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La chiave estetica della natura

CAPITOLO III° L’estetica

1. La chiave estetica della natura

A questo punto, l’ipotesi è quella di vedere se attraverso un percorso interno all’estetica della natura si può giustificare un passaggio all’arte. Intendo dire che l’orizzonte percettivo della natura si può, probabilmente, annodare a una tensione artistica che sembra esserle altrettanto immanente. E ciò fornisce, a mio avviso, i motivi per un discorso sull’arte e in particolare sulla pittura.

Rinvio subito a un passaggio che evidenzia una prima traccia di ciò che può significare una chiave estetica della natura aperta alla produzione dell’arte:

Il concetto di Natura non evoca solo il residuo di ciò che non è stato costruito da me, ma anche una produttività che non è nostra benché possiamo utilizzarla, ossia una produttività

originaria che continua sotto le creazioni artificiali dell’uomo.

È al tempo stesso ciò che c’è di più vecchio e qualcosa di sempre nuovo.110 [corsivi miei]

Emerge in questa sede un nesso importante, si potrebbe dire, una prima icona della possibilità estetico - artistica della natura. Si tratta dell’idea che questa sia la “culla” di una profusione creativa originaria, portatrice del potenziale che sottende le opere dell’uomo.

Questo punto sollecita immediatamente una considerazione. La direzione fenomenologica cui è interessato il nostro autore è rivolta, come è noto, al problema dello strato originario e irriflesso che sottende le operazioni del soggetto. In siffatta prospettiva, la natura primordiale è esattamente ciò che non si lascia ridurre dalla e

alla coscienza costituente. Stando però alla citazione appena richiamata, nella

fenomenologia di Merleau-Ponty111, la natura non solo è presentata come il residuo

110 M. MERLEAU-PONTY, La natura ..., cit., p. 185. In originale si legge:

«Le concept de Nature n’évoque pas seulement le résidu de ce qui n’a pas été construit par moi, mais une productivité qui n’est pas nôtre, bien que nous puissions l’utiliser, c’est-à-dire une productivité originaire qui continue sous les créations artificielles de l’homme. C’est à la fois ce qu’il y a de plus vieux et c’est quelque chose de toujours nouveau».

M. MERLEAU-PONTY, La nature ..., cit., p. 169.

111 È utile rammentare che già ai tempi di Phénoménologie de la perception, secondo Merleau-Ponty, «Le plus grand enseignement de la réduction est l’impossibilité d’une réduction complète».

irriducibile del movimento dell’io ma è anche, potremmo dire, qualitativamente caratterizzata in questo suo àmbito pre-teoretico: come forza produttiva che non è umana.

La natura è, cioè, una creatività primaria in cui trova fondamento l’azione creatrice dell’essente umano. Essa è il tema costante del suo gesto poietico, l’immenso sfondo naturale di cui egli ha bisogno. La natura, potremmo dire, è il paesaggio primordiale di un’opera antica che, pur conservando una alterità rispetto all’uomo, costituisce, al tempo stesso, il «punto di insorgenza»112 delle sue organizzazioni; punto in cui essa si dà simultaneamente come fonte e come forza naturale di tutte le creazioni umane. Appare qui, in sostanza, l’idea di una natura «come contenente già tutto ciò che appare. In essa creatura e creatore sono inseparabili»113.

Per cogliere tuttavia il tipo di legame che si può stabilire con l’arte, c’è bisogno di comprendere più chiaramente il senso e la portata di questa natura creatrice. La citazione continua così: «È con questa riserva che si deve chiamare la Natura una presenza operante»114.

Qual’è questa riserva? Si tratta di uno snodo teorico riguardante il ruolo poietico della natura e che, a mio avviso, è necessario porre in primo piano.

Nell’analisi di Merleau-Ponty lo sforzo di pensare il pulsare originario della natura è sempre affiancato dalla preoccupazione di sottolineare la sua diversità da quelle forme di energia vitale che potenzierebbero di sostanza spirituale le cose del La natura problematica della riduzione fenomenologica accompagna l’intero arco della riflessione di Merleau-Ponty. Nel saggio del 1959, Le philosophe et son ombre, egli sottolinea infatti che questo tema «n’a jamais cessé d’être pour Husserl une possibilité énigmatique et qu’il y est toujours revenu. […] Les problème de la réduction ne sont pas pour lui un préalable ou une préface: ils sont le commencement de la recherche, ils en sont en un sens le tout, puisque la recherche est, il l’a dit, commencement continué».

M. MERLEAU-PONTY, Signes, cit. pp. 203-204; [Segni, cit., p. 213]. 112 M. MERLEAU-PONTY, La natura ..., cit., p. 303.

In francese:

«point d’émergence».

M. MERLEAU-PONTY, La nature ..., cit., p. 269. 113 M. MERLEAU-PONTY, La natura ..., cit., p. 179. In originale:

«comme contenant déjà tout ce qui apparaît. En elle, créature et créateur sont inséparables». M. MERLEAU-PONTY, La nature ..., cit., p. 163.

114 Ibidem. In francese:

«C’est sous cette réserve que l’on doit appeler la Nature une “présence opérante”». Ibidem.

mondo115. Così, nell’immagine della natura quale “presenza operante”, non viene solo ribadito e riaffermato il suo essere altro da un mero prodotto116 o dal ‘semplice’ risultato di un’attività divina o coscienziale. Nel contempo, viene altresì declinata una de-assolutizzazione del suo fondamento creativo. La natura, in sostanza, è sì produttività originaria, che non ha fuori di sé il principio e il senso del suo generare, ma questo processo avviene mediante una produttività instancabile che opera continuamente. Il gesto istituente della natura, cioè, non può mai darsi

una volta per tutte ma ha sempre bisogno di ricominciare, di riprendere nuovamente

il suo andamento di poiein. Motivo grazie al quale essa si trova a essere distante tanto dal piano dell’oggetto, quanto dall’identità di un sommo principio creatore117, o di un grande “soggetto” che opererebbe nel mondo secondo scopi e concetti determinati.

La natura originaria non è, quindi, né un morto naturato, né un supremo naturante. E se

non è oggetto di pensiero, ossia semplice correlativo di un pensiero, non è certamente neppure soggetto, e ciò per lo stesso motivo: la sua opacità, il suo avvolgimento. È un principio oscuro118.

È questa oscurità che ispira l’interesse del nostro autore, poiché egli cerca la più lontana natura del mondo e dell’uomo. Un essere che, per la sua collocazione al di fuori di un tempo e di uno spazio oggettivi, sia capace di dare corpo al “mitico”

115 È interessante segnalare una vicinanza su questo aspetto con Schelling che in un passaggio de L’empirismo filosofico critica il concetto di «forza vitale» in quanto indicante il quid che nella natura è superiore all’aspetto meramente chimico-materiale.

Cfr. F.W.J.SCHELLING, Esposizione dell’empirismo filosofico. Introduzione alle idee per una filosofia della

natura. Il rapporto del Reale e dell’Ideale nella Natura, in Empirismo filosofico e altri scritti, tr. it., di G. Preti, Firenze, La Nuova Italia, 1967, p. 40.

116 Cfr. M. MERLEAU-PONTY, La nature ..., cit., p. 61; [La natura ..., cit., p. 53]. 117 Cfr. M. MERLEAU-PONTY, La natura ..., cit., p. 179.

«principe créateur».

Cfr. M. MERLEAU-PONTY, La nature ..., cit., p. 162.

118M. MERLEAU-PONTY, La natura ..., cit., p. 179. Si legge nel testo francese:

«[...] n’est pas objet de pensée, c’est-à-dire simple corrélatif d’une pensée, elle n’est pas non plus sujet assurément, et cela pur la même raison: son opacité, son enveloppement. C’est un principe obscur».

testimone di una voluminosità “selvaggia”, nella quale spazio e tempo si declinano nella dimensione simultanea119 del totum simul.

L’essere bruto della natura non è mai aggirabile dagli atti intenzionali della coscienza. Esso ha dentro di sé alcunché di irriducibile e, al tempo stesso, di non necessario, che ne fa una «nozione-limite»120, un’essenza ambigua. Qualcosa di

doppio, simile a un presupposto che, senza perdere la propria unità di fondo, si duplica in un principio attivo e uno passivo. Quasi un essere paradossale dal valore

ontologico sdoppiato perché è attività ma diversa dall’agire di una coscienza pura o di un potere divino. È un’attività non separabile, alle origini, da un’imprescindibile passività, che de-assolutizza la sua posizione, perché le toglie il carattere di una super-potenza intelligente. Questa natura è fatta di fermento e propulsione ma anche di ‘mancanza’ e “inerzia”: ciò le conferisce una contingenza in cui, in qualche modo, è obbligata a ricominciare per essere.

In una simile prospettiva, la natura è contemporaneamente produttore e prodotto; anzi in essa produttore e prodotto coincidono, nel circolo di una produzione che non scompare dal risultato, che non muore nella cosa data. In un tale caso, diventerebbe un involucro inerte; mentre Merleau-Ponty pretende che essa conservi la sua funzione primordiale creativa, sempre presente e sempre di nuovo spinta a ricominciare il proprio gioco121.

119 «Les unités spatio-temporelles se chevauchent. La tâche imposée à la philosophie de la Nature serait d’approfondir la relation qui existe entre ces unités», dice Merleau-Ponty nella sezione del corso 1956-1957 dedicata al confronto con il pensiero scientifico. Il passaggio appena menzionato, nello specifico, si riferisce al confronto dell’autore con Withehead studiato per il suo innovare i concetti classici della scienza come spazio tempo e causalità e dal quale mutua l’idea di una natura come “processo”.

M. MERLEAU-PONTY, La nature ..., cit., p. 157; [La natura ..., cit., p. 172].

120 M. MERLEAU-PONTY, La natura ..., cit., p. 178. «notion-limite».

M. MERLEAU-PONTY, La nature ..., cit., p. 162.

121 Può risultare significativo richiamare, a questo proposito, l’allusione fatta nel corso 1956-1957 a un frammento di Eraclito concernente il concetto di vita come gioco:

«La Nature, disait Héraclite, est un enfant qui joue. Elle donne sens, mais à la manière de l’enfant qui est en train de jouer, et ce sens n’est jamais total».

M. MERLEAU-PONTY, La nature ..., cit., p. 119; [La natura ..., cit., p. 123].

Il frammento eracliteo è quasi sicuramente il n. 48 della numerazione Diano-Serra: «Il tempo è un bimbo che gioca, con le tessere di una scacchiera: di un bimbo è il regno».

La natura ha a che fare con le condizioni creative, perché è produttività originaria che, senza scindersi nel prima e nel dopo dell’atto, crea nel suo “puro passare”122 un certo essere.

Alla luce della relazione che vado cercando tra la natura e l’arte, viene da chiedere: in che rapporto sta allora l’auto-produzione della natura e la produzione umana dell’arte? Si tratta dell’auto-produzione di un senso e della sua espressione? Questa natura che ci appare come un’opera primordiale può diventare un modello creativo per l’artista senza che ciò riproponga il mimetico “fare come”123 dell’arte

rispetto alla natura? L’opera artistica è traduzione di senso o creazione di esso, non limitandosi a esprimere la natura ma essendo essa stessa una natura?

Sono domande che stanno sullo sfondo di questa ricerca e a cui cercherò di fornire una risposta124. Tuttavia, in prima battuta, si può dire che, per Merleau- Ponty, l’arte non imita la natura, né la rinnega125. Per altro verso, il gesto artistico

non è legato né al fare, né al sapere fare. Qual è, dunque, per Merleau-Ponty il loro rapporto?126