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Il concetto di suolo

CAPITOLO II° Il suolo

1. Il concetto di suolo

La natura è la terra della vita umana, il punto inalienabile della nostra origine,

Boden primario e inestinguibile di uno spazio che silenziosamente ci fonda e ci

sorregge nel nostro esistere. Essa è primordiale continuità esistenziale, non garantita dalla persistenza di un creatore, che produce e conserva il “naturato”, in una continua dipendenza dall’infinità del “naturante”.

Nella convinzione che il riduzionismo teoretico sia incapace di giungere al primordiale della natura45, Merleau-Ponty propone un paradigma pre-teoretico.

Nella attuazione di un tale programma di ricerca, si rende conto che la propria opera di scavo conduce alla scoperta della enigmaticità della natura. A questo punto, si convince, che «[…] ciò che viene chiamato “naturale” spesso non è nient’altro che cattiva teoria»46.

«Ma che uso ne fa la filosofia di questa esperienza del naturale?»47. Merleau- Ponty ce lo dimostra attraverso la scelta degli interlocutori con i quali, di volta in volta, si confronta. Una cosa è infatti certa: rispetto alle diverse riduzioni operate

45 Merleau-Ponty ha scritto: «Au début des Ideen II, Husserl pose la Nature comme “la sphère des choses pures”, l’ensemble des choses qui ne sont que choses. La Nature égale la Nature cartésienne, telle que la conçoivent les savants. Cette conception n’est pas considérée par Husserl comme un ensemble historique […] Si “la science de la Nature ne connaît aucun prédicat de valeur”, cette abstraction n’est pas arbitraire: nous obtenons normalement cette idée circonscrite lorsque nous nous faisons sujet théorique. […] nous en venons spontanément à l’adopter lorsque notre Je, au lieu de vivre dans le monde, se décide à saisir (erfassen) à objectiver. Dans ces conditions, le je se fait “indifférent”, et le corrélat de cette indifférence, c’est la pure chose. […] L’idée de Nature comme comme sphère des choses pures, c’est l’idée de rée, de l’en soi, comme corrélatif d’une pure connaissance […] ». Contemporaneamente, però, Merleau-Ponty sostiene la presenza di un altro atteggiamento di Husserl nei confronti della natura, quando afferma: «Cet univers, à le considerer en lui-même, renvoie à un univers primordial. L’univers de la théorie sous-entend un univers primordial. Derriere ce monde, il y a un monde plus originarie, antérieur à toute activité, “monde avant toute thèse”: c’est le monde perçu.Alor que le premier se donne en chair et en os, Leibhaft».

M. MERLEAU-PONTY, La nature …, cit., pp. 104-105; [La natura..., cit., pp. 107-109].

È opinione di Merleau-Ponty che la fenomenologia husserliana oscilli fra il tentativo di liberarsi dall’atteggiamento naturale e una qualche incapacità di pervenire a siffatto obiettivo. Lo testimoniano pienamente le due citazioni riportate. A questo proposito, Rudolph Bernet sostiene correttamente che Merleau-Ponty, rispetto a Husserl, opera una diversa riduzione fenomenologica: non riduzione della natura ma riduzione alla natura.

Cfr.R.BERNET, Le sujet …, cit., p. 63.

46 M. MERLEAU-PONTY, La natura..., cit., p. 124. In originale:

«[…] ce qu’on appelle “naturel” n’est souvent que mauvaise théorie». M. MERLEAU-PONTY, La nature..., Annexes, cit., p. 119.

47M. MERLEAU-PONTY, La natura ..., cit., p. 185. Nel testo francese:

«Mais que fait la philosophie de cette expérience du naturel?». M. MERLEAU-PONTY, La nature ..., cit., p. 169.

dalla filosofia, a proposito dell’idea di natura, a Merleau-Ponty interessa rispondere a tutte quelle prese di posizione che, pur se divergenti tra loro, ne occultano il senso più originario.

In primo luogo, perché, a suo parere, da sempre, le posizioni opposte alla fine convergono, accomunate da un unico fraintendimento sul mondo48. Ma forse anche perché, a mio avviso, Merleau-Ponty, nel cercare la più radicale alternativa all’orizzonte cartesiano di una natura prodotto di Dio, critica quell’atteggiamento tanto diffuso nel razionalismo europeo, moderno e contemporaneo, per il quale la natura finisce con l’essere, sempre e comunque, espressione della coscienza soggettiva. Se, come testimoniano vari passi delle lezioni al Collège de France49,

occorre superare il «complesso ontologico» cartesiano50, nel quale la divinità garantisce la natura, bisogna anche evidenziare che l’ontologia dell’estensione51 coincide con il grande approdo moderno alla soggettività. Ciò induce a pensare che, probabilmente, Merleau-Ponty, quando parla di complesso ontologico, si riferisca al rapporto soggetto-oggetto-dio, vale a dire il “Grande Oggetto”, il “Grande

48 È una convinzione costante del pensiero merleau-pontiana che solo apparentemente il mondo è tratteggiato con connotazioni tra loro antitetiche dalle concezioni empiristiche ed intellettualistiche; in realtà celato dietro la sorda presenza di un essere oggetto, o risucchiato nell’idealità della coscienza come un “puro oggetto di pensiero” il mondo si appiattisce, in tali sistemi, in una medesima esistenza determinata che riduce al silenzio la voce che giunge dalla sua originaria dimensione di Lebenswelt. Nell’opera del 1945, Merleau-Ponty sottolinea infatti che l’immagine di un mondo costituito, dove noi non saremmo che oggetti fra tanti, e quella di una coscienza costituente assoluta, sono in realtà in un rapporto di apparente contraddizione perché presuppongono entrambe un mondo risolvibile. Si tratta così dei due aspetti di uno stesso pregiudizio che pone la trasparenza del soggetto e dell’oggetto. Merleau-Ponty è convinto che una riflessione autentica debba rifiutarle entrambi come false. «La parenté de l’intellectualisme et de l’empirisme est ainsi beaucoup plus profonde qu’on le croit».

M. MERLEAU-PONTY, Phénoménologie de la perception, Paris, Gallimard, 1945, p. 64; [Fenomenologia della percezione, tr. it. di A. Bonomi, Milano, Il Saggiatore, 1965, p. 77].

49 (non ultime alcune note ancora manoscritte dedicate a Descartes)

50 Si vedrà più chiaramente nei prossimi paragrafi che il discorso di Merleau-Ponty parte dalla concezione della natura di Descartes.

51 È vero che Merleau-Ponty ricerca le origini della filosofia di una natura oggetto nell’atomismo antico ma è pur vero che, proprio all’inizio delle lezioni del 1956-1957, egli decide di dare solo un cenno rapido all’antichità e partire invece dalla svolta moderna che Descartes ha impresso al concetto di natura. Emblematica risulta inoltre la presenza di Descartes nella non breve sezione introduttiva al corso dell’anno successivo consacrato alla ricerca sull’animalità e in cui Merleau-Ponty prima di trattare questo tema torna a fare nuovamente il punto della situazione sull’ontologia cartesiana e in particolare su quello che egli definisce lo strabismo di questo pensiero, quale irrisolta oscillazione all’interno di una doppia e inconciliata ontologia.

Per una ricostruzione interessante e lucida sull’orizzonte genetico in cui Merleau-Ponty matura questa posizione e da dove si origina poi il suo percorso di un’ontologia indiretta rinvio il lettore alle importanti pagine di:

Soggetto” e la parabola divina. Nel cercare un diverso ‘fondamento’ dell’essere naturale, l’indagine porta inevitabilmente a una diversa ontologia.

Non si tratta, né di scienza, né di meta-scienza, bensì di un’analisi, che ha una direzione ontologica: riportare la natura nella dimensione indivisa di un tutto, di un

Etre Sauvage e vederla, pertanto, nella luce diramante di un «contatto globale»52. Non si tratta di investigare il concetto di natura per esporre il rapporto gnoseologico tra il soggetto e l’oggetto, né del tentativo simmetrico e opposto di ipostatizzare una forza vitale53. La ricerca sulla natura è, indubbiamente parte e momento fondamentale di una ricerca più ampia, quella sull’Essere, che Merleau-Ponty dichiara apertamente di voler perseguire. La natura è il «foglio» di una compagine ontologica, una dimensione sensibile non separata dal tutto, una parte da cui traspare il tutto54.