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5. LA NEW ECONOMY E L’INADEGUATEZZA DEL “NEW PRODUCT

5.2. IL FENOMENO DELLA STANDARDIZZAZIONE

Ulteriore caratteristica dei moderni mercati che sembra spingere ad un ripensamento delle conclusioni a cui era giunta la giurisprudenza precedente, è inveceesterna al sistema di privative. Si tratta della standardizzazione134, cioè la tendenza allo sviluppo di prodotti e processi capaci di «lavorare insieme» ad altri prodotti e processi, e così di assicurare l’interoperabilità attraverso la compatibilità135.

133 Vedi infra par. 6.

134 Tra la copiosa dottrina su questo tema: GRANIERI, RENDA, Innovation Law and Policy in the European Union: Springer Science & Business Media, 2012; CALDERINI; GIANNACCARI; GRANIERI, Towards Horizon 2020,

; 2005 l mulino, , I

Standard, proprietà intellettuale e logica antitrust nell'industria dell'informazione TORTI, roperty Rights and Competition in Standard Setting: Objectives and Tensions

Intellectual P , Routledge, 2015.

135 Tra le numerose definizioni di standard, vedi ad esempio quella contenuta nelle “Linee direttrici sull’applicabilità dell’art. 101 TFUE agli accordi di cooperazione orizzontale”, G.U.C.E. C 11 del 14.1.2011, par. 7.1, n. 257; BUTTÀ, LONGO, Standard tecnologici e dinamiche competitive a confronto, in Sinergie, 2011, pp. 261 ss, uno standard è costituito da “insiemi di specifiche tecniche che determinano o mirano a determinare la compatibilità tra diversi prodotti o processi” e ancora “Esso è frutto di innovazioni che presentano le caratteristiche di compatibilità rispetto

Essa è un fenomeno globale che interessa ormai tutti i comparti industriali nei quali emergono esigenze di compatibilità tra prodotti complementari.

Gli standards possono essere di due tipi: (I) de facto standards, che sono quelli che si sono auto-affermati affidandosi unicamente alle dinamiche del mercato e al suo potere di autodisciplina, senza quindi il ricorso all’approvazione da parte di organismi ufficiali; (II) de iure

standards, quando sono esito di una scelta condivisa tra gli operatori di un determinato settore,

solitamente attuata nell’ambito di appositi organismi, gli Standard Setting Organisation (SSO)136. A giustificazione della crescente diffusione di tale fenomeno nell’odierna economia globalizzata, vengono ad esso associati sul piano economico diversi effetti positivi per la concorrenza. Brevemente: gli standard rendono più agevole l’ingresso sul mercato di nuovi operatori che potranno avvalersi delle specifiche comuni per produrre i propri prodotti, determinando così un abbassamento delle barriere all’ingresso, una maggiore concorrenza di prezzo e un generale innalzamento del livello di efficienza137.

Sono idonei inoltre a determinare vantaggi per i consumatori consentendogli di scegliere tra una vasta gamma di prodotti interoperabili esistenti sul mercato ed abbassando gli switching

costs legati al cambiamento del fornitore138.

Favorendo però una tecnologia sulle altre - che diventa così indispensabile per i terzi, che non possono fabbricare prodotti concorrenti discostandosi da tale standard senza compromettere le funzioni fondamentali del prodotto in questione -, l’analisi economica ha evidenziato anche il rischio di conseguenze negative.

alle tecnologie precedenti o determinano condizioni per nuovi sistemi di compatibilità, univocità nel contenuto, condivisione e collegamento a rete tra prodotti o processi”; l’ European Technology Standard Institution (ETSI) che definisce lo standard come “a document, established by consensus and approved by a recognized body, that provides for common and repeated use, rules, guidelines or characteristics for activities or their results, aimed at the achievement of the optimum degree of order in a given context”.

136 Vedi infra capitolo 3.

137 CHAPATTE, Frand Commitments – The case for Antitrust Intervention, in European Competition Law Journal, 2009, pp. 319 ss.; MUSELLI, Brevetti essenziali e Antitrsut: False Frand or True Enemy? – Commento alle decisioni Motorola e Samsung, in Concorrenza e Mercato, 2015, pp. 509 ss. Vedi infra capitolo 3 per maggiori dettagli.

138 Tra i numerosi autori che parlano di tale fenomeno: CALDERINI, GIANNACCARI, GRANIERI, Standard, proprietà intellettuale e logica antitrust nell'industria dell'informazione, Il Mulino, 2005, pp. 17 ss.; MAUGERI, Standardization and Italian Law of Contracts: FRAND Commitments, in osservatorio del diritto civile e commerciale, Il Mulino, 2014, 1, pp. 99 ss.

Infatti la standardizzazione incrementa il valore di tale tecnologia a discapito di quelle rivali, e produce un allentamento della pressione concorrenziale esercitata da tecnologie concorrenti, esistenti o potenziali, sulla tecnologia alla base dello standard, poiché gli operatori che ne fanno uso e che effettuano correlati investimenti restano di fatto ingabbiati (fenomeno di

lock-in) alla tecnologia incorporata nello standard.

Questo può ridurre l’ingresso nel mercato a nuovi e differenti prodotti e lo sviluppo di tecnologie successive e alternative, non compatibili con lo standard, con possibile pregiudizio nel lungo periodo per la ricerca e il progresso139.

Considerata anche la velocità d’innovazione in tali settori, la concorrenza inizia a svilupparsi prevalententemente in senso verticale: la competizione tra imprese più proficua non sarebbe quella tra beni all’interno del medesimo mercato (destinata a fallire, vista la naturale tendenza all’emersione di un solo standard per mercato) ma quella tra diversi stadi produttivi (ovvero, tra diversi standard). Conseguentemente tali mercati caratteristici della new economy tendono ad avere la caratteristica del “winner-takes-all”140.

Inoltre può danneggiare anche il benessere dei consumatori, perché nel momento in cui prendono familiarità con la tecnologia, faranno difficoltà a passare ad una alternativa, a causa anche dei costi di commutazione e path dependence141 (anche in questo caso quindi si verifica il fenomeno di lock-in).

Questi effetti possono aggravarsi quando la tecnologia, divenuta standard, sia anche protetta da diritto IP.

Proprio in tali circostanze infatti “molte contraddizioni insite nella dialettica della

proprietà intellettuale e tutela della concorrenza trovano (...) una sorta di inopinata

139 GHIDINI; FALCE, Intellectual Property on Communication Standards: balancing innovation and competition through the Essential Facilities Doctrine, in Diritto d’Autore, 2001, pp. 315 ss.

140 COLANGELO, Microsoft e i vecchi dilemmi del nuovo antitrust, in Foro Italiano, 2001, pp. 378 ss.

141 Con il termine Path Dependence (o «dipendenza dal percorso») si fa riferimento alla concezione secondo la quale piccoli eventi passati, anche se non più rilevanti, possono avere conseguenze significative in tempi successivi, che l’azione economica può modificare in maniera limitata. Vedi definizione dal dizionario Treccani.

sublimazione” 142.

Mentre in assenza di brevetti o copyright, ogni prodotto, che pur si imponesse di fatto come standard dominante, sarebbe liberamente appropriabile da qualsiasi concorrente per apportarne migliorie ed immetterne versioni più avanzate sul mercato, le invenzioni protette da diritti IP ed incluse nello standard – si parla in tal caso di “brevetti essenziali” (Standard Essential Patents – SEP) - hanno un valore economico aggiunto rispetto a quello intrinseco, dovuto alla posizione di dominanza; i restanti operatori saranno inoltre costretti a concludere accordi di licenza143.

In quest’ultimo frangente, la definizione dello stesso standard può provocare un problema di hold-up (o comportamento opportunistico), derivante dall’uso strategico della proprietà intellettuale: la titolarità di un brevetto essenziale conferisce un potere di mercato molto più pregnante di quello attribuito dal solo diritto IP, che può essere esercitato dal suo detentore per “bloccare” l’attività dei concorrenti - che di tali tecnologie non possono fare a meno per competere - (I) negando una licenza o (II) applicando royalties eccessive.

Non potendo i terzi fabbricare prodotti concorrenti discostandosi dal brevetto interessato senza compromettere le funzioni fondamentali del prodotto in questione, la posizione di dominanza del titolare del diritto IP può quindi essere sfruttata, trasferendola su di un’intera gamma di prodotti compatibili con quello protetto dal DPI. Conseguentemente, il titolare che detiene il controllo su uno standard di mercato può scientemente eliminare ogni forma di competizione con il proprio prodotto, nonché gradualmente eliminare anche la concorrenza in mercati contigui e collegati (competition by substitution).

Tale comportamento opportunistico, che può verificarsi sia nel caso di standard de facto che de iure, ha quindi conseguenze rilevanti ed è sempre più considerato possibile oggetto di

142 GHIDINI; FALCE, Intellectual Property on Communication Standards: balancing innovation and competition through the Essential Facilities Doctrine, in Diritto d’Autore, 2001, pp. 315 ss., cit. p. 315.

143 MUSELLI, Brevetti essenziali e Antitrsut: False Frand or True Enemy? – Commento alle decisioni Motorola e Samsung, in Concorrenza e Mercato, 2015, pp. 509 ss.; GHIDINI, Appunti sulla intersection fra diritti di proprietà intellettuale e disciplina(e) della concorrenza, in Mercato Concorrenza e Regole, 2005, pp. 247 ss.

sindacato antitrust.

A tal riguardo, le due tipologie di standardizzazione sono state però oggetto di approcci parzialmente diversi, per cui secondo parte della dottrina e della giurisprudenza, non sarebbe possibile ricondurle ad un’unica fattispecie d’illecito anticoncorrenziale.

Infatti, come emerso dall’analisi dei casi comunitari, il dibattito in merito gli standard de

facto si è sempre sostanzialmente mantenuto sul piano del rapporto tra il rifiuto di licenza e l’art.

102 TFUE e l’applicazione dell’EFD.

Con riferimento alle sempre più frequenti ipotesi di standardizzazione volontaria, invece, la trattazione di tale rifiuto non è solo oggetto di sindacato del diritto antitrust, ma ricomprende anche questioni interne inerenti alle strutture associative e ai rapporti tra i soggetti partecipanti, che possono quindi essere eventualmente affrontate sul piano contrattuale144.

Rimandando al prossimo capitolo tale ultima questione sugli standard de iure, è necessario per concludere l’analisi di quelli de facto, trattare la sentenza Microsoft, leading case in materia.

Per la sua comprensione, è però imprescindibile la trattazione di un ulteriore fenomeno caratteristico dei nuovi mercati: gli effetti di rete.