L’INSIDER TRADING
4) l’adozione di misure di vigilanza sul rispetto delle norme
5.3. Un’altra specie di insiders primari è rappresentata dai partecipanti al capitale della società emittente, espressione che ha posto l’interprete di fronte a due ordini di
problemi.
Si è innanzitutto discusso sull’opportunità di usare una formula così ampia quale quella di “partecipanti al capitale”, destinata a ricomprendere tutti gli azionisti o soci, di maggioranza e di minoranza, inclusi i detentori di piccole partecipazioni, sulla cui capacità di accedere alle informazioni privilegiate è lecito dubitare176. Non si può infatti non constatare che il socio di minoranza, a differenza di quello di maggioranza, non è costantemente in contatto con il management dell’azienda e dunque non gode di corsie preferenziali per accedere alle notizie societarie. Queste ultime, al più, potrebbero essergli pervenute in modo fortuito ed occasionale (ciò che, però, porta ad escluderlo dall’alveo degli insiders primari) oppure trasmessegli da altri soggetti177 (in questo caso verrebbe tuttavia punito come insider secondario). Da
che, se diffuse o comunicate a terzi, possono influenzare il valore di borsa del titolo azionario cui le informazioni si riferiscono.
(175) MUCCIARELLI F., L’abuso di informazioni privilegiate: delitto e illecito amministrativo, in Dir. pen. proc., 2005, p. 1467.
(176) BARTALENA A., Insider trading, in G.E. Colombo e G.B. Portale (a cura di), op. cit., p. 239; MUCCIARELLI F., Speculazione mobiliare e diritto penale, op. cit., p. 75. Questi Autori, oltre ad escludere dal novero dei partecipanti al capitale coloro che sono titolari di diritti parziali o frazionari sulle azioni (es. l’usufruttuario o il creditore pignoratizio), si sono espressi sulla non opportunità di includere gli azionisti di minoranza.
(177) Si pensi all’azionista di minoranza di una società emittente che sfrutta una informazione price sensitive riferita alla stessa emittente per averla appresa da un analista finanziario.
qui la proposta di alcuni esponenti della scienza penalistica, non accolta però dal legislatore che ha varato la riforma del 2005, di introdurre una soglia di rilevanza del pacchetto azionario, ricomprendendo nella categoria dei soggetti punibili solo quegli azionisti detentori di una partecipazione consistente o qualificata al capitale ed evitando così di parificare situazioni tra loro profondamente diverse.
Tanto premesso, l’eccessiva previsione legislativa derivante dall’uso della locuzione “partecipanti al capitale” trova un suo contenimento nell’inciso normativo “in ragione”, atteso che, in definitiva, anche il socio di minoranza potrà essere punito come insider primario solo se avrà acquisito l’informazione in forza del legame esistente dato dalla sua partecipazione al capitale della società emittente, mentre in ogni altra ipotesi di assunzione della notizia con modalità diverse, egli potrà al più essere punito come insider secondario.
L’altra questione è se per “partecipanti al capitale” si intendono solo i soci od azionisti della società emittente cui si riferisce la notizia privilegiata, oppure anche i soci di altre società in qualche modo collegate alla prima. Si pensi al capo tipico del socio che viene a conoscenza del progetto della società, di cui è socio, di lanciare un’OPA sulle azioni di altra società e che acquista sul mercato titoli di quest’ultima (c.d. società target). Risponde all’opinione maggioritaria - motivata per il fatto che vi sarebbe l’esigenza di reprimere ogni fenomeno di abuso di informazioni privilegiate - quella per cui i destinatari del divieto di i.t. sono tanto i soci della società che lancia l’offerta, quanto quelli della società destinataria della stessa178.
5.4. Del tutto innovativa è la previsione contenuta nell’art. 184 comma secondo del TUF, con cui il legislatore del 2005, coerentemente a quanto già previsto dall’art. 2 comma secondo lett. d) della direttiva 2003/6/CE, estende il divieto di i.t. ai c.d. “criminal insiders”, ossia a coloro che entrano in possesso dell’informazione privilegiata “a motivo della preparazione od esecuzione di attività delittuose”. Va preliminarmente fatto notare che questa tipologia di soggetti spazia in una sorta di zona di confine tra i tradizionali insiders primari e gli insiders secondari: se è vero infatti che, a differenza dei primi, non è caratterizzata dall’esistenza di un legame
(178) GALLI S., Insider trading: l’accoglimento da parte della Supreme Court federale statunitense della misappropriation theory. Alcune conseguenti riflessioni sulla condotta di trading vietata, come definita nel cosiddetto “Testo Unico Draghi”, in Giur. comm., 1998, II, 730, nota n. 85.
organico o professionale o funzionale con la società emittente, è altrettanto vero, però, che essi non assumono conoscenza della notizia in modo del tutto mediato ed occasionale (come avviene, invece, per gli insiders secondari), bensì entrano in contatto con l’informazione privilegiata in via immediata, nel senso che la loro posizione - di preparatori e/o esecutori di un’attività criminosa - consente loro un apprendimento immediato e diretto della notizia.
Tra gli esempi di criminal insider citati di frequente dai commentatori, si pensi al caso del pirata informatico che, accedendo abusivamente al sistema informatico della società emittente e quindi compiendo il delitto di cui all’art. 615 ter c.p., riesce ad entrare in possesso di informazioni price sensitive; al terrorista che si appresta a compiere gravi attentati e che realizza operazioni su strumenti finanziari sfruttando l’effetto ribasso che l’attentato avrà sui prezzi di borsa179; al topo d’appartamento che carpisce informazioni privilegiate nel mentre pone in essere la condotta tipica di violazione di domicilio ed impossessamento della res furtiva180; al revisore che certifica un bilancio falso divenendo concorrente esterno nella stessa figura criminis e che sfrutta in borsa la notizia della scoperta del bilancio falso prima che sia resa pubblica; a chi prepara il reato di manipolazione del mercato, in quanto chi si appresta a comunicare al mercato una notizia falsa sapendola tale, può, nel contempo, avvalersi della disparità informativa compiendo delle operazioni in borsa.
La motivazione sottostante alla scelta di estendere il divieto di i.t. alla categoria dei
criminal insiders viene rinvenuta nell’esigenza di colmare un vuoto normativo,
sancendo espressamente la punibilità di chi utilizza a fini speculativi informazioni privilegiate acquisite nel corso della preparazione od esecuzione di un’attività delittuosa181. In mancanza di un’espressa previsione normativa, infatti, tali comportamenti non si sarebbero potuti punire, stante il difetto, sia del rapporto di connessione funzionale (che contraddistingue gli insiders primari), sia
(179) ZANNOTTI R., Il nuovo diritto penale dell’economia, op. cit., p. 387.
(180) BELLACOSA M., “Insider trading”: manipolazione, abusi di mercato e responsabilità, in Dir. e prat. soc., 2005, I, p. 22.
(181) A ben vedere, rinviando a quanto stabilito dai “Considerando” nn. 14 e 17 della Direttiva 2003/6/CE, sembra che la ratio iniziale fosse quella di contrastare i fenomeni speculativi connessi ad attività di natura terroristica, anche se l’ampia latitudine dell’espressione impiegata “a motivo della preparazione od esecuzione di attività delittuose” consente all’interprete di estenderne ben oltre il campo d’azione, facendo acquisire rilevanza alla condotta di preparazione od esecuzione di qualsivoglia delitto.
dell’occasionale trasmissione della notizia price sensitive dall’insider primario (che, invece, caratterizza gli insiders secondari)182.
Parte della dottrina ha messo in evidenza un’importante peculiarità che differenzia l’ipotesi de qua da quella del comma primo dell’art. 184 TUF: mentre, infatti, le condotte tipiche quivi descritte hanno riguardo ad una forma di “abuso” dell’informazione, nel senso che si punisce chi possiede una notizia in virtù di un certo rapporto professionale o funzionale e la usa male (ossia ne abusa sfruttandola in borsa), nel caso del criminal insider la notizia è già acquisita nel corso della preparazione o commissione di un’attività delittuosa, di guisa tale che non si è più dinanzi ad un abuso. In altre parole, le modalità concrete di acquisizione della notizia sono irrilevanti ai fini dell’art. 184 comma primo, atteso che è sufficiente che la notizia sia stata acquisita in ragione della carica rivestita e, dunque, in forza del rapporto di connessione funzionale tra l’agente e la notizia stessa (configurandosi una sorta di reato a forma libera seppure caratterizzato da una specificità sul piano del soggetto attivo); per converso l’art. 184 comma quarto pretende che la notizia sia stata acquisita “a motivo” - ossia a seguito - della preparazione od esecuzione di un reato e, quindi, per il tramite di una condotta delittuosa. Sembra, dunque, che l’offensività del reato sia incentrata non tanto sull’acquisizione in sé della notizia - ciò che non lo distinguerebbe dall’insider secondario - quanto sulle modalità di acquisizione e, in particolare, che il disvalore sia insito nel fatto che la notizia sfruttata in borsa è stata previamente acquisita nel corso di un’attività criminosa, qualificandosi la fattispecie del quarto comma come un reato a forma vincolata. Non vi è dubbio che, nella fattispecie de qua, il concetto di informazione privilegiata è da intendersi in senso leggermente diverso da come viene tradizionalmente inteso nell’esegesi della figura base dell’art. 184 comma I: nel caso del criminal insider, infatti, l’influenza sul corso del titolo non deriva tanto dalla diffusione dell’informazione in sé, quanto dalla realizzazione di un fatto criminoso (es.
(182) Va peraltro fatto notare che il comportamento del c.d. criminal insider si sarebbe tuttavia potuto punire come illecito amministrativo ai sensi dell’art. 187 bis c. 4 TUF, di guisa tale che l’intendimento del riformatore del 2005 è stato quello di confermare la valenza penale, con il relativo carico sanzionatorio, per quei fatti di i.t. nei quali il vantaggio conoscitivo sorge nel corso di un’attività delittuosa, indipendentemente dal fatto che l’agente sia legato alla società emittente da un rapporto funzionale.
l’attentato terroristico) di cui si sfruttano i prevedibili effetti che potrà avere sull’andamento di borsa di un certo titolo.
Un’ultima osservazione. L’art. 184 c. 4 TUF usa l’espressione “a preparazione od esecuzione dell’attività delittuosa”. Il termine “preparazione” sembra alludere ad una fase dell’iter criminis antecedente alla configurazione di un tentativo punibile. Siffatta soluzione, però, non risulta percorribile, in quanto non si può prevedere di punire il criminal insider nell’ipotesi in cui la notizia relativa all’esistenza di un progetto criminale di possibile futura commissione non abbia ancora avuto un minimo di esteriorizzazione. Di qui la necessità di intendere il termine “preparazione” come riferito a quell’insieme di atti di organizzazione di un progetto criminoso tali da far sì che questo sia uscito dalla mera sfera ideativa e tali altresì da ritenere lo stesso come un evento ragionevolmente prevedibile.
5.5. Una pratica spesso assimilata all’i.t. è quella dello scalping, espressione che designa il comportamento di colui che formula e diffonde un giudizio su un certo titolo e successivamente approfitta del movimento di prezzo che il giudizio rilasciato potrà verosimilmente innescare su quel titolo, compiendo operazioni speculative sul medesimo. Non v’è dubbio che il fenomeno è innervato, alla radice, da un’evidente situazione di conflitto di interessi in cui viene a trovarsi chi formula la raccomandazione sul titolo: questi esprime il giudizio di valutazione al fine speculativo di percepire il differenziale che deriverà dal movimento di prezzo, alla stessa stregua del criminal insider che opera in borsa in previsione della futura commissione del reato. Fatto sta che, per la migliore dottrina, questa giusta assimilazione sul piano morale non è motivo sufficiente per affermare un giudizio di responsabilità penale a carico dell’autore dello scalping, evidenziandosi una differenza sostanziale tra questi e il criminal insider. Mentre, nel primo caso, l’abuso dell’informazione privilegiata si consuma con l’esecuzione dell’ordine di acquisto o di vendita del titolo - rispetto al quale il possesso della notizia (circa la futura commissione del reato che potrà avere un impatto sull’andamento del titolo) costituisce un antecedente logico e un presupposto causale - , nello scalping la dinamica dei fatti è invertita, con la conseguente impossibilità di ravvisare la consumazione nella compravendita del titolo in vista del rilascio della successiva
raccomandazione, posto che a quel momento quest’ultima è una mera intenzione non esteriorizzata183.
Di contrario avviso - e quindi favorevoli ad una penalizzazione dello scalping - il legislatore comunitario e la stessa Consob: l’allegato 3 del c.d. Regolamento Mercati n. 16191 del 29 ottobre 2007, richiamando l’art. 1 n. 2 della Direttiva 2003/6/CE, cita come esempio di manipolazione del mercato, capace dunque di integrare la fattispecie di cui all’art. 187 ter TUF, “l’utilizzo occasionale o regolare di mezzi di informazione
tradizionale o elettronici per diffondere una valutazione su uno strumento finanziario (o indirettamente sul suo emittente) dopo avere preso precedentemente posizione sullo strumento finanziario, beneficiando di conseguenza dell’impatto della valutazione diffusa sul prezzo di detto strumento, senza avere al tempo stesso comunicato al pubblico, in modo corretto ed efficace, l’esistenza di tale conflitto di interessi”.
5.6. L’art. 2 comma quarto della legge n. 157/1991 - riprendendo fedelmente l’art. 4 della direttiva 89/592/CE184 - estendeva il divieto penale stabilito per i c.d. insiders primari anche “a tutti coloro che avessero direttamente o indirettamente ottenuto
informazioni, consapevoli del carattere riservato delle stesse, da soggetti che dette informazioni posseggano in ragione dell’esercizio della loro funzione, professione od ufficio”.
L’intento del legislatore era evidente: punire chiunque potesse operare nel mercato in una condizione di vantaggio informativo, donde la scelta di svincolare il divieto dalle modalità di concreta acquisizione della notizia ed arrivando così a punire anche i c.d.
(183) SEMINARA S., Insider trading e diritto penale, op. cit., p. 193 e ss.: l’Autore è dell’avviso che l’equiparazione tra il disvalore di chi sfrutta notizie riservate concernenti la società emittente ed il disvalore di chi sfrutta previsioni sul mercato e sull’andamento di certi titoli, è fondata nel solo caso in cui la notizia o previsione o raccomandazione non appartiene a chi poi la sfrutta, bensì ad altri, posto che, in tal caso, non ci si allontana dall’impianto di abuso di una informazione creata da terzi (è il caso del broker-dealer che, sapendo dell’ordine trasmesso da un cliente per l’acquisto o la vendita di un grosso pacchetto di titoli, sfrutta l’informazione profittando del rialzo o del ribasso conseguente all’esecuzione di quell’operazione). Tale equiparazione, per contro, non è da ammettersi qualora l’informazione sfruttata appartenga, ossia venga creata, dallo stesso soggetto che la sfrutta operando in borsa, posto che la titolarità della conoscenza o del giudizio previsionale o della raccomandazione gli attribuisce pure il diritto di sfruttarla.
(184) La norma comunitaria stabiliva che ogni Stato Membro dovesse imporre il divieto di cui all’art. 2 - ossia quello recante le condotte incriminate - anche a qualsiasi persona, diversa da quelle dell’art. 2 (vale a dire gli insiders primari), che consapevolmente fosse in possesso di un’informazione privilegiata, l’origine diretta o indiretta della quale avrebbe potuto essere soltanto una persona di cui all’art. 2.
insiders secondari o tippees, nonostante essi avessero appreso la notizia dagli
insiders primari in modo casuale ed occasionale e magari per relazioni di colleganza
od amicizia e non fossero, come questi ultimi, legati alla società emittente da un rapporto di lavoro o di connessione funzionale.
Un autorevole esponente della dottrina ha evidenziato che, dinanzi a due possibili modelli alternativi di penalizzazione - l’uno rivolto a punire chiunque possieda notizie privilegiate e l’altro che limita l’applicazione della sanzione penale soltanto a quei soggetti che entrano in possesso di price sensitive in ragione di una funzione, professione od ufficio che li lega all’emittente -, il legislatore del ’91 aveva adottato la soluzione più ampia185, collocando sullo stesso piano due categorie di soggetti che anche parte della dottrina ha ritenuto equiparabili sul piano del giudizio di disvalore186.
Giova peraltro sottolineare che la soluzione adottata, pur nella sua ampiezza, risultava in qualche modo circoscritta nel proprio campo di applicazione dalle stesse argomentazioni addotte per giustificare la medesimezza del giudizio di disvalore: da una parte, il fatto che l’informazione privilegiata doveva essere di natura derivativa, nel senso che doveva essere trasmessa al tippees da un insider primario187 (contrariamente ad es. all’ordinamento tedesco che punisce chiunque entra in possesso di una notizia privilegiata e la sfrutta, indipendentemente dalle modalità, giudicate irrilevanti, con cui entra in possesso di quella notizia188), dall’altra la
(185) Musco E., I reati di insider trading, in Riv. pen. ec., 1993, p. 376; MUCCIARELLI F., Speculazione mobiliare e diritto penale, op. cit., p. 166: l’Autore afferma che non vi sono differenze apprezzabili sul piano del disvalore tra il fatto di chi, possedendo una notizia ricevuta in ragione della sua funzione, violi il dovere di astensione, e il fatto di colui che operi sul mercato, avendo ottenuto la medesima informazione ignorandone la fonte ma essendo consapevole della natura riservata della notizia. (180) Giova precisare che l’insider secondario, nella vigenza della legge n. 157/91, era punito solo se utilizzava in borsa informazioni ricevute da un insider primario, mentre non anche se, anziché ricevere informazioni, ricevesse raccomandazioni o consigli, ciò che peraltro si giustificava per il fatto che il tippee può essere messo nello stesso piano dell’insider primario solo se possiede l’informazione privilegiata, non anche se è mero destinatario di un consiglio o di una raccomandazione. Il principio del favor rei impediva peraltro ogni tentativo di estensione in via interpretativa.
(187) BARTULLI A.-ROMANO M., Sulla disciplina penale dell’insider trading (legge 17 maggio 1991 n. 157), in Giur. comm., 1992, I, p. 663: l’Autore qualifica la provenienza della notizia riservata da un insider primario come una condizione obiettiva di punibilità, a differenza del carattere della consapevolezza del carattere riservato della notizia che è ritenuto un elemento costitutivo della fattispecie e che pertanto rientra nell’oggetto del dolo; contra SEMINARA S., L’insider trading nella prospettiva penalistica, in Giur. comm., 1992, p. 646, secondo cui anche il requisito della provenienza deve essere considerato alla stregua di un elemento costitutivo, come tale rientrante nel fuoco del dolo. (188) SANGIOVANNI V., L’insider trading nel diritto tedesco, in Banca borsa tit. cred., 2000, p. 540.
richiesta consapevolezza da parte dell’insider secondario del carattere riservato (i.e. privilegiato) dell’informazione ricevuta.
Nonostante ciò, la scelta di vietare ogni transazione mobiliare compiuta da soggetti in possesso di informazioni privilegiate, a prescindere da come queste sono state acquisite, è sembrata ai più un’esasperazione del fondamento etico sottostante il divieto di insider trading. Si è fatto osservare che, mentre la punibilità degli insiders primari riflette una lesione del dovere fiduciario di correttezza che li lega alla società emittente (tanto da risolversi in una vera e propria condotta di abuso della qualità o funzione rivestita in seno all’emittente189), di contro l’incriminazione degli insiders secondari sembra conferire eccessivo risalto alla funzione eticheggiante del divieto di i.t., proiettata ad assicurare una tutela penale la più estesa possibile e soprattutto indifferenziata, senza cogliere quella maggiore gravità del fatto che è presente nella figura del c.d. depositario funzionale della notizia (tale intendendosi, per l’appunto, colui che abusa della qualifica rivestita, cioè l’insider primario). Questo tanto più se si considera che la legge 157/91 - parlando all’art. 2 comma quarto di acquisizione diretta e indiretta - addiveniva a sanzionare l’insider secondario, non solo nel caso in cui acquisiva la notizia privilegiata direttamente dall’insider primario, ma anche nell’ipotesi di acquisizione indiretta o mediata, meglio conosciuta come second
generation tippees (ossia quando il sub tippees riceve la notizia da un tippees che a
sua volta l’ha ricevuta da un insider primario). In tal modo si prevedeva la sussumibilità nel divieto anche di ipotesi di acquisizione casuale o passiva della notizia: si pensi a chi si trovi ad ascoltare una conversazione telefonica tra due insiders primari, al tassista che assiste al colloquio tra due dirigenti di una società, ancora alla donna delle pulizie che ritrova nel cestino di una stanza un appunto contenente una price sensitive190.
(189) SEMINARA S., Insider trading e diritto penale, op. cit., p. 142 e ss.: l’Autore fa notare che è proprio quello della connessione funzionale tra agente ed emittente l’elemento in grado di arricchire il precetto penale e di dare evidenza all’assunto per cui la credibilità e l’integrità del mercato borsistico sono fondate (e nel contempo messe in pericolo) principalmente sulla correttezza degli operatori che lato senso vi lavorano.
(190) FOFFANI L., La nuova disciplina penale dell’insider trading e delle frodi nel mercato mobiliare, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1991, p. 913: per l’Autore l’eccessiva estensione del precetto penale finisce sostanzialmente per avvicinare l’insider trading alla figura del reato comune; SGUBBI F.,FONDAROLI
D.,TRIPODI A.F., Diritto penale del mercato finanziario, op. cit. p. 91; ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale, leggi complementari, V. I, Milano, 1997, p. 368: l’Autore - nell’intento di arginare l’estensione del divieto anche ai c.d. sub tippees e ad ipotesi di assunzione fortuita e casuale
Un primo cambiamento di rotta si ha con la riforma del 1998191, che novella la legge del ’91 apportando alcune novità importanti.