II. Tradurre il saggio: una prospettiva olistica ad hoc
II.2. Fondamenti per un paradigma traduttologico olistico
II.2.8. Contrassegni disciplinari
In un articolo del 1999 dal titolo Translationswissenschaft als integrative Disziplin, Kalverkämper traccia il profilo della traduttologia, osservando le lacune ancora presenti nella ricerca ed affermando con forza la necessità di una ricognizione sistematica della disciplina, un’analisi dalla quale possano 313 Adattamento e traduzione S.R..
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qualità testuale linguistica/ visuale (non verbale) cognitiva interattiva,comunicativa pragmatica, sociale, empatica
TESTO INTERLOCUTORI SITUAZIONE COMUNICATIVA AGIRE NEL ‘MONDO’
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LINGUISTICA TESTUALE SCIENZE COGNITIVE SCIENZE DELLA TRADUZIONE
SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE INTERCULTURALE, SCIENZE SOCIOLOGICHE, HANDLUNGSTHEORIEN Comprensibilità
scaturire gli impulsi per un nuovo approccio all’insegna dell’integratività, quella integratività che, vent’anni prima, era stata l’egida del programma dei
Translation Studies (SNELL-HORNBY, 1988).314 Si fa sempre più viva la
coscienza di quanto rintracciare o stabilire interconnessioni tra gli àmbiti del sapere sia proficuo per comprendere l’oggetto di traduzione ed instaurare con esso un dialogo, una comunicazione. Al di là dei dualismi che ancora segnano il campo della riflessione traduttologica, 315 la traduzione ed in
particolare il concetto di agire traduttivo (translatorisches Handeln) che ne media la processualità – continua lo studioso – condensa un complesso che traduttori e interpreti devono intendere come un insieme costituito da istanze interrelate, integrate e complementari. Se il concetto di interdisciplinarità non si limita a descrivere la relazione tra una disciplina e le discipline ad essa attigue, ma si sviluppa su molteplici dimensioni,316
314 Il riferimento è all’epocale (SNELL-HORNBY, 1988).
315Si fa riferimento ai riverberi nella traduttologia contemporanea di un vero topos del dibattito
storico sulla traduzione: l’antica dicotomia tra approccio naturalizzante vs. estraniante, legata al celebre einbürgende vs. verfremdende Übersetzungsmethode schleiermacheriano e già formulata da Goethe nella Rede zu Wielands Andenken (1813). Tale dicotomia continua ad animare il dibattito contemporaneo. Tra i lavori più significativi figura uno studio di Anne Bohnenkamp. Procedendo da un’attenta critica terminologica, la studiosa ritriene che l’aggettivo verfremdend sarebbe in realtà inadatto a connotare la metodologia e le concrezioni letterarie cui viene solitamente associato. Bohnenkamp propone dunque di sostituire verfremdend con hybrid: il vero tratto caratterizzante questo tipo di traduzioni sarebbe infatti la natura “ibrida” della loro lingua, la percettibile eterogeneità delle fonti linguistiche. Mutuando la terminologia mendeliana, Bohnenkamp definisce «fenotipicamente ibride» le traduzioni in cui tale eterogeneità è “visibile” sulla superficie espressiva. (BOHNENKAMP, 2004: 17). Le radici della questione affondano
tuttavia in strati assai più antichi, giungendo ai fondamenti delle considerazioni teoriche sull’atto traduttivo, dove è particolarmente percepibile il legame genetico tra riflessione e pratica traduttiva, ciò che George Steiner definisce «immediate empirical focus» (STEINER, 1994a: 248). Nell’antinomia tra modalità traduttiva ad lectorem o ad auctorem riverbera infatti il concetto di fedeltà, che troviamo variamente tematizzato nella cosiddetta trattatistica “pre- scientifica” sulla traduzione in chiave di fedeltà alla lettera o allo spirito, alla forma o al contenuto. Ma questa constatazione di base implica un essenziale distinguo, che proprio Schleiermacher vede con chiarezza: l’antico binomio fedeltà allo spirito, (traduzione “libera”) o alla lettera «deve potersi ricondurre ai due menzionati», convivendo diversamente in ognuno di essi (SCHLEIERMACHER, 1993: 155). Nel dibattito contemporaneo la dicotomia einbürgernd vs. verfremdend acquista una segnatura a sua volta specifica, indicando fenomeni linguistici in senso
ampio, come metodologie di strutturazione testuale, generi testuali, a fenomeni stilistici traduttivamente di rilievo, sino a coprire l’ambito che la moderna scienza della traduzione assegna all’area della specificità culturale (Kulturspezifik) (ALBRECHT, 1998: 75). Per un
approfondimento sulla tematica in relazione alla traduzione del classico all’epoca dello storicismo tedesco mi permetto di rinviare a: (RUZZENENTI, 2011b).
316 Kalverkämper distingue a questo proposito l’interdisciplinarità che 1) unisce le discipline a
configurandosi infine come sinergia in grado di generare un novum, le scienze della traduzione come qui concepite sono da intendersi quale massimo esempio di inter-disciplina (KALVERKÄMPER, 1999b) (ULRYCH, 1997b)317. Con un deciso cambio di prospettiva rispetto agli approcci
focalizzati sulla sola comparazione interlinguistica (STOLZE, 2003: 9),318 qui
la riflessione traduttologica si qualifica per la propria vivace trasversalità, esaltando l’idea di traduzione come agire processuale e complesso. La riflessione deve attraversare un intero campo di forze, valutandone le componenti nelle loro molteplici interconnessioni. In specifica sinergia con la teoria della letteratura, specie di orientamento ermeneutico, con le scienze cognitive ed i loro cruciali sviluppi sul campo dell’intertestualità, nonché con gli studi linguistica testuale, in particolare sulla struttura informativa, la prospettiva interdisciplinare del paradigma qui adottato mira dunque a riflettere sul processo traduttivo in dimensione culturale e interculturale (Kulturspezifik und Interkulturalität), ponendo in risalto con un intento squisitamente
integrativo la figura del traduttore con le sue specifiche competenze, la sua
sensibilità ermeneutica e personale poetica.
Sebbene la crucialità del nesso episteme-tèchne-prassi per la traduzione sia palmare, il rapporto che lega la traduttologica alla traduzione intesa come pratica traduttiva continua ad essere problematico. Continua a persistere un vero e proprio «divario fra teoria della traduzione e pratiche del tradurre», accentuato, non da ultimo, dalla sfiducia degli stessi traduttori nei confronti della traduttologia (LAVIERI, 2009: 8). Non è però solo la sfiducia teorica La dimensione funzionale (funkitonal) che mette in risalto l’interdisciplinarità quale dialogo sugli aspetti comuni dell’obiectum d’indagine, su problematiche e soluzioni; 3) l’interdisciplinarità di livello di valutativo e critico-correttivo (fachevaluativ) che consente di analizzare criticamente le singole scienze; 4) l’interdisciplinarità metodologica (methodologisch) come concetto che dirige la ricerca; 5) l’interdisciplinarità cognitiva (kognitiv) che genera nuove categorie del sapere; 6) l’interdisciplinarità „practologica“ (praktologisch) che si basa sullo scambio dei risultati:
(KALVERKÄMPER, 1999b: 60).
317 Più precisamente, Ulrych parla di «multidisciplina»: (ULRYCH, 1997b: xi).
318 Qui Radeguindis Stolze definisce la nuova ottica nei termini di «eine Verschiebung des
Blickwinckels vom Vergleich der Sprachsysteme über textlinguistische Fragestellungen bis hin zum traslatorischen Handeln» [«uno spostamento della prospettiva dalla comparazione dei sistemi linguistici attraverso le problematiche linguistico-testuali sino all’agire traduttivo»].
degli addetti ai lavori a determinare una falla i due costituenti primari del paradigma traduttivo. Al contrario, il problema si annida nello stesso pregiudizio che circonda la componente applicativa delle scienze della traduzione. Un pregiudizio nato in seno alle discipline filologiche, la cui profonda vocazione teorica rende sospetta ogni Angewandtheit (KALVERKÄMPER, 2009a: 94):319 L’applicazione viene fraintesa come
realizzazione di carattere non scientifico, «transfer pragmatico della scienza». Eppure anche le discipline più squisitamente teoriche non possono che realizzarsi in sinergia con le discipline applicate e, in modo tanto più proficuo, servendosi di strategie metodologiche atte a verificare la validità e la qualità dei paradigmi teorici stessi. Il nesso, forte e vitale, con la pratica, agisce al contrario come imprescindibile correttivo delle finalità filosofico-filologiche, stabilendo un contatto diretto con la pragmatica e con l’humanum stesso da cui sono state generate: gli uomini, la società, la cultura «anche al plurale» (KALVERKÄMPER, 2009a: 95sg.).320Sono le discipline
applicative ad assicurare il radicamento della scienza nella società, nel sostrato storico-culturale, nella stessa attualità, garantendo così un continuo confronto con la modernità, e con l’adeguatezza della riflessione scientifica:
319 Specie: «Ein zentraler Grund solcher […] Haltung liegt darin, dass die Komponente
‘Angewandtheit’ den Philologien für ihre Fächer fremd und somit dann bei einer anderen Disziplin suspekt ist; die Philologie und ihre Einzelphilologien (wie z.B. Anglistik, Germanistik, Romanistik, Slawistik) kennen keine konzeptionelle, geschweige institutionalisierte Angewandtheit, aber gerade deshalb hat sie auch einen kaum überbrückbaren Abstand zu den Belangen der Gesellschaft inne, so dass sie als […] gesellschaftlich verzichtbar, mit dem Maßstab des Nutzens kaum bemessbar, ja sogar als nicht relevante “reine Diskussionswissenschaft” verunglimpft, im öffentlichen Bewußtsein verankert ist» [«Una ragione fondamentale di questo atteggiamento sta nel fatto che la componente ‘applicazione’ è estranea alle filologie per i loro campi e dunque è sospetta anche se in un’altra disciplina; la filologia e le sue singole filologie (ad esempio l’anglistica, la germanistica, la romanistica, la slavistica) non conoscono l’applicazione dal punto di vista concettuale, per non parlare di quello istituzionale, ma proprio per questo la essa [la filologia] serba un distacco pressoché insuperabile dagli interessi della società […], così è fissata nella coscienza collettiva denigrata in qualcosa di cui si può fare socialmente a meno, qualcosa di a malapena misurabile col metro dell’utile, e addirittura una ‘pura scienza speculativa’ senza alcuna importanza»].
320 «Il complemento di un’affermazione scientifica globale sul “mondo”, su “oggetti e stati di
cose”, siano essi reali o immaginati, pragmatici o fittizi, quotidiani o poetici, non è una grandezza cui si può rinunciare [...] al contrario, essa funge da necessario contrappunto pragmatico degli obiettivi di carattere filosofico delle filologie, al fine di conservarli in quei contesti da cui provengono, negli uomini, nella società, nella cultura (anche al plurale».
Bei der Translationswissenschaft ist die [...] Gemeinschaft von Wissenschaft und Angewandtheit, von Theorie und Praxis, per
definitionem GANZHEITLICH gegeben (KALVERKÄMPER, 2009a:
96).321
L’integratività è cruciale: le scienze della traduzione si pregiano sia di un apparato di riflessione teorica sia di una dimensione applicativa, elementi complementari che fungono da reciproci correttivi e la cui integrazione genera innovazione scientifica(KALVERKÄMPER, 1999b). Laddove guidate da una congrua riflessione, le pratiche della traduzione pertengono
congenialmente linguaggio e la competenza relativa alle singole lingue; il testo
nei suoi rapporti con il genere testuale, la testualità, l’intertestualità, i nessi che lo legano agli altri generi testuali; la comunicazione, nei suoi fattori sistemici come nelle sue varianti situative; i media o canali, la loro «medialità»; la pragmatica come agire linguistico (sprachliches Handeln) , la cultura e le sue espressioni qualitative, la culturalità (Kulturalität) come
specificità culturali o aspetti culturo-specifici (Kulturspezifika);322l’interculturalità; nonché l’enciclopedia e il competenza
specialistica, anche extralinguistica. 323
Riportiamo infine, adattata e tradotta, la sistemazione sinottica (figura IX) che Kalverkämper affida al suo studio sul wissenschaftstheoretisches
321 «Nella scienza della translazione l’unione di scienza e applicazione, teoria e prassi è
INTERAMENTE data per definitionem».
322 Accogliamo la valida proposta di Bazzanini, che (dalla prospettiva inversa) unifica nel
termine corrispondente a Kulturspezifika anche le espressioni culturo-specifiche come i realia o
Kultureme (KALVERKÄMPER, 1998c), (BAZZANINI, 2011: 119): «Pur nella consapevolezza che le
diverse denominazioni talvolta sottendono sottili distinzioni di significato, ho scelto qui di utilizzare “realia” come sinonimo di “espressioni culturo-specifiche” o “termini culturo- specifici”, perché conciso ed efficace, comprendendo così anche i realia che non sono espressi da singoli lemmi, ma da sintagmi complessi».
323 Così, chiarisce definitivamente Kalverkämper: «es gibt keine *<Angewandte
Translationswissenschaft> als Ergänzung, und die Translation als praktischer Akt des Übersetzens oder Dolmetschens ist auch keine Manifestation einer *“Angewandten Translationswissenschaft“. Translationswissenschaft auch als „Angewandte Linguistik“ oder gar als deren Teildisziplin anzusehen, ist ein disziplinärer Fehlbergriff und wird beiden nicht gerecht» (KALVERKÄMPER, 2009a: 96). «[…] non esistono *<scienze della traduzione
applicate> come aggiunta, e la traduzione come atto pratico del tradurre e dell’interpretare [Dolmetschen] non è manifestazione di *“scienze della traduzione applicate”. Anche considerare le scienze della traduzione come linguistica applicata o addirittura come una sua sottodisciplina è un concetto disciplinare sbagliato e non rende giustizia né alle une né all’altra».
Paradigma der Translationswissenschaft (2009). Qui i contrassegni delle scienze
della traduzione vengono descritti singolarmente nei loro aspetti essenziali ed appaiati a caratteristiche identificative, dando luogo ad una illustrazione schematica del paradigma epistemologico della disciplina:
Figura VI: Il paradigma epistemologico della Translationswissenschaft (KALVERKÄMPER, 2009a: 100).324
324 [Adattamento e traduzione S.R.]
Definizione Descrizione Caratteristiche
identificative
Componenti, media (scienze della traduzione/
Translationswissenschaft)
Attività scientifica
Status disciplinare olistico; sito (dinamico) di tradizione (conservazione, accrescimento e mutamento) dei saperi
Ambito di ricerca autonomo; elaborazione del sapere attraverso la forza intellettuale (gr. epist!m!)
Transfer linguistico; relazioni (inter-) linguistico-culturali create in modo autoriale dal traduttore
(necessariamente) interdisciplinare
Interrelazione attiva entro la rete sistemica delle discipline (dialogo scientifico)
Oggetti d’indagine comuni: - lingua
- comunicazione - testo
Intersezioni tra gli ambiti di interesse (problematiche e strategie) - linguistica - elaborazione testuale - scienze culturali - sociologia - psicologia - antropologia - semiotica - retorica - ambiti specialistici - etc. apparato teorico- sistematico Struttura disciplinare costituita da cognizioni intellettuali e sistemazioni concettuali Costituzione teorica; molteplicità (linee di ricerca, “scuole”); affermazione dell’autonomia disciplinare
Terminologia; strumenti d’analisi; modelli; metodi (“vie” per raggiungere cognizioni); esigenze (criteri di valutazione)
impiego pragmatico- didattico
Struttura disciplinare come responsabilità nei confronti della traduzione e della società; attivazione dei saperi; affermazione della disciplina come dimensione di riferimento
Assimilazione, veicolazione e salvaguardia di tradizioni critiche di pensiero («kritische Denktradition») Insegnamento, dialogo, applicazione di criteri, valutazione riscontro applicativo- professionale
Riscontro delle cognizioni; sapere in mutamento; giustificazione implicita della disciplina
Elaborazione di sapere attraverso creatività; capacità pratica (gr. téchn!, pr"xis)
Risultati del lavoro (translati); valutazione del lavoro (qualità dei translati)
Seguendo la dimensione verticale dello schema (I colonna) si ottiene così una definizione sinottica: integrando, et pour cause, componenti teoriche (I, II, III) e componenti pratiche (IV, V), le scienze della traduzione possono dunque definirsi come I. attività scientifiche; II. d’impronta interdisciplinare; III. costituite da un apparato teorico-sistematico; IV. con impiego pragmatico-didattico; e V. riscontro applicativo-professionale. 325