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L’INTERNALIZZAZIONE DEI COSTI DI CONTROLLO:

III.IV AMBIENTE E MERCATO

III.IV.IV. INTERNALIZZANDO I COSTI

III.IV.IV.III L’INTERNALIZZAZIONE DEI COSTI DI CONTROLLO:

Le note difficoltà economiche attraverso le quali passano le nazioni, a partire soprattutto dagli anni ’80, hanno portato ad una diminuzione della dimensione statale e all’adozione di politiche dette neoliberiste, che allontanano, tanto quanto sia possibile, lo Stato dall’economia, lasciandolo intervenire solo in quei casi strettamente necessari al raggiungimento dei suoi fini. Quello Stato, prima interventista e regolatore, dà luogo a una economia di mercato, in cui poco o niente si sente la presenza dello Stato, discussione questa che già è stata affrontata nella prima parte del presente lavoro.

Si comprende che lo Stato – secondo tale dottrina- deve solo agire per garantire le condizioni di funzionamento del mercato, lasciando che sia questo stesso, il mercato, ad incontrare i livelli adeguati di produzione, consumi e prezzi. Scompaiono le scorte regolatrici di prezzo, scompaiono le pianificazioni e i sussidi. Il mercato, secondo questa visione neoliberale, tende ad adeguarsi senza la necessità della partecipazione dello Stato. È evidente che questa politica ha portato all’esclusione sociale e all’aumento delle

diseguaglianze regionali, secondo quanto osservato già da Paulo Bonavides109.

In tale prospettiva, le risorse disponibili per lo Stato sono scarse e la loro applicazione deve essere adeguatamente risolta attraverso l’adozione di politiche pubbliche includenti e che permettano allo Stato di adempiere alla propria funzione di garantire condizioni sostanziali agli individui, in uguaglianza di condizioni, si sviluppino e progrediscano, adempiendo agli impegni costituzionali (in una prospettiva di Stato Sociale costituzionale). Ora, giustamente questa scarsità comporta che le soluzioni in termini di politiche pubbliche ambientali siano più efficienti110 possibili, affinchè le

limitate risorse disponibili siano adoperate in modo che portino il maggior beneficio (sociale) possibile al minor costo possibile.

Questa medesima concezione, applicata al caso di riduzione o abbattimento dell’inquinamento, in una prospettiva di “analisi costo- efficacia” cerca di incorporare la variabile “efficienza” negli investimenti necessari per il raggiungimento degli obiettivi socialmente desiderati, o quantomeno, stabiliti.

Cânepa111 fa un esempio per l’applicazione di tale teoria: immaginiamo

un bacino idrografico nello Stato del Rio Grande do Sul (Bacino del Rio dos Sinos), in cui si stima una portata di DBO5 (domanda biochimica di ossigeno) di 86.000 tonnellate/anno, generata dai settori dell’allevamento, rifiuti e

109 BONAVIDES, Paulo. Do Estado Liberal ao Estado Social. 9ª Ed. São Paulo: Malheiros

Editores, 2009.

110 Si adotta il concetto economico di efficienza, nel senso di ottenimento dei migliori

risultati possibili, o maggiori benefici possibili, con le risorse impiegate.

111 CÂNEPA, Eugênio Miguel, in Economia do Meio Ambiente: Teoria e Prática. MAY,

industria. Si stabilisce un determinato obiettivo di abbattimento della portata inquinante o obiettivo di qualità dell’acqua (alterazione della classe dell’acqua per esempio), poiché, pertanto, sarà necessario abbattere il 40% di tale portata di DBO5. Solo che si sa che i costi di abbattimento per questi settori sono abbastanza diversi, individualmente considerati. L’industria, già pressata da diverse autorità ambientali, adotta metodi avanzati di abbattimento, poiché, per aumentare l’abbattimento, avrebbe bisogno di trattamenti terziari o ancora non disponibili nel mercato o particolarmente costosi (a un costo di U$ 23.400/ton/anno). L’allevamento di animali, tuttavia, che ancora non adotta nessun sistema di riduzione del carico organico, o adotta un sistema molto rudimentale, potrebbe, a costo minore (costo di U$4/ton/anno) di quello sperimentato dall’industria, abbattere una grande parte di tale carico, e così anche il settore dei rifiuti (costo di U$11/ton/anno). Sulla base di questi dati, sarà possibile stabilire, regolandolo, un prezzo in modo da indurre i diversi settori ad un abbattimento efficiente. Diciamo che tale prezzo sia definito in U$8/ton/anno. Ora, il settore che ha un costo di U$4/ton/anno preferirà abbattere l’inquinante rispetto a pagare il prezzo. I restanti settori preferiranno pagare il prezzo che sarà minore rispetto ai costi di abbattimento.

Con ciò, ancora secondo CÂNEPA112,

“Si giungerà facilmente alla conclusione modello dei libri di testo; l’abbattimento proporzionale, fonte per fonte (caratteristico, per esempio, della politica di comando e controllo e dei suoi modelli di emissione), é inefficiente in termini allocativi, tanto dal punto di vista statico che dinamico ( in questo caso, in virtù dell’esistenza dell’interesse e della possibilità di innovazione tecnologica). Già lo

spostamento lungo la curva del costo marginale globale ci garantisce che la società sta raggiungendo gli obiettivi stabiliti al minor costo possibile.”

I due grandi strumenti per raggiungere tale “efficacia” sono economici, nello specifico il pagamento per lo scarico degli effluenti nel bene ambientale oggetto di politica ambientale (come nel caso considerato nell’esempio) come base nel principio dell’inquinatore pagatore, e la determinazione di quote o permessi di inquinamento113.

Supponiamo, tuttavia, che si decidesse di migliorare la qualità dell’acqua: sarebbe possibile il rilascio di una quantità determinata (fissa) di sostanze inquinanti. Il Governo fisserebbe tale quantità e distribuirebbe certificati di inquinamento tra quelli autorizzati al rilascio. Tali agenti autorizzati potrebbero liberamente negoziare tali certificati, stabilendo un prezzo che sarà il “costo-efficacia”. Questo strumento sarà meglio analizzato in seguito.

Altra analisi possibile è quella del costo-beneficio: come principale caratteristica che la differenzia dall’analisi costo-efficacia è che - mentre l’obiettivo finale stabilito nella seconda è esogeno rispetto al sistema economico, ossia decisa dal sistema della politica - nella prima sarà proprio il sottosistema economico a stabilire l’obiettivo finale, “mediante il confronto tra i

costi e i benefici dell’abbattimento dell’inquinamento”114, ossia, lo stesso sistema

economico definirebbe il livello ottimo di abbattimento dell’inquinamento, che potrebbe non coincidere con il livello desiderato dal Governo (cioè,

113 CÂNEPA, op. cit., p. 83. 114 CÂNEPA, p. 92

normalmente non coinciderà, poiché gli obiettivi del Governo e del mercato sono diversi).

In tal modo, è obbligatorio concludere che se fosse lasciato al mercato decidere il livello di inquinamento da emettere, questo deciderà tenendo in considerazione l’aspetto della efficienza economica e non l’aspetto dell’interesse ambientale, il quale non risponderà, di certo, all’aspettativa sociale. Così si comprende, che le soluzioni attribuite unicamente al mercato per risolvere i problemi ambientali non sono efficaci, poichè il mercato è, per sua natura, “refrattario al paradigma dello stato di diritto”, con le parole del Ferrajoli115, poiché non è in grado di correggere tali distorsioni. Dunque,

quando non lo fa, deve farlo lo Stato. Qui sorgono delle questioni chiave: lo Stato ha agito per correggere queste distorsioni? Come? Ha agito in maniera efficace? Di quali meccanismi dispone? Sarà sufficiente solo correggere le esternalità o esistono limiti etici che devono essere rispettati? È possibile allo Stato interferire nel mercato attraverso la regolazione? Con quale strumento?