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È in particolar modo un periodo della vita di Lovecraft, quello newyorkese, ad influenzare i critici riguardo al suo desiderio di raccontare un'umanità punita; un desiderio che, come abbiamo cercato di evidenziare, si esprime nei suoi testi in 72 M. Houellebecq, op. cit., p. 99.

termini di ritorno del represso. Risulterebbe banale, ovviamente, vedere negli eventi biografici di un autore la spiegazione di una pretesa simbologia narrativa; non è di certo un modo fruttuoso per portare avanti una ricerca tematica. Tuttavia, l'episodio di riferimento è in parte degno di nota, se non altro per interpretare il fiero sentimento razzista presente nelle pagine lovecraftiane a cui già abbiamo accennato nel paragrafo precedente.

Il 3 marzo 1924, Lovecraft sposa Sonia Greene, una “amateur Journalist”, come lui, conosciuta a Providence due anni prima. Lei abita a New York e si guadagna da vivere come commessa in un negozio di abbigliamento. I due si stabiliscono a Brooklin nell'appartamento di lei:

«Lovecraft vi trascorrerà i due anni più sorprendenti della sua vita. Il recluso misantropo e un po' lugubre di Providence si trasforma in un uomo affabile, pieno di vita, sempre pronto ad andare al ristorante o al museo.73»

Il periodo di intensa felicità è però purtroppo destinato ad esaurirsi in fretta. Sonia perde il lavoro mentre Lovecraft non riesce a trovare un impiego; si apre qui una parentesi difficile della sua vita, dominata da una disastrosa situazione economica, così come da un senso di disorientato risentimento nei confronti della capitalistica New York; la città gli rivela il suo volto sdegnoso e selvaggio, togliendogli la benché minima possibilità di sopravvivenza in un simile ambiente. Vedere posti di lavoro offerti agli stranieri anziché a lui, un puro Wasp (White anglo-saxon protestant), convinto discendente dei colonizzatori inglesi, gli rende ben presto insopportabile la vita nella città. New York diviene ai suoi occhi il simbolo della distruzione degli autentici valori americani, un luogo in cui il melting pot vorticoso sta mettendo in pericolo il destino di una nazione.

«Le mie speranze furono rapidamente deluse. Lì dove la luna aveva creato l'illusione della bellezza e del fascino, la cruda luce del giorno non mi rivelò altro che squallore, estraneità […] l'orda di persone che brulicavano in quelle strade simili a canali era composta quasi unicamente da stranieri tarchiati e scuri, con facce dure e occhi

stretti, stranieri scaltri e privi di sogni e totalmente estranei a ciò che li circondava, gente che nulla poteva accomunare a questo erede dell'antica stirpe dagli occhi chiari, che conservava in fondo al cuore l'amore per le praterie verdeggianti e per i bianchi campanili del New England.74»

L'esasperazione di vivere in un ibrido coacervo razziale si trasforma rapidamente in un brutale sentimento xenofobo, tanto da arrivare a definire gli immigrati come

«[…] mostruosi e nebulosi abbozzi di pitecantropo e ameba, vagamente plasmati in qualche limo fetido e viscoso prodotto dalla corruzione della terra, che strisciavano e trasudavano sulle e dalle strade lerce, che entravano e uscivano da finestre e porte con movenze da vermi o da vergogne sortite dalle profondità del mare […] il grottesco individuale si perdeva in quella devastazione collettiva, lasciando sulla retina […] una ghignante maschera gialla cui dalle orecchie, dal naso, dalla bocca, sieri acidi e viscosi grondavano producendo un raccapricciante crepitio di ulcere esplose.75»

Le terribili immagini che Lovecraft impiega per descrivere l'impressione che gli immigrati hanno su di lui lascia alquanto sbalorditi; risulta oggettivo tuttavia vedere una linea di corrispondenza tra il suo disgusto verso ogni etnia altra e i numerosi tratti che caratterizzano le descrizioni delle creature aliene presenti nei suoi racconti; gli intenti universalmente malvagi che portano tali creature a mescolarsi con l'umanità, che egli considera esclusivamente bianca e protestante, sono, secondo Lovecraft, i medesimi che governano la terrificante mescolanza etnica che, a partire dalle grandi città, arriverà a conquistare le piccole e tranquille comunità americane. La colpa di una simile degenerazione Lovecraft la individua nell'economia di mercato, un sistema interamente votato al conseguimento del profitto, che non tiene conto dei rischi che corre o dei danni che può causare, e che ai suoi occhi sta effettivamente causando. Nell'impiego della manodopera straniera al servizio di produttori americani, egli intravede un'oscura e temibile alleanza; il patto mostruoso stabilito tra la comunità aliena e i signori del capitale americani, sfocerà ben presto nella

74 Cit. in Ivi, p. 126. 75 Ivi, p. 133.

conquista totale del paese a vantaggio dei primi, portando in tal modo alla perdita dell'indipendenza e della libertà nazionale. Precisiamo tuttavia che nonostante tale atteggiamento risulti una delle linee guida per la composizione dei racconti a partire dal 1926, l'autore non riversa nella costruzione dei suoi protagonisti un odio sfrenato contro entità venute dalle stelle; egli lascia sì intravedere un castigo celeste che, in definitiva, i suoi simili hanno contribuito a provocare, ma è lo statuto di vittima innocente a definire i contorni dei suoi eroi rassegnati, mentre la parte dei carnefici è sempre giocata da meticci, negri o mezzosangue. Dall'aura vittimistica dei suoi personaggi emerge dunque un senso di paura e di profonda tristezza per ciò che avviene.

«Nell'universo di Lovecraft, la crudeltà non è mai una finezza dell'intelletto: è una pulsione bestiale, che si associa perfettamente alla più cupa stolidità, mentre le vittime ideali sono quasi esclusivamente individui raffinati, sensibili, di grande delicatezza di modi.»

Siamo dunque ancora nel contesto narrativo tipicamente americano, in cui una vittima perseguitata da qualcosa di esterno si ritrova a dover combattere per i propri valori; la sfera dell'esistenza individuale incontra tuttavia anche l'ipocrisia e la corruzione in cui la propria comunità è scivolata e, sognando un ritorno ad un passato che non è più, mostra un inquieto sentimento di amara rassegnazione.