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Gli studi di neuroimaging ci permettono di osservare differenze a livello cerebrale tra gruppi di persone di età differenti che non sarebbero altrimenti misurabili tramite autopsia, confermandoci la presenza di modificazioni a livello microscopico tipiche della terza età.

La maggior parte delle lesioni microscopiche che si osservano nei soggetti in età avanzata non colpiti da alcun disturbo neurologico sono le stesse scoperte nei pazienti affetti da malattie neurodegenerative più comuni (in particolare demenza di Alzheimer, morbo di Parkinson e demenza con corpi di Lewy33). Tuttavia, bisogna specificare che per determinare, nei soggetti sani, la presenza e la localizzazione di queste lesioni è necessario un esame attento di un gran numero di campioni di tessuto cerebrale, poiché tali lesioni non sono numerose e lasciano intonse ampie regioni la cui integrità è considerata la linea di discrimine per distinguere tra normalità e patologia. Come possiamo notare, dunque, la differenza tra il decorso dell’invecchiamento normale e quello patologico risiede nella quantità piuttosto che nella qualità. Le modificazioni

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I corpi di Lewy sono degli ammassi proteici anomali che si sviluppano all'interno delle cellule nervose, identificabili mediante esame immunoistochimico al microscopio del tessuto nervoso interessato. Possono essere sottocorticali (localizzati principalmente nel tronco encefalico) o corticali. Prendono il nome dal loro scopritore, il neurologo Frederic Lewy.

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occorrenti, chiamate anche “lesioni elementari”, sono infatti comuni ai due casi e consistono in:

 Una diminuzione del numero dei neuroni in determinate regioni cerebrali (perdita neuronale) e un impoverimento delle connessioni sinaptiche (perdita sinaptica);  Sedimentazione interneuronale di derivati proteici (lesioni neurofibrillari);

 Presenza di depositi intercellulari particolari, in parte sotto forma di amiloide (placche).

Altre anomalie osservate, come l’accumulo all’interno del neurone di materie residuali del metabolismo neuronale, di norma non interferiscono nel funzionamento cerebrale. Fino a quando lo svolgimento di una data funzione può essere assicurato da altri neuroni, la perdita neuronale in età avanzata non produce segni clinici, giacché possono essere impiegate nuove sinapsi per sostituire la funzione perduta: si tratta di un processo “fisiologico”. Infatti, la maggior parte dei nostri neuroni perde ogni capacità di differenziarsi dopo la nascita e va incontro a un processo di eliminazione (apoptosi) senza sostituzione, necessaria al mantenimento delle buone funzionalità del cervello. Ciononostante, i neuroni non scompaiono in maniera omogenea nel corso della vita: hanno un decremento più rapido nella corteccia cerebrale associativa, nei nuclei dell’amigdala, nel putamen, nel nucleo basale di Meynert, nella substantia nigra, nel locus coeruleus sia a livello del tronco cerebrale che del corno anteriore del midollo spinale. Le popolazioni di neuroni interessate hanno compiti in comune, essenzialmente attinenti alla sintesi di uno stesso neurotrasmettitore coinvolto nelle funzioni cerebrali vicine34. La perdita neuronale è difficilmente quantificabile osservando solamente una sezione microscopica del cervello, poiché la perdita avviene in colonne, cioè coinvolge in uno stesso momento un insieme di neuroni che si trova sullo stesso asse perpendicolare alla superficie della corteccia cerebrale, provocandone una diminuzione globale della superficie, ma non una diminuzione della densità neuronale per grammo di sostanza grigia. La perdita dei neuroni potrà essere compensata dall’aumento del volume delle

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Neuroni glutammatergici (ippocampo e corteccia associativa), colinergici (nucleo basale, nucleo settale mediano, banda diagonale di Broca), neuroni serotoninergici (rafe dorsale) e neuroni noradrenergici (locus coeruleus).

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cellule di sostegno adiacenti, gli astrociti, e provocherà l’attivazione delle cellule microgliali, deputate alla difesa immunitaria.

Come abbiamo accennato, il processo d’invecchiamento vede anche la comparsa di lesioni neurofibrillari, createsi in seguito all’apparizione di filamenti di aspetto elicoidale (filamenti elicoidali appaiati) nel citoplasma dei neuroni, fibrille che possono essere rese visibili grazie a una colorazione con sali d’argento. Per queste fibrille intraneuronali si distinguono tre stadi: uno stadio precoce, durante il quale sono poco colorabili ma individuabili con l’ausilio del microscopio elettronico e l’immunoistochimica35 (predegenerazione neurofibrillare), uno stadio maturo caratterizzato dalla presenza di vaste fibrille nel corpo cellulare del neurone (degenerazione neurofibrillare) e uno stadio avanzato al giungere del quale il neurone è ormai morto e lascia posto a un deposito extracellulare (fantasma neuronale). Le lesioni che ne derivano sono principalmente costituite di proteina TAU, identificabile tramite immunoistochimica.

La presenza di placche a livello dell'ippocampo, del giro del cingolo e nelle cortecce associative delle regioni frontali e temporo-parietali rappresenta un’altra caratteristica del cervello di persone anziane esenti da disturbi cognitivi, nonostante le prime descrizioni riguardino pazienti con la demenza di Alzheimer e persone affette dalla sindrome di Down. Le placche sono depositi extracellulari costituiti da amiloidi, sostanze che, come le amilacee36, reagiscono alla colorazione con sostanze come il rosso Congo o la tioflavina; specifichiamo però che, nonostante questa caratteristica in comune con gli amidi, si tratta di peptidi o proteine accumulati nei tessuti in modo atipico, caratterizzati da una struttura detta β a pieghe, cosa che li rende particolarmente resistenti ai normali processi di metabolismo proteico. Nel loro stadio maturo (placche senili) si reggono su una parte centrale molto densa formata esclusivamente dal peptide βA4 e sono completati, al loro ultimo stadio, da prolungamenti formati da detriti neuronali (principalmente frammenti assonali) che convergendo verso la parte centrale creano delle placche neuritiche (cioè placche che si trovano al di fuori del neurone). I depositi di Aβ si

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L’immunoistochimica è una tecnica in grado di individuare specifiche molecole o strutture del compartimento intra ed extra cellulare, grazie alla coniugazione di antigene-anticorpo e al successivo trattamento con sistemi di rivelazione (enzimatici, fluorescenti) che ne rendono visibile l’avvenuta reazione al microscopio.

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concentrano allo stesso modo sulle pareti dei vasi sanguigni, in particolare delle piccole arterie delle meningi e della corteccia cerebrale; in caso di abbondanza di tali sedimenti, la condizione è considerata patologica.

A questo quadro vanno aggiunti altri tipi di modificazioni come l’accumulo nel citoplasma della cellula delle sostanze che il neurone non riesce a deteriorare: si parla di un processo che va avanti lungo tutto il corso della vita, ha un picco verso i 60 d’età per poi diminuire drasticamente negli ultimi decenni di vita, a causa probabilmente della diminuzione del numero dei neuroni nelle zone in cui queste sostanze si trovano. Le sostanze interessate sono il pigmento lipofuscina e la neuromelanina, il pigmento nero che dona il colore caratteristico alla substantia nigra e al locus coeruleus. Altre alterazioni che interessano i soggetti anziani sono la riduzione dell’entità del flusso ematico cerebrale, in media del 20% rispetto all’età adulta e l’alterazione della struttura dei vasi sanguigni cerebrali, quali lesioni ateromatose delle arterie, calcificazioni dei vasi del talamo e del corpo striato, e variazioni nel sistema di microcircolazione.

Da non dimenticare anche gli aspetti metabolici e biochimici: lo stress ossidativo, senza dubbio il più importante, consiste in un eccesso di radicali liberi, sostanze caratterizzate da elevata reattività e instabilità chimica37, prodotte durante i normali processi metabolici, che provoca effetti nocivi a livello cellulare. L’azione dei radicali liberi è spesso accompagnata da fenomeni infiammatori e si manifesta principalmente su componenti cellulari quali lipidi, acidi nucleici e proteine del citoscheletro, alterazione strutturale che ha ripercussioni sul trasporto dei neurotrasmettitori e delle neutrofine. Ne consegue un effetto domino su vari fenomeni vasomotori, un’insufficienza dell’apporto del glucosio al cervello, una diminuzione della risposta immunitaria e maggiore permeabiità della barriera emato-encefalica, eventi che faciliterebbero l’estendersi di lesioni cerebrali più gravi.