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Come già introdotto nel precedente capitolo4, l’importanza del fenomeno della standardizzazione nell’odierna new economy è in continua crescita.

Nell’attuale contesto, caratterizzato dalla massimizzazione della convergenza tecnologica ed in cui le industrie si trovano (volenti o nolenti) a dover far parte di un meccanismo di mercato

3 Vedi infra Capitolo 4.

sempre più integrato e cumulativo, la ricerca di standard chiari e universalmente condivisi non è più percepita come una possibilità in più ma come una vera e propria esigenza.

Per comprendere quanto uno standard - inteso come l’insieme delle caratteristiche tecniche alle quali un determinato prodotto deve uniformarsi per accedere e circolare su un dato mercato5- influisca sulla vita di tutti noi (pur spesso inconsapevolmente), basta avanzare alcuni esempi.

Le prese e le spine della corrente elettrica rappresentano un classico esempio di standard (benché non internazionale) grazie al quale possiamo acquistare elettrodomestici e apparecchiature di varie marche e provenienze sapendo che la loro spina di alimentazione entrerà correttamente nelle prese del nostro impianto elettrico; e ancora, la tastiera alfanumerica comunemente detta “QWERTY” è il tipo di tastiera ormai universalmente utilizzato sulla maggior parte dei dispositivi elettronici, consentendo così di evitare un dispendio inutile di energie e di lavoro che inevitabilmente ne deriverebbe se ciascun produttore utilizzasse un proprio diverso ordine nella disposizione delle lettere.

I benefici, per consumatore e produttore, che tale fenomeno è in grado di generare all’interno dei mercati sono quindi numerosi, tali da diventare una delle tematiche maggiormente dibattute nella odierna letteratura economica6.

Lo standard, in primo luogo, consente l’interoperabilità tra prodotti e processi, garantendo

5 Tra le numerose definizioni di standard vedi ad esempio: BUTTÀ, LONGO, Standard tecnologici e dinamiche competitive a confronto, in Sinergie, 2011, pp. 261 ss., uno standard è costituito da “insiemi di specifiche tecniche che determinano o mirano a determinare la compatibilità tra diversi prodotti o processi” e ancora “esso è frutto di innovazioni che presentano le caratteristiche di compatibilità rispetto alle tecnologie precedenti o determinano condizioni per nuovi sistemi di compatibilità, univocità nel contenuto, condivisione e collegamento a rete tra prodotti o processi”; l’ European Technology Standard Institution (ETSI) che definisce lo standard come “a document, established by consensus and approved by a recognized body, that provides for common and repeated use, rules, guidelines or characteristics for activities or their results, aimed at the achievement of the optimum degree of order in a given context”.

6 Tra la cospicua dottrina che analizza i vantaggi della standardizzazione: CHAPATTE, Frand Commitments – The case for Antitrust Intervention, in European Competition Law Journal, 2009, pp. 319 ss.; MUSELLI, Brevetti essenziali e Antitrsut: False Frand or True Enemy? – Commento alle decisioni Motorola e Samsung, in Concorrenza e Mercato, 2015, pp. 509 ss.; CARY, DEMBOWSKI, HAYES, Antitrust implications of abuse of standard-setting, in George Mason Law Review, 2008, vol.15.5, pp. 1241 ss.; LEMLEY, Intellectual Property Rights and Standard-Setting Organizations, in California Law Review, 2002, vol. 90, pp. 1891 ss.; MAUGERI, Standardization and Italian Law of Contracts: FRAND Commitments, in osservatorio del diritto civile e commerciale, Il Mulino, 2014, 1, pp. 99 ss.; GERADIN, RATO, Can Standard-setting lead to exploitative abuse? A dissonant view on Patent Hold-up, royalty stacking and meaning of FRAND, pp. 2 ss., disponibile su http://ssrn.com/abstract=946792

agli utenti finali di acquistare beni creati da soggetti diversi ed usarli congiuntamente. Tale compatibilità consentita dallo standard accresce quindi il benessere del consumatore e promuove la concorrenza di prezzo tra i prodotti.

Nei mercati a rete - come la maggior parte di quelli del settore delle telecomunicazioni - gli standard generano inoltre ampie esternalità di rete: in questi casi il valore di un prodotto per un determinato soggetto aumenta in funzione del numero di persone che usano lo stesso prodotto o un altro compatibile. L’insieme dei benefici associati a tali esternalità di rete fanno aumentare il desiderio di acquisire i prodotti standard e spingono verso il fenomeno del c.d. tripping, in base al quale il godimento del prodotto stesso da parte del consumatore cresce in funzione dell’aumento del consumo da parte degli altri consumatori, rendendo cruciale l’attività di standardizzazione.

Il processo di standard setting conduce altresì allo scambio di informazioni tra i produttori e, di là da accezioni patologiche tese ad alterare le dinamiche di mercato, ciò può prevenire lo spreco di risorse, soprattutto se la standardizzazione segue ad una fase di ricerca e sviluppo. Questo inoltre abbassa le barriere all’ingresso sul mercato di nuovi operatori, potendo essi avvalersi delle specifiche comuni per produrre i propri prodotti, con conseguente intensificazione della concorrenza di prezzo e del livello di efficienza tra gli operatori. Il processo può quindi generare incentivi all’innovazione per la possibilità di recuperare gli investimenti sui prodotti o sui processi standardizzati (e protetti da privative) una volta immessi sul mercato.

Infine, sempre nel caso in cui l’attività sia sana e non viziata da condotte anticoncorrenziali, possono ridursi i rischi di obsolescenza tecnologica: la creazione di un nuovo prodotto ad alto contenuto tecnologico ha solitamente un elevato grado di aleatorietà; grazie agli standard, invece, aumentano le probabilità che una data tecnologia in fase di progettazione sia utilizzata in un determinato mercato grazie alla possibilità d’interoperare con altri prodotti.

Tale processo determina quindi vantaggi sia per i produttori che per i consumatori, consentendo loro di scegliere tra una vasta gamma di prodotti interoperabili ed abbassando i costi di commutazione.

Considerati gli innumerevoli benefici di tale fenomeno e l’elevato grado di complessità e trasversalità dell’odierna economia, a fianco agli standard de facto - che sono conseguenza di fatto delle modalità di funzionamento di determinati mercati e che sono stati oggetto di analisi nel precedente capitolo – si sta assistendo ad una crescita esponenziale dell’attività di standardizzazione volontaria (c.d. standard de iure).

Se ai suoi albori quest’ultima forma di standardizzazione (anni 60-70) si caratterizzava per la presenza di standard promanati direttamente dalle autorità pubblich7, e conseguentemente per essere un fenomeno di dimensione pressoché nazionale, il successivo processo di liberalizzazione e la vertiginosa crescita delle tecnologie hanno portato allo sviluppo – prima negli US8, poi in EU9 – di consorzi nati spontaneamente tra gruppi privati d’imprese (Enti di normazione, in inglese Standard Setting Organizations – SSOs)10.

7 Vedi per maggiori dettagli sull’evoluzione storica di tale processo GIANNACCARI, Standard e Protocolli, al crocevia tra definizione e monopolizzazione del mercato, in Mercato Concorrenza e Regole, 2004, pp. 21 ss., che evidenzia che vi è stata un’iniziale tendenza a legittimare forme di monopolio, soprattutto nei settori dell’energia e delle telecomunicazioni. Molti stati hanno poi fatto ricorso ad enti pubblici (cioè costituiti e direttamente dipendenti dai governi) preposti ad emettere standard per uniformare un determinato settore. Ad esempio la Federal Communications Commission (FCC) che individua gli standard per consentire l'interconnessione tra le reti telefoniche; l'International Telecommunication Union (ITU) che si occupa di fornire gli standard a livello internazionale in materia di telecomunicazioni.

8 È inizialmente negli Stati Uniti che si sono formati i consorzi. Qua infatti si ritiene che l’attività di standardizzazione debba essere lasciata il più possibile al mercato - che ha il compito di decretare il risultato finale attraverso la concorrenza tra standard differenti - salvo però stabilire delle regole chiare a garanzia della concorrenza.

9 Nelle Linee Guida dell’art. 101 si legge che “la normazione può assumere diverse forme che vanno dall’adozione, da parte di organismi di standardizzazione europei o nazionali riconosciuti, di norme basate su un consenso nazionale, alla costituzione di consorzi e altri organismi, fino agli accordi stipulati tra imprese indipendenti”(punto 257, nota 1). La Commissione, nel riscontrare le lentezze deli organismi europei di normazione, sebbene successivamente rispetto agli US ha riconosciuto l’esigenza di garantire agli operatori la possibilità di sviluppare autonomamente gli standard , ferme restando alcune differenze dettate dalla presenza di un’istituzione sovranazionale come la Comunita Europea. Essa ha infatti funzionalizzato l’attività di standardizzazione all’integrazione del mercato (vedi Commissione europea (2003), Orientamenti generali sugli accordi di normalizzazione Bruxelles, 28 marzo 2003, (2003/C 91/04), dove si sottolinea che “[g]li obiettivi politici in materia di normalizzazione europea sono pertanto i seguenti: partecipare al completamento del mercato interno, facilitare la libera circolazione dei beni e dei servizi e garantire lo sviluppo sostenibile, raggiungere un livello elevato di sicurezza e di qualità e integrare l’insieme degli aspetti economici, sociali e ambientali. [...]”. Inoltre, prosegue il documento, gli standard “[...] costituiscono un quadro di riferimento uniforme per il commercio e per la legislazione nazionale ed europea, favorendo così l’integrazione tecnica dell’Europa”) e questo ha portato ad una soluzione più pubblicistica, e meno dettata dal mercato rispetto agli US: qui infatti assumono un ruolo particolarmente centrale gli enti di natura governativa sovranazionale preposti proprio ad occuparsi di tali dinamiche. Essi sono il Comitato europeo di normazione (abbreviato comunemente in CEN), che si occupa di coordinare e monitorare le attività di standardizzazione in ambito europeo e lavora in accordo con le politiche dell’Unione Europea stessa e dell’EFTA. L’attività del CEN, unita e integrata con quella di altri due enti, ossia l’ETSI e il CENELEC, forma quello che è chiamato “Sistema europeo per la normalizzazione tecnica”.

Per un approfondimento di questa dicotomia fra modello USA e modello Europea si legga CALDERINI, GIANNACCARI, GRANIERI, Standard, proprietà intellettuale e logica antitrust nell'industria dell'informazione, Il Mulino, 2005, p. 82.

10 Per un'analisi dettagliata vedi in particolare LEMLEY, Intellectual Property Rights and Standard-Setting Organizations, in California Law Review, 2002, vol. 90, pp. 1891 ss., il quale ha studiato analiticamente gli statuti consorzili di quarantadue standard setting organizations private.

Tali enti svolgono ora un ruolo davvero centrale per lo sviluppo industriale e tecnologico, con ripercussioni sostanziali nell’attuale mercato, sempre più integrato e rivolto ad una dimensione internazionale.

Tuttavia, le autorità nazionali e comunitarie sono molto attente alla possibilità che all’interno di questi consorzi, nei quali si coordinano soggetti spesso tra di loro in concorrenza orizzontale, non si verifichino comportamenti anticoncorrenziali.

I successivi paragrafi saranno quindi principalmente dedicati ad una breve analisi dei meccanismi di funzionamento del processo di standardizzazione volontaria e del contenuto degli statuti consorzili, al fine di poter poi meglio comprendere le problematiche legate ai possibili rischi di censura antitrust.

3. PROCESSO DI STANDARDIZZAZIONE

Si parla di standard de jure (anche detta "norma tecnica") quando questo è frutto di un regolare e complesso processo di consultazione, analisi tecnica e definizione, chiamato “processo

di standardizzazione” (o di normazione). Esso si struttura in più fasi ed è gestito da appositi enti

di normazione11 che coinvolgono esperti del settore industriale implicato e i cosiddetti

stakeholders (ovvero i soggetti potenzialmente interessati allo standard nascente), al fine di fissare

le caratteristiche convenzionali costitutive dello standard.

L’autorevolezza e l’affidabilità dell’attività di normazione, oltre ad essere correlata alla

presenza del maggior numero di stakeholders nel processo12, dipende dal rispetto di ulteriori

principi ideali a cui tale attività “dovrebbe” ispirarsi13.

11 Gli enti di normazione (standard setting organizations, SSOs) sono “organizzazioni spontanee di natura privata,

finalizzate alla definizione di standard tecnici che permettono di ottenere la compatibilità tra prodotti o servizi realizzati da diverse imprese” in CALDERINI, GIANNACCARI, GRANIERI, Standard, proprietà intellettuale e logica antitrust nell'industria dell'informazione, Il Mulino, 2005, p. 28.

12 Si fa riferimento al principio della consensualità, ovvero la ricerca del massimo grado di consenso da parte dei soggetti coinvolti nel processo di normazione. Essa si pone come elemento fondante della credibilità del processo e della stabilità dello standard. “Ciò che si persegue non è solo un accordo, una validità pubblica di tipo utilitaristico, ma la piena accettazione del risultato cui si è pervenuti da parte del gruppo impegnato nel lavoro normativo, rappresentativo della comunità nel suo complesso” UNI (a cura di), Le regole del gioco, UNI, 2006, p. 22, disponibile on-line alla pagina www.uni.com/uni/controller/it/chi_siamo/regole_gioco.htm

13 Si tratta però di principi a cui non tutti gli enti di normazione vi fanno riferimento in maniera integrale e costante. Le Linee Guida dell’art. 101, come vedremo, prevedono espressamente ai punti 280, 281, 282, che il processo di

In particolare, la partecipazione alla definizione della norma non dovrebbe essere sottoposta a restrizioni; le regole interne di organizzazione dovrebbero inoltre assicurare la democraticità - attraverso l’uso di criteri oggettivi e procedure non discriminatorie - e la

trasparenza14, prevedendo meccanismi che consentano ai soggetti di essere sempre informati in

ciascuna fase del processo.

Ogni ente di standardizzazione stabilisce proprie norme, adotta proprie procedure e segue proprie prassi per la formalizzazione di uno standard. Tuttavia in quasi tutti i processi è possibile ritrovare un paradigma comune su cui possiamo fondare la nostra analisi.

In linea generale, ogni processo si sviluppa secondo tre grandi fasi: (I) segnalazione e valutazione della necessità dello standard; (II) ricerca e consolidamento del consenso sulle

caratteristiche dello standard; (III) approvazione formale e pubblicazione del documento15.

Una volta così formalizzati, gli standard si presentano sotto la forma di documenti testuali c.d. “norme tecniche”, contenenti tutte le informazioni necessarie a ricalcarne e riprodurne il modello e a cui tutte le aziende interessate a sviluppare un prodotto conforme allo standard dovranno poter avervi accesso nel dettaglio.

standardizzazione possa rispettare tali principi per avere la certezza che l’accordo sia esente da scrutinio antitrust ex. art. 101.

14 Durante il processo di normazione è importante che tutti i soggetti coinvolti abbiano “il diritto, ed il dovere, di

conoscere le “regole del gioco”, ovvero i regolamenti che disciplinano i lavori delle commissioni e dei gruppi di lavoro e le aree di competenza, ma anche di avere pieno accesso alla documentazione che testimonia il processo normativo in itinere” UNI (a cura di), Le regole del gioco, UNI, 2006, p. 26, disponibile on-line alla pagina www.uni.com/uni/controller/it/chi_siamo/regole_gioco.htm

15 Tale modello è per esempio proposto dall’Organizzazione internazionale per la normazione (in inglese International Organization for Standardization, ISO), che è la più importante organizzazione a livello mondiale per la definizione di norme tecniche (standard), la cui procedura di definizione è disponibile on line a www.iso.org/iso/standards_development/processes_and_procedures/how_are_standards_ developed.htm. (I) “The need for a standard is usually expressed by an industry sector, which communicates this need to a national member body. The latter proposes the new work item to ISO as a whole. Once the need for an International Standard has been recognized and formally agreed, the first phase involves definition of the technical scope of the future standard. This phase is usually carried out in working groups which comprise technical experts from countries interested in the subject matter.” (II) “Once agreement has been reached on which technical aspects are to be covered in the standard, a second phase is entered during which countries negotiate the detailed specifications within the standard. This is the consensus-building phase” (III) “The final phase comprises the formal approval of the resulting draft International Standard (the acceptance criteria stipulate approval by two-thirds of the ISO members that have participated actively in the standards development process, and approval by 75 % of all members that vote), following which the agreed text is published as an ISO International Standard”.

4. PROCESSI DI STANDARDARDIZZAZIONE E IMPLICAZIONI