5 L’ELIMINAZIONE DELLE QUOTE LATTE IN ITALIA: ANALISI D’IMPATTO ATTRAVERSO
5.6 Lo scenario “soft landing” (NQ2)
5.6.1 I risultati per l’Italia
Dal lato della produzione (figura 5.5), il modello mostra che la stima della variazione netta della produzione (ovvero la differenza tra la proiezione al 2015 senza nessuna riforma e le proiezioni con la riforma dell’abolizione delle quote latte), nel 2015, è all’incirca del 5,3%, come media del latte nel settore Dop (6,6%) e non Dop (4,1%).
Guardando ai prezzi (figura 5.6), l’effetto netto dovuto alla riforma delle quote latte si traduce in una variazione di circa -‐6%, come media sempre dei due settori Dop e non Dop. I risultati mostrano, quindi, che l’impatto in Italia dell’ipotesi di soft landing è significativo, sia in termini di diminuzione dei prezzi che di incremento della quantità. All’interno del contesto europeo, però, l’Italia evidenzia variazioni minori della media, probabilmente grazie all’ampiezza del settore Dop. In effetti, i risultati sono particolarmente interessanti se si guarda alla variazione complessiva, ovvero la somma delle variazioni attese in assenza di riforma, e quindi conseguenza della variazioni macroeconomiche, e quelle dovute alla riforma, ovvero alle variazioni nelle politiche. Anche se i risultati non sono molto distanti, appare evidente che l’impatto ha effetti diversi in funzione se si guarda al latte per le produzioni Dop o a quello per quelle non Dop. In particolare (figura 5.7), mentre il prezzo del latte per le produzioni non Dop continua a decrescere anche nel 2015, quello per i prodotti lattiero-‐caseari Dop mostra una inversione di segno.
Figura 5.5 Latte liquido e prodotti lattiero-‐caseari: andamento della produzione nell'ipotesi di eliminazione graduale delle quote latte (variazioni % rispetto allo scenario base)
Figura 5.6 Latte liquido e prodotti lattiero-‐caseari: andamento dei prezzi nell'ipotesi di eliminazione graduale delle quote latte (variazioni % rispetto allo scenario base)
Fonte: nostre elaborazioni su risultati MEG-‐ISMEA
Queste differenze si evidenziano anche osservando i valori relativi ai derivato del latte Dop e non Dop. Più specificatamente, osservando l’andamento della produzione rispetto al 2007 (figura 5.8), appare evidente come l’abolizione delle quote determina una maggiore espansione della produzione di prodotti lattiero-‐caseari indifferenziati rispetto a quelli di qualità, ovviamente a causa dei limiti strutturali, delle produzioni di qualità. Questo, di conseguenza, si riflette anche sui prezzi, laddove l’aumento per le produzioni Dop è più marcato.
Figura 5.7 Latte liquido e prodotti lattiero-‐caseari: andamento dei prezzi nell'ipotesi di eliminazione graduale delle quote latte (variazioni % rispetto al 2007)
Figura 5.8 Latte liquido e prodotti lattiero-‐caseari: andamento della produzione nell'ipotesi di eliminazione graduale delle quote latte (variazioni % rispetto al 2007)
Fonte: nostre elaborazioni su risultati MEG-‐ISMEA
5.7 Conclusioni
È importante sottolineare che la crescita della produzione di latte che si stima per l’Italia nell’orizzonte temporale compreso tra il 2007 e il 2015 sconta l’ipotesi di crescita nulla della produttività nel medio-‐lungo termine, imposto nel modello per tenere conto degli effetti della normativa nitrati sugli allevamenti da latte; ciò tende a moderare le potenzialità di crescita della produzione in Italia anche in un contesto di liberalizzazione dai vincoli produttivi, soprattutto per il latte destinato alle Dop. Molto spesso tali produzioni riguardano, infatti, aree più sensibili al problema nitrati e ciò frena di conseguenza la potenziale reazione del sistema produttivo di molte Dop ai nuovi stimoli provenienti dalla politica e dal mercato. D’altro canto, per questo comparto, ci sarebbe anche un minore impatto negativo dal lato dei prezzi di vendita nonché un effetto positivo in termini di valore aggiunto.
Nel complesso, alla fine del periodo considerato, l’eliminazione delle quote avvantaggerebbe maggiormente gli allevatori del comparto Dop, sia rispetto alla situazione di riferimento che ipotizza il mantenimento del regime delle quote, sia rispetto agli altri allevamenti da latte, nello stesso scenario senza quote. In tal senso, anche sotto l’ipotesi di liberalizzazione della politica di mercato della UE, i principali driver dello sviluppo del sistema latte italiano, individuati fondamentalmente nelle produzioni tipiche e ad alto livello di qualità, manterrebbero o addirittura esalterebbero il proprio ruolo di volano della crescita.
Un altro risultato da porre in evidenza è come il sistema latte italiano in qualche misura rischi, in un mercato liberalizzato, di diventare più vulnerabile rispetto alle dinamiche di mercato esterne ed, in particolare, più sensibile al livello di competitività di prezzo delle produzioni lattiero casearie del resto della UE. Questo rischio riguarderebbe principalmente il comparto delle produzioni meno differenziate e pertanto più esposte alla concorrenza estera nonché, in particolare, il settore primario “non Dop”. Tuttavia, le simulazioni indicano che la possibilità di importare materia prima consentirebbe l’espansione delle produzioni non di qualità oltre i livello consentiti dalla crescita potenziale dell’offerta nazionale di latte. Con l’eliminazione delle quote latte, quindi, sarebbero possibili benefici in termini di maggior valore aggiunto per entrambe le filiere considerate, quella dei prodotti di qualità e quella
degli altri lattiero caseari. In altre parole, si potrebbe creare una spirale virtuosa che partirebbe dalla riduzione dei prezzi di mercato dei prodotti lattiero caseari nell’UE derivante dall’espansione dell’offerta nei principali paesi produttori, determinando uno stimolo alla crescita della domanda finale anche nel nostro paese; solo se l’offerta nazionale potrà crescere adeguatamente e con essa il reddito distribuito, che a sua volta andrebbe a rafforzare l’aumento della domanda, si potrà concretizzare il guadagno in termini di maggior valore aggiunto per il settore lattiero caseario nazionale.
Per quanto riguarda l’UE nel suo complesso, le principali considerazioni riguardano soprattutto le differenze tra i paesi in quanto i risultati evidenziano comportamenti diversi sia all’interno dei Quindici che tra questi e i nuovi paesi membri. I risultati evidenziano come nella maggior parte dei casi il massimo della capacità produttiva è già stata raggiunta o comunque il margine è molto ridotto, per cui per molti paesi l’eliminazione delle quote non genera variazioni significative. Nel complesso, il margine di espansione della produzione oscilla intorno al 5% per cui anche le variazioni attese sui prezzi non appaiono significative. D’altra parte, però, è pur vero che questi sono risultati complessivi e non mostrano i processi di aggiustamento, che possono avere un impatto significativo al di là delle variazioni delle quantità prodotte e dei prezzi.
Per quanto riguarda i nuovi paesi membri, i risultati evidenziano come questi siano toccati solamente in minima parte dal processo di riforma e questo è coerente con il fatto che al loro ingresso il settore aveva già “subito” la prima significativa riforma. Più rilevante appare l’impatto dell’eliminazione dei sussidi, il cui effetto, però, dipende in misura significativa dall’evoluzione dei prezzi mondiali dei prodotti lattiero-‐caseari e dalla rappresentazione nel modello dei sussidi all’esportazione. Se i prezzi mondiali dei derivati del latte rimangono ai livelli attuali i risultati sono sovrastimati in quanto non tengono conto del fatto che i sussidi all’esportazione non verrebbero, di fatto, utilizzati, mentre appaiono attendibili nel caso i prezzi subissero una riduzione nel corso dei prossimi anni.
Infine, da un punto di vista metodologico, vale la pena sottolineare la rilevanza dell’approccio di analisi qui adottato. In particolare, l’uso collegato di due modelli ha permesso di raggiungere un livello più raffinato di analisi per il nostro Paese rispetto ai risultati forniti per l’UE nel suo complesso. Negli ultimi anni questo metodo di lavoro ha visto una diffusione sempre maggiore (si veda, ad esempio, il progetto SEAMLESS o i lavori sull’integrazione tra il modello GTAP e il modello CAPRI) e rappresenta certamente un percorso di ricerca ancora in fase di sviluppo. Più in particolare, va detto che il risultato qui raggiunto è la conseguenza, più che delle differenze nelle strutture economiche dei due modelli, del diverso grado di affinamento delle simulazioni. Infatti, per l’Italia è stato possibile, grazie al modello creato “ad hoc”, introdurre una serie di caratteristiche specifiche del nostro mercato produttivo, come la differenziazione dell’uso della materia prima, che porta ad un quadro dei risultati qualitativamente migliore.
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