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I PARTE IL PANORAMA GENERALE DELLA COMUNICAZIONE PER LO SVILUPPO

Capitolo 1. La comunicazione per lo sviluppo: definizione, storia, teorie e modell

1.1. Introduzione alla comunicazione per lo sviluppo

1.1.4. La teoria della dipendenza

Contemporaneamente alla sempre maggior diffusione dell’influenza della corrente strutturalista applicata all’ambito sociale, un gruppo di studiosi formato da ricercatori, personalità del mondo accademico ed intellettuale provenienti dall’America Latina, teorizzarono una nuova definizione di sviluppo, mettendo in crisi il modello evolutivo incontrastato fino a quel momento. Secondo gli studiosi appartenenti a questa corrente, che durò fino agli anni ’80, gli stati occidentali del Nord del mondo (Europa e soprattutto gli Stati Uniti), attraverso il proprio predominio economico, crearono una dipendenza degli stati del Sud, poveri e in via di sviluppo, al solo scopo di alimentare la propria supremazia, attraverso vincoli mantenuti saldamente da condizioni economiche sbilanciate, dal supporto di

governi favorevoli, e dal rallentamento intenzionale dei processi di democratizzazione e sviluppo.

A differenza delle teorie della modernizzazione, la teoria della dipendenza analizzò a fondo le relazioni fra i paesi sviluppati e quelli sottosviluppati, esaminando da questo punto di vista i problemi che affliggevano (e affliggono) il cosiddetto “Terzo Mondo”. Giungendo alla conclusione che la posizione di subordinazione e di arretratezza nel sistema politico ed economico fosse conseguenza diretta della struttura degli stessi problemi costruita secondo le necessità di sviluppo del “primo mondo”. I quali potevano così mantenere la propria posizione di dominio e di incrementare il divario, alle spese del sottosviluppo altrui.

Gli strumenti necessari al mantenimento di questa “dipendenza” furono (e sono, per certi versi) la penetrazione delle multinazionali nei paesi poveri, i sistemi di credito e di mercato internazionali e, non ultimo, il sistema stesso degli aiuti umanitari31. Questo squilibrio di relazioni fra paesi sviluppati e sottosviluppati venne mantenuto non solo dal sistema di scambi all’esterno, ma anche all’interno dei paesi stessi. La divisione netta fra settore urbano avanzato, in cui viveva una minoranza della popolazione, contrapposto al settore rurale, sovraffollato e impoverito doppiamente da spinte esterne e interne, era funzionale al mantenimento di questa dipendenza verso i paesi avanzati. In questo modo, i paesi già in difficoltà sarebbero stati sempre più dipendenti e deboli, e il proprio sviluppo impossibile, se queste condizioni fossero rimaste invariate.

Nella proposta teorica della teoria delle dipendenza, Il ribaltamento rispetto alla concezione evoluzionista e modernista dello sviluppo è chiaro, perché in questo caso si ipotizza un sistema mondiale conflittuale e un’ottica pessimista rispetto all’idea di progresso. Una delle critiche alla teoria della dipendenza è stata l’accusa, probabilmente fondata, di una componente ideologica eccessiva, ma è comunque importante sottolineare che gli articoli e gli studi in questo senso si basavano su analisi di contesti radicati storicamente, così come su fatti incontrovertibili come la penetrazione feroce delle imprese multinazionali che

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Per approfondire la tematica del ruolo controverso degli aiuti umanitari per lo sviluppo, si veda Segrè, A., I signori della transizione. Dove vanno a finire i soldi della cooperazione nei paesi post

espropriando terre e sfruttando la forza lavoro locale hanno costruito (e mantenuto) la propria ricchezza32.

Tornando al contesto da cui sono sorte le prime teorizzazioni della dipendenza, è opportuno notare come la critica ideologica venne fomentata dalle lotte politiche nei nuovi stati, liberi da secoli di colonizzazioni, in Africa, Asia e soprattutto dal successo dei movimenti socialisti e popolari in Cile, Cuba e Cina in lotta per la propria autonomia e autodeterminazione politica, economica e sociale all’interno della comunità internazionale e del sistema-mondo.

Le cosiddette nazioni “non allineate”, in contrapposizione al patto Nato, rifiutarono la concezione del progresso secondo parametri esclusivamente economici, dirigendo il significato del termine verso il campo della lotta politica.

La teoria della dipendenza aprì quindi la strada ad un nuovo concetto di sviluppo che enfatizzò aspetti come l’identità culturale e la multidimensionalità, attraverso le sovrapposizioni e le linee di influenza bidirezionali fra centro e periferia.

Nel campo della riflessione sulla comunicazione e sulle teorie dell’informazione, il movimento intellettuale “dependentista” si sviluppò contemporaneamente alla corrente degli studi sull’imperialismo dei sistemi e dei mezzi di comunicazione di massa (teorizzata da studiosi come Schiller, Mattelart, Chomsky), senza però riuscire ad instaurare una relazione fra i due campi di ricerca, in quanto la teoria della dipendenza rimase circoscritta agli studi sociali e politici33. Nel nostro lavoro di ricerca, invece, cercheremo di avvicinare i due campi di studi: prendendo spunto dai lavori che cercano di spiegare l’importanza dell’universo simbolico diffuso dai mezzi di comunicazione di massa nelle società “dipendenti” o comunque sottosviluppate, verificheremo attraverso analisi semiotiche come certe relazioni di

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Il ruolo delle multinazionali del commercio globale è tuttora determinante per gli squilibri economici fra paesi ricchi e poveri. Basti pensare alle delocalizzazioni selvagge degli ultimi decenni, pilastro dell’economia capitalista mondiale. Per esempio, considerando il numero di morti, più di 10.000, causati ad oggi dalla grave crisi economica in Argentina del 2001, non si può non pensare alle responsabilità dello sfruttamento e occupazione territoriale a fini produttivi del gruppo Benetton, fra gli altri, che possiede 900.000 ettari nel Sud dell’Argentina, occupando la posizione dominante fra i latifondisti del paese.

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I quali presentano fortissime resistenze all’utilizzo della comunicazione nelle proprie ricerche, e tendono a considerare questo campo ininfluente nelle strutture della dipendenza globale. Personalmente ci sembra una posizione poco lungimirante e che tiene in scarsa considerazione gli studi sulle comunicazioni di massa, nonché gli avvenimenti storico-politici contemporanei.

dominio e di dipendenza vengono riprodotte in discorsi comunicativi (specialmente a livello visivo) relativi alla cooperazione internazionale.

Condividiamo quindi il suggerimento di Fred Fejes34 che in un articolo del 1986 sull’imperialismo dei mass media auspicava che gli studi culturali sull’ipotesi imperialista della comunicazione mondiale35 dovrebbero dare seguito a studi sull’impatto reale di questo universo simbolico nelle vite e nelle relazioni umane, anche se rappresenta una sfida maggiore e molto più difficile da realizzare.

Questo excursus sulla teoria della dipendenza ci è sembrato utile per contrastare la tendenza a relegare nel dimenticatoio un modello di riferimento e ancora attuale, a nostro avviso, per gli studi sulla comunicazione nell’ambito dello sviluppo. Inoltre, è servito a spiegare la portata ideologica e critica di questo paradigma, che permise il superamento di una concezione di progresso evoluzionistica ed etnocentrica, e favorì l’instaurarsi del paradigma partecipativo che dagli anni novanta ad oggi domina le riflessioni sulla comunicazione per lo sviluppo.