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5. LA NEW ECONOMY E L’INADEGUATEZZA DEL “NEW PRODUCT

5.3. GLI EFFETTI DI RETE

I rischi di effetti negativi per la concorrenza, derivanti dallo sfruttamento del potere di mercato che il controllo di tecnologie assunte a standard può attribuire, possono aggravarsi ulteriormente per la consistente presenza nelle new economies di due fenomeni particolari: i

network effects145 e il tipping146. Questi inoltre sembrano avere effetti negativi anche

144 COLANGELO, Antitrust, standard ed impegni di licenza: il caso Huawei, in Il foro italiano, 2015, IV, pp. 477 ss.

145 Negli ultimi anni la letteratura sulle network economies è cresciuta esponenzialmente. Vedi tra i tanti: KATZ, SHAPIRO, Network externalities, competition and compatibilty, in American Economics Review, 1985, vol. 75, pp. 424 ss; SHAPIRO, Systems Competition and Network effects, in J. Econ. Persp., 1994, vol. 8, pp. 93 ss.; BERTANI, Proprietà intellettuale, antitrust e rifiuto di licenze, in Quaderni di AIDA, 10, Milano, 2004, p. 153; FARREL, SALONER, Standardization, Compatibility and Innovation, in Rand Journal of Economics, 1985, p. 70;

146 Le economie di rete sono caratterizzate dal cd. tipping, in base al quale il prodotto che al momento della condivisione di massa della tecnologia fruisce di una (per quanto limitata) maggiore diffusione è destinato a conquistare rapidamente tutto il mercato.

sull’innovazione, incentivando ancora una volta a ripensamenti sul test IMS.

Il mercato dell’information technologies è spesso caratterizzato dalla concorrenza “sistematica”, nel quale cioè le imprese competono offrendo serie di beni che, non solo sono standardizzati – e quindi comunicanti tra di loro –, ma anche legati da un vincolo funzionale, per cui solo dall’acquisto congiunto di tutti questi beni è possibile trarne utilità.

In tale contesto, tendono ad accentuarsi gli effetti di rete, divisibili in (I) “diretti”, quando l’utilità del prodotto per i consumatori non dipende solo dall’uso che essi ne fanno, bensì anche dalla quantità di altri consumatori che utilizzano il medesimo prodotto, ed (II) “indiretti”, quando il valore del prodotto cresce agli occhi dei consumatori in funzione dell’aumento del numero e della varietà di prodotti ad esso complementari.

A differenza dell’old economy, dove la preferenza dei consumatori verso un prodotto divenuto il più diffuso nel mercato non era decisiva per impedire l’ingresso o la permanenza di altri prodotti concorrenti, in presenza di effetti di rete i consumatori tendono ad essere più catturati dalla tecnologia scelta inizialmente 147.

Questo fenomeno costituisce quindi una vera e propria barriera all’ingresso per i prodotti concorrenti (eventualmente anche superiori nel merito), influendo direttamente sull’assetto economico del mercato. Tali effetti infatti, sono in grado di agevolare l’emergere di un solo prodotto che diviene così lo standard di fatto di mercato.

Nell’attuale contesto, il pericolo è quindi che le posizioni di monopolio non si originino in seguito ad un’efficace competizione di merito - da cui scaturirebbe lo standard effettivamente migliore, massimizzando quindi il livello d’innovazione –, ma che siano semplicemente frutto di un vantaggio derivante da meri fenomeni strutturali del mercato – in particolare gli effetti di rete

147 Per esempio, come sarà dimostrazione il caso Microsoft, il mercato dei programmi software è caratterizzato da forti effetti di rete: poiché detti programmi, per loro natura, non sono destinati ad operare isolatamente ma ad interagire con altri software, per cui il beneficio che agli utilizzatori deriva dall’uso di un determinato programma dipende dalla diffusione di quel medesimo programma presso altri utenti. D’altro canto gli utilizzatori privilegeranno l’uso di programmi più conosciuti dalla rete di assistenza, la quale, da parte sua, si specializzerà prevalentemente sui software più utilizzati dagli utenti. Gli installatori, a loro volta, tenderanno ad installare sulle macchine i programmi più usati e preferiti dai consumatori.

e la presenza di economie di scala148.

Questo comporterebbe che i consumatori sarebbero locked-in nello standard loro imposto, che potrebbe tuttavia non corrisponde a quello tecnologicamente migliore sul mercato, con un inevitabile pregiudizio per l’innovazione e per il generale welfare.

Se poi entrano in gioco i diritti IP, questo pericolo rischia di aumentare. Come precedentemente evidenziato, la posizione di dominanza del titolare del diritto IP incorporato in uno standard può essere sfruttata (hold-up), trasferendola su di un’intera gamma di prodotti compatibili con quello protetto dal DPI, traendone quindi forti benefici.

In tale contesto, se al titolare di un diritto IP tale situazione di dominanza è stata agevolata dalla presenza di effetti di rete, e non invece dai meriti del prodotto, ne deriverebbe una remunerazione più che proporzionale rispetto all’entità del suo investimento e degli sforzi creativi iniziali, sviando quindi dalla finalità stessa della proprietà industriale.

Tali effetti di rete (in alcuni casi) fungono quindi da cassa di risonanza per comportamenti strategici dei titolari IP, sospetti alla luce dell’antitrust 149.

In questa ipotesi i rischi non riguardano solo la concorrenza, ma anche l’innovazione, il cui processo dinamico – scopo dell’IP - può quindi subire rallentamenti, non solo per fallimenti inerenti al funzionamento stesso del sistema della proprietà intellettuale150, ma anche a causa di fenomeni strutturali di alcuni settori del mercato151.

Come è stato rilevato anche da parte della dottrina152 quindi, laddove si ritenga che ad un

148 La presenza di economie di scala è un altro elemento che spinge verso la standardizzazione: nei mercati dei beni ad alto contenuto informativo i prodotti richiedono nella fase di produzione elevati investimenti iniziali, ma presentano modesti costi marginali, sicchè mentre la loro creazione è particolarmente dispendiosa, il costo di un’unità aggiuntiva risulterà assai basso. In tali condizioni, un assetto monopolistico si configura come la soluzione di mercato destinata ad imporsi per la sua maggiore efficienza, rispetto ad una struttura frammentata. COLANGELO, Microsoft e i vecchi dilemmi del nuovo antitrust, in Foro Italiano, 2001, pp. 378 ss.

149 PITOFSKY, Antitrust and Intellectual Property: Unresolved Issues at the Heart of the New Economy, in Berkeley Technology Law Journal, 2001, pp. 536 ss., cit. p. 547: “Perhaps the most perplexing question about how the antitrust laws should apply to intellectual property concerns entrenched market power achieved as a result of network effects.”.

150 Vedi supra par. 5.1.

151 PITOFSKY, Antitrust and Intellectual Property: Unresolved Issues at the Heart of the New Economy, in Berkeley Technology Law Journal, 2001, pp. 535 ss., afferma “[...] the exclusionary rights granted by intellectual property protection, coupled with trends toward standardization due to network effects, threaten to diminish market competition. Where this results in monopoly or near-monopoly, there can be negative effects not only on price and output, but also on innovation [...]”.

152 MELI, Standard, standardizzazione e applicazione dell’art. 102 TFUE ai conflitti su licenze a diritti di proprietà intellettuale, in Orizzonti del Diritto Industriale, 2014, pp. 7 ss.; DREXL, Abuse of Dominance in Licensing and Refusal

determinato mercato non si possa accedere se non conformandosi ad uno standard di fatto, che incorpora diritti di proprietà intellettuale, il problema della chiusura alla concorrenza sembra non potersi risolvere con il ricorso al new product test.

6. TERZA FASE: LE REAZIONI DEGLI ORGANI COMUNITARI