I PARTE IL PANORAMA GENERALE DELLA COMUNICAZIONE PER LO SVILUPPO
Capitolo 1. La comunicazione per lo sviluppo: definizione, storia, teorie e modell
1.1. Introduzione alla comunicazione per lo sviluppo
1.1.2. Evoluzione storica della comunicazione per lo sviluppo
La comunicazione per lo sviluppo iniziò a costituirsi come filone di ricerca a partire dalla II Guerra Mondiale, contemporaneamente alla nascita delle Nazioni Unite e alle politiche di espansione delle due superpotenze di allora, Stati Uniti e Unione Sovietica, in lotta per il controllo economico delle aree geografiche meno sviluppate. Influenzata dagli studi contemporanei di sociologia dello comunicazione, si fece strada l’esigenza di applicare metodologie e strumenti della comunicazione nel trattamento delle tematiche relative allo sviluppo, che però non si limitasse semplicisticamente ad un trasferimento tecnologico, introducendo nuove tecnologie e sistemi di informazione più avanzati negli stati più poveri del mondo.
La discussione su questi temi si accese con maggior impeto negli anni della Guerra Fredda, quando l’urgente necessità di esportare il proprio sistema politico- economico da parte dei blocchi politici, in modo da creare un contesto sociale favorevole alla penetrazione delle proprie imprese in altri paesi, fece emergere, in particolare negli Stati Uniti, una riflessione sui temi del cambiamento sociale e del
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Final Draft. The World Congress on Communication for Development, Roma, Italia, 25-27 ottobre
processo di sviluppo23. Per giustificare la propria funzione di “colonizzazione”24 economica, politica e culturale, i primi studi posizionarono il modello nordamericano al livello più alto della scala dello sviluppo, e pertanto gli Stati Uniti d’America si autoproclamarono (grazie alla mancanza di concorrenza da parte degli stati europei impegnati nella propria ricostruzione post guerra) come il migliore dei modelli possibili. D’altronde, non incontrarono molta resistenza all’imposizione di questa visione, perché a loro volta i paesi in via di sviluppo guardavano al sistema capitalista americano come auspicabile anche per sé stessi, attratti dalle nuove tecnologie e dalle tecniche avanzate in agricoltura, educazione, sanità e comunicazione. A prescindere dalle cause dell’accettazione - o rassegnazione - del paradigma di sviluppo statunitense, che passò anche attraverso la costruzione dell’industria culturale e del conseguente imperialismo nel campo dei vari settori della comunicazione (che secondo alcuni studiosi dura tutt’oggi)25,la realtà fu che per gli stati in via di sviluppo e sottosviluppati divenne un modello da seguire.
Inoltre, il processo per raggiungere un tale livello di sviluppo venne schematizzato e inquadrato come lineare e unidirezionale, in un’ottica esclusivamente evoluzionistica. Secondo questa premessa teorica, il mondo si ritrovò diviso fra due poli: da un lato le società moderne, ricche e sviluppate, e dall’altro le società tradizionali, povere quindi sottosviluppate, secondo un metro di analisi quantitativo, stabilito su criteri occidentali. Negli anni cinquanta, i problemi relativi allo sviluppo vennero concepiti come radicati nella mancanza di conoscenza e informazione. Banalizzando in questo modo la problematica del sottosviluppo e delle disuguaglianze globali, anche la soluzione apparve semplice e a portata di
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Per la relazione fra il contesto storico e l’origine delle ricerche sulla comunicazione allo sviluppo si è fatto riferimento a Servaes, J. (a cura di), Approaches to Development Communication, FAO, 1999.
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Il termine colonizzazione viene utilizzato nell’accezione politica del termine, usata nel contesto di studi a cui ci stiamo riferendo, così come è stata usata dal movimento intellettuale “dependentista” originario dell’America Latina negli anni ‘70, che ha teorizzato per primo l’imperialismo delle politiche di cooperazione degli Stati Uniti.
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Per gli studi sull’imperialismo della comunicazione si veda, fra gli altri, Chomsky, N. and Herman, E. S., Manufacturing Consent: The Political Economy of the Mass Media, New York, Pantheon Books, 1988; Schiller, H., Mass Communication and American empire, 1976; Mattelart, A., La
mano: una maggior diffusione della comunicazione e dell'informazione, attraverso mezzi e tecnologie, avrebbe colmato il divario.
Pertanto i mass media, secondo questa prospettiva, non erano altro che un mezzo come un altro per ridurre l’analfabetismo e permettere alle popolazioni di affrancarsi dalle proprie tradizioni (giudicata di per sé negativa). Il numero di televisioni, radio e giornali circolanti all’interno degli stati divenne perciò l’indicatore quantitativo del progresso, senza nessuna riflessione sul contenuto dei messaggi, sulle politiche di comunicazione o sull’impatto sui destinatari, ridotti a soggetti passivi.
Il contesto appena descritto influenzò quindi fortemente la nascita e la concettualizzazione della disciplina della comunicazione applicata allo sviluppo. Nel campo della cooperazione internazionale, i primi progetti di comunicazione iniziarono ad essere concepiti dapprima come tipiche forme pubblicitarie delle iniziative e alle azioni dei donatori26, attraverso la diffusione di messaggi diretti ad un pubblico indifferenziato, che passivamente li riceveva e a cui si chiedeva il supporto alla politica proposta dai governi. Sebbene in seguito le strategie di intervento nei paesi in via di sviluppo divennero più articolate, l'utilizzo dei mass media e della comunicazione, sotto l'influenza del panorama intellettuale dell’epoca, ha continuato per almeno un decennio a seguire lo stesso modello: attraverso la stampa, le pubblicità radiofoniche e le affissioni, i mass media vennero utilizzati come dei canali di trasmissione di messaggi non negoziabili né funzionali ad altro scopo che non fosse informativo. Una sorta di comunicazione basica sullo sviluppo (per differenziarla dal filone "per" lo sviluppo). L’insieme degli approcci che fanno riferimento a questa “famiglia” prese il nome di teoria della
diffusione, da cui sono derivate strategie che in parte continuano ad essere
utilizzate ancora oggi, pur con tecniche più raffinate e aggiornate con le teorie contemporanee sulla comunicazione27, come vedremo nei seguenti paragrafi.
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Dato che si tratta di una tipologia di progetti purtroppo ancora esistente nell'ambito internazionale, sarebbe interessante confrontare l’impatto di questi progetti “promozionali” tanto all’interno degli stati in cui vengono attuati quanto all’esterno, dal punto di vista della ricezione da parte di destinatari appartenenti agli stati “donatori”, per valutare l’eventuale ritorno di immagine e, perché no, l'influenza sulle decisione politiche dell’elettorato.
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Facciamo riferimento in particolare agli approcci conosciuti come social marketing, promozione della salute e edutainment, che descriveremo nel dettaglio nel par. 2.3.1.