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Concludendo, è con la sentenza Magill che si esplicitano, per la prima volta, i presupposti per sindacare gli ambiti di legittimo esercizio del potere di esclusiva.

Da allora il test delle circostanze eccezionali è considerato, anche a livello di molti ordinamenti nazionali232, come il principale strumento di "dialogo" tra antitrust e proprietà intellettuale

.

In particolare, l'esistenza di un mercato secondario e di un prodotto nuovo sono i presupposti che consentono di tenere maggiormente in considerazione le specificità della proprietà intellettuale, salvaguardando adeguatamente (a parere della dottrina sostenitrice di tale test) gli interessi legittimi del titolare dell’esclusiva.

Tuttavia, come emerso dall'analisi svolta, sembra che tali due circostanze individuate in Magill siano state totalmente depotenziate e ridotte rispettivamente alla dimostrazione di un mercato secondario anche semplicemente potenziale - con IMS Health - e di un prodotto nuovo consistente anche in un mero avanzamento tecnico - con Microsoft - .

Tra le critiche emerge quindi il timore di un "exceptional circustances test" di fatto svuotato e in concreto riconducibile alla tradizionale dottrina dell'Essential Facilities: per ordinare

232 Vedi anche l’Italia che, con il più recente caso Bayer Cropscience (2011) è in linea con l’orientamento dell’UE dell’adozione del Exceptional Circumstances Test. La vicenda ha ad oggetto un’abuso di posizione dominante consistente nel rifiuto opposto da Bayer ad alcune concorrenti di fornire accesso ad alcuni studi coperti da privativa industriale ex art. 98.2 c.p.i. Tale rifiuto comportava la revoca delle autorizzazioni per i prodotti fitosanitari a base della sostanza attiva fosetil, di cui disponevano le sue concorrenti, obbligandole ad uscire dal mercato. Sapec infatti lamentava l’impossibilità di ottenere il rinnovo dell’autorizzazione all’immissione in commercio dei propri prodotti contenenti fosetil senza l’accesso ad alcuni studi tossicologici condotti da Bayer per verificare la sicurezza e l’efficacia della sostanza, ai fini dell’inclusione della stessa nell’elenco delle sostanze autorizzate indicate nell’allegato I della Direttiva 91/414/CEE. Scopo di tale rifiuto era quindi quello di estromettere i competitori dal mercato, e proprio in ragione di tale effetto anticoncorrenziale, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Provvedimento dell’Agcm del 28 giungo 2011, n.22558, caso A415 – Sapec Agro/BayerHelm, in Boll. 26/2011, p. 5) condannava Bayer per abuso di posizione dominante, riconoscendo agli studi cui si chiedeva accesso natura di essential facilities. Viene anche presentatao ricorso davanti al Tar Lazio e poi al Consiglio di Stato, il quale confermando la decisione dell’Agcm (Consiglio di Stato, sez. VI, Agcm et al v. Bayer Cropscience, 11 gennaio 2013, sentenza n. 548) afferma che l’obbligo di mettere a disposizione gli studi “è connesso non solo ad evidenti ragioni di civiltà ma anche alla tutela della concorrenza, nel senso della garanzia per tutti gli operatori di usufruire dei medesimi input essenziali per la permanenza sul mercato rilevante, garanzia che prevale anche sulla eventuale e contrapposta protezione della privativa intellettuale”. Assimilando gli studi ad una essential facilities i giudici del Consiglio di stato agiscono in linea con i principi elaborati dalla UE. L’individuazione delle quattro condizioni del test IMS non ha suscitato particolari problemi, salva la determinazione in concreto dell’ostacolo alla comparsa del nuovo prodotto a cui, nella decisione, sono state dedicate poche righe. V. PISERA', Essential Facilities Doctrine e i Diritti di Proprietà Intellettuale: il caso Bayer Cropscience, in Concorrenza e Mercato, 2014, pp. 699 ss.

la licenza obbligatoria basterebbe in sostanza che il diritto IP risulti essenziale per i concorrenti, senza (o quasi) ulteriori stringenti condizioni da verificare.

"Seguendo questa traiettoria" c'è il rischio che "l’eccezionalità (invocata per sdrammatizzare l’invasione di campo svapora nello svuotamento della proprietà intellettuale) si traduc(a) in uno sconcertante abuso da ‘sfruttamento normale’ di un brevetto che conferisca un reale potere di mercato" 233.

233 COLANGELO, PARDOLESI, Faraway, so close: proprietà intellettuale ed essential facility in Cina (e altrove…), in Mercato, Concorrenza e Regole, 2015, pp. 475 ss.

CAPITOLO 3

RIMEDI INIBITORI E ABUSO DI POSIZIONE

DOMINANTE: GLI STANDARD DE IURE e i SEPs NEL

SISTEMA EUROPEO

1. INTRODUZIONE

Tra le molteplici manifestazioni del complesso rapporto tra proprietà intellettuale e concorrenza vi è quello della disciplina delle privative in rapporto alle tecnologie soggette a processi di standardizzazione.

In questi casi il processo di standard setting sembra infatti caratterizzarsi da un’apparente contraddizione, perché il regime proprietario ed escludente connesso con la disciplina IP si confronta con il carattere tendenzialmente aperto evocato dall’idea di standard, come tecnologia la cui condivisione rappresenta sempre più frequentemente il presupposto per l’esercizio di attività industriali ed economiche1.

1 FROHLICH, Report-Availability of injunctive relief for committed standard essential patents, incl. FRAND-defence in patent infringement proceedings, di AIPPI Special Committee on Patents and Standards, marzo 2014, p. 3,

disponibile su

http://aippi.org/wpcontent/uploads/committees/222/Report222AIPPI+report+on+the+availability+of+injunctive+relie f+for+FRAND-committed+standard+essential+patentsEnglish.pdf.; GIANNACCARI, Standard e Protocolli, al crocevia tra definizione e monopolizzazione del mercato, in Mercato Concorrenza e Regole, 2004, pp. 21 ss.;

Proprio tale caratteristica degli standard fa emergere i possibili contrasti con le norme a presidio della concorrenza: il fatto che diverse tecnologie tutelate da un diritto IP possano essere incluse in uno standard, oltre a rendere più agevole il processo innovativo, può a contrariis in alcuni casi dare luog a condotte strategiche da parte del IPR holder, tali da poter provocare il fallimento stesso del processo di standardizzazione.

Nella consapevolezza del ruolo indispensabile degli standard per assicurare la compatibilità e l’interoperabilità tecnologica, e dell’esponenziale crescita del ricorso allo strumento brevettuale nell’odierna knowledge-based economy, tale fenomeno di hold-up brevettuale - presente anche negli standard de facto2 - ha condotto nel caso di standard de iure - essendo quest’ultimi esito di una volontaria cooperazione tra imprese - all’elaborazione di una serie di accorgimenti volti a ridurre ex ante il richio di illeciti anti-concorrenziali.

Perseverando quindi nel tentativo di tale elaborato di non limitarsi ad un’astratta ricostruzione del loro rapporto conflittuale, scopo di questo capitolo è proprio quello di addentrarsi ancora una volta nell’analisi dei principali punti in cui le due discipline entrano concretamente in contatto, nel più complesso contesto della standardizzazione volontaria e delle ambigue regole interne degli enti di normazione.

In particolare, al fine di portare a compimento il filo logico intrapreso nel precedente capitolo con l’analisi del carattere abusivo del rifiuto di concedere in licenza diritti IP, si procederà ora allo studio di un’altra fattispecie ad essa strettamente connessa: la verifica della compatibilità con l’art. 102 TFUE delle azioni inibitorie intentate dal titolare di un brevetto essenziale (SEP). Anche in tale caso infatti è necessario individuare il giusto equilibrio tra il diritto del titolare del brevetto di ricorrere ad azioni giudiziali atte ad assicurare il rispetto dei suoi diritti esclusivi e la preservazione del libero gioco della concorrenza. Bilanciamento che però, a causa della presenza nel contesto degli standard de iure di particolari regole interne anti-concorrenziali - con

GRANIERI, Attività di standardizzazione, diritti di proprietà intellettuale e antitrust, in Riv. Dir. Ind., 2004, I, pp. 138 ss.

particolare riguardo all’impegno di concedere licenza a condizioni FRAND -, ha condotto all’individuazione, grazie al recente caso europeo Huawei contro ZTE, di un’autonoma e nuova cornice di “Exceptional Circumstances” e all’elaborazione di una “Negotiation Procedure”.

Dopo una breve esposizione dei vantaggi e del funzionamento del processo di standardizzazione, verranno quindi esposte le principali prescrizioni statutarie degli enti di normazione, evidenziando nello specifico l’assoluta novità (ma al contempo anche le ingenti problematiche) dell’introduzione di una liability rule; verrà quindi infine ripercorsa la principale giurisprudenza europea che ha condotto all’ultima rilevante decisione Huawei.

Questa questione inerente al sindacato antitrust del ricorso alla tutela brevettuale nel caso di SEP - la cui soluzione è tutt’oggi incerta - sembra ormai aver assunto un rilievo preponderante nell’ambito della c.d. Smartphone Patent War, ossia la recente escalation di cause di contraffazione intentate in chiave strategico-offensiva, che sta globalmente divampando nel settore delle comunicazioni.

In tale contesto è quindi evidente che le implicazioni della recente decisione della Corte di Giustizia europea e le problematiche connesse agli impegni normalmente imposti agli IPRs

holder in tale contesto, saranno sicuramente ulteriormente dibattute a livello mondiale, come

dimostrato dai recenti disegni di legge introdotti dalle autorità antitrust cinesi che dedicano un'intera sezione all’“injunctive relief" nel caso di SEP3.

2. IL FENOMENO DELLA STANDARDIZZAZIONE E I SUOI