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4. PROCESSI DI STANDARDARDIZZAZIONE E IMPLICAZIONI

4.2. STANDARDIZZAZIONE E PROPRIETA' INTELLETTUALE: i SEP

4.2.1. DISCLOSURE RULE

L’esistenza di diritti IP essenziali per la definizione dello standard è in concreto tutt’altro che agevole da verificare, non solo a causa del rischio di incontrare ex post dei brevetti rilevanti, ma anche, come già evidenziato, a causa della possibilità che vi siano comportamenti opportunistici. È infatti altamente probabile che il titolare di SEP ne occulti volontariamente l’esistenza, acquisisca così potere di mercato ed ottenga, nella fase successiva, maggiori guadagni, richiedendo – per esempio - il pagamento di royalties eccessive per l’utilizzo di tali diritti.

Conseguentemente larga parte della dottrina sostiene la necessità di includere all’interno degli statuti consorzili40 prescrizioni informative.

Le SSOs hanno quindi col tempo conferito a tali disclosure rule una portata più o meno ampia41, obbligando i propri membri42 a rendere nota – nelle fasi iniziali dell’attività, o comunque non più tardi della conclusione dell’intero processo43 - la titolarità44 di diritti di proprietà industriale – non solo già rilasciati, ma spesso anche di semplici domande di brevetto45 - che, se

40 Vedi ad esempio: TAYLOR, Standard Setting: a Growing Morass, in Intellectual Property Antitrust, 2002, pp. 551 ss., per l’Autore gli obblighi di disclosure sono assolutamente essenziali e la loro mancata contemplazione negli statuti rappresenta uno dei motivi principali per l’assenza di efficienza nel processo, con rischi di gravi comportamenti opportunistici; LEMLEY, Intellectual Property Rights and Standard-Setting Organizations, in California Law Review, 2002, vol. 90, pp. 1960 ss.

41 Vedi per una trattazione di tale policy: FARREL, HAYES, SHAPIRO, SULLIVAN, Standard setting, Patents, and Hold-up, in Antitrust Law Journal, 2007, vol. 74, p. 625-630; GIANNACCARI, Standard e Protocolli, al crocevia tra definizione e monopolizzazione del mercato, in Mercato Concorrenza e Regole, 2004, pp. 42-46.

42 È prevista solo nei confronti dei diritti IP di cui sono titolari i partecipanti al processo di standardizzazione.

43 Le SSOs generalmente richiedono una “easly disclosure” ma non sempre ne precisano l’effettivo significato. La stessa Commissione europea ha richiesto all’ente ETSI di chiarificare il significato di “timely” presente nella norma, essendo cruciale che “ SSOs establish rules which ensure fair, transparent procedures and early disclosure of relevant intellectual property” in press release, European Commission, Competition: Commission Welcomes Changes in ETSI IPR Rules to prevent “patent ambush”, 12 dicembre 2005. In generale è necessario che avvenga il prima possibile e comunque sempre anteriormente alla definitiva approvazione dello standard.

44 “A member can typically satisfy an SSO’s disclosure requirement by providing information on the existance and scope of the patent. SSOs generally do not require their members to provide details on patent’s technical aspects” KOBAYASHI, WRIGHT, Intellectual Property and standard setting, in George Mason University Law and Economics, 2010, cit. p. 11.

45 Vedi ad esempio tra le SSOs che includono anche le domande di brevetto in tale obbligo di disclosure: l’ETSI, il JEBEC, il World Wide Web Consortium (W3C), ITU.

contemplati nello stesso standard, potrebbero diventare essenziali46.

Ulteriore questione attiene all’individuazione del soggetto a cui accollare l’onere dell’effettiva ricerca delle privative. Attribuirlo ai partecipanti potrebbe infatti rivelarsi eccessivamente oneroso ed arduo, soprattutto a causa del considerevole volume dei portafogli brevettuali di molte delle aziende nel settore delle telecomunicazioni47, e della difficoltà ad effettuare tale dichiarazione prima della completa definizione dello standard. Tali oneri a carico delle aziende, invece che alla SSO, potrebbero quindi indurre le imprese più importanti a non partecipare ai consorzi di standardizzazione48.

A ciò si aggiunge il fatto che essi non sono particolarmente incentivati a render note le informazioni per ulteriori rilevanti motivi: per il rischio di non rientrare degli investimenti e per il timore della mancanza di sufficienti strumenti di tutela nel caso di una disclosure avvenuta quando l'invenzione non è ancora stata brevettata.

Dovrà quindi effettuarsi un bilanciamento tra i vantaggi scaturenti dal processo di standardizzazione e i costi associati alle disclosure.

In conclusione si può affermare che tramite il ricorso a tale policy è possibile individuare anticipatamente quali e quanti sono i brevetti da considerarsi tecnicamente essenziali perché si possa utilizzare lo standard. Questo consente alle SSOs in primis di operare scelte più informate in merito alle tecnologie da inserire nello standard, individuando – se possibile – delle alternative tecnologiche, ed eliminando, dunque, in radice l'eventuale problema di hold-up.

46 Solitamente solo i brevetti “essenziali” necessitano di essere indicati. Vedi ITU che fa riferimento ai “patent or patent application whose use would be required to implement ITU-T Reccomendation(s)”, ITU Guideline for implementation of ITU-T Patent Policy, 2005, 3, disponibile a http://www.itu.int/ITU-T/dbase/patent/files/glp20051102.pdf.

47 GERADIN, RATO, Can Standard-setting lead to exploitative abuse? A dissonant view on Patent Hold-up, royalty stacking and meaning of FRAND, disponibile su http://ssrn.com/abstract=946792 che sottolinea che tale richiesta sarebbe “extremely difficult, as it would require complex determination of whether a patent or pending patent application reads on a proposed standard. (…) Moreover, it is generally recognized that a search obligation would be especially onerous for the owner of large patent portfolios” (p. 7); al contrario KOBAYASHI, WRIGHT, Intellectual Property and standard setting, in George Mason University Law and Economics, 2010, p. 11, che afferma “SSO may also require their members to conduct a search of their files to make certain that all relevant patents are disclosure. SSOs requiring such search may even specify in their bylaw wht constitutes a sufficient search”.

48 Per esempio lo statuto dell’ETSI non impone ai partecipanti di effettuare tale ricerca (art. 4.2 della Direttiva ETSI: “The obligations pursuant to Clause 4.1 above do how ever not imply any obligation on MEMBERS to conduct IPR searches”. Disponibile all’indirizzo https://portal.etsi.org/directives/32_directives_oct_2013r.pdf); COLANGELO, Aspettando Huawei Technologies: standard, brevetti essenziali ed impegni F/Rand, in Mercato Concorrenza Regole, 2004, pp. 435 ss.

La distinzione delle tecnologie gravate da tali brevetti permette alle SSOs di calcolare l’incidenza potenziale del risultato dello standard sul prezzo finale e di accertare l’eventuale disponibilità del titolare a rilasciare una licenza49.

Infine, consente di evitare che si realizzino casi di c.d. “patent ambush”, ossia di mancata informazione della titolarità di SEPs strategicamente finalizzata a una successiva imposizione di royalties elevate.

In relazione a tale tema, riveste particolare interesse il caso Rambus, in cui tale società aveva omesso di informare il Jedec, organizzazione di normazione statunitense, di essere titolare di alcuni brevetti concernenti tecnologie incluse nello standard, per poi richiedere royalties eccessivamente alte. La Commissione, avviato un procedimento per accertare un abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE, concludeva il caso con l’accettazione degli impegni proposti da Rambus50.

Con le novità introdotte dalle Linee Guida nella 2011, il legislatore, prevedendo tra le

policies interne adottabili dalle SSO – ed idonee a conferire l’esenzione antitrust ex art. 101 -

l’imposizione ai partecipanti dell’obbligo di disclosure anticipata, ha quindi cercato di sterilizzare

ex ante il rischio del verificarsi di tali comportamenti opportunistici, ovviando così anche alle

difficoltà incontrate nella risoluzione di precedenti casi giurisprudenziali: il fenomeno di patent

ambush, costituendo ora una violazione di un impegno assunto ex ante ed espressamente incluso

nelle Linee Guida per l'applicazione dell'art. 101, sembra infatti consentire una più semplice punizione, evitando di ricorrere necessariamente al (più incerto e di difficile applicazione) art.

49 Vedi le Guidelines for implementation of the ANSI patent policy, al punto 3, disponibile a http://www.ansi.org/; Commissione europea, Linee direttrici sull’applicabilità dell’art. 101 Tfue agli accordi di cooperazione orizzontale, punto 268.

50 Commissione europea, caso COMP/38.636, Rambus, 9 dicembre 2009. Nel 2007 la Commissione aveva avviato uno statement of objections contro Rambus, accusata di abuso di posizione dominante per aver adottato intenzionalmente una condotta ingannevole nella procedura della creazione degli standard. In particolare, sono state oggetto di valutazione le condotte unilaterali dell'impresa in posizione dominante nel mercato relativo alla tecnologia sulle condizioni di interfaccia tra i cip di memoria e le altre componenti di hardware dei computer. Si è infine giunti nel 2009 ad un accordo per cui, con il patto di non indagare oltre e non arrivare a multe, Rambus ha accettato di non richiedere più nulla per l'utilizzo degli standard chip SDR e DDR e di abbassare le richieste di royalty nel caso di licenza per le nuove versioni di DDR dal 3,5 % al 1,5% per i successivi 5 anni, per poi scendere all'1%. Vedi per maggiori dettagli: FABRIZZI, I rapporti tra diritto Antitrust e diritti di proprietà intellettuale, estratto del Dizionario sistematico del Diritto della Concorrenza, L.F.PACE (a cura di), 2013, pp. 129 ss.

102 TFUE51.