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Il secondo passaggio del ragionamento, consequenziale al primo, consiste allora nel comprendere quali regole del gioco, tra le tante che compongono la disciplina

E PROSPETTIVE DI RIFORMA

2.3. Il secondo passaggio del ragionamento, consequenziale al primo, consiste allora nel comprendere quali regole del gioco, tra le tante che compongono la disciplina

positiva del mercato finanziario, possano o necessitano di essere presidiate anche da una sanzione penale e quali, invece, possano e debbano beneficiare solo di tutele extrapenali per l’impossibilità di rinvenire delle oggettività giuridiche ad esse sottostanti, meritevoli di ricevere una copertura penalistica. Risulta a questo punto evidente che l’unico criterio capace di fondare validamente una selezione di tal fatta è rappresentato dall’esistenza di un interesse giuridico meritevole di tutela penale, vale a dire di un bene che abbia un contenuto valoristico autonomo e che non si confonda nei valori generali ed etici più volti menzionati, né tanto meno nello scopo della norma, e che presenti quelle caratteristiche di afferrabilità e consolidamento sociale tali da poterne apprezzare la fondazione materiale.

Ad avviso di alcuni commentatori ed anche di chi scrive, l’interesse giuridico che qualifica (o che dovrebbe qualificare) l’intero settore del diritto penale degli intermediari finanziari, rappresentandone il vero fulcro normativo, è dato dalla

relazione tra la tutela dell’interesse ad una corretta allocazione del risparmio e la tutela delle funzioni delle autorità di vigilanza334.

Più precisamente: la funzione di vigilanza e di controllo del mercato, svolta da varie autorità nei diversi segmenti ma concettualmente riconducibile ad unità, è l’elemento specializzante e coessenziale del diritto penale finanziario. Ciò posto, l’intervento di penalizzazione è legittimo solo laddove la tutela delle funzioni di vigilanza è strumentale all’osservanza di quelle regole del gioco poste a protezione delle esigenze nelle quali si estrinseca la tutela del risparmio e dei valori ad esso connessi e consequenziali: l’interesse privatistico del risparmiatore ad una corretta allocazione del risparmio e l’interesse pubblico alla stabilità e protezione del mercato finanziario da fattori esogeni di disturbo che ne possano compromettere la funzione di insostituibile fattore di produzione e sviluppo quali, ad esempio ed

in primis, il riciclaggio di danaro di provenienza illecita.

L’epicentro del diritto punitivo degli intermediari finanziari è pertanto rappresentato dalle funzioni di vigilanza e dalla tutela delle stesse. Un’impostazione, questa, estranea agli schemi del diritto penale classico, per cui l’oggetto giuridico è sempre identificato in beni socialmente riconosciuti e coincidenti con interessi individuali della persona. Si tratta, tuttavia, di un’opzione valida sotto il profilo sistematico ed assiologico, atteso che, ribadendo quanto già anticipato nel primo capitolo, il diritto penale moderno è da tempo attraversato da un processo di smaterializzazione dell’oggetto giuridico e dalla contemporanea utilizzazione della strumentazione penalistica per la tutela della funzionalità dei meccanismi di intervento dello Stato e della pubblica amministrazione in diversi campi, per lo più in quelli condizionati dall’evoluzione tecnologica e degli assetti sociali e caratterizzati dalla presenza di interessi adespoti e collettivi: la salute, l’ambiente, senza dubbio l’economia, la finanza ed il risparmio.

(334) LOSAPPIO G., Risparmio, funzioni di vigilanza e diritto penale. Lineamenti di un sottosistema, op. cit., p. 13; AZZALI G., L’intermediazione finanziaria. Aspetti generali, in AA.VV., Mercato finanziario e disciplina penale, Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale, Convegni di studio “Enrico De Nicola”. Problemi attuali di diritto e procedura penale, Milano, 1993: “La tutela della funzione costituisce, come si può dire, il momento formale dell’intervento penalistico; nel suo momento sostanziale, esso nondimeno si proietta a tutela degli interessi cui la funzione è rivolta. L’offesa, se formalmente rappresenta un pregiudizio effettivo della funzione, sostanzialmente si esaurisce, inevitabilmente, nel grado del pericolo presunto”.

Limitando lo spettro d’indagine a quest’ultimo settore, è indubbio, da un lato, che la tutela (anche penale) delle funzioni di vigilanza è condizione indispensabile ed irrinunciabile per assicurare una protezione efficace del mercato finanziario e del risparmio e, dall’altro, che le tradizionali forme di tutela del patrimonio si rivelano, all’evidenza, insufficienti allo scopo335. Ma, d’altro canto, è parimenti vero che non è accettabile quella fuga dalla concezione realistica del bene giuridico (e dalla sua insopprimibile funzione di limite al legislatore), che si è ormai sovente verificata ogni qualvolta sono state coniate delle figure di reato nelle quali si punisce la mera inosservanza di norme di organizzazione e non di fatti socialmente dannosi, scambiando gli oggetti di tutela penale con le rationes di tutela, il tutto in nome di esigenze di controllo efficientista del sistema.

E’ innegabile che il diritto penale svolge un ruolo di coesione e di credibilità dell’ordinamento giuridico nel suo complesso e che di esso si tende spesso a fare un uso c.d. “interventista” e “simbolico”, caricandolo di un compito di profilassi della società e di una funzione di rassicurazione sull’efficienza e moralità del sistema normato. Questo è accaduto anche e soprattutto nel campo dei reati economici ed in materia di tutela del risparmio e del mercato. In sé, quella di assumere ad oggetto di tutela penale un’attività o funzione giuridicamente autorizzata - nella fattispecie la funzione di vigilanza - è una scelta necessitata, se si vuole assegnare una protezione efficace a beni di interesse collettivo, ma al tempo stesso compatibile con i canoni del diritto penale, a patto che si tratti di attività giuridicamente regolate dietro la cui lesione o messa in pericolo sia possibile cogliere ed afferrare la dimensione sociale e materiale dell’interesse tutelato e la concretizzazione dell’offesa ad esso arrecata. Declinando l’assunto alla tematiche che ci occupano, in tanto la tutela penale delle funzioni di vigilanza del mercato è compatibile con la concezione realistica del bene giuridico solo in quanto la sfera repressiva riguardi esclusivamente comportamenti che siano materialmente afferrabili e di cui si possa cogliere la dannosità sociale: ciò che, ad avviso di chi scrive, si verifica allorché la violazione delle regole del gioco si traduca in una situazione di danno o di pericolo per l’interesse del risparmiatore alla corretta allocazione del risparmio

(335) Risparmio e patrimonio rispondono a logiche differenti che solo occasionalmente possono coincidere: il danno patrimoniale non è un antedecente causale del nocumento al risparmio, di guisa tale che la tutela del patrimonio non è in grado di assicurare una protezione efficiente ed anticipata del risparmio.

e per l’interesse pubblico alla protezione del mercato da fattori esterni di pregiudizio.

In difetto di queste condizioni, l’intervento penale si espone al rischio di creare illeciti di pura trasgressione, di tutelare non vittime ma meri obiettivi di organizzazione od istanze socio-politiche di eticità ed efficienza del sistema, addivenendo, per questa strada, alla costruzione di un assetto normativo compatibile con una concezione c.d. metodologica del bene giuridico, vanificando così le garanzie formali e sostanziali proprie della concezione realistica ed affidando alla norma penale una funzione meramente sanzionatoria, destinata, non a punire comportamenti di danno o di pericolo, bensì a rafforzare, col deterrente penale, una disciplina preventiva e di organizzazione già strutturata dal diritto privato o dal diritto amministrativo336. 2.4. Il nodo da sciogliere è dunque quello di identificare, alla luce dell’oggettività giuridica sopra configurata, quali “regole del gioco”, facenti parte della disciplina del mercato finanziario, debbano essere presidiate da una sanzione penale. In questo senso può aiutare la suddivisione operata da un illustre Autore337 tra regole poste a garanzia della neutralità del mercato finanziario e regole poste a tutela della identità del medesimo.

(336) MOCCIA S., Dalla tutela dei beni alla tutela delle funzioni: tra illusioni e riflessi illiberali, in Giur. comm., 1992, I, p. 5 e in Riv. it. dir. pr. pen., 1995, pp. 354 e ss..: l’Autore auspica che venga fermato quel processo di trasformazione progressiva dalla tutela di beni alla tutela di funzioni, che si risolve spesso nella creazione di fattispecie penali che puniscono mere violazioni di doveri, a priori ritenuti sintomatici di una disfunzionalità del sistema, a prescindere dall’offesa ad un bene giuridico afferrabile e consolidato. LUDERSSEN K., Il declino del diritto penale, edizione italiana a cura di Eusebi L., in “Criminologia, politica criminale, diritto penale”, Collana diretta da Federico Stella, Milano, 2005, p. 123: l’analisi economica del diritto penale è caratterizzata da una controversia di fondo: da un lato, si afferma che un diritto penale orientato a finalità di carattere economico dovrebbe rinunciare alla sua intrinseca frammentarietà; dall’altro, si sostiene che dal punto di vista economico l’area della regolamentazione penale dovrebbe essere quanto più possibile circoscritta. A detta dell’Autore, “occorre abbandonare la strada della sovracriminalizzazione, carica di effetti simbolici ma in effettiva ed in conflitto con l’idea di un’economia efficiente orientata al benessere sociale, intraprendendo la differente via di un programma di seria strategia preventiva e non simbolica, rifuggendo dall’assunto, fatto proprio dal diritto penale moderno specie in materia economica, secondo cui gli effetti di prevenzione generale e speciale saturirebbero pur sempre da dinamiche retributive, tanto da far derivare una sorta di delega permanente, dagli altri settori del diritto al diritto penale, a gestire il problema della prevenzione”. CARMONA A., Premesse ad un corso di diritto penale dell’economia. Mercato, regole e controllo penale nella postmodernità, Padova, 2002, p. 174 e ss..: l’Autore rileva che il diritto penale tradisce, a prima vista, una sua strutturale inadeguatezza a recepire ed assimilare come fatti tipici e colpevoli le vicende economiche, a causa della sua necessaria, garantistica rigidità che, richiedendo fattispecie nette, mal si adatta alla variabile dinamica del mercato.

Il primo gruppo di regole è costituito da presidi organizzativi e da tecniche operative volte a delimitare il perimetro del gioco, affinché il mercato si ponga come strumento neutrale rispetto a tutti gli attori interessati e determini, per questi, pari opportunità e condizione di partenza. Si pensi alle regole che disciplinano l’accesso degli intermediari a certi ambiti di operatività, alle autorizzazioni alla prestazione di certi servizi o, ancora, alle norme che prescrivono limiti nella gestione degli investimenti, a quelle che sanzionano il mancato o non corretto invio delle segnalazioni di vigilanza ecc…

Il secondo gruppo di regole è funzionale ad assicurare l’identità del gioco stesso, ossia a garantire che questo non sia truccato, cioè a dire contaminato da forme e comportamenti di abuso che possono determinare un’indiscriminata ed ingiustificata distribuzione del rischio tra gli operatori: vi rientrano il comportamento penalmente sanzionato di chi manipola il mercato diffondendo notizie false su determinati strumenti finanziari, il fenomeno del riciclaggio nel mercato di danaro di provenienza illecita338, per molti Autori anche la condotta di insider trading.

Presupposta la summa divisio di cui sopra, ritorniamo al quesito di partenza: quali “regole del gioco” meritano di essere supportate da una sanzione penale, domanda che a sua volta sottende un interrogativo più a monte, efficacemente individuato dal Padovani nel chiederci quale sia la tutela anticipata che queste regole perseguono e realizzano.

L’opinione largamente dominante tra gli studiosi del diritto penale è quella per cui ambedue i gruppi di regole sopra menzionati meritano di essere assistiti da un presidio penale. Ciò, anzitutto, sotto il profilo della proporzione in quanto, se è pur vero che queste regole realizzano, per lo più, una tutela anticipata rispetto alla possibile produzione dell’evento lesivo, è anche vero che esse dispiegano la loro utilità proprio nel pervenire ad una neutralizzazione tempestiva dei possibili effetti dannosi e pregiudizievoli di una determinata condotta339. Secondariamente, il

(338) Il Padovani ascrive correttamente la normativa anticiriclaggio tra le regole volte a presidiare l’identità del mercato, in quanto atta ad impedire che il mercato si possa trasformare in un luogo o mezzo di occultamento o consolidamento di profitti criminosi.

(339)Sempre citando il Padovani, è vero che la condotta, ad es. di violazione di alcuni limiti gestionali, non è di per sé indicativa di un concreto e specifico interesse sostanziale (il gestore, investendo ad es. oltre il limite del 30% del portafoglio in azioni, potrebbe anche realizzare un vantaggio per gli investitori), ma è altrettanto vero che postergare la repressione al verificarsi di un evento di danno finirebbe col renderla vana ed inconsistente.

giudizio di favor trova poi conferma anche sul fronte della sussidiarietà od extrema

ratio, in considerazione della mancanza di valide alternative sanzionatorie,

adducendo la necessità di una tutela preventiva e forte a difesa del buon funzionamento, dell’efficienza e dell’integrità del mercato, che solo il deterrente penalistico è in grado di offrire.

Si ritiene di discostarsi in parte dalla soluzione generalmente condivisa e di proporre una riforma del diritto penale finanziario che, muovendo da una ricostruzione dell’oggettività giuridica e recuperando una dimensione rafforzata dei canoni di proporzione, sussidiarietà e tassatività, pervenga ad un assetto regolamentare ispirato alle seguenti linee guida:

- ricorso alla sanzione penale solo come presidio alla violazione delle regole poste a tutela della c.d. identità del gioco, preferendo mezzi sanzionatori alternativi con riferimento all’inosservanza delle regole poste a tutela della c.d. neutralità del mercato;

- introduzione, ovvero ripensamento, di due fattispecie penali generali, trasversali ai due gruppi di regole sopra delineati: il reato di infedeltà patrimoniale ed il reato di ostacolo alle funzioni di vigilanza;

- configurazione di una soluzione ad hoc per il fenomeno dell’insider trading che, nonostante si possa ascrivere al gruppo di regole poste a presidio della c.d. identità del mercato, si ritiene necessiti di essere depenalizzato in difetto di un solido fondamento socio-economico sottostante all’attuale divieto, prevedendo, per converso, l’adozione di presidi infrasocietari nell’ambito del rapporto privatistico

insider/emittente.

2.5. Prima di entrare nello specifico delle linee riformatrici ipotizzate, appare oltre

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