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Dopo aver analizzato le strategie linguistiche di dieci annunci pubblicitari a

stampa e di dieci annunci online, appartenenti al settore della cosmesi, ho potuto

osservare una vera e propria convergenza fra gli annunci cartacei, estrapolati da

alcuni celebri rotocalchi, e le pubblicità reperibili nei siti web delle aziende.

Ho riscontrato, infatti, che in otto dei dieci annunci a stampa compare il richiamo

al sito web dell’azienda, grazie al quale la consumatrice potrà informarsi

maggiormente sul prodotto promosso, che talvolta viene delineato in modo

approssimativo nell’annuncio cartaceo per motivi di spazio e di economia

linguistica. In tal senso fanno eccezione però l’annuncio promuovente la linea per

capelli Lisci Effetto Seta di Pantene e quello della marca Clinique dedicato agli

smalti Different Nail Enamel. Questo risulta abbastanza inconsueto data

l’efficacia a livello persuasivo del mezzo Internet, che, come abbiamo già

osservato, risulta accessibile da un pubblico più ampio e in maniera immediata.

Questa congettura è confermata dal fatto che la quasi totalità dei pubblicitari che

hanno ideato gli annunci a stampa da me presi in esame hanno reputato il

richiamo al mezzo Web indispensabile, sia per maggiore completezza informativa,

sia per mostrare attenzione e premura nei confronti della clientela, sia per

dimostrare che la ditta cosmetica a cui fanno capo è al passo coi tempi e, di

conseguenza, con i nuovi mezzi di comunicazione.

Per quanto concerne il richiamo ai social network soltanto tre annunci a stampa su

dieci presentano l’invito rivolto alle lettrici a “seguirli” su quelli più diffusi. La

marca Pupa, in maniera totalmente anomala, fa riferimento alla maggior parte dei

social network adoperati in Italia e anche a Pinterest, poco conosciuto rispetto agli

altri citati. Le altre due marche, la Vichy e la Estee Lauder, invece, presentano il

richiamo unicamente a Facebook, il social network con maggiori utenti in Italia.

Questo testimonia l’interesse di queste aziende nei confronti di queste forme

pubblicitarie ancora agli albori in Italia. I social network, infatti, sono mezzi

molto efficaci per promuovere un’azienda e i suoi prodotti, poiché è l’utente che

cliccando la casella “mi piace” si dimostra interessato a tutto ciò che riguarda la

marca e a voler essere sempre aggiornato sulle novità messe sul mercato da

quest’ultima.

Le particolarità iconiche e linguistiche di questi dieci annunci pubblicitari

vengono riproposte in entrambi i mezzi di comunicazione, anche se Internet

consente una maggiore ricercatezza, dati i bassi costi e la notevole presenza di

spazio assente negli annunci a stampa, il cui senso ultimo deve essere veicolato da

una o due pagine al massimo. Sappiamo, infatti, che le inserzioni sulle riviste più

quotate dal pubblico femminile sono sicuramente meno economiche di quelle

inseribili sul Web, tanto che ciascuna azienda cerca di ritagliarsi uno spazio

online, anche attraverso la creazione di un sito web totalmente dedicato alla ditta

cosmetica, nel quale talvolta è possibile, per la clientela, acquistare i prodotti o

semplicemente approfondirne le peculiarità.

Gli annunci da me analizzati sono tratti da riviste di fascia medio-alta, come ad

esempio Marie Claire o Amica, e indirizzate principalmente a un target femminile

che desidera essere informato sulle ultime tendenze riguardanti la moda e il

settore cosmetico.

Dalla mia analisi ho potuto evincere l’importanza della componente iconica negli

annunci a stampa e della componente verbale in quelli online. In quest’ultimi la

descrizione del prodotto, notevolmente dettagliata, è sempre accompagnata dall’

immagine della sua confezione, piuttosto che da testimonial di bellezza come

nella maggior parte degli annunci a stampa. In questi ultimi ho potuto rilevare la

presenza di una testimonial in otto annunci su dieci, mentre i restanti due,

promuoventi il mascara Sisley e gli smalti Clinique, si limitano a rappresentare in

primo piano, al centro dell’annuncio, il prodotto reclamizzato.

Occorre notare, inoltre, la presenza di testimonial d’eccezione in tre dei dieci

annunci. Tutte le testimonial sono donne di successo, del cinema, della moda o

semplicemente della televisione. La marca attesta la sua importanza e la fama

raggiunta servendosi di testimoni di spessore. I restanti cinque annunci

pubblicitari utilizzano, invece, come testimonial modelle affascinanti ma per lo

più sconosciute al grande pubblico. L’utente comprerà il prodotto sperando di

eguagliare la bellezza di queste donne, così come viene mostrata nella fotografia

facente parte dell’annuncio pubblicitario. Il personaggio famoso, invece, conferma

che la sua bellezza in parte deriva dal prodotto. Questo suggerisce all’acquirente

che per diventare una donna famosa e affermata occorre semplicemente comprare

quel cosmetico.

Le marche che si servono di personaggi di successo, molto famose all’estero, sono

la Yves Saint Laurent, la Pantene e la Lancome. I due brand parigini hanno

utilizzato testimonial di fama internazionale, mentre la Pantene, nonostante il

successo raggiunto all’estero, si serve della showgirl italiana Elisabetta Canalis,

divenuta celebre da qualche anno anche all’estero grazie alla love story, ormai

conclusasi, con l’attore di successo George Clooney.

La presenza di Elisabetta Canalis conferisce prestigio ai prodotti Pantene,

marcandone implicitamente la provenienza italiana, da sempre sinonimo di qualità

in tutto il mondo.

Per quanto concerne l’aspetto linguistico possiamo notare che la maggioranza dei

nomi dei cosmetici promossi è in lingua inglese. Soltanto la marca Pantene,

probabilmente data la sua provenienza, utilizza l’espressione “Lisci Effetto Seta”

per denominare la linea di prodotti per capelli menzionata nella pubblicità presa in

esame. La scelta di un nome di provenienza inglese per il cosmetico tende a

elevarlo, favorendo la sua diffusione a livello globale. È, però, abbastanza

scontato l’utilizzo di questa lingua da parte delle marche statunitensi per

denominare i loro prodotti, come possiamo osservare nella totalità dei casi

analizzati.

Ciò che stupisce maggiormente è che persino le case cosmetiche di origine

italiana come la Biopoint e la Pupa abbiano scelto di conferire un nome inglese

alla merce da loro promossa. Il caso della Biopoint è, però, abbastanza anomalo

rispetto agli altri esaminati, in quanto è l’unica marca a ricorrere a un neologismo

per denominare una linea di prodotti di sua appartenenza. L’azienda italiana,

infatti, utilizza uno pseudoanglicismo “liss”, da lei coniato e accostato a un verbo

di provenienza realmente inglese “control”, per denominare una linea di prodotti

per capelli volta a renderli lisci e “controllati”. La scelta della Biopoint non è

sicuramente dettata dalla volontà di stupire il pubblico o di essere originale,

creando un nome non banale, ma l’uso del termine “liss” è semplicemente un

richiamo inesatto all’effetto generato dai prodotti Biopoint sui capelli, facendo

ricorso a un’espressione apparentemente inglese, che però per assonanza richiama

il termine italiano corrispondente: “liscio”.

Come abbiamo visto, quindi, i nomi scelti dai brand per definire i loro prodotti

sono nella maggior parte dei casi in inglese e possono far riferimento o all’effetto

scaturito dall’uso del prodotto o, come possiamo osservare in uno degli annunci

esaminati, a come si può sentire la donna a seguito dell’applicazione del

cosmetico promosso. Ciò avviene nel caso del mascara della Yves Saint Laurent,

che, come un capo di lingerie sexy, rende seducenti coloro che lo indossano.

Questa interpretazione si può evincere facilmente a partire dal nome del

cosmetico: “baby doll”.

L’importanza della casa cosmetica si nota anche in relazione alla componente

iconografica della pubblicità, che come abbiamo visto, sarà in grado di conferire

maggiore prestigio a coloro che decideranno di affidare il successo dei loro

prodotti a volti conosciuti del mondo dello spettacolo piuttosto che a semplici

modelle dall’aspetto bellissimo.

Un altro elemento che può nobilitare la marca è la menzione della sua

provenienza, che in alcuni casi è parte integrante del suo “trademark” come per la

Lancome e la Sisley, nel quale le due case cosmetiche esplicitano in modo palese

il loro legame con la città di Parigi. È da notare come soltanto le marche che

hanno origini francesi facciano riferimento a Parigi, proprio attraverso il nome

“Paris”, utilizzato a livello internazionale per denominare la città francese. Ciò è

dovuto al fatto che quest’ultima rappresenta comunemente il centro mondiale

della bellezza, sede delle migliori case cosmetiche. In poche parole coloro che

indicheranno il legame con Parigi indirettamente potranno affermare, dinanzi al

pubblico, di far parte delle più rinomate case cosmetiche.

Passando alla parte più strettamente linguistica possiamo osservare come il

linguaggio del settore pubblicitario della cosmesi rispecchi totalmente quella

fisionomia del linguaggio della pubblicità in generale messa in luce dai linguisti

fin dalla sua nascita. Alcune strategie linguistiche sono sicuramente andate

scomparendo, mentre altre stanno prendono sempre più piede in questo linguaggio

settoriale, prima fra tutte l’influenza dell’inglese. Quest’ultima, considerata la

lingua della comunicazione per eccellenza, si sostituisce in alcuni casi alla lingua

italiana all’interno dello slogan, come nel caso dell’annuncio della Pupa, nel quale

viene promosso il rossetto Miss Pupa come “the chic lipstick”. Lo slogan deve

attirare l’attenzione della lettrice ed essere semplice allo stesso tempo. La scelta

dell’inglese talvolta può pregiudicare la comprensione dell’annuncio, anche se,

come abbiamo visto, lo slogan proposto da Pupa contiene anglicismi molto

conosciuti.

Per quanto concerne lo slogan degli annunci pubblicitari, punto di partenza per la

mia indagine, oltre alle accortezze grafiche che lo rendono uno dei protagonisti

dell’annuncio pubblicitario, possiamo osservare a livello sintattico sia negli

annunci online che in quelli a stampa l’uso di frasi nominali prive di sintagma

verbale. Per osservare questo basta pensare allo slogan del mascara di Yves Saint

Lauren, caratterizzato soltanto dall’accostamento di avverbi e aggettivi:

“Irresistibilmente audace. Terribilmente preciso”.

L’ellissi delle forme verbali è in linea con la necessità di concisione, caratteristica

fondante di questo linguaggio settoriale.

L’assenza di verbi viene, però, compensata dall’uso considerevole di sostantivi,

aggettivi e avverbi, come è osservabile dal grafico riportato più avanti, nel quale

ho preso in esame soltanto gli slogan pubblicitari degli annunci a stampa, al fine

di mostrare con dati oggettivi questa tendenza sempre più pressante nel linguaggio

pubblicitario.

Frequenza delle principali categorie morfologiche negli slogan

degli annunci pubblicitari a stampa

Sostantivi 44% Verbi 12% Avverbi 9% Aggettivi 35% Verbi Sostantivi Aggettivi Avverbi

In “appendice” è possibile osservare, nella loro totalità, i lessemi a cui fanno

riferimento i cinque grafici che ho proposto in questa parte conclusiva della mia trattazione. Ho, inoltre, raggruppato i vocaboli in tabelle, due per ciascun grafico, al fine di evidenziare quali dati ho preso in considerazione per ottenere le percentuali riportate.

Osservando il grafico possiamo notare che, come avevo postulato

precedentemente, su una totalità di dieci annunci a stampa la maggior parte degli

slogan pubblicitari è caratterizzata da sostantivi e aggettivi, talvolta accompagnati

da un avverbio.

Gli slogan presi in esami sono costituiti da un 44% di sostantivi, da un 35% di

aggettivi, da un 12% di verbi e da un 9% di avverbi.

Nella maggior parte dei casi esaminati il sintagma verbale viene omesso, poiché

considerato accessorio per la comprensione finale dell’annuncio. Il grafico

conferma che il linguaggio pubblicitario, soprattutto quello che contraddistingue

lo slogan, è di carattere nominale. Abbiamo visto, grazie anche al grafico

riportato, come senza i sostantivi il linguaggio della pubblicità non possa esistere,

in quanto è lo stile nominale quello che maggiormente riesce a designare l’atto

comunicativo pubblicitario. Le frasi nominali sono, infatti, il risultato della

condensazione linguistica, che porta alla creazione di uno stile rapido e semplice.

La funzione principale esercitata dallo stile nominale, come abbiamo visto, è

quella di enfatizzare il nome della marca. Proprio per questo tali costrutti,

riscontrabili in ogni sezione del testo pubblicitario, sono più ricorrenti nello

slogan, nel quale il nome della marca assume il ruolo di protagonista.

Il costrutto verbale ha ormai perso la sua importanza non soltanto nel linguaggio

della pubblicità, ma anche in altre forme di comunicazione similari come ad

esempio nel linguaggio delle chat o degli SMS, nei quali l’atto comunicativo è

pregiudicato dalla necessità di condensazione del testo.

Gli annunci analizzati dimostrano che i prefissi elativi, considerati dallo studio di

Bruno Migliorini molto produttivi, adesso sono in fase di declino. All’interno

degli annunci a stampa da me analizzati tali prefissi compaiono soltanto in due

casi, mentre negli annunci online la loro presenza aumenta, in relazione anche alla

maggiore consistenza della componente verbale su quelle iconica. Possiamo

incontrare ben quattro occorrenze del prefisso elativo “ultra” e due del prefisso

“super”, un tempo molto accreditato. Questo testimonia l’usura di “super”,

considerato al giorno d’oggi poco persuasivo, poiché ampiamente adoperato nella

pubblicità degli albori, come testimoniato dallo stesso Bruno Migliorini.

L’uso del prefisso intensivo “ultra” viene preferito a “super”, poiché, da sempre

utilizzato in misura minore, riesce ancora a persuadere la clientela connotando di

qualità superlativa l’oggetto pubblicizzato.

Quindi l’uso di prefissi intensivi di origine latina per creare il grado superlativo

assoluto dell’aggettivo è in calo.

Dall’analisi ho, inoltre, potuto riscontrare la preferenza da parte dei pubblicitari

per gli avverbi di modo che terminano in –mente, con lo scopo di intensificare al

massimo l’azione espressa dal verbo. La frequenza di questi avverbi è in crescita,

tanto che stanno iniziando a occupare quel posto di rilievo che un tempo spettava

ai prefissi elativi.

Gli avverbi riscontrati negli annunci relativi al mondo della cosmesi da me

analizzati sono sempre connessi a due ambiti precisi: l’istantaneità del prodotto

nel migliorare l’aspetto di colei che lo utilizza, esplicitata attraverso espressioni

come “all’istante”, “ora” etc. e, infine, la perfezione che il cosmetico è in grado di

mettere a punto in relazione all’inestetismo per il quale viene creato.

Ad esempio soltanto nell’annuncio a stampa volto a promuovere il mascara baby

doll di Yves Saint Laurent compaiono tre avverbi di modo, terminanti in –mente,

a testimoniare la considerevole diffusione di tale categoria morfologica nel

linguaggio pubblicitario.

A livello verbale la quasi totalità degli annunci da me analizzati presenta la forma

imperativa alla seconda persona singolare. Più che un ordine l’annuncio sembra

fornire un consiglio disinteressato alla potenziale acquirente che ne potrà

verificare l’esattezza a seguito del risultato ottenuto. Sono frequenti, inoltre,

forme verbali come “valorizza” e “acquista”.

In una minoranza degli annunci compare la terza persona singolare del verbo,

utilizzata con la finalità di descrivere le capacità del prodotto. Gli annunci di

questo tipo sono di carattere maggiormente informativo, in quanto si persuade la

clientela attraverso la descrizione delle capacità del prodotto piuttosto che

attraverso forme imperative, che talvolta potrebbero disturbare l’acquirente poiché

troppo pressato all’acquisto dell’oggetto promosso.

Negli annunci pubblicitari del settore cosmetico viene fatto un uso non

convenzionale della punteggiatura, soprattutto negli slogan. Molto spesso è la

virgola a sostituire le forme verbali e le congiunzioni. È presente, inoltre, una

punteggiatura di carattere enfatico per mettere in risalto gli elementi più rilevanti

del testo pubblicitario.

La struttura delle proposizioni è fortemente paratattica e, inoltre, viene utilizzata

molto spesso l’elencazione per catalogare le componenti o le qualità essenziali del

prodotto, come possiamo osservare concretamente nell’annuncio a stampa del

mascara Sisley, nel quale si fa ricorso a un vero e proprio elenco puntato.

La forma dell’elencazione è più frequente negli annunci online in relazione alla

necessità di veicolare un numero molto elevato di informazioni sul prodotto.

Frequentemente la virgola e il punto fermo sostituiscono negli slogan la

congiunzione coordinante e. In questo modo il concetto può essere espresso

stringatamente, risultando facilmente memorizzabile data la messa in evidenza

grazie al punto fermo, basti pensare, per citare un esempio concreto, allo slogan

dell’annuncio del mascara Yves Saint Laurent: “Irresistibilmente audace.

Terribilmente preciso”, dove la congiunzione coordinante e viene sostituita da un

punto fermo.

Ho potuto osservare, inoltre, l’incidenza sempre maggiore delle lingue straniere in

questo linguaggio settoriale. La lingua dei mass media è, infatti, quella

maggiormente caratterizzata da forestierismi, soprattutto di provenienza inglese.

Come già osservato da Paola Buratta nel suo contributo, ho potuto verificare la

presenza massiccia di forestierismi sia negli annunci a stampa che in quelli online.

Il settore della cosmesi si presta molto a questo tipo di interferenze linguistiche,

tanto che addirittura nella lingua adoperata quotidianamente dalle donne vengono

utilizzati termini francesi e inglesi per definire determinati cosmetici, basti

pensare a parole come “blush” o “rimmel”.

La presenza di queste parole viene giustificata, oltre che dall’uso quotidiano,

dall’alone di prestigio e di novità che apportano all’annuncio nei quali vengono

inseriti.

Facendo riferimento al campione di pubblicità che ho analizzato ho potuto

verificare l’effettiva portata dei forestierismi nel linguaggio pubblicitario della

cosmesi. Ho, infatti, potuto osservare come la lingua della pubblicità presenti a

livello lessicale una fisionomia molto particolare. Può essere, infatti, considerata

una lingua ibrida, poiché al suo interno confluiscono non soltanto forestierismi,

ma anche tecnicismi e talvolta anche neologismi, che le case cosmetiche

inseriscono per imprimere unicità al prodotto, come osservato precedentemente

nell’annuncio della linea “Control Liss” di Biopoint.

L’uso di tecnicismi e di forestierismi, classificabili in francesismi e in anglicismi,

connota di prestigio la casa cosmetica.

I tecnicismi, infatti, evocano progresso e tecnologia, mentre gli anglicismi

modernità e i francesismi raffinatezza, in quanto il francese è considerata la lingua

della cosmesi per eccellenza. Per poter mettere in evidenza queste particolarità

lessicali ho costruito due grafici che mostrano a livello percentuale la ricorrenza di

determinati lessemi ed evidenziano, inoltre, la differenza che intercorre fra la

stampa e il Web.

La scelta di produrre due grafici diversi è determinata dalla differente strategia

lessicale messa a punto dai pubblicitari per promuovere i prodotti, che varierà

necessariamente in relazione al mezzo di comunicazione adoperato.

Particolarità lessicali negli annunci pubblicitari a stampa del settore cosmetico Anglicismi 67% Francesismi 10% Tecnicismi 16% Neologismi 7% Francesismi Anglicismi Neologismi Tecnicismi

Particolarità lessicali negli annunci pubblicitari online del settore cosmetico Anglicismi 55% Francesismi 14% Neologismi 7% Tecnicismi 24% Anglicismi Francesismi Neologismi Tecnicismi

E’ possibile osservare come, in relazione al mezzo di comunicazione utilizzato,

muti anche la scelta delle forme lessicali.

Innanzitutto occorre precisare che ho riscontrato un maggior numero di

occorrenze lessicali di questo tipo negli annunci pubblicitari online, anche in

relazione alla maggiore estensione delle bodycopies. Come abbiamo osservato

precedentemente gli annunci a stampa da me esaminati risultavano quasi

interamente occupati dal visual.

La presenza di neologismi non varia, in quanto, come ho già affermato, vengono

impiegati o per determinare una componente innovativa che contraddistingue il

prodotto e di conseguenza la marca oppure per conferire un nome inconsueto alla

ditta cosmetica stessa o a quel determinato prodotto.

Questi neologismi in quanto considerati elementi identificativi della marca stessa

non potranno non essere richiamati negli annunci pubblicitari poiché

rappresentano un emblema d’eccezionalità. La casa cosmetica, infatti, si è

mobilitata per creare neologismi che potessero identificare al meglio il prodotto o

quella tecnologia innovativa che i suoi laboratori di ricerca hanno messo a punto

rendendolo di alta levatura.

Possiamo notare dai grafici riportati come la lingua inglese stia sempre più

prendendo piede nel settore della cosmesi, superando di gran lunga il francese,

che ha sempre prevalso in questo ambito.

Sia negli annunci a stampa che in quelli online la presenza di anglicismi supera il

60%, una percentuale molto elevata se paragonata alle altre interferenze lessicali

accertate negli slogan e nella bodycopy degli annunci presi in esame.

In modo abbastanza inconsueto il mezzo stampa presenta un 67% di anglicismi,

mentre il Web presenta una percentuale minore: 55%. Questo è abbastanza strano

se si pensa che il mezzo Internet attinge in modo preferenziale alla lingua inglese,

poiché considerata capace di veicolare qualunque messaggio comunicativo in

modo ampio e immediato.

Il mezzo stampa utilizza un numero maggiore di anglicismi per la necessità, a mio

avviso, di esprimere in modo incisivo e stringato un contenuto molto ampio, data