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La concezione grammaticale

1. Il panorama linguistico-filosofico dei Principi di Grammatica Generale

1.1. La fondazione di una grammatica “immanente”

1.1.1. La concezione grammaticale

La “concezione grammaticale” suggerisce che “qualunque lingua, in ogni tempo e in ogni luogo, sia dominata da una forma, che si esprime in una serie di categorie costituenti un sistema. Il linguaggio è uno stato” (PGG: 7). Da tale definizione – e dalla sua conversa, la concezione “non grammaticale” per cui “lo stato grammaticale è solo una caratteristica accessoria del linguaggio”10 – emerge con chiarezza (anche dal punto di vista meramente terminologico) il fatto che tale ipotesi non è affatto “semplice”, non si limiti a formulare un solo aspetto inerente alla struttura linguistica, ma racchiuda in sé tre sotto-tesi, riguardanti

1. il ruolo della forma come principio organizzatore interno della lingua;

2. l’estrinsecazione di tale principio in un sistema tendenzialmente stabile di categorie specifiche;

3. il fatto che una (data) configurazione categoriale dipenda da fattori interni (linguistici) e non da fattori evolutivi esterni (legati alle trasformazioni delle mentalità, della società, di culture particolari).

L’ultima tesi è naturalmente la più complessa, ma si può operativamente spiegare tramite il fatto che l’evoluzione di una configurazione sarebbe traducibile come una qualche alterazione entro i rapporti interni, operante necessariamente su un piano teorico diverso rispetto ad essi: sul piano descrittivo, riconoscere un’evoluzione significherebbe infatti istituire dei rapporti tra rapporti, cosicché, strettamente parlando, la diacronia corrisponderebbe più propriamente ad una “metacronia”, ad una comparazione tra stati; sul piano genetico (la trasformazione di un sistema in un altro), l’istituzione di “meta-rapporti” costituisce pur sempre una facoltà intrinseca ai sistemi governati da rapporti; in questo modo, la diacronia dovrebbe presupporre la spiegazione

10 “[…] se, in ogni momento dato, vi è una forma di pensiero dominante la materia linguistica, questa

forma è esterna alla lingua stessa. Essa non è essenziale, è accidentale. Le categorie sono arbitrarie, il sistema contestabile e soggetto a cambiamenti infiniti. La struttura particolare di uno stato di lingua non è che il risultato casuale di una evoluzione il cui fine non è quello di creare una forma” (PGG: 8).

di quali funzioni abbiano istituito i sistemi particolari tra loro, il che significa una sincronia più ampia o comprensiva. Si noti come “stato” non abbia affatto il significato di “configurazione fissa”, ma giochi il ruolo di condizione teorica (e al contempo oggettiva, “realista”) a partire dalla quale è possibile riconoscere le categorie linguistiche stesse (cf. PGG: 187).

Tuttavia l’adozione della “concezione grammaticale” non è sufficiente a garantire un approccio interno, anzi per essere fruttuosamente applicata essa richiede che la scienza grammaticale si organizzi in modo specifico. È cioè necessario dimostrare la possibilità di una grammatica

1. in grado di spiegare le diverse configurazioni linguistiche concrete (particolari) proiettandole su una base comune, astratta (generale);

2. sincronica;

3. le cui categorie siano ricavate esclusivamente su base linguistica.

L’operazione di delimitazione della grammatica avrà dunque il compito di affidare la riflessione linguistica ad uno spazio autonomo o – nei termini di Steinthal, per ora perfettamente compatibili – di rendere la grammatica autarchica: si tratta di ritagliare il dominio di pertinenza grammaticale definendolo dall’esterno, rispetto alla riflessione filosofica generale, e dall’interno, in base alla natura dei fatti linguistici. Ciò richiede tuttavia una seppur minima considerazione dello statuto delle “scienze umane” e della loro stessa ripartizione, infatti:

i rapporti tra la grammatica e le scienze «filosofiche» […] sono molto facili da definirsi: bisogna solamente tener conto della natura dell’oggetto di ciascuna di queste discipline. La cosa difficile è […] quella di delimitare con esattezza le discipline che sono di competenza della «filosofia» (PGG: 16).

La “delimitazione” prospettata da Hjelmslev consiste di fatto in più operazioni parallele e simultanee di ri-definizione dello statuto teorico delle discipline che entrano nell’ambito generale (o meglio nella “gerarchia”11

) delle scienze umane: si tratta cioè di una ridistribuzione complessiva dei diversi compiti, oggetti e metodi che ogni disciplina assume rispetto a tutte le altre. In questo, Hjelmslev sembra seguire Steinthal negli snodi principali della sua argomentazione (in particolare nell’esigenza di adottare un

punto di vista generale affinché non si produca solo una collezione di grammatiche particolari12, nella collocazione della linguistica all’interno delle Geistwissensschaften13, nella distinzione tra logica e grammatica14, nell’affinità tra grammatica e psicologia15) tanto che secondo Maisano sarebbe possibile un confronto tra la posizione di Steinthal (cf. Steinthal 1855) e la prospettiva di Hjelmslev espressa non solo nei PGG ma addirittura in FTL.

Al contempo, a fianco di Steinthal, è possibile cogliere numerosi riferimenti (spesso impliciti) ai sistemi filosofici di Herbart (1850-1852) e di Wundt (1885; 1921) nel loro comune intento di fondare una psicologia distinta dalla logica ma costituente il suo necessario substrato empirico. D’altra parte occorre sottolineare come la stretta vicinanza di Hjelmslev a tali autori per quanto riguarda la necessità di reclamare autonomia disciplinare al punto di vista sul linguaggio non lo porti a condividere necessariamente le conseguenze a cui tali autori pervengono: egli sembra piuttosto selezionare i riferimenti in modo da poter scegliere con cura i contributi dei singoli autori onde poter raggiungere risultati autonomi.

Tale “dialogo critico” che Hjelmslev intrattiene con il panorama filosofico a lui di poco precedente, permette di collocare il linguista danese in una posizione del tutto originale nel quadro della fondazione di una allgemeinde Sprachlehre16 che non si costituisca più come riflessione filosofica mediatrice tra istanze particolari (grammaticali e linguistiche come relative ai singoli idiomi) ma che assegni questo ruolo di “metadiscorso” alla grammatica stessa. In altri termini, il rapporto tra filosofia del linguaggio e grammatica, impostato tradizionalmente come movimento unilaterale dalla riflessione generale alla pratica particolare, andrebbe per lo meno invertito se non completamente rivisitato: è la grammatica stessa a dover guadagnare un piano generale e a poter offrire, così, materiale per una legittima riflessione filosofica sul linguaggio.

Ecco perché, al contrario dell’impostazione steinthaliana, Hjelmslev sosterrà che “non esiste alcuna «filosofia del linguaggio». Esiste solo la linguistica; e la grammatica ne è una delle parti essenziali” (PGG: 27).

12

Cf. Maisano 2004: 23. Tuttavia, il carattere generale qui avvocato è proprio della filosofia del linguaggio, non della grammatica stricto sensu.

13 Cf. Id.: 24.

14 Cf. Id.: 27: conviene notare tuttavia il carattere troppo netto di tale distinzione. 15

Cf. Id.: 24. Eppure, Hjelmslev critica la categoria “razionale” di causa-effetto utile nella grammatica.

16 Preferiamo usare il termine tedesco che non distingue in questo caso tra grammatica universale e

Questa impostazione costituisce un altro elemento costante nella riflessione hjelmsleviana, che trova le radici nei PGG e a partire dalla quale Hjelmslev avanzerà proposte concrete per l’interpretazione filosofica della categorie grammaticali17

.

La sistematizzazione della grammatica nella gerarchia delle scienze umane impegna Hjelmslev fin dall’inizio dei PGG per tutto il primo capitolo dell’opera e si può suddividere in due momenti o fasi: la collocazione “esterna” della grammatica (corrispondente ai §§ I. Grammatica scientifica e II. I punti di vista linguistico e filosofico) e la sua distinzione “interna” (corrispondente al § III. I punti di vista sincronico e diacronico, in particolare, ma da questo fino al § VI incluso).

Il procedimento seguito da Hjelmslev consiste nel prendere atto dell’eterogeneità in cui versano gli approcci grammaticali e nel renderne conto risalendo alla fase anteriore di tale diversificazione, ovvero al punto in cui la grammatica stessa, prima ancora di caratterizzarsi come sociologica, psicologica, pedagogica, logica, stilistica o affettiva (cf. PGG: 8), si concepisce come punto di vista unitario rispetto al dominio della “filosofia”: infatti, anche assumendo il minimo comune denominatore costituito dalla considerazione del linguaggio, “la cosa difficile è […] delimitare con esattezza le discipline che sono di competenza della «filosofia» […], è proprio in questa situazione che le difficoltà si presentano” (Id.: 16). Le determinazioni estrinseche di cui soffre la grammatica deriverebbero dunque da due circostanze particolari: dalla tradizionale concezione della grammatica come descrizione pratica di una lingua necessitante di categorie “ragionate”18, provenienti cioè dall’ambito filosofico (si tratta cioè del

riconoscimento della dipendenza tra linguaggio e pensiero che però ne ha falsati gli oggetti e i metodi) e dal fatto che di fronte alla “complessità del tutto particolare” (ibid.) dei fatti linguistici la tendenza è quella di accettare in partenza la necessità di sviluppare approcci multipli onde poter “esaminare i rapporti del linguaggio con i fatti psichici e sociali, i rapporti delle scienze linguistiche con le scienze limitrofe” (ibid.). Ora, sembra che per Hjelmslev una “interdisciplinarietà” debba essere piuttosto una sorta di prodotto finale frutto dell’assunzione di un punto di vista comune, e non una condizione a priori per l’analisi. È appunto questo comune Grund metodologico che si tratta di costruire.

17 È il caso della griglia morfologica proposta in Hjelmslev 1938a ma anche, a ben vedere, del sistema

sublogico di CdC e delle classificazioni semantiche in Hjelmslev 1956b. In fondo, si tratta della costruzione di “ontologie empiriche” (cf. Rajnović 2004: 118).

1.1.2. Normatività e descrittività: tra Hjelmslev e Wundt

Facendo esplicito riferimento in particolare a Steinthal 1855 e a Sainéan 1891, ma di fatto richiamandosi anche a Herbart (cf. Campogiani 1998: § 7.5)19, Hjelmslev assume che le scienze filosofiche concernenti il linguaggio si suddividano in “logica” e “psicologia”.

linguaggio

grammatica

filosofia

logica psicologia

L’approccio grammaticale in quanto tale, dunque, non viene distinto immediatamente rispetto alle due sotto-classi (logica e psicologia), ma rispetto ad un approccio filosofico generalizzato: questo significa che nella prospettiva hjelmsleviana la grammatica linguistica può differenziarsi sia da logica e psicologia prese insieme, come formanti un unico polo entro cui non sia sempre “possibile, né necessario, distinguere nettamente tra ciò che è «logico» da ciò che è «psicologico»” (PGG: 17), sia da entrambe prese singolarmente come discipline rispettivamente autonome.

Evidentemente, pertanto, la stessa distinzione tra logica, psicologia e grammatica non va assunta come partizione rigida e assoluta ma riposa su un ulteriore criterio trasversale che ne permette una più accurata differenziazione: la distinzione tra due “tratti soggiacenti”, il carattere “normativo” e il carattere “descrittivo”, di fatto introdotta già da Wundt per una simile necessità di sistematizzazione e, nel caso dei PGG, utile a differenziare i domini “logico” e “psicologico” tra loro o a congiungerli insieme per opporli a loro volta al dominio grammaticale senza dover escludere a priori la possibilità di reciproche influenze.

Il senso e il vantaggio di una tale mossa teorica è differenziare internamente le discipline poiché normalmente (ovvero: se non si fatto intervenire i criteri adottati in PGG) sarebbe possibile guadagnare uno statuto autonomo per la nuova grammatica scientifica solo sulla base di quelle zone di intersezione che si sono prodotte tradizionalmente tra discipline mal definite tra loro: in altri termini, se il linguaggio è

talmente complesso da aver giustificato storicamente il sorgere di approcci così diversi e se al contrario dev’essere possibile un approccio unitario e “immanente”, ciò significa che la vera e più propria distinzione va ricercata attraverso la tradizionale stratificazione tassonomica delle scienze umane. La (ri)fondazione scientifica non consiste nella selezione di un punto di vista predeterminato e nella sua raffinazione metodologica (cosa che in ogni caso non avviene comunque nei PGG: la scelta induttiva è la scelta “classica” della scienza grammaticale20), ma nell’individuazione dell’estensione

dell’oggetto. Di qui la necessità di scendere al di sotto delle discipline intese nel loro tradizionale statuto autonomo, e ciò si può fare, sembra dire Hjelmslev, anche assumendo una suddivisione disciplinare del tutto classica, visto che di fatto la distinzione tra logica e psicologia “è una delle distinzioni meno importanti per il linguista”: a queste, infatti, se ne possono aggiungere altre senza modificare il criterio fondamentale (sembra che Hjelmslev ammetta una tale possibilità facendo riferimento a Jørgen Jørgensen, 1894 - 196921). Così, in base all’opposizione “descrittività vs. normatività” sarebbe possibile concepire:

1. una logica normativa o “imperativa”,

2. una logica allo stesso tempo “descrittiva e normativa”, 3. una logica “descrittiva”;

la psicologia, dal lato suo, non può mai assumere carattere normativo, dunque si tratterà propriamente sempre di

4. psicologia (descrittiva ed empirica per definizione: esattamente come la logica “descrittiva e normativa” ricade sotto la psicologia, infatti, una psicologia normativa ricadrebbe sotto la logica);

la grammatica invece può presentarsi sotto le stesse forme della logica: 5. grammatica “normativa”,

6. grammatica “descrittiva”.

È bene considerare che tale ricostruzione è nostra: le forme individuate da Hjelmslev non costituiscono “generi” da implementare con un tipo specifico (e ideale) di

20 Cf. PGG: 33; gli altri approcci sono definiti aprioristici, dunque inadeguati. 21

Cf. PGG: 16, N. V: “ci sono però altre discipline filosofiche”. Non è escluso che il riferimento di Hjelmslev fosse, per esempio, all’estetica, disciplina inclusa da Wundt nel novero delle scienze normative.

disciplina, ma semplicemente configurazioni possibili che nella prassi descrittiva si trovano intrecciate. I fatti reali – avverte Hjelmslev – “sono un po’ più complicati” (PGG: 18, n. 37). In ogni caso questa astrazione ha il vantaggio di individuare le linee teoriche che è bene conoscere a priori nel progettare ex novo una teoria, soprattutto se l’intenzione è ricostruirne l’ambito di applicazione fondamentale. In questo caso, dunque, Hjelmslev non sembra concordare con Wundt, per il quale

as the question here is not one of a difference in subject-matter, but simply one of different points of view which can be applied, if need arises, to the same object, it is easy to see that this line of division cannot be drawn in any hard and fast manner (Wundt 1897: 1-2).

Qui Wundt sembra sostenere il carattere puramente relativo di tale suddivisione non inerente all’oggetto ma al punto di vista delle scienze. Per Hjelmslev al contrario si tratta di reperire un criterio che giustifichi proprio la differenza delle discipline rispetto ai loro oggetti. Come vedremo, infatti, la differenza tra “normatività” e “descrittività” non riguarda soltanto l’approccio teorico, ma è in qualche modo imposta dall’oggetto stesso. In questo senso, sarebbe a natura dell’oggetto a decidere il tipo di approccio teorico e a determinarne, in ultima istanza, la differenziazione rispetto ad altri. D’altra parte questo non contraddice affatto l’affermazione di Boer (Boer 1926, cit. in PGG: 17, n.), condivisa e riportata da Hjelmslev, circa la non sempre stringente necessità di distinguere con nettezza il “logico” dal “psicologico” (cf. PGG: 17), anzi: l’opposizione “normativo : descrittivo” sarebbe in grado di distinguere la logica dalla psicologia senza per questo separare reciprocamente le due discipline, in quanto pur sempre fondate sul linguaggio.

Esaminiamo le diverse possibilità previste da Hjelmslev.