ellissi,153 incompiutezza (inachèvement) e variazione154. La composizione testuale procede
dunque per via di scandagli, attraverso la «continuità nella discontinuità», per salti ed illuminazioni, continuamente variate. Soggetto e oggetto, in se stessi instabili e multiformi, interagiscono in costellazioni sempre nuove e possono dunque venir descritti e rappresentati, seppur per larga approssimazione, attraverso una forma aperta e fluida:
Seine [des Essays] offene Form verwirklicht schriftstellerisch das Unabschließbare des Welt- und Lebensstoffes sowie der Selbsterfahrung des Autors. Er ist wie ein leicht anliegendes Kleid, das den lebhaften oder leisen Atemzügen des Geistes nachgibt (FRIEDRICH, 1993: 221).155
Aspetti intrinsecamente correlati alla frammentarietà, intesa non solo come prodotto della brevitas o come «criterio formale – e in qualche modo “esterno”– della lunghezza», bensì come qualità testuale, data dalla precisa «grana del testo, di come è ordito, “fabbricato”». Piuttosto – mette in luce Louis Van Delft nel suo ricchissimo Frammento e Anatomia – l’indagine saggistica «consta di una successione di istanti, di stati, di “io” che sono
151 «Il mondo con la sua mutevolezza a tutto tondo, il carattere antinomico della vita e l’uomo,
complesso e incostante, vietano una rappresentazione regolata, ossia che tenda a chiudere ciò che è Aperto, ha rendere univoco il molteplice, ad imbellettare l’infinito».
152 Lo splendido traducente di Sprunghaftigkeit è stato coniato da Giulia Cantarutti.
153 Circa l’importanza del fenomeno lato sensu nella letteratura tedesca da metà Settecento al
secolo scorso, cfr. (CANTARUTTI, 2006c).
154 Illuminante questo passo di Montaigne: «Non descrivo l’essere. Descrivo il passaggio: non
un passaggio da un’età all’altra […] ma di giorno in giorno, di minuto in minuto», Essais III, 2.
155 «La forma aperta del saggio realizza nella scrittura l’infinitezza del mondo, della materia di
vita e dell’esperienza di sé che compie l’autore. É come una veste leggera che segue i vivaci o lenti respiri dello spirito».
altrettanti frammenti. Noi apparteniamo alla sfera del molteplice, più che a quella dell’uno» (VAN DELFT, 2004: 231sg.).156 Lo stesso rileva anche
Friedrich, ricordando come nell’archetipo degli Essais, il volume dei singoli testi sia del tutto indipendente dal tema e viceversa. Il saggista cura uno stile squisitamente desultorio, che procede à sauts et à gambades, toccando un tema e poi “saltando” a quello successivo con gioiosa arbitrarietà. In questo modo, stile e pensiero sono tutt’uno, perché proprio con questo procedere
sautillante il saggista arriva a dislocare ogni tema dal lessico della tradizione,
dalle incrostazioni ideologiche che lo circondano: imprime un movimento costante, intimamente scettico, anche ai concetti stessi che si fanno cangianti, tornano vivi.157
Grazie all’ellissi, che costituisce gli “estremi” del salto concettuale, quanto resta sottaciuto, celato, non-detto, acquista tanto più risalto. Qui la
brevitas, la densità espressiva che condensa il massimo del significato nel
segno più breve, nel piccolo e minuto di una parola-valore, di un’image juste, raggiunge il suo apice. Ex negativo, l’assenza prodotta dall’ellissi esorta il lettore alla ricerca dei fili nascosti, delle corrispondenze segrete che portano il saggista ad un gioco compositivo sapientissimo con gli spazi vuoti. Spazi non solo vuoti di esplicitezza concettuale, ma anche di elementi grafici: spazi
bianchi.158 Con le parole che seguono, Giulia Cantarutti offre lumi sulla
pervasività de les blancs nell’epoca di massima fioritura delle formes brèves:
Die blancs, dieses erste, unabdingbare Merkmal aphoristischer Werke, kommen in der Tat in dieser Epoche, in der Kleine Prosa Hochkonjunktur hat, auffällig stark zum Einsatz. Man liebt Texte, in denen die Gegenstände in »einzelne[n] Abschnitten« abgehandelt werden […] Diese Vorliebe für die blancs gilt einem Kommunikationsstil, den die europäische Aufklärung bei den Moralisten vorgebildet findet, den Schöpfern katexochen von
156 Come la citazione precedente.
157 Scrive Montaigne: «Insomma, non c’è alcuna esistenza costante, né del nostro essere né di
quello degli oggetti: e noi, e il nostro giudizio, e tutte le cose mortali andiamo scorrendo e rotolando senza posa. Così non si può stabilire nulla di certo dall’uno all’altro, tanto il giudicato quanto il giudicante essendo il continuo mutamento e movimento», cfr. (MONTAIGNE, 1996:
801).
158 Si veda il cardinale (M
Werken, die durch blancs in eine Vielzahl selbständiger Einzeltexte aufgespalten werden (CANTARUTTI, 2007b: 29).159
Com’è noto, il complesso concettuale è stato introdotto e frequentato con assiduità da Maurice Blanchot, specie nei suoi preziosi studi sull’Œuvre di Stéphane Mallarmé. In particolare, citando una lettera di Mallarmé a Charles Morice del 27 ottobre 1892, Blanchot ne cattura l’essenza:
«L’armature intellectuelle du poèmes se dissimule et tient – a lieu – dans l’espace qui isole les strophes et parmi le blanc du papier:
significatif silence qu’il n’est pas moins beau de composer, que les vers» [...]
De même, si les blancs, la ponctuation, la disposition typographique, l’architecture de la page sont appelés à jouer un si grand rôle, c’est que l’écrit a besoin, lui aussi, d’une présence matérielle. Il est un
espace qualifié, une région vivante, une sorte de ciel qui, matériellement,
figure tous les événements de l’acte même de comprendere. «Tout devient suspens, disposition fragmentaire avec alternance de miroir, concordance au rythme total, lequel serait le poème tu, aux blancs; seulemnet traduit, en une manière, par chaque pendentif.» (BLANCHOT, 1949: 44sg.). 160
In qualità di région vivante, les blancs incorniciano – in modo dunque tutt’altro che “interte” – la «composition discontinue», la scrittura «par pièces détachées» (VAN DELFT, 1982: 241),161 facendosi, anche così anche nella
prosa breve, come già in poesia, spazi significanti.
Non a caso, nel suo celebre Les Formes Brèves, Alain Montandon regala riflessioni preziose sulla peculiare forma del saggio e sulla valenza del
non-detto. Non necessariamente breve, della brevitas il saggio coglie l’essenza e
fa proprio il gesto: «è composizione non sistematica che lascia spazio alla soggettività, allo schizzo estemporaneo, anche arbitrario, alla libera associazione», afferma Montandon, «esplorando alla ventura e in maniera
aperta, progredendo con un metodo critico nel quale il dubbio è sempre
159 «Proprio in quest’epoca di massima fioritura della prosa breve, i blancs, questa prima,
indispensabile caratteristica delle opere aforistiche, trovano un impiego notevolmente grande. Si amano testi, in cui gli argomenti vengono trattati „in singoli brani“ [...] Questa predilezione per i blancs equivale ad uno stile di comunicazione che l’illuminismo europeo trova già plasmato nei moralisti, i creatori katexochen di opere suddivise attraverso blancs in svariati testi autonomi» [Corsivo S.R.]. La studiosa inoltre suggerisce la sempre attuale importanza di (LAFOND, 1984). 160 Nel saggio Le mythe de Mallarmé, in (B
LANCHOT, 1949: 35-48) [corsivo S.R.]. A questo
proposito si veda anche (GELHARD, 2005: 103-128). 161 Si veda anche il fondamentale (V
presente, esponendo verità frammentarie senza pretendere né all’esaustività né alla totalità» (MONTANDON, 2001b). Sono del resto proprio gli spazi bianchi, assieme alla forma in prosa, a fare delle poéme critique delle
Divagations (1897) di Stéphane Mallarmé un’opera epocale, «a new mode of
writing that moved between the critical essay and the prose poem, constantly challenging and redefining their limits» (KORHONEN, 2005: 233).162
Il non-detto, la parola che tace e cela con la voce dell’implicitezza e dell’allusione, si configura allora come strumento privilegiato del saggio, nutrendo inoltre una caratteristica fondamentale del genere: la sua non-
esaustività data dall’insieme di densità informativa (Informationsdichte) e bassa vincolatività informativa (Informationsverbindlichkeit). Il saggio è per antonomasia
la forma della provvisorietà, des Vorläufigen. Il genere definito da Lukács «der reine Typus des Vorläufers» (LUKÁCS, (1911) 1971: 29) si presenta con un alto grado di parergonalità (OBALDIA, 1995), esiste come «immer Kommende», «noch nie Angelangte» (LUKÁCS, (1911) 1971: 32), la cui ambasciata vive del proprio hic et nun, restando sottoposta al dubbio critico, all’evoluzione del pensiero e della parola.