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LA CONFERENZA DI RIO DE JANEIRO DEL 1992

II.II. FASE DELLE CONFERENZE GLOBALI E IL CONTRIBUTO PER LA

II.II.III LA CONFERENZA DI RIO DE JANEIRO DEL 1992

Il Rapporto Bruntland non soltanto raccomandava la realizzazione di una conferenza mondiale per trattare i temi legati all’ambiente e lo sviluppo, ma delineava anche le basi per la grande Conferenza mondiale sull’ambiente: Rio ’92. A Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, dopo due anni e mezzo di lavori preparatori, si tenne la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo (UNCED), con la partecipazione di 179 paesi, che svolsero attività congiunte finalizzate a trovare soluzioni che conciliassero ambiente e sviluppo, ma anche che, in modo cooperativo tra le nazioni, presentassero soluzioni per i problemi ambientali di portata globale, come il riscaldamento globale, la distruzione della ozonosfera, deforestazione, desertificazione e degrado del suolo, movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi, inquinamento globale.

In occasione della Conferenza di Rio, di importanza fondamentale per lo sviluppo del diritto ambientale internazionale, vennero aperte due convenzioni multilaterali: la Convenzione Sulla Diversità Biologica, che ha dato luogo al Protocollo di Cartagena (2000), e Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico, che a sua volta ha reso possibile anni più tardi (1997), durante la COP-3, tenutasi a Kyoto, in Giappone, la creazione del mediatico Protocollo di Kyoto.

Secondo Rafael Santos de Oliveira, op. cit., p. 148,

“Le due Convenzioni costituiscono un tipico esempio di ‘nuova ingegneria’ normativa presente nel Diritto Ambientale Internazionale. La struttura iniziale non è molto complessa e sufficientemente chiara riguardo i mezzi di esecuzione,

tuttavia mediante protocolli addizionali sono aggiunte modalità di porre in pratica i precetti inizialmente previsti. Per tale ragione, è possibile addirittura stabilire una discussione relativamente all’identificazione o meno di queste convenzioni come strumento di soft law. Tra gli ulteriori risultati della Conferenza, tuttavia, che ugualmente fanno parte di questo nuovo modo di creare diritto, si trovano tre strumenti la cui identificazione come soft law é incontrovertibile.”

Di fatto, le due Convenzioni (Mutamenti Climatici e Diversità Biologica), sebbene posseggano forma di documento di hard law, hanno un contenuto talmente aperto, talmente generale che ha bisogno di essere integrato successivamente attraverso altri documenti che portino ad una futura regolamentazione più dettagliata. Perciò, si dice che sono documenti con forma di hard law e contenuto di soft law, espediente che, a somiglianza dei meccanismi di riserva dei trattati, permette agli Stati di non impegnarsi giuridicamente su taluni punti che non condividono. Con le parole di Rafael Oliveira66, “il suo contenuto flessibile e progressivo gli conferisce la proprietà di un tipico strumento di soft law, sebbene il suo rivestimento sia di uno strumento di hard law”.

Ma non solo: da questa Conferenza nacquero tre importanti documenti, con forma e contenuto non vincolanti (soft law), ma indicativi di obiettivi da perseguire da parte degli Stati: la Agenda 21, la Dichiarazione di Rio de Janeiro sull’Ambiente e lo Sviluppo e la Dichiarazione di Principi sulle Foreste.

Questi documenti mantengono al loro interno la comune vocazione di servire da stimolo agli Stati al fine di ottenere l’adozione di politiche pubbliche e leggi interne (di portata costituzionale o subcostituzionale), che

ne accolgano il contenuto, e fissano i principi da considerarsi basilari per una politica ambientale di livello e portata mondiale. Gli Stati, sebbene non vincolati, si sentono costretti, in ambito diplomatico, ad adottare questi principi normativi come fondamenti e obiettivi da perseguire. Si rivelano, così, obbligazioni di mezzo, lasciando agli Stati l’integrazione di tali norme mediante l’adozione di pratiche compatibili con gli obiettivi e la nozione di sviluppo sostenibile.

Si veda, in proposito, che, soltanto nella Dichiarazione di Rio de Janeiro sull’Ambiente e lo Sviluppo l’espressione “sviluppo sostenibile” compare in 12 dei 27 principi. Inoltre, è sempre nella Dichiarazione di Rio che sono inseriti i principi che possono essere considerati regole di Diritto Internazionale, oltre che fonti di diritto interno degli Stati, come i principi di diritto ambientale di precauzione67, dell’inquinatore pagatore68, della

67 Principio 15 della Dichiarazione: “...In caso di rischio di danno grave o irreversibile,

l'assenza di certezza scientifica assoluta non deve servire da pretesto per rinviare l'abolizione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale.”

68 Principio 16: “Le autorità nazionali dovranno adoperarsi a promuovere

l'"internalizzazione" dei costi per la tutela ambientale e l'uso di strumenti economici, considerando che è in principio l'inquinatore a dover sostenere il costo dell'inquinamento, tenendo nel debito conto l'interesse pubblico e senza distorcere il commercio internazionale e gli investimenti”.

responsabilità comune ma differenziata69 e della valutazione di impatto

ambientale70, solo per citarne alcuni.

Il secondo strumento di soft law creato è stato la Dichiarazione di principi sulle Foreste (Non-Legally Binding Authoritative Statement of Principles for a Global Consensus on the Management, Conservation and Sustainable Development of All Types of Forests). Tale strumento garantisce agli Stati il diritto sovrano di sfruttare le proprie foreste in modo sostenibile, secondo le proprie necessità, ma non introduce elementi normativi invocabili dinanzi ad istanze politiche o giudiziarie internazionali riguardo la conservazione e lo sfruttamento delle foreste71.

Infine, l’importante Agenda 21 e la conseguente Commissione di Sviluppo Sostenibile, creata in particolare per monitorare la sua realizzazione, individua lo sviluppo di politiche per il secolo 21esimo, su questioni ambientali e di sviluppo, mediante la cooperazione internazionale e lo sviluppo di un sistema di partnership tra organizzazioni non governative (ONGs) e Nazioni Unite, così come la creazione di commissioni nazionali di sviluppo sostenibile per la messa in atto di uno degli accordi presi dagli Stati: la creazione di Agenda 21 nazionali. L’Agenda 21 è costituita da un insieme di 2.500 raccomandazioni tese alla conservazione delle risorse naturali,

69 Principio 7: “...In considerazione del differente contributo al degrado ambientale

globale, gli Stati hanno responsabilità comuni ma differenziate. I paesi sviluppati riconoscono la responsabilità che incombe loro nel perseguimento internazionale dello sviluppo sostenibile, date le pressioni che le loro società esercitano sull'ambiente globale e le tecnologie e risorse finanziarie di cui dispongono.”

70 Principio 17: “La valutazione d'impatto ambientale, come strumento nazionale, sarà

effettuata nel caso di attività proposte che siano suscettibili di avere effetti negativi rilevanti sull'ambiente e dipendano dalla decisione di un'autorità nazionale competente.”

71 In proposito, cfr. SOARES, Guido Fernando Silva. Direito Internacional do Meio

educazione, pianificazione di una economia sostenibile e sostegno dei paesi ricchi ai paesi poveri, nonché il sostegno alla crescita economica associata allo sviluppo sostenibile.

Dopo tali eventi storici, tuttavia, pochi progressi si sono verificati in termini di cambiamenti globali, facendo nascere peraltro l’espressione “deficit di implementazione della Conferenza di Rio”, dimostrando che molti di quegli importanti principi di diritto ambientale, soprattutto quello dello sviluppo sostenibile, non hanno conseguito un’applicazione pratica nella maggioranza dei paesi che, solennemente, hanno assunto i detti accordi. Conferenze si sono tenute successivamente, come quella di Johannesburg in Sudafrica nel 2002, nota come Rio +10, così come la Conferenza di Rio de Janeiro nel 2012 (Rio +20), oltre alla stipula di accordi integrativi o protocolli addizionali ai trattati sorti in queste Conferenze, come il Protocollo di Kyoto (1997) e la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici.

Sebbene ancora permanga una sensazione di grande deficit di applicazione dei principi sorti con la Conferenza di Rio, l’ONU ha assunto un ruolo rilevante come organismo di difesa dell’ambiente nel mondo ponendosi, nonostante il carattere generalmente non vincolante delle sue proposizioni, come un importante mezzo di coazione sui suoi membri, con ripercussioni estremamente negative per gli Stati che danneggiano l’ambiente, anche escludendoli da trattati di cooperazione o accordi commerciali. Inoltre, ha favorito una ampia discussione sociale sulla tematica ambientale, rendendo la popolazione mondiale ogni giorno più preoccupata e impegnata e

permettendo anche la formazione di movimenti sociali specifici, forum di discussione, come il Forum Sociale Mondiale (FSM)72, etc.

E, con ciò, ha contribuito all’evoluzione del diritto internazionale dell’ambiente, con riflessi indelebili nelle politiche ambientali di ciascun paese, come è il caso del Brasile.

II.III LIMITI ALLA LEGISLAZIONE AMBIENTALE INTERNA IMPOSTI DAL