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Conclusioni: racconti in forma profetica nei poemi omerici

PARTE 1: L’EPICA ARCAICA

1. I poemi omerici

1.6. Conclusioni: racconti in forma profetica nei poemi omerici

Il responso profetico ha solitamente forma ridotta nei poemi omerici. Ma nei passi

presi in esame sembra che, attraverso un processo di espansione (in alcuni casi ancora

ricostruibile), la profezia abbia incluso all’interno della propria cornice un sommario o una

narrazione al passato, al presente e soprattutto al futuro del pattern narrativo che è in

procinto di compiersi. Talora, come nel caso della profezia di Proteo, ricorrono anche

inserti narrativi riguardanti miti esterni. Profezie di forma narrativa sono attestate

soprattutto all’interno di due generi di scene epiche tradizionali: il dialogo tra due dei,

solitamente Zeus e un’altra divinit|, e l’incontro con il veggente -una figura dallo statuto

peculiare: una divinit| minore o l’ombra di un trapassato- nel corso di un νόστος. Nel

primo caso la predizione è rivolta unicamente al narratario esterno, nel secondo sia al

narratario esterno sia ai personaggi.

Come si è visto, l’ultima tipologia si avvicina molto alle scene di istruzioni di una divinità ausiliaria, anch’esse talvolta foriere di prolessi di tipo iussivo. In alcuni casi una prolessi analoga ma di tipo volitivo emerge inoltre dall’enunciazione dai progetti di un personaggio umano, come i propositi enunciati da Odisseo a Telemaco in Od. XVI 267-300. Si tratta però di esempi che esulano dal mio campo di indagine.

Le narrazioni profetiche prese in esame presentano alcuni caratteri comuni dal

punto di vista strutturale e formale.

1. Il linguaggio della narrazione profetica è mediamente chiaro, piano, narrativo e non

sembra conoscere le involuzioni linguistiche che la rappresentazione comune

attribuisce alla profezia. I vaticini in questione si profilano come sommari o talvolta veri

e propri stralci di narrazione epica inseriti, però, all’interno di una cornice profetica,

come una sorta di racconto nel racconto. L’occasionale ricorso a forme che più tardi

caratterizzeranno del linguaggio oracolare, quali l’infinito iussivo, l’apostrofe

all’interlocutore o formule di comando condizionato, non intacca l’effetto narrativo

complessivo. Anche il ricorso a singoli composti enigmatici nonché, forse, al doppio

senso e all’enigma, nella profezia di Tiresia non pregiudica il carattere narrativo del

vaticinio.

2. D’altra parte, la narrazione degli eventi futuri, ma anche presenti e passati, è sempre

accompagnata da un’interpretazione dei fatti alla luce della volont| divina che è loro

sottesa. Là dove non sono gli dei stessi –solitamente Zeus- a esprimere i propri ‘piani’ (i

termini ricorrenti in tal senso sono βουλή e νόος) il veggente sembra ricondurre gli

eventi al loro punto di vista.

3. Da un punto di vista narratologico, le profezie in questione presentano carattere misto:

alternano sezioni di profezia all’indicativo futuro ad altre di comando, all’imperativo o

all’infinito pro imperativo, (prolessi narrative a prolessi iussive) e sezioni di prolessi

interna ad altre di prolessi esterna

334

e ad altre ancora di profezia sul passato o sul

presente sconosciuto.

334 Occorre sempre ricordare che in ogni caso tali categorie rappresentano delle astrazioni applicate a posteriori alla lettura e all’analisi dei testi nella loro forma attuale e che le digressioni prolettiche che si

configurano come interne o esterne rispetto all’attuale redazione dell’Odissea, non devono essere state necessariamente pensate e composte per essere tali in origine.

4. Le sezioni di prolessi interna sono solitamente omodiegetiche e ripetitive: la profezia è

seguita dal racconto del compimento degli eventi vaticinati, con l’effetto di una

ripetizione di contenuti tra vaticinio ante eventum e racconto post eventum.

5. Tuttavia tra racconto profetico ante eventum e racconto post eventum non vi è quasi mai

ripetizione verbatim, un dato che appare di certo peculiare nei poemi omerici,

335

benché

spesso si spieghi col fatto che il vaticinio è un semplice sommario e la narrazione del

compimento invece un racconto in extenso.

6. In alcuni casi nel racconto post eventum compaiono inoltre espliciti rimandi retrospettivi

alla profezia o al piano divino esposto in precedenza (ordini di Zeus, profezia di Tiresia,

profezia di Circe), che è ora in corso di esecuzione o compimento,

336

il che rivela la

consapevolezza da parte del poeta della ‚ripetizione contenutistica‛ in atto.

Nel corso dell’analisi dei singoli passi ho gi| avanzato occasionali ipotesi sulle

funzionalit| che inserti narrativi di tal genere avrebbero potuto rivestire all’interno di un

sistema di composizione e recitazione aedica orale. Se, come si è visto, Duckworth

337

ha

classificato i vari tipi di prolessi narrative presenti in Omero, è stato Notopoulos

338

a

inquadrare le possibili funzioni di prolessi (foreshadowing) e analessi (retrospection) alla luce

degli studi oralisti di Parry e Lord: rimandi e ripetizioni contenutistiche di tal genere

avrebbero potuto risultare utili a rinviare l’attenzione dell’uditorio all’unit| complessiva

di un Grossepos nel corso di una recitazione episodica che poteva protrarsi per più

giornate. Ma se Notopoulos poneva soprattutto l’attenzione sul proemio (prologue), in

quanto ‘table of contents’ dell’opera,

339

volta a offrire una premessa unitaria del tema

narrativo centrale, la de Jong estende la definizione ‘table of contents’ specches’ anche ad

altre prolessi estese e narrative come le profezie che ho esaminato sino ad ora.

Benché non sia possibile giungere in merito a conclusioni dimostrabili, si può

supporre che nell’ambito di una recitazione rapsodica orale narrazioni ante eventum di tal

genere potessero svolgere funzioni analoghe a quelle di un proemio. Al momento

dell’elaborazione orale di un canto epico, l’inserzione nel racconto di un sommario

profetico delle vicende che stavano per svolgersi poteva essere di guida sia per la memoria

dell’aedo, che poteva ricapitolare e ordinare, attraverso un’epitome schematica, la trama

del mito e le sezioni del canto che si apprestava a narrare, sia per la comprensione del

pubblico, che poteva orientare, tramite tale sommario anticipativo, il proprio orizzonte di

attesa, aumentando così il proprio grado di ricettività. Si ricordino le analogie riscontrate

tra la profezia di Tiresia e l’incipit dell’Odissea nella presentazione catalogica del νόστος di

Odisseo (cfr. 1.4.2.1).

Si è visto come nell’Iliade, avvezzo a forme di prolessi più brevi e incomplete, la

narrazione profetica sia una forma relativamente insolita, tanto che gli unici due casi

attestati furono soggetti a proposte di atetesi ed espunzione da parte della critica antica

che sentiva la loro estensione narrativa estranea a un presunto usus scribendi del poeta. Si

335 Di variatio nell’economia formulare dei poemi omerici parla però in altro contesto anche Rossi 1971, p. 116. 336 Cfr. Il. XV 593, 596-600; Od. V 99-115; XII 154sgg., 226sg., 267-9, 271-76.

337 1933, pp. 5-27.

338 1951, passim. Sull’analisi di tale concetto attraverso l’apporto degli scolii cfr. anche Nannini 1986, pp. 26-

40.

ricordi ad esempio come Zenodoto condannasse il sommario prolettico di XV 64-77 per il

suo procedere ἀφηγηματικὦς in contrasto con lo stile ἐναγώνιος del poema. Nell’Odissea

la narrazione profetica si è dimostrata invece più frequente e sviluppata.

340

Ciò non

stupisce se si considera che nel secondo poema è diffuso un maggior uso di tutte le forme

di digressione narrativa, come notato già dalla critica antica. Si veda a tal proposito un

celebre passo dell’anonimo Sul Sublime.

ἀλλὰ γὰρ Ὅμηρος μὲν ἐνθάδε οὔριος συνεμπνεῖ τοῖς ἀγὦσι͵ καὶ οὐκ ἄλλο τι αὐτὸς πέπονθεν ἥ μαίνεται... δείκνυσι δ΄ ὅμως διὰ τᾛς Ὀδυσσείας (καὶ γὰρ ταῦτα πολλὦν ἕνεκα προσεπιθεωρητέον)͵ ὅτι μεγάλης φύσεως ὑποφερομένης 9.12 ἤδη ἴδιόν ἐστιν ἐν γήρᾳ τὸ φιλόμυθον. δᾛλος γὰρ ἐκ πολλὦν τε ἄλλων συντεθεικὼς ταύτην δευτέραν τὴν ὑπόθεσιν͵ ἀτὰρ δὴ κἀκ τοῦ τὰ λείψανα τὦν Ἰλιακὦν παθημάτων διὰ τᾛς Οδυσσείας ὠς ἐπεισόδιά τινα τοῦ Σροικοῦ πολέμου προσεπεισφέρειν... Ἀπὸ δὲ τᾛς αὐτᾛς αἰτίας, οἶμαι͵ τᾛς μὲν Ἰλιάδος γραφομένης ἐν ἀκμᾜ πνεύματος ὅλον τὸ σωμάτιον δραματικὸν ὑπεστήσατο καὶ ἐναγώνιον͵ τᾛς δὲ Ὀδυσσείας τὸ πλέον διηγηματικόν͵ ὅπερ ἴδιον γήρως.

Certo qui (nell’Iliade) Omero spira favorevole alle battaglie; e di lui medesimo può dirsi che è preso da furore... Invece nell’Odissea (ecco un’altra osservazione la quale merita per molte ragioni di essere aggiunta) egli mostra che un grande genio, declinando, ha nella vecchiaia il gusto del favoleggiare. Infatti che questo poema egli lo componesse per secondo, risulta da molti argomenti, in particolare dall’avere nella Odissea riportati gli avanzi dell’Iliade –come sono alcuni episodi della guerra di Troia... Dalla stessa causa, credo, proviene che avendo scritta l’Iliade nella pienezza del suo spirito, tutto il corpo di quest’opera egli fece drammatico e ardente d’azione; quello dell’Odissea invece

diegematico, il che è appunto proprio della vecchiezza.341

Il passo riprende una teoria unitaria, probabilmente di scuola aristarchea, che

attribuisce i due poemi allo stesso autore ma a due età differenti della sua vita,

342

onde

spiegando così un’opposizione formale in base alla quale lo stile dell’Iliade è definito

ἐναγώνιος e quello dell’Odissea διηγηματικός.

343

L’idea dell’anonimo Sul Sublime che

l’Odissea contenga gli ‚avanzi‛ dell’Iliade sembra invece riprendere una teoria

dell’aristarcheo Menecrate di Nisa

344

riportata anche dagli scolii all’Iliade. A detta di take

fonte, se la narrazione iliadica termina con la morte di Ettore, nell’Odissea invece «vi sono

gli ‘avanzi’ (τὰ λείψανα) narrati da Odisseo (IX 39-XII 453), da Nestore (III 98-312) e

Menelao (IV 341-586), da Demodoco mentre suona la cetra (VIII 73-82, 499-520)

narrano».

345

Probabilmente in tal senso lo stile del poema era definito ‚diegematico‛: in

340 Peraltro Schol. (b [BE3E4] T / ex) Il. XV 56 b (IV 22, 36-41 Erbse) (cfr. 1.4 schol [5]) per giustificare la

legittimità della προανακεφαλαίωσις pronunciata da Zeus in quanto σχᾛμα narrativo è costretto a citare un esempio dall’Odissea (XVI 267-300), poiché evidentemente nell’Iliade non ne trovava di altrettanto estesi.

341 De Subl. IX 13

342 L’anteriorit| dell’una o dell’altra opera era argomento discusso in antico. Sull’anteriorit| dell’Iliade cfr. Cert Hom. et Hes 324 Göttling. e Luc. Vera Hist. II 20 (dove Omero interrogato nell’Ade nega la validit|

dell’opinione comune che voleva precedente l’Odissea). Per una tesi opposta cfr. Ps.-Hdt Vita Homeri 26. Seneca (De brev. vitae 13) individua in tale discussione uno degli inutili προβλήματα dei grammatici.

343 Un’opposizione forse non del tutto dissimile era d’altra parte già evidenziata da Aristotele (Poet. XXIV 2 =

59 b) che definisce lo stile compositivo dell’Iliade ἀπλοῦν καὶ παθητικόν e quello dell’Odissea πεπλεγμένον.

344 Cfr. Russel 1964, pp. 95sgg. (ad 9. 11-15). Su Menecrate di Nisa (II-I a.C), discepolo di Aristarco e fondatore

di una scuola critica locale (Strab. XIV 1, 48) cfr. Göbel (RE) 1931.

345 Scholl. (ex [Did?] b[BCE 4]T) Il. XXIV 804 a (V 642, 80-88 Erbse): τὰ γὰρ λείψανα ἐκεῖ ἃ μὲν Ὀδυσσεύς

quanto lascia ampio spazio alle digressioni narrative nella forma di racconti nel racconto.

Gli stessi Ἀλκίνου ἀπόλογοι costituiscono una digressione narrativa estesa per ben

quattro libri. E più sviluppate rispetto all’Iliade sono nell’Odissea anche le analessi interne:

basti pensare al lungo sommario retrospettivo dell’intera Odissea narrato da Odisseo a

Penelope nella scena coniugale finale (XXIII 301-41).

346

Accanto a questi ‘racconti nel

racconto’ di carattere analettico, se ne trovano altri prolettici in cui divinit| o profeti si

fanno narratori di eventi futuri. Il poeta dell’Odissea sembra sviluppare in maggior misura

le tecniche dell’anacronia e della narrazione metadiegetica, sia in senso retrospettivo, nei

lunghi flashback di Odisseo e degli altri, sia in senso prospettico, in flashforward predittivi

quali quelli di Atena, Tiresia o Circe.

347

È possibile che questi due moduli narrativi fossero ancor più sviluppati nei poemi

del Ciclo che da Aristarco in poi furono additati per il loro stile banale, aridamente

narrativo, privo di pathos e ripetitivo

348

e nei quali, allo stesso tempo, le epitomi antiche

come gli studi moderni segnalano un frequente impiego della profezia.

349

Di questo si

tratterà nella prossima sezione.

499-520) φασίν. Gli ‚avanzi‛ sarebbero dunque porzioni del ciclo troiano e dei ritorni inserite all’interno dell’Odissea sotto forma di racconti intradiegetici dei personaggi. Dei racconti di Nestore come resti (ἐλλείματα) dell’Iliade parla anche Eustazio (1459, 29sg. ed. Rom. = I 115, 34sg. ed. Lips. [ad Od. III 108]).

346 Sulle altre analessi within the epic cfr. Notopoulos 1951, p. 93

347 D’altra parte una recensiorit| dell’Odissea è stata anche dimostrata in base ad argomenti linguistici Janko

1982.

348 Cfr. Severyns 1928, pp. 155-9. Griffin 1977, pp. 48-52

349 Cfr. Kullmann 1960 pp. 221-4 ripreso da Griffin 1977, p.48; Davies 1989, pp. 38sg., 42, 44-6, 78, 80sg.;