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Il concetto di varco nel gotico e il ritorno del mostro

Seguendo lo studio del critico David Punter abbiamo accennato ad una possibile classificazione dell'opera di Lovecraft come appartenente al cosiddetto “nuovo gotico americano”. Se diamo uno sguardo all'origine della parola “gotico”, scopriamo che il termine deriva dalla popolazione dei goti, la quale ebbe un ruolo rilevante nelle vicende che portarono alla caduta dell'impero romano. La parola in questione sottintende quindi la contrapposizione con il termine “classico”: dove quest'ultimo indica ragione, semplicità e ordine, “gotico” rinvia invece alle idee di irrazionalità, eccesso e caos. Col passare dei secoli, il termine finì per designare tutto ciò che riguardava l'epoca medioevale in generale, le sue caratteristiche stereotipate di arretratezza, superstizione, o in una parola, barbarie. Per dirla con Punter

«Gotico equivaleva ad arcaico, a pagano, a quanto precedeva, o si contrapponeva, o resisteva alla costituzione di valori civilizzati e di una società ben ordinata.82»

Tali caratteristiche portano inevitabilmente una non indifferente carica di vigore e rinnovamento nella trattazione di un passato dimenticato. Questo il motivo che fa comprendere l'impiego della parola gotico per indicare quella serie di romanzi e racconti, scritti in ambito anglosassone tra il XVIII e la fine del XIX secolo, i quali presentano macabre avventure di personaggi perseguitati da un male terrificante, spesso sovrannaturale, simbolo del ritorno di un passato che si credeva cancellato. Talvolta sono le trame stesse ad essere collocate nel passato, svolgendosi molto spesso in castelli e abbazie, ambientazioni caratteristiche, appunto, del mondo medievale.

Nella prima parte del XVIII secolo, l'elemento del soprannaturale venne radicalmente eliminato da ogni manifestazione letteraria. L'avvento dell'illuminismo aveva sradicato le credenze superstiziose legate a ciò che era sopravvissuto del mondo medievale. Tutto poteva essere spiegato grazie alla pura ragione. Tuttavia, spiriti, fantasmi e mostri immaginari fecero una nuova comparsa nel cosiddetto “revival gotico”, il primo movimento letterario che nel settecento riabilitò l'impiego 82 D. Punter, op. cit., p. 9.

di personaggi e vicende leggendarie per la costruzione delle proprie opere e che, acquisendo nel tempo completezza e valore letterario, si sviluppò nel genere che oggi conosciamo.

Quello che questi testi, tra i quali spiccano quelli di Lovecraft, ci danno modo di vedere è che il carattere gotico della narrativa del terrore, o di quella soprannaturale, non basta a sé stesso. L'autore ci mostra bensì un'idea di gotico inteso come modo di affrontare fatti reali, storici o psicologici a loro volta collegati con aspetti della vita culturale e sociale. La forza di entrare in rapporto con tali elementi e di esprimere le paure individuali, così come quelle collettive, è una delle caratteristiche più importanti del genere; un genere che come abbiamo visto non rimane circoscritto ad un singolo periodo storico, ma viene anzi impiegato con risultati di ampio successo anche nella contemporaneità. Per questo abbiamo potuto parlare di una vera e propria “metodologia del gotico” che, grazie al suo distacco geografico e storico, può penetrare nelle zone del mondo e della coscienza “proibite” alle rappresentazioni convenzionali, e in tal modo descriverle.

La polemica nei confronti del realismo e del razionalismo illuminista, tipica del gotico, caratterizza pienamente l'atteggiamento degli scritti lovecraftiani. Come abbiamo fatto notare, inizialmente i protagonisti dei suoi racconti esprimono una radicata tendenza allo scetticismo nei confronti del soprannaturale. Per riutilizzare un concetto orlandiano, potremmo dire che si schierano contro ogni possibilità di credito nei confronti di esso. Il loro, essi stessi tengono a precisare, è l'approccio scientifico che contraddistingue il mondo moderno ed evoluto, che ha assimilato la lezione dell'illuminismo. Questo concetto risulta centrale in un affascinante passaggio del famoso film Dracula (1931) di Tod Browining e Karl Freund, una pellicola che sottolinea il carattere aggressivo del soprannaturale nei confronti del razionalismo positivista. Di fronte all'ostinata cecità dei personaggi verso l'esistenza del Nosferatu, il non morto, il dottor Van Helsing afferma: «è proprio lo scetticismo degli uomini a dare forza al vampiro». Lo sconvolgente effetto di terrore che genera il gotico deriva proprio dal suo contrasto con la convinzione illuminista di aver cancellato il soprannaturale, di aver screditato del tutto l'esistenza di questa dimensione che non può essere spiegata dalle regole della ragione scientifica. Questa dimensione, tuttavia, compie il suo ritorno e ciò dimostra chiaramente l'impossibilità per l'uomo di alienarsi in un mondo esente dal male. Il mare di Innsmouth e l'oscura città di R'lyeh rappresentano dunque la dimensione spaziale proibita, in cui l'uomo ha chiuso le

proprie paure; Lovecraft ci mostra però che i sicuri cardini della civiltà non reggono i colpi dati dalla mostruosità sepolta, il confine della ragione viene così violato dal male soprannaturale.

I due racconti analizzati in questo capitolo ci hanno fatto intravvedere personaggi che, appunto perché guidati da un approccio razionale, si mettono volontariamente sulle tracce del male. Essi intraprendono una ricerca volta a soddisfare una sete insopprimibile di conoscenza e curiosità che rivela, alla fine, un'orribile verità maligna alla quale sono costretti a credere. Il tono della narrazione, tuttavia, ci fa notare che il male è comunque presente, Cthulhu riemerge indipendentemente dal fatto che siano essi ad andarlo a scovare.

Mentre nel ciclo di Cthulhu però, la mostruosità è incarnata da esseri orribili con caratteristiche fisiche abbastanza definite, il racconto a cui ci rivolgiamo ora si propone la rappresentazione di una mostruosità panica, totale, indefinibile e forse, proprio per questo motivo, ancora più spaventosa.

L'innominabile (1925) parla di un male senza volto e, come dice appunto il

titolo, senza nome. Si tratta di un breve racconto, probabilmente quello che presenta il maggior grado di parentela con il gotico tradizionale. I temi e i motivi in esso presenti ci danno modo di approfondire e precisare la metodologia del gotico lovecraftiano.

Il racconto è narrato in prima persona dal personaggio di John Carter, uno scrittore costantemente attratto da “cose innominabili e indicibili”83. Seduto su una

tomba senza nome, all'interno del cimitero di Arkham, Carter conversa con l'amico Joel Manton, inequivocabile esponente del razionalismo scientifico. La conversazione dei due infatti ha per argomento il disappunto di Manton riguardo agli scritti dell'amico. Come Carter spiega però, l'ultima fatica letteraria gli è stata ispirata da una testimonianza assolutamente attendibile di un antenato, rinvenuta in un vecchio diario tenuto tra il 1706 e il 1723. I fatti raccontati nel documento riguardano una creatura diabolica non meglio specificata, «che era più di una bestia ma meno di un uomo –la creatura dallo sguardo blasfemo–.» (86) e di come l'esistenza di tale creatura trovi conferma nell'autorevole Magnalia Christi Americana (1702), opera del medico e pastore puritano Cotton Mather, un'opera che ricostruisce la storia dello sviluppo religioso protestante del New England.

83 H. P. Lovecraft, L’innominabile, in G. Pilo e S. Fusco (a c. di) Gli indagatori dell’incubo, Newton Compton, Roma, 1993, p. 82.

Antiche leggende inoltre narrano di come quella creatura sia stata imprigionata nella soffitta della vecchia casa di fronte al cimitero in cui i due stanno chiacchierando, nel crepuscolo di una serata autunnale. Si dice inoltre che lo sguardo insopportabile della bestia si sia impresso nei vetri delle finestre e che chiunque guardi attraverso quei vetri venga colto da una follia improvvisa che conduce alla morte. Le testimonianze e la sensazione della vicinanza di quella casa rendono Manton più curioso verso la storia di Carter; il racconto quindi prosegue finché improvvisamente i due non vengono scaraventati a terra da una tromba d'aria gelida, sprigionatasi da una spaccatura nella tomba senza lapide.

«Venni buttato a terra dal mio sedile dal colpo diabolico di un'entità invisibile, di dimensioni titaniche ma di natura indefinibile […] mentre dalla tomba saliva un tumulto soffocato di ansiti e ronzii tali, che la mia immaginazione popolò quelle tenebre totali di miltoniane legioni di dannati deformi.»

I due svengono e al loro risveglio in ospedale apprendono di essere stati ritrovati da un agricoltore in un prato, a mezzogiorno del giorno seguente, ad un miglio di distanza dal cimitero. Le ferite riportate da Manton sono del tutto riconducibili alla creatura delle leggende: segni di corna sul petto e graffi sulla schiena, mentre Carter riporta una inconfondibile impronta di zoccolo spaccato. Ma cosa li ha assaliti? La sola risposta che Manton può dare è la riconferma dell'essenza aliena e incomprensibile del male a cui non voleva credere:

«Era dappertutto... una gelatina... un fango... Eppure aveva delle forme, un centinaio di forme orribili al di là di ogni descrizione. C'erano gli occhi... ed una macchia. Era l'abisso... il maelstrom... l'abominazione ultima. Carter... era l'innominabile.» (90)

L'ambientazione del racconto ci da modo di riflettere sul concetto di varco, una componente fondamentale della narrativa gotica. La tomba e il contesto cimiteriale sono infatti topoi determinanti all'interno della tradizione del genere, essi

rappresentano la soglia terrena che separa il mondo vivo dal mondo della morte; il mondo in cui valgono ancora le leggi della ragione dal mondo in cui vengono abolite. In misura meno evidente, anche l'isolamento delle comunità maledette ritratte nei due racconti precedenti, sta ad indicare la rappresentazione di questo aspetto: il varco, la soglia fisica, l'attraversamento di un confine proibito è il segnale di preoccupazione che il gotico esprime riguardo a tutto ciò che viene “messo a tacere”. Ci suggerisce Punter,

«Il termine chiave qui è “tabù”. […] tabù è la categoria in cui vengono poste quelle zone anomale della vita che si oppongono alla spiegazione convenzionale e che pertanto chiedono di essere evitate ma al tempo stesso attraggono in virtù del loro fatale interesse. Da ciò, sicuramente, deriva la formula di “piacere schifoso”, quel piacere che si prova quando ci si mescola a componenti della vita che sono fuori dei limiti del “discorso civile”.84»

Il varco, quella porta che l'uomo istituisce come barriera fisica delimitante due mondi, salta irrimediabilmente nel gotico tradizionale, così come nei racconti di Lovecraft. Sempre questo grande capolavoro del genere ce ne da un perfetto esempio: i personaggi del Dracula di Bram Stoker, un romanzo in cui il rapporto con l'attraversamento del confine tra vita e morte, civiltà e barbarie risulta centrale, compiono il medesimo percorso dei protagonisti lovecraftiani; essi passano dall'osservazione razionale di strani fenomeni che risponde esclusivamente alla scienza, compresa la nascente psichiatria simboleggiata dal dottor Seward e dal suo manicomio, alla lotta contro un male che va oltre le leggi della ragione, un male a cui, in definitiva, sono costretti a credere.

Il manicomio, a ben vedere, rappresenta un altro elemento spaziale che funge da soglia e che ci fa comprendere come la barriera in questione non sia solo fisica, ma anche psichica. Il male rappresentato in Lovecraft risveglia paure tremende che popolano l'inconscio individuale e che si riversano nel contesto di una follia collettiva. Il piacere che si nasconde dietro l'evocazione della putrescenza presente in queste storie è quello appunto definito nel valore di ambivalenza attribuito al tabù, all'esplorazione di una verità proibita. Il medesimo piacere lo constatiamo a livello

letterario quando noi stessi, noi lettori, varchiamo la soglia del soprannaturale, andando oltre quei “limiti del discorso civile” di cui parla Punter:

«Il gotico ci accompagna in un viaggio attraverso i tortuosi corridoi della repressione, ci offre dei rapidi sguardi sugli scheletri dei desideri morti e li rimette in moto. È in questo senso che il gotico è stato negli ultimi duecento anni un modo di far storia e di conservare memoria. […] i fantasmi, i vampiri e i mostri del gotico sono per la maggior parte riconoscibili come personificazioni di particolari aspetti psicologici.»

Mostrandoci un male che presenta differenti sfaccettature, dalla degenerazione psicologica all'indicibilità di un mostro arcaico e invincibile, le opere di H.P. Lovecraft vogliono anche testimoniare una critica alle concezioni proprie dell'illuminismo benpensante che ha nella società americana una delle sue massime realizzazioni. Ribadendo la prospettiva orlandiana che abbiamo utilizzato in apertura di questo paragrafo, la quale vede nella letteratura uno dei luoghi privilegiati per un ritorno del represso, vediamo come il gotico in Lovecraft si articoli esattamente in questi termini. La tortuosa e inquietante produzione di questo strabiliante autore comunica i contrasti tra un uomo e la sua società, la società che popola l'America della rapida ascesa economica di inizio novecento, un contesto che egli vede, e ritrae, come un universo mostruoso in cui domina il male.

Capitolo IV

Il male e l'evoluzione dei personaggi nei romanzi di Thomas Harris: il caso Lecter-Starling

4.1 Serial Killing e parodia della consumazione del corpo: il caso

Hannibal Lecter

«Nella panoplia del consumo vi è un oggetto più bello, più prezioso, più splendente di tutti […] che tuttavia li riassume tutti: il

corpo. […] Per secoli ci si è ostinati a convincere le persone che esse

non avevano un corpo (esse del resto non si lasciarono mai realmente convincere), oggi ci si ostina sistematicamente a convincerle del proprio

corpo. C'è qualcosa di strano. Il corpo non è l'evidenza stessa? Sembra

di no: lo statuto del corpo è un fatto di cultura.85»

È con queste parole che Jean Baudrllard apre il capitolo dedicato al corpo nel suo La società dei consumi, opera che offre una ricostruzione e un'analisi degli sviluppi della cultura capitalistica, caratterizzata dal “primato del consumo”. Nelle pagine del filosofo francese, la società contemporanea è ritratta come dominata dal mito del consumo e influenzata dagli “eroi dello spreco”, ovvero dall'esibizione delle vite delle grandi star del cinema e dello sport, le quali inneggiano ad uno stile di consumo sfrenato ed illogico. Viviamo in una società inondata di merci poste nel funzionamento di una struttura di mercato concatenata il cui obiettivo è scatenare il nostro costante ed inestinguibile bisogno di acquistare. Superando l'idea marxista secondo la quale tutti gli oggetti avrebbero un valore d'uso originario e naturale, alterato dal prezzo e nascosto dai significati simbolici manipolati dal capitale, Baudrillard parla del valore di un oggetto come imprescindibilmente legato ai suoi significati simbolici, per il quale non è concepibile un valore d'uso “puro”. Le società tardo-capitalistiche sono il regno del significante che «guadagnando autonomia mediante la manipolazione massmediatica e pubblicitaria è in grado di fluttuare libero dagli oggetti.» (VIII) Nella prospettiva così delineata, Baudrillard ci mostra poi come il corpo sia il bene che più di tutti gli altri viene investito simbolicamente ed economicamente. Nell'opulenza degli oggetti che popola il nostro immaginario, è prima di tutto il corpo ad essere rappresentato come capitale e come feticcio, ovvero come oggetto di consumo. I meccanismi pubblicitari contemporanei sono dominati da un'immagine del corpo coordinata dai due leitmotiv principali di bellezza ed erotismo. È in particolar modo il copro femminile ad essere presentato come

85 Jean Baudrillard, La société de consommation. Ses mytes ses structures, Paris, Gallimard, 1974; trad. it. La

investimento ovvero guidato da un principio normativo basato sui codici della società

di produzione. La reazione a catena che sottosta al rapporto tra i beni sul mercato ha origine proprio a partire dall'ossessione contemporanea per il corpo. Un esempio banale: se tu, consumatore, hai un bel corpo ti serviranno dei bei vestiti; se hai dei bei vestiti ti servirà una lavatrice di qualità, onde evitare di rovinarli, e così via. Baudrillard ci fa così osservare come la fisicità del corpo venga offuscata da un principio narcisistico. Il corpo è segnato da un'idea di bellezza assoluta e al tempo stesso funzionale al mercato; il corpo diviene una forma del capitale:

«l'etica della bellezza, che coincide con quella della moda, si può definire come la riduzione di tutti i valori concreti, i “valori d'uso” del corpo (energetico, gestuale, sessuale) a un solo “valore di scambio” funzionale che riassume da solo, nella sua astrazione, l'idea del corpo glorioso, completo, l'idea del desiderio e del godimento – e con ciò stesso li nega e li dimentica nella loro realtà per esaurirsi in uno scambio di segni.» (153)

A partire dai processi di emancipazione della donna da una parte e di emancipazione sessuale dall'altra, fenomeni che hanno visto il loro sviluppo nel contesto sociale della seconda metà del novecento, il corpo femminile è venuto a configurarsi nella società contemporanea come il simbolo di una libertà conquistata. In questo modo il corpo riassume in sé il concetto di emancipazione e viene conseguentemente “erotizzato” per essere “consumato”. «Si dà da consumare la Donna alla donna, i Giovani ai giovani, e, in questa emancipazione formale e narcisistica si riesce a scongiurare la loro liberazione reale. […] la donna si “consuma” attraverso la liberazione sessuale» (160) e viceversa. Nel dialogo che si è instaurato tra rivoluzioni sociali ed economiche, l'immagine del corpo è stata posta come principale significante di riferimento per l'intera società consumistica occidentale.

Il modello di una tale configurazione economico-sociale proviene dagli Stati Uniti, protagonisti prima di una forte espansione economica, negli anni della seconda rivoluzione industriale (seconda metà dell'ottocento) per giungere poi, negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, ad essere il paese più avanzato, a livello industriale e tecnologico, della scena mondiale post-bellica. Dall'incredibile crescita

reddituale delle famiglie americane, e dal conseguente aumento del potere d'acquisto della popolazione (aumentato dell'ottanta per cento dal 1947 al 1979), deriva il prototipo della società consumistica occidentale; parliamo dunque di una società spinta dalla grande produzione seriale a farsi spasmodica acquirente del superfluo, ovvero un coacervo di merci il cui canale privilegiato dalla produzione al consumo, come ci fa notare Baudrillard, è appunto il corpo.

In questo contesto di consumazione inesauribile, che si protrae per tutti i decenni del XX secolo, si inizia però anche a riflettere sul fenomeno stesso; ed è nel periodo di maggiore “febbre consumistica”, americana ed europea, gli anni ottanta, che Thomas Harris da alla luce il personaggio di Hannibal “The Cannibal” Lecter, figura destinata ad un incredibile successo letterario e cinematografico e che diventerà in breve tempo uno dei rappresentanti più folli e affascinanti del male contemporaneo, in particolar modo dell'omicidio seriale. Hannibal è la figura in cui si condensa il ribaltamento, il cambio di valore dell'insaziabile fenomeno consumistico della nazione americana. Vedremo come la sua sfrenata consumazione di corpi verrà a definirsi in una relazione rovesciata con il significante simbolico della produzione seriale statunitense e come la modificazione stessa dei corpi, talvolta configurati come corpi-macchina, attraversi in senso carnevalesco e parodico le trame dei romanzi. In altre parole, il suo personaggio rappresenta una realizzazione inversa di ciò che la società sta compiendo: la perdita del controllo della macchina capitalistica americana.

La saga di Hannibal, affermato psichiatra e pericoloso serial killer cannibale, ha inizio nel 1981 in Red Dragon e si estende per altri tre romanzi Il silenzio degli

innocenti (The Silence of the Lambs 1988), Hannibal (1999) e Hannibal Lecter – le origini del male (Hannibal Rising 2006). Una delle particolarità che caratterizza le trame del ciclo

di Lecter è rappresentata dal fatto che nei primi due romanzi Hannibal è già in prigione a causa di crimini compiuti in un tempo della storia che precede il tempo del discorso. Il lettore entra in contatto con il trascorso di Lecter grazie a un procedimento analettico azionato dal narratore o dagli altri personaggi, per esempio, i protagonisti stessi.

Nel penultimo romanzo, Hannibal, possiamo invece osservare un dottor Lecter libero e in azione; egli non ha più bisogno di attuare i propri piani

manovrando un suo folle seguace dall'interno della cella, come accade in Red Dragon86.

Come infatti avremo modo di far notare, Hannibal è una figura che si stacca totalmente dal profilo ordinario del serial killer. Allo stesso modo siamo in grado di cogliere lo statuto particolare che caratterizza i romanzi di Harris; ad un primo sguardo saremmo infatti spinti a categorizzarli come romanzi gialli, o più