L’analisi svolta ha permesso di quantificare gli effetti redistributivi a livello aziendale e territoriale di ipotesi alternative di regionalizzazione in Italia.
Nella valutazione dei risultati ottenuti occorre però tenere presente che l’analisi è stata svolta con riferimento al 2006 e, dunque, non tiene conto delle modifiche intervenute nella struttura degli aiuti di alcune OCM entrate in vigore successivamente a tale data; le ipotesi di regionalizzazione sono effettuate non tenendo conto delle altre proposte dell’Health Check in grado di influenzare la distribuzione degli aiuti; il campione RICA utilizzato non ha preso in considerazione le aziende dell’Emilia Romagna, per le quali non erano disponibili informazioni sul Pagamento Unico; la RICA esclude le aziende inferiori a 4 UDE.
L’analisi spaziale ha messo in evidenza come, anche quando le “regioni” sono definite come Regioni amministrative, la redistribuzione di risorse al loro interno può essere molto elevata ed è funzione degli ordinamenti colturali (e delle rese) sulla base dei quali sono stati calcolati gli aiuti nel periodo storico di riferimento. Il maggiore trasferimento di risorse tra Province si ha in Puglia e Lombardia. In Puglia e Calabria si ha la maggiore concentrazione di perdite/guadagni su poche Province.
Nel caso di “regioni” definite come le circoscrizioni, la redistribuzione avviene soprattutto a scapito di Lombardia, Veneto, Puglia e Calabria, Regioni con ordinamenti colturali molto sostenuti nel passato, che vedono sottrarre risorse oggi destinate alle loro aziende per vederle trasferite ad aziende di altre Regioni delle circoscrizione di appartenenza.
Nel caso di Italia “regione” unica, l’insieme delle Regioni dell’Italia Meridionale, e in minor misura quelle dell’Italia Settentrionale, sono quelle che subiscono gli effetti redistributivi della regionalizzazione, cedendo risorse alle altre aree del Paese.
Nelle ipotesi di regionalizzazione al 50% e 10% la posizione relativa dei territori (chi ci guadagna e chi ci perde) rimane invariata ma, essendo assoggettati a redistribuzione, rispettivamente, la metà ed un decimo delle risorse redistribuite nell’ipotesi al 100%, cambia l’entità dei guadagni o delle perdite di ciascuna Provincia.
All’aumentare dell’ampiezza della “regione” e, quindi, al passaggio da “regione” data dalla Regione amministrativa, a quella definita come circoscrizione, a Italia come “regione” unica, aumenta l’ammontare di risorse trasferite tra aziende e territori -‐ perché maggiore tende ad essere la diversificazione degli ordinamenti produttivi nel periodo storico di riferimento (e quindi, degli aiuti per ettaro percepiti oggi) -‐, con lievi variazioni dei valori assoluti di guadagno e perdite a seconda che i titoli speciali siano o meno inclusi. In alcuni casi, tuttavia, l’esclusione dei titoli speciali comporta un cambiamento nel segno del saldo netto. Il guadagno o la perdita di ciascuna Regione amministrativa (e, nell’ambito di questa, di ciascuna Provincia) dipenderà dalla distanza degli aiuti per ettaro mediamente ricevuti nel periodo storico di riferimento dalle diverse aree nell’ambito della “regione”. Che a sua volta dipende dalla disomogeneità degli ordinamenti produttivi storici nell’ambito della “regione. A parità di “regione”, l’esclusione dei titoli speciali dalla regionalizzazione non comporta generalmente una significativa redistribuzione aggiuntiva di risorse all’interno della “regione”. Modifiche di un qualche rilievo si registrano per il Friuli. Naturalmente ciò vale a livello spaziale. Dobbiamo attenderci che le dinamiche aziendali siano molto differenti a seconda che i titoli speciali siano inclusi o meno nella regionalizzazione.
L’analisi a livello aziendale ha potuto considerare la regionalizzazione solo nell’ipotesi in cui i titoli speciali sono inclusi nella redistribuzione. Essa ha messo in evidenza come all’aumentare dell’ampiezza della “regione” considerata aumenti la percentuale delle aziende del campione che guadagnano rispetto all’aiuto storico; questa percentuale è comunque ampiamente superiore al 60% in tutti i casi considerati. Di conseguenza, mentre
le perdite medie ad azienda sono rilevanti, in quanto sostenute da un ridotto numero di aziende, i guadagni medi sono più contenuti, a causa del fatto che il trasferimento avviene in favore di un maggior numero di aziende.
Le aziende che guadagnano più del 100% hanno un indirizzo produttivo volto prevalentemente alla viticoltura per la produzione di uva da vino (soprattutto a denominazione di origine), alla frutticoltura (compresi gli agrumi) e alla ortofloricoltura, cioè indirizzi produttivi che (tranne per l’ortofrutta destinata alla trasformazione) storicamente
non hanno mai goduto degli aiuti diretti della PAC. All’estremo opposto, le aziende
maggiormente penalizzate dalla regionalizzazione sono quelle con una maggiore presenza di allevamenti bovini da latte (soprattutto nello scenario in cui la “regione” è definita come Regione amministrativa) e le aziende olivicole (soprattutto negli scenari di “regioni” definite a livello di circoscrizione e di Italia), cioè quelle più sostenute in passato.
Le aziende con indirizzi produttivi più sostenuti dalla PAC nel passato (aziende olivicole, risicole e con bovini) subiscono perdite che aumentano all’aumentare dell’ampiezza della “regione” di riferimento, perché gli ordinamenti colturali all’interno della “regione” diventano sempre meno uniformi. L’effetto redistributivo, quindi, è tanto più elevato quanto maggiore è la diversificazione degli ordinamenti colturali nella “regione” considerata, e quindi, la variabilità degli aiuti per ettaro ricevuti oggi dalle aziende.
In definitiva si può affermare che gli effetti redistributivi della regionalizzazione tra le aziende sono ampi e dipendono direttamente dagli ordinamenti colturali e dagli aiuti medi per ettaro ricevuti nel periodo di riferimento per il calcolo del pagamento unico aziendale storico. Gli effetti redistributivi sono fortemente connessi alla definizione di “regione”. Più grande è la “regione”, maggiore tende ad essere la diversificazione degli ordinamenti produttivi nel periodo storico di riferimento (e quindi, degli aiuti per ettaro percepiti oggi), maggiori saranno gli effetti redistributivi. In ultimo, maggiore è la percentuale di regionalizzazione e maggiore saranno le risorse che si trasferiranno tra le aziende (e i territori).
L’analisi ha messo in evidenza che la direzione e l’intensità della redistribuzione cambiano sostanzialmente a seconda della “regione” prescelta e della percentuale di regionalizzazione. L’analisi svolta ha quantificato gli effetti redistributivi di ipotesi alternative di regionalizzazione, fornendo informazioni utili al decisore pubblico per le scelte che è chiamato a compiere.
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2 LE SOGLIE MINIME PER L’EROGAZIONE DEGLI AIUTI