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La “psicologia grammaticale” e il suo metodo

1. Il panorama linguistico-filosofico dei Principi di Grammatica Generale

1.1. La fondazione di una grammatica “immanente”

1.1.7. La “psicologia grammaticale” e il suo metodo

Alla necessità di una distinzione di metodo tra psicologia e grammatica Hjelmslev arriva solo dopo aver chiarito la loro affinità reciproca che “dipende dall’oggetto stesso delle discipline in questione” (PGG: 21). Nel momento in cui si pone come obiettivo ultimo la descrizione del linguaggio, la scienza linguistica non può trascurarne la natura di facoltà cognitiva propria della mente umana, rispetto alla quale le lingue sono al contempo prodotti concreti ed estensioni collettive: una parte delle operazioni del pensiero viene via via storicamente selezionata e sviluppata in relazione alle diverse circostanze (ne consegue che le cosiddette “mentalità”, le “civiltà” sono semplici contesti occasionanti), sebbene l’unitarietà del linguaggio riposi sulla natura umana in

19 Ciò equivale all’affermazione del carattere a-specifico della lingua storico-naturale e, dunque, la

quanto tale. Dal canto suo, la psicologia opera costantemente con contenuti la cui verifica è possibile solamente attraverso i fatti linguistici stessi, nonostante essa sia poi libera di non indagarne l’aspetto squisitamente segnico. Ma nel momento stesso in cui Hjelmslev mostra la necessità di concepire la grammatica sulla base della psicologia, egli reclama la priorità del punto di vista grammaticale anche in considerazione degli aspetti puramente psicologici, come a dire che pur rimanendo di natura psicologica, i fatti linguistici non sono riducibili al loro substrato cognitivo e che viceversa i fatti del pensiero sono accessibili alla conoscenza scientifica solo seguendo un metodo “oggettivo”. Richiamandosi in particolare agli studi del neurologo russo V.M. Bechterev, (Objektive Psychologie, Leipzig 1910, successivamente intitolata Riflessologia) formatosi alle suole di Charcot e Wundt, Hjelmslev distingue due modalità di sistematizzazione dei fatti psichici: il metodo “diretto” e “indiretto”.

Il metodo diretto è proprio della psicologia pura ed ha, secondo Hjelmslev, l’inconveniente di essere soggettivo e, per certi versi, affine al lirismo, donde il suo valore scientifico minimo (cf. PGG: 36):

Gli unici fatti psichici che possono essere osservati con certezza con il metodo diretto sono i fatti che si trovano entro i limiti dell’individuo stesso che li osserva. Comporre un trattato di psicologia diretta significa semplicemente descrivere e classificare i fatti della propria psicologia. Osservare direttamente ciò che si trova nella psicologia altrui è cosa impossibile. In tal modo non esiste che una sola coscienza che possa costituire l’oggetto della descrizione: è la coscienza stessa che descrive. Il dominio delle ricerche […] comprende un solo individuo, l’autore stesso. In psicologia, il metodo diretto è inevitabilmente un metodo introspettivo. Non solo le altre scienze, come la grammatica, possono utilizzare solamente fatti oggettivi, ma i risultati che il metodo diretto ammette saranno sempre molto imprecisi (ibid.).

I motivi addotti sono due: innanzitutto, solo tramite l’associazione segnica è possibile ricostruire il significato di un fenomeno ritenuto significante, in quanto solo l’intervento del segno permette l’organizzazione reciproca delle due masse amorfe coinvolte in questo processo20; secondariamente, l’analisi che il soggetto compie su di sé non può per definizione che limitarsi ai fatti di cui il soggetto stesso ha coscienza. In quanto subcosciente, il grammatismo (inteso come articolazione “morfologica” riflessa

dall’immagine verbale) rimarrebbe secondo Hjelmslev sostanzialmente indisponibile a questo tipo di analisi. L’influenza decisiva della neuropsicologia di Bechterev, alla base della psicologia gestaltica a cui Hjelmslev stesso si sarebbe riferito anni più tardi21, risulta qui determinante; in particolare la presenza di una sorta di “behaviourismo fisicalista”, che tuttavia nasce con i PGG e ivi rimane in fase germinale, fa sì che il linguista danese non esiti affatto ad assegnare la grammatica al tipo di psicologia che si fonda invece sul metodo indiretto: la psicofisiologia:

La psicologia indiretta si chiama comunemente psicofisiologia. Secondo i diversi tipi di fatti psichici e dei modi in cui essi si rivelano, la psicofisiologia può costituirsi sotto aspetti differenti. Uno degli aspetti essenziali della psicofisiologia sarà la linguistica e, più particolarmente, la grammatica (PGG: 37)22.

Il metodo indiretto si fonda sulla possibilità di cogliere ciò che risulta immediatamente tangibile nei fatti psichici, ovvero “i riflessi esteriori di questi fatti […]. Tali riflessi sono più precisamente le espressioni del pensiero e dell’emozione. Non è possibile studiare, in modo strettamente scientifico, il contenuto della coscienza umana se non studiando la forma d’espressione della coscienza” (ibid.), senza tentare dunque di penetrare di colpo a livello del significato: procedendo in questo modo infatti si giungerebbe quantomeno solo a cogliere insiemi di idee psicologiche particolari che non collimano con i fatti linguistici. “Inoltre, solo così è possibile cogliere i fatti subcoscienti. […] Stabilito questo, gli studi linguistici sono essi stessi gli unici che permettono di studiare in modo efficace i fatti della psicologia, compresi quelli della logica descrittiva” (ibid.). Dunque, all’interno dell’alveo delle discipline descrittive, il cui compito è indagare e individuare le leggi psicologiche generali del funzionamento del pensiero (la “logica descrittiva”) e del linguaggio (la neonata “grammatica generale”), la grammatica occupa una posizione autonoma e privilegiata: è tramite il

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Ricordiamo che il rifiuto degli psicologismi da parte di Hjelmslev è una diretta conseguenza dell’immanenza, non del fatto che la teoria linguistica (glossematica) sconfessi tali risultati. In linea di principio gli aspetti psicologici rimangono compatibili con la teoria linguistica, sebbene debba essere quest’ultima a mostrare le modalità di tale compatibilità.

22 Si noti che alla n. 120 (PGG: 37) Hjelmslev critica Trombetti per aver sostenuto che il grammatismo ecceda il problema psicofisiologico.

linguaggio, infatti, che le reazioni riflesse, mentali e perfino fisiologiche23 trovano espressione.

Eppure, descrivere la formazione segnica non è descrivere un contenuto di coscienza tout court; il metodo della grammatica, infatti, deve poter tener conto dell’essenziale asimmetria del segno e del fatto che l’oggetto della considerazione non è affatto l’idea psicologica ma la forma, ovvero l’idea grammaticale: nel segno, le due istanze dell’indisponibilità immediata del significato e della tangibilità del significante, sono compresenti e devono poter essere accolte entrambe:

Mantenute le distinzioni tra forma e aspetto fonico, da un lato, e tra forma e significato, dall’altro, si è considerata la forma come parte integrante del significante. Ma, d’altronde, è evidente che né la forma né il significato possono essere individuati solo attraverso la funzione intermediaria del fonema. È nota la differenza fondamentale esistente tra significato e concetto, e che il significato, per opposizione al concetto, esiste solo per mezzo del significante. È possibile accedere al significato solo attraverso un metodo indiretto e psicofisiologico. Alla forma, da parte sua, si può accedere solo mediante l’aspetto fonico. Un elemento grammaticale esiste solo grazie al fonema o ai fonemi che lo esprimono. […] Le considerazioni che abbiamo fatto ci permettono di concepire con esattezza una condizione indispensabile affinché questo lavoro risulti possibile: l’aspetto fonico deve permetterci, per la sua stessa struttura, di arrivare a cogliere la forma. Una grammatica indipendente dalla psicologia sarà possibile solo nella misura in cui la forma può essere trovata mediante la considerazione dei fonemi – e solo mediante questa considerazione […] (PGG: 122-123).

Il metodo indiretto, l’unico scientificamente ammissibile per le discipline descrittive, deve pertanto potersi declinare in una versione particolare adatta alla considerazione grammaticale, il cui fine consiste nel raggiungere il significato coniugandolo al contempo al significante (un doppio requisito che la psicologia può permettersi di ignorare: “Mentre lo psicologo, in quanto tale, può disinteressarsi totalmente dell’espressione e della forma, sono proprio l’espressione e la forma ad essere i fattori essenziali e determinanti per il grammatico”, PGG: 23). L’accorgimento metodologico

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Il riferimento a Bechterev è illuminante a riguardo: lo studio dell’arco riflesso, che egli compì parallelamente e indipendentemente rispetto a Pavlov, riguarda infatti proprio quelle associazioni che si stabiliscono nell’individuo a livello di architettura neurale.

proposto da Hjelmslev consisterà nella proposizione di un vero e proprio “protocollo descrittivo”:

1°. Non bisogna separare l’espressione dal significato;

2°. Non bisogna prendere il significato come punto di partenza per cercare in

seguito l’espressione che gli corrisponde.

[…] Esiste dunque, secondo noi, un solo procedimento grammaticale possibile: studiare il rapporto tra l’espressione e il significato, partendo dall’espressione per arrivare al significato. È questo l’unico fine della grammatica scientifica (PGG: 70- 71, ma cf. anche PGG: 74).

Rispettando questi accorgimenti, la grammatica si rende autonoma rispetto alla psicologia, pur mantenendola come suo Grund necessario: un metodo così riformulato garantisce alla scienza linguistica il titolo di “psicologia grammaticale”. In questa prospettiva, una realtà psicologica qualsiasi “può divenire oggetto della scienza solo nel momento in cui è oggettivamente accessibile: la realtà psicologica deve essere collettiva; finché rimane individuale non potrà essere provata e sarà sempre sottoposta a discussioni soggettive e vane” (PGG: 144). Vale la pena di notare che la nozione di “collettivo” non va intesa nel senso di “fenomeno sociale”: perché un dato psicologico possa rientrare nella pertinenza dell’indagine linguistica esso deve poter appartenere al substrato cognitivo comune a tutti gli individui, ovvero dev’essere generalizzabile. Ma la generalizzazione è possibile solo in presenza di dati accessibili: ciò significa che il dato psicologico dev’essere anche espresso. In quanto segno, ovvero valore espresso, l’idea linguistica è sottoposta alle leggi della sua propria morfogenesi: ciò fa sì che, ad esempio, “il termine uirtus vert[a] su un’idea (linguistica) che implica o evoca la nozione di uir, mentre l’idea pura di “virtù” è spogliata di questa associazione necessaria” (PGG: 23, cit. Sainéan 1891: 40). In questo caso, infatti, l’associazione tra uirtus e uir è determinata da dipendenze (morfologiche) di tipo derivativo; lo stesso invece non si può dire della serie associativa “carbone grafite ebano negro notte inchiostro, ecc.” (PGG: 24), che costituisce esclusivamente una categoria semantica, puramente psicologica. Le categorie grammaticali indagate dalla linguistica, pertanto, cessano di costituire alcunché di genericamente psicologico, guadagnando un valore specificamente linguistico: le idee linguistiche condividono con le idee psicologiche il fatto di essere eterogenee e affatto rispondenti a criteri logico-razionali (puramente intellettuali); tuttavia, rispetto alle idee psicologiche, esse sono il prodotto di

procedimenti formativi autonomi che possono essere osservati direttamente pur rimanendo subcoscienti (non evidenti dal punto di vista di una loro esplicazione metalinguistica). Per Hjelmslev, dunque, la lingua è un sistema tale da non richiedere che i suoi “utenti”, la massa dei soggetti parlanti che lo attualizzano, ne conoscano (completamente e perfettamente) il funzionamento: come per l’incantesimo dell’Apprendista Stregone della nota ballata di Goethe, la lingua, una volta istituita, assume vita propria.