I PARTE IL PANORAMA GENERALE DELLA COMUNICAZIONE PER LO SVILUPPO
Capitolo 2. La comunicazione dello sviluppo: un nuovo paradigma all’interno del campo di studi sulla cooperazione internazionale
2.2. La comunicazione della cooperazione: un approccio riflessivo performativo
2.2.1. Comunicazione e cooperazione: enti pubblici e discorso umanitario
Riprendendo quanto appena dichiarato, il nostro studio si situa nell’ambito dei discorsi e della comunicazione della cooperazione internazionale allo sviluppo, sotto cui convergono (lo vedremo nel dettaglio delle analisi dei siti web), almeno a livello semantico, gli aiuti umanitari, le emergenze, le iniziative di solidarietà. Come segnala P. Mesnard74, “la rappresentazione umanitaria della vittima appartiene ai paesaggi mediatici e culturali del nostro tempo”75. Anche se a priori non ci sentiamo di classificare, con l’autore, il ruolo dei destinatari degli aiuti come “vittime” (almeno non prima di aver concluso le nostre analisi), condividiamo però il suo punto di partenza: “l’umanitario”, sotto cui genericamente si raggruppano emergenze, guerre, calamità naturali ma anche il sottosviluppo del III e IV mondo, che costituisce l’oggetto del nostro studio.
Abbiamo già accennato al proliferare, negli ultimi anni, di campagne pubblicitarie, film, documentari ed altri eventi mediatici dedicati a questi temi di drammatica attualità in diverse aree del mondo. Sarebbe ingenuo mettere in relazione questa improvvisa visibilità con una risvegliata consapevolezza, a livello di spazio e di coscienza pubblica, dell’estrema gravità di certe situazioni e della conseguente ondata di empatia e solidarietà pubbliche, perché la realtà è ben altra.
Nel mondo esistono attualmente circa 90 appelli per emergenze umanitarie76, e semplicemente sfogliando i giornali possiamo renderci conto dello spazio minoritario che occupano nell’agenda mediatica. La loro presenza dipende quindi dalle modalità e da quali soggetti assumono la responsabilità della rappresentazione (concepita come atto performativo, come spiegheremo nel paragrafo 3.1) che contemporaneamente hanno la capacità di farla assurgere all’attenzione pubblica.
Philippe Mesnard indica Ong, giornalisti e pubblicitari come i principali agenti dell’enunciazione, capaci di articolare la dimensione umanitaria in produzioni
74
Mesnard, P., Attualità della vittima, Verona, Ombre Corte, 2004.
75
Mesnard, P., ibidem, pag. 11.,
76
Questi dato è tratto da www.reliefweb.int,portale dell'Onu dedicato all'informazione sulle emergenze e i disastri umanitari, veicolo di informazione indipendente per assistere specialmente la comunità umanitaria internazionale nell'assistenza delle emergenza, fornendo informazioni utili in tempo reale e allo stesso tempo enfatizzando la copertura informativa sulle innumerevoli emergenze dimenticate dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione di massa.
discorsive. In particolare, l’autore individua nella “istituzionalizzazione mondiale” della partnership che lega Ong e contingenti militari impegnati nelle azioni umanitarie la causa principale del monopolio simbolico della rappresentazione dell’umanitario a livello mondiale77:
Oltre alla loro presenza nelle spedizioni umanitarie, i militari sono anche preposti a garantire la protezione delle ONG esposte ai saccheggi. Così in Afghanistan, nel 2001 e nel 2002, invece di proteggere le popolazioni, si è data priorità alla sicurezza dei convogli. La concreta necessità di portare aiuto alle popolazioni in difficoltà è passata così in secondo piano, rispetto alla necessità di stabilizzare le società [...]. In questo caso, l’umanitario è un rimedio alla politica. Con esso, non si tratta più solo di normalizzare a livello sociale una società, ma del suo funzionamento politico: in questo modo, l’umanitario diventa uno strumento diplomatico.78
Seguendo questa linea argomentativa, Mesnard afferma che gli organismi statali hanno delegato alle Ong e ai militari il ruolo di gestione dell’umanitario e della sua rappresentazione, ed è stato sostituito anche dagli organismi interstatali, come l’ECHO (Ufficio Umanitario della Commissione Europea), o l’Onu. Sollevato da questa responsabilità, in questo modo lo Stato ha mano libera per svolgere una funzione repressiva e di ordine pubblico, intervenendo militarmente quando necessario o opportuno. Allo stesso tempo, però, ed è su questo punto che la nostra ricerca si sofferma, come abbiamo scritto sopra, negli ultimi quindici anni si è registrato un aumento delle azioni dirette (e non solo come appaltatori di fondi) degli enti pubblici, nazionali e locali, nel campo della cooperazione allo sviluppo, che si sono messi in gioco a fianco del settore privato. Philippe Mesnard, citando Bourdieu, giunge alle seguenti conclusioni:
Così, quando Pierre Bourdieu sottolinea che ormai, “in perfetta conformità con la visione liberale, l’aiuto diretto [...] riduce la solidarietà
77
Mesnard, P., ibidem, pag. 65.
78
ad una semplice allocazione di risorse finanziarie [...] e mira unicamente a permettere di consumare (o incitare a consumare di più), si riconosce al tempo stesso il volto statale e quello non governativo dell’umanitario, le “politiche” degli aiuti diretti e indiretti, le bramosie pubbliche e private, ciascuna interessata, al pari delle altre, ad aprire nuovi mercati attraverso gli aiuti allo sviluppo, per poi cercare di assicurarsi l’esclusività di questi mercati. Gli interessi perseguiti, in particolare in Africa, dalle industrie agroalimentari americane, sostenute logisticamente dallo Stato e operanti dietro pretesti umanitari, rappresentano a questo proposito l’esempio più significativo e più disastroso.79
Non è nostro scopo verificare la veridicità delle tesi di Mesnard sul vuoto simbolico dello Stato e sulle sue motivazioni, né se quello che l’autore definisce “l’umanitario” costituisca effettivamente un rimedio della politica e uno strumento diplomatico, come afferma. Il ruolo, la competizione rappresentativa e la leadership simbolica degli aiuti umanitari e la cooperazione allo sviluppo sarebbero un interessante oggetto di studio, ma quello che ci interessa in questo lavoro è che, di pari passo con le attività assunte nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, l’istituzione pubblica non può trascurare la propria legittimazione sul piano della rappresentazione, e deve anch’essa coltivare la propria immagine, come lo stesso Mesnard ammette di seguito.
Quindi, più o meno intenzionalmente, attraverso il proprio coinvolgimento diretto e la scelta di intraprendere (a vari livelli) un’azione, sia essa di cooperazione diretta o indiretta, di aiuto, di coordinamento o di controllo, l’ente pubblico compie un’attività discorsiva, attraverso l’intervento, comunica la propria politica, la propria ideologia e i propri meccanismi di scelta e azione. Le quali vengono tradotte, ad un livello superficiale di diffusione e informazione necessarie ed obbligatorie (per i motivi di trasparenza e accessibilità della pubblica amministrazione), in pratiche e testi comunicativi (documenti interni, brochure, manifesti, siti web, cd rom, documentari, pubblicazioni eccetera) che a loro volta costruiscono un proprio discorso e un proprio universo di rappresentazione.
79
Senza nessun giudizio o pregiudizio previo, qui ci proponiamo di analizzare l’aspetto riflessivo e performativo della comunicazione (quindi i discorsi e le rappresentazioni) della cooperazione internazionale, intesa nella sua accezione di aiuto allo sviluppo80, dal punto di vista dei processi e degli atti comunicativi delle politiche intraprese dagli Stati (in particolare Italia e Spagna) e dagli enti locali (regioni e province italiane), senza per il momento soffermarci sul peso di queste azioni sull’immaginario collettivo costruito dai soggetti in gara per la supremazia del significato e dell’interpretazione degli stessi.
Ci interessa soprattutto sottolineare il valore performativo della comunicazione, il suo significato come azione discorsiva, che implica un ordine dialogico e dell’interazione, che fa riferimento ad un contesto comunicativo in atto, all’intersoggettività e all’interazione socioverbale che in esso si produce. Vogliamo approfondire i meccanismi e le strategie di questi discorsi, alla ricerca di possibili tipologie e modelli comunicativi della cooperazione allo sviluppo e dei valori ad essi sottostanti.
Per raggiungere l'obiettivo che ci siamo prefissi, abbiamo adottato un approccio metodologico, la sociosemiotica, perché siamo estremamente convinti e fiduciosi della validità e della funzionalità della semiotica del testo come strumento di analisi. Questa scelta non implica però la chiusura nei confini del testo, ci risulterebbe sterile e poco utile, per cui alle nostre analisi testuali aggiungeremo sempre delle considerazioni che sfociano fuori dal testo, con riferimento alle teorie dell'antropologia dello sviluppo e delle scienze politiche, soprattutto per non ridurre l’analisi ad un mero esercizio metodologico ma con l'ambizione di proporre un nuovo paradigma di studio della comunicazione per lo sviluppo, che include temi e problemi di carattere etico e politico. Gonzalo Abril descrive alla perfezione questo approccio metodologico, che condividiamo in pieno, chiamandolo “exoimmanentismo critico”:
80
Non prenderemo in considerazione la rappresentazione delle emergenze, quanto gli aiuti allo sviluppo. Siamo coscienti della confusione terminologica fra cooperazione internazionale, aiuti umanitari, solidarietà internazionale eccetera, che segnaleremo anche nelle nostre analisi, per cui cercheremo di riferirci al nostro oggetto di studio come cooperazione internazionale allo sviluppo (soprattutto nella sua accezione “decentrata” che concerne il coinvolgimento degli enti locali), considerando come tale i progetti e le politiche messe in atto dagli enti pubblici, nazionali, internazionali e locali per lo sviluppo economico, sociale e culturale nelle varie aree del mondo.
Come per gli stati, gli affari esterni al testo hanno sempre ripercussione sulle sue strutture e processi interni. Per iniziare, a causa delle operazioni di produzione ed interpretazione socioculturalmente determinate che li rendono effettivi, oltre ad apparire rappresentati sotto le forme enunciative dei punti di vista, le focalizzazioni, il modo di qualificare le azioni, il tempo e lo spazio, ecc. Per continuare, a causa dell'attualizzazione delle categorie, rappresentazioni e relazioni simboliche che ogni testo specifico produce, rimettendosi riflessivamente all'impalcatura simbolica della società, però senza mai prosciugare le possibilità di esprimerlo nella sua totalità. […] La nostra posizione può denominarsi dell'exoimmanentismo critico, per il quale le pratiche sociali e quindi quelle discorsive rappresentano allo stesso tempo una parte interna ed esterna al testo.81
2.2.2. Gli stati nazionali e gli enti locali come esempi di azioni pubbliche di