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Memoria e automatismo tra Hjelmslev e Delacroix

1. Il panorama linguistico-filosofico dei Principi di Grammatica Generale

1.1. La fondazione di una grammatica “immanente”

1.1.5. Logica, psicologia e grammatica descrittive: il ruolo del “subcosciente”

1.1.5.3. Memoria e automatismo tra Hjelmslev e Delacroix

Quali sono le caratteristiche “positive” che permettono di parlare di fatti linguistici subcoscienti? È possibile reperire un’argomentazione che si collochi “a monte” della mera attestazione di tale carattere? In breve, in che cosa consiste per Hjelmslev il carattere subcosciente dei fatti grammaticali? Una delle rarissime spiegazioni a riguardo ci viene offerta, quasi in sordina, alla nota 47:

È perché il grammatismo è completamente mnemonico, e perché l’azione verbale segue uno sviluppo del tutto automatico, che i fatti grammaticali sono subcoscienti per definizione1.

Hjelmslev si è sbilanciato: non tornerà mai più su possibili determinazioni di “subcosciente”. Di conseguenza, questa citazione rappresenta la chiave per chiarire non solo la nozione di “subcosciente” (che, assieme alla nozione di “soglia di coscienza” costituisce la cosiddetta “meccanica psichica” di scuola herbartiana, cf. Graffi 1991: 29), ma anche il modo con cui il linguista danese l’ha recepita: se da un lato egli mostra di condividere (fin nella terminologia) la teoria di Herbart – mediata da Steinthal – sul gioco delle rappresentazioni all’interno della “meccanica psichica”, ovvero il loro associarsi e il loro disporsi al di sopra o al di sotto della “soglia di coscienza”, dall’altro non manca di marcare la necessità di accogliere questa teoria solo da un punto di vista linguistico, ovvero solo per quanto di comune vi sia tra fatti linguistici e fatti psicologici. Come abbiamo visto, infatti, trascurare gli effetti che questo Grund ha sulle diverse lingue può comportare il rischio di una errata delimitazione di grammatica e logica.

Il carattere subcosciente dei “grammatismi” si compone di due aspetti fondamentali: l’aspetto mnemonico, che si riferisce alla possibilità di richiamare alla coscienza associazioni prestabilite, o, meglio, “sistemi” di rappresentazioni (ivi inclusi naturalmente i contenuti sensoriali e le “immagini fono-acustiche”) depositate “in absentia in una serie mnemonica virtuale”2; e l’aspetto automatico, riguardante il carattere spontaneo con cui il parlante realizza “morfo-sintatticamente” (e dunque anche semanticamente3) un atto linguistico: esempio precipuo – a questo riguardo – è

1 PGG: 21, n. 47; c.vo ns. 2

Saussure, cit. in PGG: 174.

3 È errato sostenere l’assenza dell’aspetto semantico nella dimensione morfo-sintattica: la considerazione

costituito dalla rection, a cui il parlante non può non ricorrere nella pratica linguistica in quanto condizione degli atti di parole, e che per questo viene costantemente “implementata” spontaneamente, senza bisogno di riflessione. Come si vede, nel delineare gli aspetti del carattere mnemonico e automatico del grammatismo, Hjelmslev integra le teorie psicologiche di Herbart e Steinthal con la prospettiva linguistica di Saussure, basandosi su un autore che nel 1924 aveva già compiuto un lavoro di mélange tra psicologia e linguistica: Henri Delacroix, “eminente psicologo”4 il cui merito agli occhi di Hjelmslev consiste soprattutto nell’aver ricondotto la spiegazione sociologica dei fatti linguistici in seno alla loro spiegazione psicologica.

In Le langage et la pensée (1924, 1930) Delacroix compie una dettagliata analisi delle interdipendenze tra psicologia e linguistica5, ribadendo, con Steinthal, la necessità di costruire quest’ultima non su basi logiche ma psicologiche (cf. Delacroix 1930: 36). Questo perché il linguaggio è molto più che un codice fissato arbitrariamente per scopi intellettuali, così come la lingua non è affatto uno “strumento creato in vista dei concetti da esprimere”6

: dando credito alla scuola di Herbart, anche per Delacroix il linguaggio è un “mezzo universale di appercezione” (cf. Id.: 37), un intermediario collocabile kantianamente più a livello di schematismo che di categorie dell’intelletto, il cui prodotto è una rappresentazione condensata, letteralmente “simbolica”, in cui si agitano confusamente una serie di elementi inconsci (cf. Id.: 38). È solo grazie a questo processo di prima rielaborazione di dati eterogenei, provenienti dal pensiero concreto e reale, dalla vita sentimentale, dall’immaginazione, dall’intuizione sensibile, che tali dati diventano oggetto per la coscienza (cf. Id.: 37), ed è per questo che “lo spirito è linguaggio e si costituisce grazie ad esso” (cf. Id.: 38). Insomma, l’obiettivo è dimostrare come la lingua sia uno “strumento spirituale che trasforma il mondo caotico delle sensazioni in un mondo di oggetti e rappresentazioni” (cf. Id.: 126).

Dopo una breve presentazione delle caratteristiche fondamentali del linguaggio in rapporto al pensiero, e dopo un excursus delle “opinioni autorevoli” a riguardo (in particolare Delacroix passa in rassegna le posizioni di Savigny (1834), Steinthal (1855), Van Ginneken (1907), Meillet (1921), Bally (1905, 1913, 1922), Brunot (1922), Wundt

4 PGG: 221.

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“Il n’y a pas de psychologie du langage sans recours à la linguistique […]. D’autre part la linguistique appelle nécessairement une psychologie du langage” (Delacroix 1930: 25-26).

(1904), Ribot (1919), Durkheim e Mauss (1893, 1901, 1912))7, l’autore si concentra su alcuni aspetti psicologici fondamentali del linguaggio (cf. Delacroix 1930, 1, III: 83 – “Les conditions psychologiques du langage” e 3, II: 378 – “Le fonctionnement psychologique du langage”): in particolare sull’associazione, l’analogia, l’automatismo e la memoria, esaminati a partire dei quattro stadi del linguaggio8. Al primo stadio del linguaggio interviene la formazione delle abitudini articolatorie e auditive, ovvero una “prassi” stabilizzata a livello di connessioni cerebrali (cf. Id.: 20); al secondo stadio interviene l’istituzione del legame tra segno e significazione (termini con cui Delacroix traduce rispettivamente il significante ed il significato). L’abitudine stabilisce il nesso, ma l’unione tra segno e significato è ritenuta a livello di memoria. Il terzo stadio è quello proprio del grammatismo, ovvero dell’espressione verbale (gli errori derivanti da false regolarità nelle declinazioni, o la discrasia tra espressione grammaticale e comprensione, cadono secondo Delacroix riguardano questo livello); il quarto livello riguarda la fusione tra pensiero attuale e automatismi intellettuali: “tutto il pensiero verbale mette in opera un sistema di nozioni e di regole del pensiero: un’esperienza, un sapere, un metodo. Ma allo stesso tempo l’espressione si fa […] secondo le oscillazioni del pensiero vivente” (cf. Id: 22). Si raggiunge cioè l’armonioso concorso delle funzioni coscienti, subcoscienti e totalmente automatiche (cf. Head, citato in Delacroix 1930: 23- 24). Soprattutto per i primi livelli, dunque, “Pas d’activité mentale sans automatisme” (Delacroix 1930: 116), ovvero senza abitudini psicologiche consolidate, il cui processo di formazione può seguire due modalità: da un lato vi è un procedimento di apprendimento puramente meccanico, caratterizzato dalla ripetizione, dall’eliminazione degli atti inutili, dalla sistematizzazione delle fasi dell’azione, avente come risultato la costruzione di una sorta di pacchetto algoritmico chiuso; ma dall’altro lato, la formazione può anche includere l’intervento dell’intelligenza (intesa come “discernimento e scelta”), concepito come condizionamento del sistema delle abitudini consolidate in vista dell’elaborazione di nuove abitudini. Ma la proporzione tra “costrizione” automatica9

e libertà intelligente è la stessa che nel caso dell’associazione:

7 Vale la pena di notare che la bibliografia di Delacroix include anche, tra gli altri, Boas (1910, 1911,

1922), Claparède (1922), Flournoy (1900), Jespersen (1922), Lévy-Bruhl (1910), Sapir (1921), Whitney (1880).

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Non ci risulta che Delacroix specifichi se per stadi si intendano fasi diacroniche o livelli sincronici, ed è possibile che l’autore li concepisca come al contempo sincronici e diacronici: lo sviluppo cognitivo (diacronico) seguirebbe cioè la stratificazione (sincronica) delle funzioni psichiche.

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Non ci si lasci ingannare dal termine: per costrizione si ripropongono le stesse considerazioni valide nel caso del rifiuto della normatività “convenzionalista”, rincarate dalla critica esplicita al carattere “obbligatorio” della vita sociale professato dalla scuola di Durkheim (cf. Delacroix 1930: 65, 112 e sgg.).

chi pensa per associazione, infatti, non pensa ancora; anche quando la serie associativa può sembrare ragionevole, anche quando cioè il corso delle associazioni – per quanto non rientri nell’ambito dell’abitudine – è retto da rapporti logici, è sempre prima automatico. L’associazione, dunque, è condizione per il ragionamento senza avere in sé nulla di ragionato.

Al § 2, del III libro, lo psicologo francese scende nel particolare, intrecciando tra loro automatismo, memoria e associazione. L’intera organizzazione linguistica riposa su un sistema di automatismi che vengono innescati dall’atto e che al contempo lo costituiscono: un campo di forze (di rapporti) in grado di dare forma a ciò che si intende esprimere10. Questo campo di forze virtuale costituisce per così dire il patrimonio formativo sovra-individuale che viene evocato dall’atto esecutivo, ma che al contempo quest’atto stesso ricrea. L’idea della creazione continua del linguaggio è feconda ed esplicitamente adottata dallo psicologo francese:

La langue est le bien commun de la communauté linguistique. Mais elle n’a qu’une existence virtuelle, en dehors de chacun des consciences. Dire qu’elle est le bien commun, c’est dire seulement que tous la parlent. Elle ne prend vie que par la formulation verbale. Elle n’existe que virtuellement jusqu’au moment où elle s’actualise dans le parler. Elle ne s’actualise du reste dans le parler que parce qu’après avoir pénétré dans l’esprit de chacun elle y subsiste comme un système prêt à servir et tout monté. Elle ne se borne pas à se conserver dans le consciences individuelles. Elle s’y crée à nouveau, elle s’y modifie. L’existence d’une langue est une création continuée (Delacroix 1930: 11).

Ecco in che senso per Hjelmslev i fatti subcoscienti sono causa e conseguenza degli atti di coscienza: tale rapporto dialettico deriva dal gioco di automatismi che interviene nell’esecuzione di un qualsiasi atto grammaticale, che al contempo ne suggella il funzionamento e ha la possibilità di instaurarne di nuovi. Ma fintantoché si rimane a livello di esecuzione individuale, “gli automatismi verbali preesistono sempre al pensiero e si presentano al primo segno della sua utilizzazione, vi si impongono e lo eccedono” (cf. Id.: 414). Delacroix riprende qui la suddivisione nei quattro stadi

10 Nell’esempio di Delacroix, un sentimento può essere espresso da un canto, il quale a sua volta si fonda

su un sistema di suoni fissi e determinati, costituiti dagli elementi e dalle leggi del linguaggio musicale, come il ritmo, l’armonia, il timbro. Ciò significa che le note non sono percepite di per se stesse ma sulla base dei loro rapporti qualitativi reciproci (cf. Delacroix 1930: 390).

“genetici” del linguaggio, per mostrare quale tipo di automatismo intervenga in ognuno di essi:

1° tipo di automatismo: il materiale del linguaggio viene organizzato in figure motrici; si ha la formazione di abitudini articolatorie e auditive. Probabilmente per Hjelmslev questo non basterebbe: anche il materiale del contenuto (le idee psicologiche pure, le nozioni) potrebbe subire un’identica figuralizzazione (per esempio: particolari concrezioni emotive o immagini sensoriali, definite solo in modo vago e confuso dal punto di vista del pensiero concettuale). In fondo, abbiamo visto come per il linguista danese sia l’aspetto fonico che l’aspetto concettuale possano essere subcoscienti; si passa dunque al

2° tipo di automatismo: le figure si riempiono di significazione; la ripetizione fissa la funzione denotativa, in modo che si produce l’economia del pensiero, poiché diviene possibile, nel processo verbale stesso, “l’oblio del corso reale delle nozioni” (cf. Id.: 382); l’oggetto o il prodotto di questo II tipo di automatismo, dunque, è l’associazione mnesica tra significazione e segno (o tra significato e significante), al contempo “irrazionalmente”11

arbitraria dal punto di vista del referente e della singola associazione significante-significato, ma motivata dal punto di vista del sistema associativo costituitosi: d’altra parte “cette logique apparente est encore mémoire, car il faut tenire la clef du système d’abord, et ensuite entre les formes possibile quelques- unes seulement sont usités, et les fonctions sont loins de s’ajuster exactement sur les formes […]” (Id.: 383);

3° tipo di automatismo: laconicamente, Delacroix afferma che esso interviene “pour l’expression des relations” (Id.: 385); la nozione di “relazione” è probabilmente intendibile in termini di dipendenze morfosintattiche, ed è questo il punto infatti in cui si registra la maggior vicinanza tra Hjelmslev e lo psicologo francese, che subito dopo afferma: “le grammatisme est tout entier mémoire, ou […] logique basée sur la mémoire. C’est par mémoire et habitude que les formes se groupent dans l’esprit et que s’établit la valeur significative des morphèmes” (Id.: 385; c.vo ns.). Ciò sembra concordare con la concezione hjelmsleviana dei contenuti di coscienza specificamente linguistici, i segni propriamente detti: si tratta di immagini di idee, ovvero di “rappresentazioni di rappresentazioni” (Anschauungen der Anschauungen, secondo quanto già sostenuto da Steinthal, a cui il linguista danese si richiama esplicitamente: cf.

PGG: 22, n. 51) in quanto la forma grammaticale organizza tra loro due “masse amorfe”, infatti “la pensée qui sans la langue n’est qu’une nébuleuse; la matière sonore, inespressive si la pensée ne la découpe point, ne l’informe point. La langue est précisément la liaison du signe e du signifiant” (Delacroix 1930: 54). I morfemi sono frutto di una rappresentazione coordinata à double face;

4° tipo di automatismo: si tratta delle abitudini intellettuali o degli effetti degli atti di giudizi, convinzioni, opinioni pregresse, anteriori all’atto presente ma che ne costituiscono per così dire lo sfondo e che possono orientarne la comprensione; anche in questo caso, è la memoria a costituire la funzione chiave, come deposito di “risultati già sperimentati” nell’esperienza del soggetto.

I tratti comuni di tutti i tipi di automatismo qui presentati, inerenti cioè al meccanismo psicologico del linguaggio, sono i seguenti:

1. il loro istituirsi tramite ripetizione, dunque mimeticamente, come habitus pratico; 2. il fatto che essi costituiscano dei depositi mnestici, attingibili spontaneamente in virtù del loro

3. disporsi in serie associative, tali per cui l’appercezione di una parte (di un elemento precedente) ne evoca o innesca un’altra (un elemento conseguente) come in una totalità12.

Tali sono dunque le caratteristiche dell’attività subcosciente per Delacroix. Vale la pena di ricordare che queste caratteristiche riguardano la costituzione cognitiva generale della mente umana: ciò dovrebbe garantire la possibilità di una psicologia collettiva in grado di comprendere tanto l’aspetto individuale dell’esecuzione dell’atto linguistico, tanto il carattere sovraindividuale del sistema grammaticale.

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“Tous nos actes habituels sont de longues chaînes de mouvements, donc chacun fournit au suivant son stimulant, conscient ou non” (Delacroix 1930: 380); si noti che Delacroix parla qui delle immagini motorie, ma il discorso può essere fatto valere anche per le immagini verbali.

1.1.5.4. Il subcosciente grammaticale: la dimensione collettiva tra psicologia e