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Il pensiero di vedere

CAPITOLO I° Occhio e visione

5. Il pensiero di vedere

Nell’anno accademico 1960-1961, Merleau-Ponty tiene al Collège de France un corso dedicato al raffronto fra l’ontologia cartesiana e quella contemporanea Eccone l’esordio:

La filosofia rimane distante dalle ricerche fondamentali che veicolano molta filosofia, ma confusamente. Di qui, [lo] scopo di questo corso [è di] cercare di formulare filosoficamente la nostra ontologia che rimane implicita, nell’aria, e [di] farlo per contrasto con l’ontologia cartesiana (Descartes e successori)58.

Nel mondo contemporaneo, è sufficiente prestare attenzione a tutta la produzione artistica e a quella psicanalitica, per comprendere che questi due settori culturali producono, senza rendersene perfettamente conto, un’ontologia. Merleau- Ponty ama definirla implicita o spontanea, perché essa ci presenta un rapporto con l’Essere, che nulla ha a che vedere con quello dell’ontologia classica. Per offrirne una dimostrazione completa ancorché problematica, Merleau-Ponty mette a confronto la nuova ontologia implicita con quella esplicita cartesiana.

Il raffronto con Descartes, è però presente, anche ne L’Œil et l’Esprit. In questo caso, l’oggetto della confutazione è il concetto di “visione”59. In modo

ugualmente citico nei confronti della filosofia cartesiana, potremmo dire, Merleau- Ponty disegna, sia il paradigma dell’ontologia, sia quello della visione60.

58 M. MERLEAU-PONTY, È possibile …, cit., p. 152. Si legge in francese:

«La philosophie reste à part des recherches fondamentales qui véhiculent beaucoup de philosophie, mais confusément. De là, [le] but de ce cours [est de] chercher à formuler philosophiquement notre ontologie qui reste implicite, dans l’air, et [de] le faire par contraste avec l’ontologie cartésienne (Descartes et successeur)».

M. MERLEAU-PONTY, Notes ..., cit., p. 166.

59 Segnalo che in molti passaggi il corso L’ontologie cartésienne et l’ontologie d’aujourd’hui sopra menzionato rispecchia quasi fedelmente la scrittura de L’Œil et l’Esprit.

60 Non dimentichiamo che proprio in questo corso a lui dedicato Merleau-Ponty prima di parlare di Descartes volutamente attraversa i segni dell’arte per confrontarli con una concezione cartesiana. Dopo questo attraversamento dell’arte moderna fa ritorno in modo specifico a Descartes perché il progetto dell’ontologia contemporanea prevedeva di fare una deviazione attraverso l’ontologia cartesiana per poi far capo nuovamente alla ontologia espressa indirettamente dall’arte e riprendere nuovamente il discorso sulla filosofia del presente ma questo corso come si sa è uno di quelli interrotti dalla morte.

Ne La dioptrique, Descartes dichiara esplicitamente che il “vedere” è un’azione per contatto della luce sull’occhio. Esso, pertanto, è una fra le tante forme di percezione. Per esempio, non è dissimile da quella del cieco che “vede gli oggetti”, urtandoli con il proprio bastone e che, sempre secondo Descartes, “vedrebbe con le mani”61. L’azione per contatto è indubbiamente meccanica ma, per Descartes, essa di per se stessa non è in grado di produrre conoscenza, e quindi, nel caso della luce, la visione. Perché ciò avvenga, spiega Merleau-Ponty, è necessario che i movimenti prodotti dalla luce o da qualsiasi altra forma di percezione sugli organi di senso vengano trasmessi, attraverso le fibre nervose, come impressione delle qualità esterne, al cervello, sede dell’anima.

Volgendo la propria critica verso quella particolare forma di percezione che è la visione, Merleau-Ponty spiega dettagliatamente che in Descartes, il rapporto tra l’occhio e il mondo, occasionato dai segni che il corpo trasmette al cervello, è una specie di chiarificazione intellettuale: la visione, in realtà, si realizza nel cervello, ed è frutto di un’attività dello spirito. Per questo, Descartes sostiene che si vede con gli occhi della mente o, meglio ancora, che il “vedere” è “sapere” di vedere: io vedo, quando ho coscienza chiara e distinta del mio vedere.

A questo punto, opportunamente, Merleau-Ponty si chiede: se l’azione meccanica non è in grado di produrre conoscenza, qual’è la sua funzione all’interno della filosofia cartesiana? La risposta, sicuramente corretta, è che, per Descartes, il corpo dell’uomo è una macchina realizzata da Dio62

, anche se il piano dell’estensione e le leggi meccaniche, pur svolgendo una loro funzione, non sono in grado di rendere ragione dell’umana capacità di produrre pensiero. Perché ciò avvenga, è necessaria quel tipo tutto particolare di attività intellettuale dell’uomo, che Descartes chiama razionalità, e che, a sua volta, fa capo all’anima e, in ultima istanza, a Dio63.

61 Cfr. R.DESCARTES, La diottrica, cit., “Discorso primo” p. 192 e ss.

62 «Descartes, un savoir infini a monté cette esthésiologie qui n’est pas qu’une machine, un artefact – Pour nous la surréalité n’est pas une machine, de l’ordre de l’en soi il faut chercher à la comprendre en s’enfonçant en elle comme ouverture à la Nature».

M. MERLEAU-PONTY, La nature ..., cit., p. 272, nota a; [La natura ..., cit., p. 306, n. 31].

La natura rappresentativa del vedere, quale attività spirituale, costituisce, per Merleau-Ponty, l’occasione per evidenziare una difficoltà più profonda. In altre parole, anche a voler riconoscere, come sostiene Descartes, che è l’anima a pervenire alla visione, quest’ultima non è una forma di pensiero in linea con le premesse teoriche cartesiane. Essa, cioè, non è un pensiero scevro di materia corporale. Se la mediazione della mente ‘compie’, per così dire, la visone in quanto “pensiero di vedere”64, questo vedere, per Merleau-Ponty, ha bisogno di un supporto corporeo. Nell’impianto cartesiano, la visione si rivela, dunque, come un

[…] pensiero condizionato, nasce “in occasione” di ciò che accade nel corpo e dal corpo è “stimolata” a pensare. Non sceglie di essere o di non essere, né di pensare questo o quello. […] Essendo concepita come unita ad un corpo tale visione non può per definizione essere veramente pensata.65

Pur assumendo la visione come un atto di pensiero, si deve riconoscere, afferma Merleau-Ponty, che il pensiero di vedere è altra cosa rispetto al cogito. Se la visione è pensiero, si tratta, infatti, di un pensare collegato alla estensione del corpo. Nel cuore della visione, c’è, dunque, una sorta di vita passiva, una specie di subordinazione che, per Merleau-Ponty, costituisce un enigma nella concezione cartesiana: la passività della visione.

In verità, anche in Merleau-Ponty è presente una passività della visione ma, in questo caso, essa è uno dei fogli della reversibilità attivo-passivo. Ne consegue che, quando Merleau-Ponty parla di visione, intende riferirsi a un centro oscuro, a una sorta di schermo anonimo. Il dualismo cartesiano, invece, fa sì che, anche la res

extensa, in quanto realtà oggettiva, non possa essere mera passività, almeno nella

64 Ricordo a titolo chiarificativo quanto Descartes afferma altresì nelle Meditazioni e in particolare nella II nella quale riconduce il sentire al pensare. Rispetto alle sensazioni, egli dice, è certo che seppure non esiste ciò che vedo o sento, sicuramente è vero che mi sembra di vedere o di sentire: «[…] e questo è propriamente quel che in me si chiama sentire, e che, preso così precisamente, non è null’altro che pensare».

R.DESCARTES, Meditazioni …, cit., p. 28.

65 M. MERLEAU-PONTY, L’occhio …, cit., pp. 38-39. Nell’originale:

«[…] une pensée conditionnée, elle naît a l’ “occasion” de ce qui attive dans le corps, elle est “excitée” à penser par lui. Elle ne choisit ni d’être, ou de n’être pas, ni de penser ceci ou cela. […] Etant pensée unie à un corps, elle ne peut par définition être vraiment pensée».

misura in cui è portatrice della percezione all’intelletto. In ciò, secondo Merleua- Ponty, risiederebbe l’enigma.

Ne L’Œil et l’Esprit, Merleau-Ponty distingue una visione ‘pura’, quale spazio dell’ego o immanenza rappresentativa, e una visione che, viceversa,

[…] ha luogo, pensiero onorario o istituito, schiacciato in un

corpo proprio di cui non possiamo avere idea se non esercitandolo, e

che introduce, fra spazio e pensiero l’ordine autonomo del composto di anima e corpo66. [corsivi miei]

Questo secondo àmbito costituisce, da un certo punto di vista, la base della proposta merleau-pontiana. Si tratta dell’immagine di una visione carnale, legata alla mappa mobile-percettiva della corporeità e non più all’atto di una coscienza che si approprierebbe del visibile mediante la rappresentazione.

66 M. MERLEAU-PONTY, L’occhio …, cit., p. 39. In francese:

«[…] a lieu, pensée honoraire ou instituée, écrasée dans un corps sien, dont on ne peut avoir idée qu’en l’exerçant, et qui introduit, entre l’espace et la penséè, l’ordre autonome du compoée d’âme et de corps». M. MERLEAU-PONTY, L’Œil ..., cit., pp. 38-39.

CAPITOLO II°