• Non ci sono risultati.

Confronto dei risultati nelle varie parti del protocollo

L’analisi delle varie componenti ci ha mostrato che la competenza linguistica più colpita nella lingua non dominante è quella lessicale, di fatto, quella più esposta al danneggiamento della memoria dichiarativa ma anche all’invecchiamento cognitivo non patologico. È legittimo dunque chiedersi quanto la differenza che percepiamo sia una conseguenza diretta della demenza e quanto invece sia da attribuirsi all’effetto dell’attrito e della perdita linguistica osservati nei soggetti normali anziani bilingui (o immigrati più giovani) in condizioni non patologiche che accantonano per lungo tempo l’uso di una delle lingue. La storia linguistica del nostro paziente ci può forse venire in aiuto. Il signor R. è bilingue precoce, di lingua materna trevigiana ed ha appreso il francese in età prescolare. Da allora, il francese è senza dubbio la sua lingua dominante, la lingua in cui vive la quotidianità e che utilizza in tutti gli ambiti sociali. Non solo: ha perso l’opportunità di parlare la lingua materna da ben 14 anni, infatti, anche con il fratello comunica in francese. Se consideriamo tutti questi fattori, si capisce che sarebbe semplicistico

0 5 10 15 20 25 Francese Trevigiano

161

interpretare i 12 punti di sbilancio esclusivamente in termini di differenza di entità del danno provocato dalla malattia. Ciò che si può affermare con una relativa sicurezza è che la padronanza di entrambe le lingue risente seriamente della sintomatologia della demenza di Alzheimer, riflettendo le caratteristiche che si osservano anche nei pazienti monolingui: un evidente disturbo semantico-lessicale, interpretabile in termini di degradazione della rappresentazione semantica, e un’importante regressione dell’efficacia comunicativa, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti pragmatico- lessicali.

Nel prendere atto della differenza di performance a svantaggio della L1, è necessario tenere presente i molti studi (vedere Köpke, 2008; Köpke & Schmid 2007 per una rassegna) che sottolineano come in casi di attrito non patologico sulla L1 si registri un processo che rende gli oggetti della L1 inaccessibili nel lessico mentale e difficoltoso il recupero in memoria. Questo fenomeno si spiega con il fatto che i bilingui devono immagazzinare e manipolare un gran numero di informazioni a volte molto simili tra loro come parole semanticamente vicine, suoni che si corrispondono nei due (o più) sistemi linguistici, etc. Questo non significa che i cambiamenti che avvengono nella L1 abbiano origine nella seconda lingua, ma piuttosto che a causa di questa ridondanza l’informazione depositata in memoria tenda a deteriorarsi se non richiamata di tanto in tanto. In questo senso l’insorgere della demenza può acuire questo processo: quando determinati termini lessicali non sono utilizzati per lungo tempo, la loro soglia di attivazione può salire al punto che essi diventato temporaneamente o permanentemente inaccessibili (vedere Paradis, 2004). In questi casi il cambiamento del lessico mentale è dovuto a una semplificazione interna. Ad esempio, abbiamo visto come il nostro paziente produca parafasie semantiche o fonologiche (come granioto per ROSPO, tentativo di

costruzione dal crapaud francese o ancora vigna per UVA), o si affidi alla traduzione

francese oa circonlocuzioni verbali per spiegarsi (crayon ++ per scriva). Anche la lingua dominante viene interessata, in misura minore, da questa semplificazione lessicale, troviamo infatti la parafasia semantica cafard per FOURMI, nonostante l’item sia

perfettamente riconoscibile. Si consideri, inoltre, che vari studi descrivono il lessico mentale come organizzato in categorie e che nei pazienti affetti da demenza la

162

disgregazione avviene in gradi diversi a seconda se si tratti di un oggetto animato o di un oggetto inanimato (Silveri, 1993) risultato che aiuterebbe a spiegare la maggiore confusione in entrambe le lingue quando si tratta di riconoscere figure di animali95, abilità che pare, secondo vari studi ad esempio (Gazzaniga et al., 1998) sottintendere una compromissione cerebrale dei lobi temporali (una delle zone che sembra più coinvolta nel riconoscimento di esseri viventi).

La lingua dominante non è, inoltre, immune da fenomeni di “mancanza di parola”, basti pensare all’esecuzione carente del compito di fluenza linguistica e al breve dialogo che ne è seguito, che ha evidenziato una semplificazione che coinvolge anche il magazzino semantico del francese96, suggerendo quindi che il progredire della malattia conduca a un deficit di rappresentazione vera e propria sempre più diffuso.

95

La motivazione di tale dissociazione ancora non è chiara. Un’interpretazione prevede che la conoscenza semantica si organizzi in informazione percettiva e non percettiva. L’identificazione di esseri viventi farebbe affidamento maggiormente sulle proprietà sensoriali, mentre gli oggetti inanimati sarebbero identificati tramite proprietà funzionali. Caramazza e Mahon (2006) propongono una visione in cui la semantica è organizzata in "campi" (domains), sottesi da circuiti neurali specifici che si sono stabiliti nel corso dell’evoluzione, in seguito a un processo di selezione naturale. La necessità di poter rapidamente ed efficientemente giudicare la potenziale utilità o pericolosità di esemplari appartenenti a differenti categorie semantiche ha determinato lo sviluppo di circuiti neurali funzionalmente e anatomicamente separati che permettono di distinguere un vegetale commestibile da uno velenoso, se un animale sia un predatore o un oggetto di preda, o, infine, se la persona che abbiamo di fronte sia un amico o una persona sconosciuta di cui non conosciamo le intenzioni. A sostegno di tale ipotesi sono stati descritti pazienti che, all’interno della categoria ‘biologica’, presentavano un deficit concettuale o lessicale ristretto alla categoria degli animali, senza un contemporaneo deficit di elaborazione semantico-lessicale per cibi e strumenti musicali, per la cui identificazione è necessaria un’elaborazione prevalentemente su base percettiva.

96 L’organizzazione del lessico nel parlante bilingue è un punto ancora molto dibattuto tra i sostenitori della

teoria di un unico network semantico e quelli che ipotizzano l’esistenza di due magazzini semantici. A sostegno della prima ipotesi esistono dati che sottolineano come i confronti semantici tra parole appartenenti a lingue diverse richiedano lo stesso tempo di quelli nella stessa lingua, l’effetto priming si registra sia che esso appartenga alla lingua target, sia che esso appartenga all’altra lingua e lo stesso vale per l’effetto di interferenza di un eventuale input distrattore. Altrettanti esiti sperimentali si hanno a favore della teoria di organizzazione duale. La seconda ipotesi è stata descritta da Paradis con il nome di Three-

store Hypothesis (1980) e vari adattamenti di questa vengono oggi utilizzati da numerosi studiosi. Essa

prevede l’esistenza di un magazzino concettuale neurofunzionalmente distinto e ontogeneticamente precedente al sistema linguistico del quale invece fa parte il lessico. A questa sfera concettuale si collegano i magazzini semantici delle due lingue, i quali si devono distinguere, secondo Costa, Colomé & Caramazza (2001), dalle rappresentazioni lessicali. Queste, secondo questa rivisitazione della teoria, fanno riferimento solo alla forma lessicale, che fa da tramite diretto verso le caratteristiche lessicali. L’idea originale prevede invece che i significati semantici facciano parte a pieno diritto delle rappresentazioni lessicali, senza la distinzione sopra indicata.

163

ananas…

aah oui, ça aurait pu! allez, on continue.

comment on appelle ça, euh?

à quoi vous pensez ?

des cerises ? non!

quelle couleur ?

c’est marron

peut-être une châtaigne ?

non.

une noix ?

non.

noisette.

y’avait au bout de vigne, avant.

au bout des vignes ? c’est pas du raisin!

non. ce***

c’est dur ? ça se mange ?

oui, c’est sucré un peu

creux? comment dessus vous dites?

sucré un peu.

figue.

non.

et marron.

eh, non.

non, c’est pas marron?!

non.

quelle couleur, c’est marron?

marron.

et c’est dur...

il faut qu’il soit mûr.

il faut qu’il soit mûr… des coings?

non.

eeeeh, qu’est-ce que ça peut-être…

je sais pas comme on l’appelle, l’appelle.

c’est gros ?

bof, c’était comme ça (il fait un geste)

c’est pas très gros…

c’est joli, il en y avait au bout des vignes…

et c’est bon ?

oui, quand c’était mûr, il faut qu’il soit mûr.

je vois pas du tout ce que ça peut être. et ça s’achète encore au marché? pf, non.

non, ce sont des choses qu'on trouve comme ça dans la nature. Si ça vous reviens vous nous direz, hein!

Estratto ALIBI 8

I parallelismi a livello di performance sintattica ci possono dire di più sull’effettivo stato dei sistemi linguistici al netto delle perdite dovute alla mancanza di utilizzo,

164

dell’invecchiamento e dei conseguenti deficit di memoria dichiarativa, poiché l’elaborazione sintattica sfrutta soprattutto gli aspetti procedurali della memoria, venendo elaborata in maniera analoga alle informazioni implicite. Come si è detto, la

performance nell’ambito del protocollo non è ottimale e presenta caratteristiche di

degrado simili nelle due lingue. Possiamo però fare ulteriori osservazioni dettate dalla distribuzione degli errori in ciascuna lingua secondo tipologia di costrutto.