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Dopo avere compiuto l’esame dei requisiti costitutivi della nozione di informazione privilegiata, proseguiamo la trattazione analizzandone alcuni profili

L’INSIDER TRADING

4) l’adozione di misure di vigilanza sul rispetto delle norme

7.6. Dopo avere compiuto l’esame dei requisiti costitutivi della nozione di informazione privilegiata, proseguiamo la trattazione analizzandone alcuni profili

conclusivi.

Primo fra questi è quello c.d. del front running, contemplato nel comma quinto dell’art. 181 TUF299, che considera privilegiata anche l’informazione trasmessa da un cliente ad una persona incaricata dell’esecuzione di un ordine relativo a strumenti finanziari. Più precisamente, si tratta dell’attività dell’intermediario finanziario che, ricevuto dal cliente un ordine di acquisto o di vendita di titoli quotati - un ordine di negoziazione la cui esecuzione avrebbe la capacità di influire sensibilmente sul prezzo del titolo - ne anticipa gli effetti sul mercato ponendo in essere un’operazione dello stesso tenore ma per conto proprio. Per la citata disposizione, al pari della stessa direttiva europea come pure della giurisprudenza300, anche questa fattispecie rientra

(298) CESR/06/-562-b, luglio 2007, in www.cesr-eu.org. La natura privilegiata dell’informazione può essere ravvisata in due situazioni: quando la notizia è tale da permettere al ragionevole investitore di prendere una decisione di investimento senza rischio finanziario o con un rischio molto basso; quando l’informazione sia in grado di essere immediatamente sfruttata sul mercato.

(299) Art. 181 ultimo comma: “Nel caso delle persone incaricate dell’esecuzione di ordini relativi a strumenti finanziari, per informazione privilegiata si intende anche l’informazione trasmessa da un cliente e concernente gli ordini del cliente in attesa di esecuzione, che ha un carattere preciso e che concerne, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti di strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari”.

(300) Art. 1 direttiva 2003/6/CE; Trib. Milano, 23 gennaio 2007, in Corr. Merito, 2007, pp. 615 e ss..: ha riconosciuto la sussistenza della pratica di “front running” ritenendo integrati gli estremi del delitto di i.t., nel caso di un soggetto senior trader di una Sim italiana che, in concorso con un soggetto extraneus, effettuava sul mercato telematico operazioni su titoli azionari. L’insider informava preliminarmente l’extraneus del fatto che egli avrebbe subito dopo immesso sul mercato un ordine

nel divieto di insider trading, in quanto l’intermediario ha posto in essere un’operazione nel proprio interesse dopo avere assunto conoscenza della notizia privilegiata, grazie all’ordine ricevuto dal cliente e quindi nell’esercizio della sua professione. Ne consegue che tra i soggetti attivi del delitto di i.t. si può annoverare anche l’intermediario che esegue un ordine per conto altrui, sempre ovviamente a patto che l’ordine ricevuto rechi un’informazione avente tutti i crismi dettati dalla norma dell’art. 181 TUF.

Una definizione speciale di “informazione privilegiata” viene fornita anche con riferimento al mercato dei derivati su merci. Dispone, infatti, il comma secondo dell’art. 181 TUF che “In relazione ai derivati su merci, per informazione

privilegiata si intende un’informazione di carattere preciso, che non è stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più derivati su merci, che i partecipanti ai mercati su cui tali derivati sono negoziati si aspettano di ricevere secondo prassi di mercato ammesse in tali mercati”.

La definizione, comune a quella generale del comma primo quanto ai requisiti di precisione e di non pubblicità, se ne discosta laddove richiede trattarsi di un’informazione che i partecipanti ai relativi mercati attendono di ricevere secondo prassi di mercato ammesse301. In dottrina, è stato precisato che il riferimento alle prassi non è da intendersi alla stregua di un elemento normativo di fonte sub-legislativa, nel qual caso si porrebbe un problema di legittimità costituzionale per violazione del principio della riserva di legge, quanto piuttosto come una caratteristica del fatto che vale a designare, esclusivamente sul piano concreto, la tipologia delle notizie alle quali avere riguardo per misurarne poi l’eventuale riconducibilità alla fattispecie tipica dell’informazione privilegiata302.

avente un impatto potenzialmente rilevante sul prezzo di un titolo; l’extraneus, quindi, anticipava tale ordine con un altro dello stesso segno eseguendo a prezzi correnti, per poi chiudere la posizione con un ordine di segno opposto che trovava esecuzione proprio abbinandosi a quello immesso contestualmente o subito dopo dall’insider a prezzi più vantaggiosi.

(301) Tali devono intendersi, giusta quanto stabilito dalla lett. c) dell’art. 180 TUF, “le prassi di cui è ragionevole attendersi l’esistenza in uno o più mercati finanziari e ammesse o individuate dalla Consob in conformità alle disposizioni di attuazione della direttiva 2003/6/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003”.

(302) MUCCIARELLI F., L’abuso di informazioni privilegiate, delitto e illecito amministrativo, op. cit., p. 1468; MARTELLO G., art. 184, in Legislazione penale, 2006, 77: l’Autore qualifica il riferimento alle prassi di mercato ammesse come una consuetudine integratrice della fattispecie incriminatrice.

8. I RAPPORTI TRA ILLECITO PENALE ED ILLECITO AMMINISTRATIVO

Si è già avuto modo di accennare al fatto che la direttiva comunitaria del 2003 ha rimesso agli Stati Membri la scelta circa la tipologia delle sanzioni, penali od amministrative, irrogabili a carico dei responsabili di abusi di mercato, stabilendo quale unico limite che si deve trattare di sanzioni “sufficientemente dissuasive,

proporzionate alla gravità della violazione e agli utili realizzati, facendo salva altresì la prerogativa per gli Stati Membri di imporre sanzioni penali”.

A detta degli interpreti, nella direttiva si scorge un favore del legislatore europeo verso un processo di armonizzazione delle discipline che passi attraverso l’adozione di un sistema repressivo di tipo penal-amministrativo, motivato dalla necessità di ricorrere alla sanzione più severa per i casi più gravi, ma nel contempo anche dalla consapevolezza circa la maggiore speditezza dei procedimenti amministrativi rispetto a quelli penali e dal marcato tecnicismo amministrativo che, in quanto tale, è ritenuto forse più confacente ad una materia, altrettanto tecnica, quale quella finanziaria e della borsa.

Il legislatore italiano, investito della scelta, ha ritenuto di optare per un sistema a doppio binario: è stato mantenuto il presidio penale per reprimere i fatti di i.t. commessi dai c.d. insiders primari (art. 184 TUF), mentre per le condotte dei c.d.

insiders secondari è stato introdotto un nuovo tipo di illecito amministrativo (art. 187

bis comma quarto TUF)303.

E’ chiaro che siffatta previsione impone all’interprete di trattare il problema dei rapporti tra le due figure di illecito.

Fatta salva l’autonoma previsione incriminatrice contenuta nell’art. 187 bis comma quarto, che declama una responsabilità amministrativa specifica a carico dei c.d.

insiders secondari, resta da verificare, infatti, il rapporto tra il comma primo dell’art.

187 bis ed il corrispondente alinea dell’art. 184304, posto che entrambi reprimono - seppure con sanzioni diverse, quella amministrativa e quella penale - comportamenti sostanzialmente omogenei tenuti dai c.d. insiders primari. Le due fattispecie, infatti, sono costruite in modo speculare, derivandone una singolare e piena sovrapponibilità

(303) La soluzione di un sistema sanzionatorio duplice è adottata anche dalla Francia.

(304) Lo stesso dicasi per il rapporto tra il comma secondo dell’art. 187 bis e il corrispondente comma dell’art. 184 c.p.

sul versante della tipicità tra illecito penale ed illecito amministrativo, tanto da porre l’interrogativo di quale norma - se quella penale o quella amministrativa - dovrà concretamente applicarsi nell’ipotesi che il fatto commesso sia sussumibile sotto entrambi gli ambiti normativi305.

Secondo il pensiero dominante, l’identità strutturale ravvisabile tra le due disposizioni porta ad escludere l’esistenza, tra le stesse, di un rapporto di specialità ai sensi dell’art. 9 L. 689/1981, facendo per contro configurare un’ipotesi di concorso di illeciti, che troverebbe conferma nella stessa formulazione letterale della clausola d’esordio dell’art. 187 bis306, come anche nelle norme contenute negli artt. 187 duodecies e terdecies307308.

(305) ROSSI A., Market abuse e insider trading: l’apparato sanzionatorio, in www. Rivista231.it, n. 2/2006: “Va posta in evidenzia la totale sovrapposizione del tenore letterale delle due ipotesi di abuso di informazioni privilegiate, identiche nelle modalità comportamentali e difficilmente distinguibili anche circa l’elemento soggettivo, pur differenziandosi in riferimento alla natura giuridica e così duplicate in punto di operatività. Detta opzione lascia perplessi. Infatti, in un quadro di visione del diritto penale quale extrema ratio di tutela e, quindi, di sussidiario intervento repressivo e sanzionatorio, limitato alle situazioni necessitanti lo stesso e non altrettanto sufficientemente tutelate attraverso sistemi punitivi meno afflittivi ed invasivi, la logica normativa si era sempre incentrata in una individuazione di condotte differenziate sia in base alle caratterizzazioni aggressive, sia in base alle modalità operative allorquando appunto si optasse per un complesso di illeciti con differente natura giuridica in relazione alla tutela del medesimo bene, nel rispetto, così, sia del principio di specialità intersettoriale tra illecito penale ed illecito amministrativo ai sensi dell’art. 9 della l. 24 novembre 1981, n. 689, sia del generale divieto di duplicazione della risposta sanzionatoria per un medesimo fatto illecito. Il che non sembra oggi in relazione ai casi qui all’esame”.

(306) L’art. 187 bis si apre con la seguente espressione: “Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato”. Si è sostenuto che quando il legislatore vuole escludere il concorso, ricorre alla formula tradizionale “salvo che il fatto costituisca reato”. PALIERO C.E., “Market abuse” e legislazione penale: un connubio tormentato, in Corr. merito, 2005, p. 810. MUCCIARELLI F., L’abuso di informazioni privilegiate: delitto ed illecito amministrativo, in Dir. pen. proc.,2005, p. 1467 e ss..: secondo l’Autore, la formula d’esordio impiegata nell’art. 187 bis è inconsueta e pare tuttavia riferirsi ad una situazione nella quale il medesimo fatto, qualora costituisca reato, importa l’applicazione anche delle sanzioni amministrative previste dallo stesso art. 187 bis.

(307) L’art. 187 duodecies sancisce l’autonomia dei due procedimenti, quello penale e quello amministrativo, anche quando riferiti ai “medesimi fatti”, mentre l’art. 187 terdecies prevede l’esecuzione della sanzione pecuniaria penale (la multa) solo nella parte residua a quella già riscossa dall’autorità amministrativa (il principio della commutabilità costituisce una evidente conferma della sostanziale sovrapponibilità della sanzione penale e di quella amministrativa in relazione ai medesimi fatti storici).

(308) MANNA A., Tutela del risparmio, novità in tema di insider trading e manipolazione del mercato a seguito della legge comunitaria del 2004, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2005, p. 668: l’Autore sostiene che il legislatore ha compiuto una sensibile virata rispetto alla scelta normativa presente nell’art. 9 della legge generale di depenalizzazione 689/81, in favore del principio di specialità. Non avendo rango di principio costituzionale (almeno per l’illecito amministrativo), il ne bis in idem potrebbe essere derogato da un’altra legge ordinaria successiva alla 689/81.

Un impianto così congegnato, oltre che anomalo, sembra contrastare sia con i principi contenuti nella Circolare della Presidenza del Consiglio del 19 dicembre 1983309, sia anche con i principi in materia di concorso tra sanzioni penali e sanzioni amministrative, enunciati dall’art. 9 della Legge 24 novembre 1981 n. 689310. Il legislatore, con tutta probabilità condizionato dalla necessità di innescare una reazione severa contro gli scandali finanziari degli ultimi anni, è dunque addivenuto a disegnare un sistema repressivo dei markets abuse particolarmente duro ed irrazionale, caratterizzato da una doppia sanzione (penale-amministrativa) non giustificabile ed in spregio alle regole di coordinamento dei due modelli punitivi311. Tra le due figure di illecito, quella penale e quella amministrativa, residuano tuttavia due profili di differenziazione. Il primo attiene all’elemento soggettivo, atteso che il reato penale è punito solo a titolo di dolo, mentre nell’illecito amministrativo la colpevolezza può indifferentemente assumere le sembianze sia del dolo che della colpa312. L’altra nota distintiva attiene all’equiparazione del tentativo alla consumazione, stabilita per il solo illecito amministrativo al comma sesto dell’art. 187 bis. Ne consegue, alla luce delle due evidenziate differenze, che la clausola di

(309) La circolare stabilisce che la scelta del legislatore sulla natura della sanzione da applicare, se penale od amministrativa, per la repressione di taluni fatti, deve essere condotta sulla base di due criteri orientativi: il principio di proporzionalità, in base al quale la reazione sanzionatoria deve essere graduata e commisurata alla gravità del fatto, avendo riguardo alla natura dell’interesse tutelato nell’ambito della gerarchia dei valori costituzionali e al grado di anticipazione della tutela; il principio di sussidiarietà, per cui il ricorso alla sanzione penale deve costituire l’extrema ratio, utilizzabile solo laddove non esista altro strumento sanzionatorio parimenti idoneo a proteggere efficacemente il bene tutelato.

(310) L’art. 9, comma primo, della L. 689/1981, regolamenta i rapporti tra illecito penale ed illecito amministrativo in base al principio di specialità: “quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale”. (311) ALESSANDRI A., Attività d’impresa e responsabilità penali, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, p. 555: “il coacervo di disposizioni appare improvvisato, nel nome di una reazione repressiva quanto più energica possibile, confidando che mettendo in una sorta di competizione sanzione penale e amministrativa, almeno una delle due riesca a giungere al traguardo. Soluzione che non sembra frutto di una sintassi corretta. Il principio di specialità appare essere un razionale principio di carattere generale che è teso ad evitare il sostanziale ne bis in idem di sanzioni afflittive per lo stesso fatto”. (312) Sembra non reggere la tesi per cui l’illecito amministrativo sarebbe punibile solo a titolo di colpa: è vero che l’art. 187 quater, al comma terzo, sembra offrire un appiglio in questo senso allorquando si riferisce al “grado della colpa” dell’autore della violazione (senza menzionare il noto inciso “intensità del dolo”), ma a smentire ogni fondatezza di siffatta ipotesi è la norma contenuta nel comma sesto dell’art. 187 bis che equipara il tentativo alla consumazione, ciò che però può avere senso affermare expressis verbis in relazione alla sola forma del dolo, non essendo concepibile l’idea del tentativo di un illecito amministrativo colposo.

riserva dell’art. 187 bis opererà soltanto nei casi di insider trading colposo e di

insider trading tentato, nel senso che in queste due ipotesi (oltre che ovviamente in

quella base dell’i.t. commesso dal c.d. insider secondario) viene a configurarsi il solo illecito amministrativo, mentre in ogni altro caso si avrà un concorso tra l’illecito penale e l’illecito amministrativo. In altre parole, tra le due forme di illecito viene a delinearsi una sostanziale sovrapposizione e polarizzazione attorno ai medesimi fatti tipici, fatta eccezione per l’illecito amministrativo che presenta un raggio d’azione ulteriore ed esclusivo.

9. LELEMENTO SOGGETTIVO

Richiamando quanto già detto aliunde, il delitto di insider trading previsto dall’art. 184 TUF lett. a) è punibile a titolo di dolo generico: è richiesto in capo all’agente la coscienza e la volontà di compiere l’operazione finanziaria avvalendosi e sfruttando l’informazione privilegiata che si è consapevoli di possedere313. Ai fini della configurabilità del dolo, non assume dunque alcun rilievo l’intento speculativo che determina l’agente alla commissione del fatto, intento che peraltro è connaturato ad ogni operazione di borsa314.

L’illecito amministrativo previsto dall’art. 187 bis TUF è invece punibile sia a titolo di dolo che di colpa. L’insider secondario potrà rispondere dell’illecito amministrativo sia a titolo di dolo che a titolo di colpa, atteso l’impiego dell’espressione “conoscendo o potendo conoscere”: nell’ipotesi colposa (potendo conoscere) l’attore avrebbe potuto conoscere il carattere privilegiato della notizia usando l’ordinaria diligenza, quella che attenta dottrina definisce come “una forma di

diligenza non specialmente qualificata, un’attenzione minima richiesta ad ogni consociato”315. L’espressione normativa impiegata - che richiama il Considerando n. 18 della Direttiva 2003/6/CE316 - sembra assumere il profilo di responsabilità colposa

(313) Per quanto concerne le fattispecie di cui alle lettere b) e c) del medesimo art. 184 TUF, il dolo consiste nella coscienza e volontà di trasmettere a terzi l’informazione privilegiata ovvero di raccomandare/indurre al compimento dell’operazione sulla base della notizia detenuta.

(314) GIAVAZZI S., Un’assoluzione per insider trading tra due discipline, nota a Trib. Milano, 30 ottobre 1999, op. cit., p. 270: contrariamente a quanto sembra far intendere la pronunzia annotata dei giudici milanesi, la locuzione “avvalendosi delle informazioni” - poi sostituita con la forma gerundiale “utilizzando” nel nuovo art. 184 TUF – non richiede la dimostrazione che l’insider abbia operato con il fine di sfruttare l’informazione, cioè con il preciso motivo di arricchirsi grazie ad essa. L’esclusione dalla responsabilità penale avviene su di un livello diverso, quello del legame causale fra la notizia inside e l’operazione e la conoscenza della stessa in capo al soggetto, mentre a nulla rilevano le finalità ed i motivi personali che, potendo essere i più disparati, non possono certo costituire il parametro valutativo che segna il confine fra comportamento lecito ed illecito. L’autore effettua anche una sintetica view sui principali ordinamenti stranieri, che al pari di quello italiano adottano soluzioni che prescindono sia dal conseguimento di un arricchimento all’esito dell’operazione inside, sia dall’aspettativa sperata di un guadagno quale movente che ha spinto l’agente a sfruttare la notizia. Fa eccezione l’art. 161 c.p. svizzero, che ha subordinato la punibilità del fatto di i.t. alla realizzazione di un vantaggio patrimoniale a favore dell’autore, trasformando l’illecito in una fattispecie di danno. (315) MUCCIARELLI F., L’abuso di informazioni privilegiate: delitto ed illecito amministrativo, op. cit., p. 1474.

(316) Considerando n. 18 Direttiva 2003/6/CE: “L’uso di informazioni privilegiate può consistere nell’acquisire o cedere strumenti finanziari sapendo o dovendo ragionevolmente sapere che le informazioni detenute sono informazioni privilegiate. Al riguardo le autorità competenti dovrebbero

collegato all’errore sul fatto tipico previsto dall’art. 3 comma II della L. 689/1981, che a sua volta riproduce nel corpo normativo dedicato all’illecito amministrativo la corrispondente norma penale dell’art. 47 c.p.. La colpa dovrà essere accertata sulla base di un giudizio ex post, effettuato facendo applicazione del criterio dell’homo

eiusdem condicionis et professionis, finalizzato a verificare se, sulla base delle

circostanze di tempo e di luogo esistenti quando ha operato l’insider secondario e sulla base delle conoscenze da lui possedute, l’agente modello avrebbe tenuto o meno il medesimo comportamento. Resta peraltro da verificare a quale categoria di agente modello debba farsi riferimento: in mancanza di una espressa previsione normativa, si ritiene corretto valutare l’ordinaria diligenza dell’uomo medio e non dell’investitore medio caratterizzato da un minimo bagaglio conoscitivo in materia finanziaria.

prendere in considerazione quello che una persona normale e ragionevole potrebbe o dovrebbe sapere in tali circostanze”. Art. 4 Direttiva 2003/6/CE: “Gli Stati membri provvedono a che gli articoli 2 e 3 si applichino a qualsiasi persona, diversa da quelle specificate in detti articoli, in possesso di informazioni privilegiate, che sappia o avrebbe dovuto sapere trattarsi di informazioni privilegiate”.

10. IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO

10.1. La novella riformatrice dell’aprile 2005 aveva già reso più severo il regime

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