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I. 10.5 «Una forma letteraria sfuggente»

I.13. Il saggio e il limes tra arte e scienza

I.13.2. Il saggista, l’amateur

Nelle intersezioni tra le scienze, con la sinergia tra acribia espressiva e disinvoltura (Unbefangenheit) formale, il saggio mostra i fili che lo legano alla tradizione della moderna Lebensphilosophie. Una tradizione concettualmente figlia dell’età dei lumi, ma di antichissima ascendenza. Antica quanto la filosofia stessa e rintracciabile sin «da Socrate e Seneca, Agostino,

Montaigne, Pascal e i moralisti francesi, sino a Schopenhauer e Nietzsche», la Lebensphilosophie si afferma in programmatica opposizione all’astratto

sistematismo del sapere accademico e della metafisica deduttiva: praktische Philosophie für die Welt, als induktive Theorie der Lebenserfahrung aus der Perspektive des Subjekts, die sich vor Popularität außerhalb des Elfenbeinturms niemals scheut

(KO!ENINA, 2003: 94).186

«Da Lichtenberg187 a Bloch», mette in luce Giulia Cantarutti, la «sapientia huius mundi» ed il suo correlato letterario, la «forma flessibile della brevitas»,

la kleine Prosa, sono l’espressione più pervasiva dell’anti-pèdantisme, del profondo rifiuto delle “grandi parole” (große Worte) dell’attitudine universalistica, sistematica e monologica (CANTARUTTI, 2001) (CANTARUTTI, 2007b: 27). E non è un caso che, nel suo splendido ritratto custodito ne Die Provinz des Menschen,188 Elias Canetti parli a proposito delle Aufzeichnungen di Lichtenberg come di una «Gelehrsamkeit leicht wie Licht»,

«una erudizione leggera come la luce»(CANTARUTTI, 2004b: 87).189 Il lungo

trattato (Abhandlung) con la sua prosa fissamente tettonica e la dissertazione poetica (Poetikabhandlung) rigidamente strutturata tanto diffusi in lingua latina, vengono ora sostituiti dalla dilettuoso piacere e dalla disinvoltura della forma dialogica, appellativa e lieve (heiter) nelle forme brevi, e soprattutto dal saggio, dalla lettera e dalla coversazione nelle diverse lingue nazionali (WELLEK, 1978: 22).190 Nel saggio, in particolare, la funzione della brevitas è

186 «Filosofia pratica per il mondo, come teoria induttiva dell’esperienza di vita nell’ottica del soggetto,

che non teme di divenire popolare al di fuori della sua torre d’avorio» [corsivo S.R.].

187 Si veda anche il prezioso (CANTARUTTI, 2004b).

188 (CANETTI, 1972).

189 [Corsivo S.R.]. Sulla valenza del termine Aufzeichnung – come rileva Cantarutti «(termine

“neutro” che designa tutto ciò che è fissato graficamente») – si tornerà a proposito dell’opera di Durs Grünbein (III.7.).

190 «Der spezifische Einfluß allgemein sozialer und historischer Phänomene auf die Kritik ist

noch schwerer zu fassen und zu beschreiben. Es läßt sich z.B. der Einfluß einer ständig anwachsenden Leserschaft sogar auf die Form der Kritik beobachten. Im 17. Jahrhundert war die formale, oft lateinisch geschriebene Abhandlung oder Poetik die Regel. Im 18. Jahuhundert wurde sie durch den in der Landessprache geschriebenen Essay ersetzt. Der freiere Ausdruck, selbst in formalen Abhandlungen, und die nicht ausschließlich gelehrte Diktion zeigen, daß der Kritiker sich entschlossen hatte, ein breiteres Publikum als das der Studenten in den Bibliotheken oder im Vorlesungsram anzusprechen. Kritische Zeitschreiften, die im frühen 18. Jahrhundert noch bloß referierende Media waren und hauptsächlich Bücher gelehrten Inhalts

corroborata da un’eccezionale intensità espressiva: «il saggista», scrive Klaus Günter Just, «non procede mai in ampiezza, ma sempre in profondità» (JUST, 1989: 76). La Dichte, la concentrazione semantica e la polisemia, il linguaggio figurato e le immagini (Bilder) sono gli strumenti di precisione del saggista – come approfondiremo tra breve.

La ricerca dell’image juste e il gusto per la pointe, la gioia della citazione criptica e l’allusione en passant sono vitali per il saggio e si configurano come tracce preziose che rendono ancor più perspicuo quanto brevitas e antipedantismo siano in area tedesca diretto riverbero della «cultura dell’hônnette homme» come giunge dai moralisti francesi. Kalverkämper parla a ragione proprio di «ebenjene Ausstrahlung […] die das 17. Jahrhundert als

Esprit mondain, als Science mondaine bzw. Science du monde erstrebt und in der

Salonkultur (seit ihrer Entfaltung im Pariser Hôtel de Rambouillet um 1620) plegt». Una “Scienza del mondo” che guarda allo specialismo, alla

Fach(sprach)lichkeit, come a bieca ostentazione erudita:

Fachkenntnisse sind also, weil thematisch eingegrenzt, in der parasitären Hofgesellschaft bei Prinzen, Adeligen, Redner, Philosophen, Poeten und anderen verpönt; sie werden als Pedantentum, als steriles Fachgelehrtum der Savants, der Gens doctes, gebrandmarkt (KALVERKÄMPER, 1989: 20).191

beschrieben, verwandelten sich nun in kritische Blätter, die zeitgenössische Literatur besprachen», cfr. (WELLEK, 1978), Ibid. [«L’influenza specifica che i fenomeni storici e sociali

sulla critica in generale è ancora più difficile da cogliere e da descrivere. Ad esempio, l’impatto della costante crescita del pubblico di lettori si nota persino sulla forma della critica. Nel Seicento la norma erano il trattato o la poetica, spesso in latino. Nel Settecento vennero sostituite dal saggio nella lingua della nazione. La forma più libera dell’espressione, anche nel trattato formale, e l’utilizzo di una dizione non solo erudita mostrano l’intenzione del critico di raggiungere un pubblico più vasto degli studenti presenti nelle biblioteche o nelle aule. Le riviste di critica, che all’inizio del Settecento erano ancora dei semplici media di riflessione e in sostanza dei libri di contenuto erudito, si trasformarono in pagine critiche sulla letteratura contemporanea»].

191 «Nella società di corte parassitariamente raccolta attrorno a principi, nobili, oratori, filosofi,

poeti ed altri le nozioni specialistiche, poiché tematicamente circoscritte, sono dunque mal viste; vengono marchiate a fuoco come pedanteria, la sterile erudizione specializzata dei savants, delle gens doctes».

Con la celebre Maxime di La Rouchefoucauld (1613-1680): «un honnête homme ait tout et ne se pique de rien».192 Per via francese, il saggio, la

lettera e dialogo si qualificano presto come i generi dilettantistici per eccellenza, dove a regnare – con le parole di Goethe e Schiller in Über den

Dilettantismus (1799) – è il motto «Leidenschaft statt Ernst».193

L’opposizione tra il saggio e le «grandi forme consolidate delle scienze» e della poesia, vive del resto anche nella definizione, rimasta inedita per oltre due secoli, che del saggio dà Friedrich Schlegel – primo saggista tedesco a riflettere sul genere in ottica moderna: «Der Essay ist so zu schreiben, wie wir denken, sprechen, für uns schreiben oder im Zusammenhang frei reden, Briefe schreiben».194 La modalità saggistica, anche nel

processo dell’esposizione scientifica, e, proprio declinata nella sua variante della lettera, si qualifica come una delle forme privilegiate di Kolloquiale

Vermittlung von Fachwissen (KALVERKÄMPER, 1989). Di nuovo la lettera torna come elemento fondamentale, mettendo in luce i «saggi “nascosti”», «la fusione di saggi nel contesto di un’altra opera, dove essi o diventano un’organica parte del tutto, o rimangono un corpo estraneo». Nel romazo se ne hanno esempi illustri, oltre a Broch ed allo straordianrio hapax di Musil

195, si pensi solo a Thomas Mann. che, per la stesura del celebre «Thypus-

192 Maxime 203, Réflexions ou Sentences et Maximes morales (1665, réed. 1678), citato in

(KALVERKÄMPER, 1989: 20).

193 Come osserva finemente Uwe Wirth rilfettendo sul saggio Wissenschaft als Beruf (1919) di

Max Weber: «Anstatt zu fragen, wenn eine Erkenntnis als „wissenschaftlich qualifiziert“ gelten kann, wie Foucault es in Dispositive der Macht tut, beschreibt Weber die Einstellung – die attitude – des Wissenschaftlers. Ihm geht es, mit Paul Bourget zu sprechen, um die disposition d’esprit, die jemanden dazu qualifiziert, Wissenschaftler zu werden. Webers Antwort: Leidenschaft. Eine seltsame Antwort. Vor allem aber: eine doppeldeutige Antwort. Ein leidenschaftliches Erkenntnisinteresse für seinen Untersuchungsgegenstand haben – ist das nicht genau die Haltung, die den Enthusiasten, den Liebhaber, den Amateur, sprich, den Dilettanten auszeichnet?» (WIRTH, 2009: 11).

194Citato da (SCHLAFFER, 1997: 523) corsivo S.R.. Nell’Athenäum, Schlegel descrive il

frammento del primo romanticismo come «nur kleine Essays», «gleich einem kleinen Kunstwerke», (Athenäumsfragment 206), citato da (ADAM, 1991: 90). Nei frammenti primo-

romantici, in particolare le raccolte di Schlegel e Novalis, Bruno Berger scorge i decisivi prodromi alla saggistica: «il fine di responsabilizzazione morale e di tensione all’universale» sarebbe un’aspirazione condivisa dall’una e dall’altra forma letteraria, (BERGER, 1989: 173). 195 A proposito è d’obbligo il rimando a due contributi capitali, (C

ANTARUTTI, 1993) e

Kapitel» dei Buddenbrooks attinge alla descrizione sintomatologica che dela malattia dà la più insigne enciclopedia del tempo. Confrontando la voce «Typhus 2) Der Unterleibs- oder Darmtyphus» del Meyers Konversationslexikon (MEYER, 1889) con il relativo estratto dal romanzo (MANN, 1974: 751-754) risulta infatti una corrispondenza pressoché perfetta, che rende parte del capitolo sulla malattia del piccolo Hanno un vero e proprio brano saggistico di carattere scientifico-divulgativo. All’epoca i concetti veicolati dalla referenza non appartenevano certo al patrimonio del sapere comune, dato che ancora non avevano trovato un’univoca definizione in medicina: è dunque ben evidente nella filigrana del disegno poetico e narrativo l’intento didattico-informativo del rimando (GRAWE, 1992: 124). Si noti la peculiare

integrazione operata da Mann tra lo specialismo medico e l’estetica diegetica.

Dell’esperimento praticato con il suo Doctor Faustus, dove il principio del

montage s’insinua «vielleicht anstößig genug» per tutto il libro – lamenta

Mann nella celebre lettera ad Adorno del 30 dicembre 1945 – nei

Buddenbrock non compare e il ductus narrativo procede ininterrotto. Nella

medesima lettera in merito al Thyfus-Kapitel dei Buddenbrooks ed alle sezioni di musicologia del Doktor Faustus, Mann confessa:

meine “initiierte” Ignoranz bedurfte [in Doktor Faustus] nicht anders, als damals beim Typhus des kleinen Hanno, der

Exaktheiten (MANN, 1963: 470)

Oltre che nel romanzo, dove gli esempi sono illustri, da Th. Mann a Broch, allo straordinario hapax di Musil 196il saggio si trova «in lettere saggistiche, o meglio in brani epistolari», dove però non si tratta di

incapsulamenti, ma di chiari esempi del genere-saggio, che si serve oltre che della forma dialogica anche della forma epistolare. La qualità esteriore ed interna della lettera coincide così con quella del saggio (JUST, 1989: 86) [corsivo S.R.].

A questa ricchezza straordinaria fanno da contrappunto però l’insieme «di preclusioni ideologiche delineatosi dopo l’età di Lessing» (CANTARUTTI,

196 È d’obbligo il rimando a due contributi capitali: (C

ANTARUTTI, 1993); (MAGRIS, 1999a);

2008a: 28), che hanno progressivamente svilito la vitalità dei legami tra le

Wissenschaften a fronte di una graduale chiusura, di una riduzione dello spettro

del sapere alle linee delle nozioni specializzate. È in questa corsa alla settorializzazione, così evidente nel paese di «Sankt Hegel» (CANTARUTTI, 2007b), che il saggio, la forma da sempre «Dazwischenligendes», che fa propri i territori poco esplorati degli interstizi tra i saperi, diventa sospetta. La sua sua incommensurabilità (WEISSENBERGER, 1985a: 112), «kontrollierte Unbestimmtheit» (BUDE, 1989: 534) tematica e «absichtsvolle Unbestimmtheit» (SCHLAFFER, 1997: 523) formale divengono le sue stigmate. Una stigmatizzazione che si traduce in modo sintomatico in quanto rilevato con massima chiarezza da Heinz Schlaffer

Der Essay ist in der deutschen Kultur nie zu einer Selbstverständlichkeit geworden: dem stand das doppelte Ideal

strenger Wissenschaftlichkeit und autonomer Dichtung im Wege

(SCHLAFFER, 1997: 525).197

Il discorso prenderà ora una direzione più ampia, sviluppando alcuni punti della problematica epistemologica legata al saggio come forma di rappresentazione tra estetica e scienza. Questa appare una prospettiva di assoluta centralità, che sonderemo accennando alle riflessioni dei massimi esponenti della Essayforschung storica, in particolare, Adorno, Musil e Bense. Definiremo via via una sorta di caratterizzazione operativa del saggio, tanto indispensabile per il prosieguo della dimensione traduttologica.

I.13.3. La critica di Adorno: «aus einer Form der großen Philosophie zu einer kleinen der Ästhetik»

Seine [Adornos Essays] sind im traditionellen Sinne Essays eines Philosophen – Versuche in Begriffsbestimmung Durs Grünbein, Poesie und Essay Per cercare di mettere a fuoco la forma del saggio tra estetica e scienza è d’obbligo riflettere, anche se brevemente, sul testo forse più celebre e citato

197 «Nella cultura tedesca il saggio non è mai diventato qualcosa di naturale: lo ostacolava il

della Essayforschung – tentando al contempo di non compiere l’ altrettanto diffuso passo falso di glissare su aspetti decisivi della suo contesto genetico. Ne Der Essay als Form (1954-58), Adorno non si limita a qualificare il genere testuale che «spinge su posizioni di difesa» la cultura tedesca che «storicamente non conosce quasi l’homme de lettres» (ADORNO, 1989: 116). Da eccelso Denker, egli è anzitutto mosso dalla volontà di conferire al saggio dignità di forma di rappresentazione filosofica. Tra i pochi esponenti della

Essayforschung contemporanea ad individuare con tutta chiarezza questo

aspetto, centrale e spesso trascurato, è Simon Jander, che nota:

Bei Adorno sind also Ansätze einer Ästhetik des Essays zu finden, sie sind aber sehr eng an die Voraussetzungen seiner philosophischen und

ästhetischen Theorie gebunden und bleiben letzlich als unspezifisch. Dei

Schwierigkeit im Umgang mit Adornos Text besteht vor allem darin, sich von der Instrumentalisierung einer Gattungsdiskussion für die

Legitimation der eigenen philosophischen Methodik, also von der

definitotischen Beschlagnahme des Essays als Form eines bestimmtes Typs von Ideologiekritik, zu distanzieren, ohne dabei einzelne wichtige Einsichten zu übersehen (JANDER, 2008: 27).198

È questo il fulcro attorno al quale prendono corpo gli altri nuclei concettuali del suo capitale scritto ed è questo l’aspetto che ne limita la sfera di validità all’interno del nostro lavoro: vediamone ora le ragioni. Indugiare su un luogo testuale cardine come l’incipit permette di chiarire i termini del discorso definitorio usque ab initio:

Trotz aller belasteten Einsicht, die Simmel und der junge Lukács, Kassner und Benjamin dem Essay, der Spekulation über spezifische, kulturell bereits vorgeformte Gegenstände anvertraut haben, duldet die Zunft als Philosophie nur, was sich mit der Würde

des Allgemeinen, Bleibenden, heutzutage womöglich

Ursprünglichen bekleidet und mit dem besonderen geistigen Gebilde nur insoweit sich einläßt, wie daran die allgemeinen Kategorien zu exemplifizieren sind; wie wenigstens das Besondere auf jene durchsichtig wird. Die Hartnäckigkeit, mit der dies Schema überlebt, wäre so rätselhaft wie seine affektive Besetztheit,

198 «In Adorno si trovano dunque tratti di un’estetica del saggio, ma questi sono strettamente connessi ai presupposti delle sua teoria estetica e filosofica e in fin dei conti restano aspecifici. La

difficoltà del testo di Adorno consiste soprattutto nel distanziarsi, pur custodendo le singole importanti idee, dalla strumentalizzazione di una discussione relativa al genere per la legittimazione della

propria metodologia filosofica, dunque dal suo voler catturare il saggio in senso definitorio come

speisten es nicht Motive, die stärker sind als die peinliche Erinnerung daran, was einer Kultur an Kultiviertheit mangelt, die historisch den homme de lettres kaum kennt (ADORNO, 1972: 62).199

Adorno rielabora la problematica del genere saggio, focalizzandosi però precisamente sulla qualità filosofica della sua forma, del suo modus operandi e dei suoi media. Una qualità che reputa giustamente del tutto misconosciuta dalla «corporazione dei filosofi», tantopiù in Germania, in seno ad una cultura che «storicamente non conosce quasi l’homme de lettres», l’esibita erudizione lieve (heiter) ed antipedantesca del saggista. Una distinzione «molto tedesca» che investe appieno il saggio, e che già Adorno esprime a chiare lettere. Ponendo tra i primi corsivo su ciò che è orami diventato uno dei principali topoi della Essayforschung, Adorno esalta come presupposto assoluto del saggismo la libertà dello spirito e ne correla la carenza sul suolo tedesco allo stentato sviluppo del saggio:

In Deutschlad reizt der Essay zur Abwehr, weil er an die Freiheit

des Geistes mahnt, die, seit dem Mißlingen einer seit Leibnizischen

Tagen nur lauen Aufklärung, bis heute, auch unter den Bedingungen formaler Freiheit, nicht recht sich entfaltete, sondern stets bereit war, die Unterordnung unter irgendwelche Instanzen als ihr eigentliches Anliegen zu verkünden (ADORNO, 1972: 62).200

Fatto salvo questo pensiero, Der Essay als Form si concentra sul nesso arte- scienza. Laddove Lukács, nella celebre Lettera a Leo Popper in apertura di Die

Seele und die Formen (1911) lamenta come il saggio non abbia ancora

compiuto il processo di sviluppo da una «primitiva, indifferenziata, unità di

199 «Nonostante tutte le dense e ben ponderate riflessioni che Simmel e il giovane Lukács,

Kassner e Benjamin hanno affidato al saggio, cioè alla speculazione su oggetti specifici, culturalmente già prefigurati, la corporazione dei filosofi continua a tollerare come filosofia solo ciò che si ammanta della dignità dell’universale, del non perituro, oggigiorno magari anche dell’originale, e si occupa della specifica figurazione dello spirito solo nella misura in cui essa diviene esemplificatrice di categorie universali, o quanto meno che il particolare le lasci trasparire. L’ostinatezza con la quale tale schema sopravvive risulterebbe non meno incomprensibile dell’affetto possessivo che lo colma, se non lo tenessero in vita motivazioni più forti del ricordo penoso della finezza che manca a una cultura la quale storicamente non conosce quasi l’homme de lettres» (ADORNO, 1989: 116sg.) [corsivo S.R.].

200 «In Germania il saggio spinge su posizioni di difesa perché rammenta quella libertà dello

spirito la quale, dopo il fallimento di un illuminismo che da Leibnitz in poi è stato non più che tiepido, non si è fino a oggi adeguatamente sviluppata nemmeno nelle condizioni della libertà formale, ma fu sempre pronta a proclamare come suo più autentico compito la sottomissione a istanze, di qualunque tipo esse fossero» (ADORNO, 1989: 116sg.).

scienza, morale e arte» (LUKÁCS, 1972),201 Adorno critica la mentalità

opposta che reagisce recingendo l’arte quasi in una riserva di irrazionalità, facendo coincidere conoscenza e scienza sistematizzata e cercando di espungere, perché impuro (unrein), ciò che a quell’antitesi non si adegua. Adorno critica l’idea del saggio come forma d’arte, nucleo della riflessione lukácsiana, sia il principio positivistico secondo cui per le forme di rappresentazione scientifiche non è lecito pretendere veste artistica ed autonomia formale. Da un lato, attacca le «paccottiglie culturali» del feuilleton che neutralizzano le creazioni spirituali «a beni di consumo» confezionando forme di «versatile superficialità», dall’altro critica ferocemente lo «spirito scientistico» (der szientisfische Geist) che «nella sua allergia alle forme, considerate alla stregua di meri accidenti è vicino a quello rigidamente dogmatico» (ADORNO, 1989: 118sg.):

Das unverantwortlich geschulderte Wort wähnt, die

Verantwortlichkeit in der Sache zu belegen, und die Reflexion über Geistiges wird zum Privileg des Geistlosen (ADORNO, 1972:

72). 202

Qui Adorno riprende riflessioni cui aveva già dedicato la sua prolusione da docente dell’Università di Francoforte, Die Aktualität der Philosophie (1931):

Die englischen Empiristen ebenso wie Leibnitz haben ihre philosophischen Schriften Essays genannt, weil die Gewalt der frisch erschlossenen Wirklichkeit, auf die ihr Denken aufprallte, ihnen allenmal das Wagnis des Versuchs aufzwang. Erst das nachkantische Jahrhundert hat mit der Gewalt der Wirklichkeit das Wagnis des Versuchs verloren. Darum ist der Essay aus einer Form

der großen Philosophie zu einer kleinen der Ästhetik geworden, in deren

Schein sich immerhin eine Konkretion der Deutung flüchtete, über welche die eigentliche Philosophie in den großen Dimensionen ihrer Probleme längst nicht mehr verfügte (ADORNO,

1990: 343).203

201 (LUKÁCS, 1989).

202 «La parola buttata lì irresponsabilmente pretende invano di dimostrare nella cosa la propria

responsabilità eil riflettere sulle cose dello spirito diventa un privilegio di chi spirito non ha»

(ADORNO, 1989: 119).

203 [Corsivo S.R.] «La produttività del pensiero è garantita dialetticamente solo nella

concrezione storica. Entrambe giungono alla comunicazione nei modelli. Nello sforzo di raggiungere la forma di tale comunicazione metto volentieri in conto l’accusa di saggismo. Gli empiristi inglesi così come Leibnitz hanno chiamato i loro scritti saggi, poiché la violenza della realtà appena dischiusa, da cui scaturisce il loro pensiero, li spinse una volta per tutte al rischio