• Non ci sono risultati.

II.I PRECEDENTI DEL MOVIMENTO AMBIENTALISTA E FORMAZIONE

II.I.I INTRODUZIONE

Ogni sistema politico adottato lungo la storia dagli Stati ha attribuito, come sin ora visto, maggiore o minore importanza ai diritti che si propone di tutelare. La società civile, allo stesso modo, percepisce la necessità della tutela dei “nuovi diritti”: si organizza, si movimenta, e di conseguenza questi ultimi vengono legittimamente accolti dall’ordine giuridico e passano ad essere tutelati dallo Stato. Le leggi che sorgono in relazione a questo movimento sociale godono, nella realtà, di una forte legittimazione politica.

Il movimento ambientalista, dal quale deriva la percezione della necessità della costruzione di un diritto che regolamenti le relazioni dell’Uomo con la natura, assume contorni di scientificità a partire dalla seconda metà del secolo XX, sul piano internazionale. In realtà, il riconoscimento della necessità di tutelare i nuovi problemi ecologici che sorgevano, e di fornirgli soluzioni giuridiche deriva, soprattutto, dall’aumento delle relazioni internazionali, specialmente nel campo delle relazioni commerciali, sempre più globalizzate a partire dalla Seconda Guerra e, d’altro canto, senza un meccanismo (giuridico e istituzionale) adeguato per regolare queste relazioni.

Sergio Marchisio sostiene che:

“La comunità internazionale ha riconosciuto l’esigenza di dare risposte adeguate ai problemi ecologici a partire della seconda metà del secolo XX, attraverso strumenti tendenti a ridurre le cause principali d’inquinamento e a tutelare l’ambiente e le risorse naturali della Terra.”50

Di fatto, prima di tale periodo di rapido sviluppo ambientalista e della conseguente formazione del diritto ambientale internazionale, che si sono verificati nel decennio degli anni ’70, si sono manifestati alcuni segni importanti, come decisioni arbitrali o trattati (prevalentemente bilaterali), tendenti tuttavia a tutelare molto più le relazioni commerciali che le parti coinvolte o la condivisione dell’uso delle risorse naturali rispetto alla vera e propria protezione di tali risorse, riconoscendogli un valore ecologico intrinseco.

Possiamo citare gli accordi che regolavano la navigazione sui corsi d’acqua internazionali, portando ad esempio le Commissioni istituite in Europa, tra cui la Commissione Internazionale Fluviale per il Danubio, il Reno o l’Elba, tutte create anteriormente alla Prima Guerra Mondiale, ma che - si deve riconoscere – sono state trasformate dopo in strumenti importanti per la tutela dell’ambiente.

Significativo è il caso della Commissione per il Reno, creata negli anni 1815-1831, e più tardi trasformata, con l’Accordo di Berna del 29 aprile 1963, in Commissione per la protezione del Reno contro l’inquinamento51.

50 CORDINI, Giovanni; FOIS, Paolo e MARCHISIO, Sergio. Diritto Ambientale: Profili

Internazionali Europei e Comparati. Seconda Edizione. Torino: G. Giappichelli Editore, 2008, p. 1.

Solo nel secolo XX si inizia a pensare a trattati bilaterali o multilaterali per la protezione di specie della fauna, come la Convenzione di Parigi del 19 marzo 1902 sugli uccelli utili all’agricoltura e i trattati sulla protezione delle foche da pelliccia.

Durante il periodo intermedio tra le due Guerre mondiali, si ebbero la Convenzione di Londra del 8 novembre 1933, per la protezione della fauna e della flora naturali in pericolo di estinzione in determinate parti del mondo, in particolare per l’Africa, oltre alla Convenzione di Washington, sottoscritta il 12 ottobre 1940, per la protezione della fauna, della flora e delle bellezze naturali nei paesi americani.

Un punto importante in questa evoluzione fu, nel 1941, la decisione arbitrale del 11 marzo, in una controversia internazionale sorta tra gli Stati Uniti e il Canada, nel caso della Fonderia canadese Smelter (Trail Smelter)52,

che generava inquinamento atmosferico dovuto al rilascio di fumi tossici (biossido di zolfo) con conseguenze dannose a persone, animali e beni situati sul territorio statunitense, in tal modo causando inquinamento che oltrepassava il territorio del proprio paese che sopportava e permetteva quella attività. Questa decisione, sorta in occasione di tale incidente internazionale ebbe particolare importanza nella misura in cui fu la prima ad affermare che, secondo i principi di diritto internazionale, a nessuno Stato spetta il diritto di utilizzare o consentire l’uso del proprio territorio causando danni al territorio o alla proprietà privata in un altro Stato. È stata questa, per gran parte della http://eurex.europa.eu/Notice.do?mode=dbl&lang=it&ihmlang=it&lng1=it,pt&lng2=da,de,e l,en,es,fr,it,nl,pt,&val=58382:cs&page=. Accesso in data 03.05.2012.

52 Disponibile su: http://untreaty.un.org/cod/riaa/cases/vol_III/1905-1982.pdf.

dottrina, la prima manifestazione formale del Diritto Internazionale all’ambiente, per quanto riguarda le relazioni bilaterali, ed è divenuta un precedente per le successive decisioni53.

É chiaro, tuttavia, come evidenzia Marchisio, che questa decisione costituisce un episodio, ma molto rilevante nell’aspetto storico evolutivo, “per

poter sostenere che la tutela dell’ambiente si è affermata como valore condiviso della comunità internazionale”54, non giungendo a creare consenso internazionale,

ancor meno jus cogens, poiché lo Statuto dell’ONU55, del 26 giugno 1945 non

include tra i suoi obiettivi la protezione dell’ambiente, in ragione del fatto che il diritto internazionale si basava fortemente sul principio di sovranità degli Stati sulle risorse naturali presenti all’interno dello spazio territoriale o marittimo di ciascuno.

53 BAPTISTA, Zulmira Maria de Castro. O direito ambiental internacional: política e

consequências. São Paulo: Editora Pillares, 2005, p. 43.

54 Op. Cit., p. 4.

55 ONU, Statuto Delle Nazioni Unite, 1945, art. 1

Capitolo I – Fini e principi Articolo 1

I fini delle Nazioni Unite sono:

1. Mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ed a questo fine: prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace, e conseguire con mezzi pacifici, ed in conformità ai principi della giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie o delle situazioni internazionali che potrebbero portare ad una violazione della pace.

2. Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto-decisione dei popoli, e prendere altre misure atte a rafforzare la pace universale;

3. Conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di carattere economico, sociale culturale od umanitario, e nel promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione;

4. Costituire un centro per il coordinamento dell’attività delle nazioni volta al conseguimento di questi fini comuni.

Ancora negli anni ’50 e ’60 predominava, in ambito internazionale e per ciò che concerne la protezione dell’ambiente, una visione eminentemente utilitaristica, con una coscienza ecologica molto timida da parte degli Stati. Prevaleva su tutti il principio della sovranità territoriale, ossia, della possibilità di utilizzare le risorse naturali esistenti nei limiti territoriali secondo le norme interne e allo stesso tempo si riconosceva la facoltà d’uso degli spazi internazionali senza particolari obblighi rispetto alle misure antiinquinamento, salvo timidi vincoli relativi alle condotte più gravi, anche pregiudizievoli, in qualche modo, rispetto allo sfruttamento da parte di altre nazioni.

Tra questi, ad esempio si possono ricordare la Convenzione di Parigi sugli uccelli selvatici (1950), la Convenzione di Londra sull’inquinamento marino da idrocarburi (1954), il Trattato di Washington (1959), il quale si limitava a vietare lo scarico di materiale radioattivo o, ancora, il Trattato del 1967, contenente principi che regolano l’uso e lo sfruttamento dello spazio extratmosferico da parte degli Stati, ove sono presenti riferimenti soltanto generici relativi all’introduzione di materiali extraterrestri sulla Terra, senza preoccuparsi di fatto dell’ambiente cosmico o di rifiuti speciali.

Questa visione eccessivamente utilitaristica, nel senso che la finalità a cui la sottoscrizione tali trattati tendeva era la protezione dell’ambiente non come valore in sè, ma come un mezzo utile o addirittura necessario per soddisfare le necessità umane al fine di accrescere il benessere56, è culminata,

il 14 dicembre 1962, nella Risoluzione 1803 (XVII) della Assemblea Generale

56 In proposito, si veda: BENTHAM, Jeremy, Introduction to the Principles of Morals

and Legislation (1789), J. H. Burns and H. L. A. Hart, eds. (Oxford, Oxford University Press, 1996).

dell’ONU, contenente la dichiarazione sulla sovranità permanente degli Stati sulle proprie risorse naturali, come regola rispondente (o elemento costitutivo del) al diritto all’autodeterminazione delle nazioni, al cui punto 1 si legge:

“Il diritto dei popoli e delle nazioni alla sovranità permanente sulle loro ricchezze e risorse naturali deve essere esercitato nell’interesse del loro sviluppo nazionale e del benessere delle popolazioni dello Stato interessato.”

In questa dichiarazione di principi emerge con chiarezza la visione utilitaristica e eccessivamente antropocentrica dell’ambiente, che permeava quel momento storico nel quale, tuttavia, già si percepivano gli impatti significativi dell’Uomo sulla natura.

In tale contesto si andavano formando le teorie che hanno poi dominato in un certo periodo, nella convinzione che la natura fosse, in tutti i casi, al servizio dell’uomo e che il suo fine fosse l’aumento del benessere della specie umana.