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L A CONQUISTA DELLA S IBERIA

Nel documento … O RIENTE ,O CCIDENTEEDINTORNI (pagine 151-163)

UN AGGIORNAMENTO

Sergio Bertolissi

La Russia impiegò un intero secolo per annettere la Siberia,1 dal 26 ottobre 1582, data convenzionale della spedizione di Ermak alla conquista della capitale del khanato di Siberia Kaslyk, fino al 1697, quando fu raggiunta la Kamcatka e l’Oceano Pacifico.

Ciò avvenne a conclusione di un lungo e non sempre evidente disegno di espansione del territorio da parte del Principato di Mosca.

Molto prima della conquista del khanato di Kazan’(1552) e dell’affermazione del dominio moscovita sul medio Volga e la parte meridionale della Kama, vi erano già stanziamenti russi di fronte agli Urali medi nella zona che veniva designata

Velikaja Perm’, la Grande Perm’, e che aveva come centro principale amministrativo

Čerdyn sulla Kolva, uno degli affluenti settentrionali della Kama. Questi centri, secondo il censimento Jachontov del 1647, nel 1579 erano scarsamente abitati, essendovi 1671 abitanti nella regione della Grande Perm’ e 326 nella città di Čerdyn, eppure essi rappresentarono degli ottimi punti di partenza per le future spedizioni, essendo quest’ultima centro di congiunzione di un sistema fluviale che collegava la parte di qua degli Urali (fiumi Kolva e Kama e Višera) con il sistema oltre uralico, siberiano, che dal Tobol’ si allacciava all’Irtyš e all’Ob’. Čerdyn divenne anche punto di raccordo con il sistema fluviale della Russia europea, come l’altro centro Sol-Kamskaja (oggi Solikamsk), fondata più tardi, che congiungeva i vecchi centri russi della Dvina settentrionale con i nuovi della bassa Kama e del medio Volga. Questi punti avanzati, più che parte di un disegno precostituito, rappresentarono un ottimo riferimento oggettivo per le successive spedizioni vere e proprie; per il momento erano importanti centri commerciali e, come nel caso di Sol-Kamskaja, anche produttivi, di sale in particolare (16 saline sono rilevate dal censimento citato). Alla fine del XVI secolo, coloni russi si spinsero più a sud, discendendo la Kama, e si stabilirono un centinaio di chilometri più a sud nella regione compresa tra gli affluenti Inva e Obva, dove “campi coltivabili sono

Questo saggio fa parte di un più ampio capitolo di un volume in preparazione, dal titolo Stato e

territorio nella storia russa.

1 Il nome Siberia deriva, tradizionalmente, dal russo Sibir, con cui veniva tradotto il nome Kašlyk, dato alla capitale del khanato, e poi esteso all’intera regione via via conquistata. Il linguista Omeljan Pritsak ha recentemente definito un nuovo percorso della parola Sibir, innovando rispetto alla letteratura sull’argomento (Pritsak, 1999, pp. 37-44). Alcuni linguisti ritenevano che il toponimo derivasse da una delle etnie ugriche, sapir-sabir, di cui i gruppi dei Khanti e dei Mansi, che vivevano nella regione del khanato siberiano, erano i discendenti. Pritsak, invece, riferisce le origini del toponimo agli etnonimi dei popoli proto-mongoli Wu-huan e Hsien-pi. Va, in ogni caso, abbandonata la traduzione, popolare, di

Siberia come “terra che dorme”, invalsa in alcune libri di divulgazione o di resoconti giornalistici (cfr.,

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numerosi e fertili dato il clima più mite, e si producono grano, miele e luppolo”.2 Un’altra spinta espansiva verso sud-est avvenne nella seconda metà del XVI secolo in seguito alla concessione di un vasto territorio alla famiglia degli Stroganov. Nel 1558, i fratelli Jakov e Grigorij Stroganov, ricchi commercianti e industriali della regione di Sol-Vytchegodsk, proprietari di saline e d’imprese commerciali in Russia e nella zona di Velikaja Perm’, ottennero da Ivan IV il diritto di sfruttamento dei vasti territori posti sulle due rive della Kama tra la confluenza della Sylva a nord, e quella della Čusovaja a sud.3 Dieci anni dopo, nel 1568, ottennero una seconda concessione che li autorizzava a popolare e a costruire saline nella regione della Čusovaja e sulle due rive della Kama.4 Tali concessioni rappresentano un unicum nella storia russa, non essendo donazioni di diritto privato, bensì un vero e proprio trasferimento di potere pubblico, potendo gli Stroganov esercitare funzioni amministrative e giudiziarie nei confronti degli abitanti dei territori in concessione, con ciò richiamando piuttosto le carte coloniali che gli Stati europei concedevano all’epoca alle compagnie private. Nel 1616, tre anni dopo l’avvento della nuova dinastia dei Romanov, nel corso dell’Assemblea

della terra (zemskij sobor) lo zar impose agli Stroganov un contributo straordinario

che andava ad aggiungersi alla richiesta di corresponsione degli arretrati d’imposta:

Le autorità e gli eletti di tutti le province hanno deciso di reclamare da voi, Maksim, Nikita, Andrej e Pëtr, quaranta mila rubli, da prelevare dalle vostre proprietà e imprese industriali e dalle vostre ricchezze.5

Seguirono altre limitazioni alla concessione iniziale ottenuta a suo tempo dagli Stroganov, la prima (18 dicembre 1661) concerneva il divieto di dare asilo ai disertori dall’esercito:

E quando questa carta ti perverrà [era rivolta al voevoda Naumov], tu proclamerai a Perm’-Velikaja, a Čerdyn e a Sol-Kamskaja, l’assoluto divieto ai cittadini e ai contadini, ai reggitori, agli anziani, e a tutti gli abitanti dei domini e dei conventi degli Stroganov, di accogliere dei soldati fuggitivi, siano essi servi o stranieri, di nasconderli o di dar loro asilo […].6

La seconda limitazione (8 luglio 1662), rivolta al voevoda di Čerdyn, Goleniščev, si riferiva ad un’imposta straordinaria di 1/5 da prelevare nella regione di Perm’:

E quando ti perverrà la presente ordinanza di noi, grande sovrano, tu

2 Adrianov, 1893, p. 548

3 Ustrjalov, pp. 11 sgg., Andreev, 2000, e Vvedenskij, 1962. 4 G. F. Miller, 1750, pp. 80 sgg.

5 AAE, III, n. 81. 6 Ivi, IV, n. 128.

La conquista della Siberia: un aggiornamento 121 provvederai a prelevare 1/5 dagli introiti dei conventi, delle proprietà e delle concessioni fondiarie che tu voevoda avrai sotto di te, delle proprietà degli uomini di servizio, delle proprietà di Dmitrij Andreevič, Fedor Petrovič e Danil Ivanovič Stroganov […].7

Nel complesso, l’azione di colonizzazione compiuta dagli Stroganov nella zona portò a consistenti risultati:

Nel 1579 – secondo il censimento di Jachontov del 1647 – erano proprietari di 4 borghi fortificati (ostrogy), 15 villaggi di servi, mentre a metà del XVII secolo la composizione era aumentata a tre città, quattro borghi, villaggi e 40 fuochi di pope e servi della Chiesa, nell’insieme 120 persone, 1465 fuochi di contadini con 5239 persone.8

Furono fondati anche due monasteri, uno nel 1570 a Pyškor sulla Kama, e l’altro a Sol-Kamskaja, che aveva 60 fuochi di contadini con 2004 persone.

La colonizzazione delle terre da parte degli Stroganov si sviluppò, dunque, a sud in zone abitate, prima dell’arrivo dei Russi, da popolazioni di origini finniche e tatare, i Ceremissi e i tatari, mentre a nord, a cavallo dei due versanti degli Urali, vivevano i Voguli sulla Vyšera e la Losva. Un documento del 1622 segnala l’esistenza di un piccolo forte sulla Sylva, Sylvenskij ostrog, costruito dagli Stroganov allo scopo di difesa militare e di controllo fiscale sull’intenso movimento commerciale della zona, mentre cominciò a fare la sua comparsa anche il monastero ortodosso, come quello della Resurrezione di Sol-Kamskaja, che ottenne anch’esso la concessione dallo zar di una terra vuota collocata sulla Sylva, sui due bordi del lago Mjagkin. Già alla metà del XVI secolo la zona della Sylva apparteneva allo Stato russo, tanto che il suo sviluppo fece sì che un secolo dopo, nel 1668, la sua città principale, Kungur, ricevette un voevoda indipendente da quello di Čerdyn, e la sua prosperità attirò le incursioni dei Baskiri che, a differenza dei Čeremissi e dei Tatari menzionati, non si erano mai sottomessi alla presenza russa (vedi carta Popoli non russi in Siberia nel XVI secolo).

Nel frattempo, altri scontri con le popolazioni locali ultra-uraliche diedero sfondi diversi alla pacifica colonizzazione russa in atto. Nel 1581 le tribù dei Voguli, di origine finnica che abitavano sulle rive della Višera e della Losva, attaccarono gli insediamenti degli Stroganov sulla Cusovaja, costringendo lo zar a far intervenire il voevoda di Čerdyn in loro soccorso. L’anno seguente, lo stesso principe di Pelym, capitale della regione dei Voguli, attaccò in forze e bruciò Sol-Kamskaja e uccise molti russi. La risposta fu rappresentata dalla costruzione, verso il 1590, di un forte sulla Losva, al di là degli Urali, che divenne, nel momento, presidio armato della zona, e, nel futuro, modello del sistema di penetrazione russo in

Siberia.9 Dopo il forte sulla Losva, l’avanzata russa raggiunse e conquistò Pelym e

7 Ibidem.

8 DAI, 1846-75, I, VIII, n. 40. 9 RIB, II, nn. 56 e 60

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la capitale degli Ostjaki, Berezov, e fu a quel punto che, muovendo da sud sud-est, dai territori dell’antico khanato di Kazan’, i russi avanzarono nel territorio non più soggetto alla Grande Perm’, ma abitato dalle tribù turco-mongole dei Baškiri. Dopo la conquista di Kazan’ (1552), il contatto con le popolazioni baškire fu limitato dalla indeterminatezza delle frontiere e dal carattere nomade della loro vita, per cui il loro assoggettamento non poté essere immediato. La fondazione della città di Tjumen’ nel 1585, secondo le Cronache di Siberia (Sibirskie Letopisi), avvenne ad opera del distaccamento militare inviato da Mosca e composto da 300 uomini, guidati dai generali Sukin e Mjasnoj, che il 19 luglio fondò il forte (Turinsk) sulla Tara, affluente del Tobol’, che comunicava agevolmente con il bacino Irtyš-Ob’, zona da sempre fondamentale nelle comunicazioni tra la pianura russa e l’Asia. La città di Tjumen’, nata per proteggere la strada da Kazan’ verso l’Oriente, divenne una tappa nella penetrazione in Asia, seguendo ad essa la fondazione di Tobol’sk, sulla confluenza del Tobol’ con l’Irtyš, nel 1587, episodio conclusivo della spedizione di Sukin.

Il quadro che si presentava alla fine del secolo XVI comprendeva ormai sette città russe poste al di là degli Urali, in ordine decrescente: Tobol’sk, Berezov,

Turinsk, Tjumen’, Pelym, Surgut, Losva.10

È a questo punto e con le premesse indicate che i Russi iniziarono il confronto con l’unica realtà politica effettiva esistente al di là degli Urali, il khanato di Siberia, guidato da un discendente dei gengiskhanidi (i tajbugi), Kučum, mentre sullo sfondo altre tribù, come i Nogaj, cominciavano a rappresentare un pericolo

che la diplomazia degli anni precedenti non poteva più contenere.11

Dopo la penetrazione al di là degli Urali e la creazioni di città fortificate sul bacino Irtys-Ob’, gli emissari dello zar Ivan IV intrattennero relazioni con le tribù locali che erano “ben disposte”, soprattutto dopo la conquista di Kazan’, nei confronti dello zar di Mosca, al fine di stabilire la supremazia del Signore di tutta la

terra siberiana (così era stato completato il grande titolo dello zar di Mosca) e di

ottenere pelli e altre merci come tributi. Nel 1563 circa, si ebbe una specie si colpo di Stato da parte di Kucum che eliminò il principe Ediger capo dei Nogai, il che comportò l’interruzione dei rapporti con Mosca, che ripresero pochi anni dopo, su iniziativa di Ivan, al quale lo zar di Siberia rispose accogliendo le proposte di relazione, ferma restando l’assoluta indipendenza del suo khanato. Le incursioni di una e dell’altra parte comportarono una sostanziale sconfitta per le truppe di Mosca e la conseguente emanazione di una carta di concessione agli Stroganov, datata 30 maggio 1574, che accordava loro il diritto di penetrare in Siberia, dove sarebbero stati loro concessi analoghi diritti a quelli che esercitavano nei territori della Kama e della Čusovaja di sfruttamento della terra e dei suoi prodotti, tranne quello di arruolare servi. È così che si aprì la ricerca di uomini liberi sul mercato delle armi, come i cosacchi del Don (vol’nye kazaki). La preparazione di un’armata, composta da siffatti personaggi, durò dal 1574, data della carta di concessione, sino al 1 settembre 1582, data della partenza delle truppe cosacche, guidate dall’atamano

10 Ivi, n. 60.

La conquista della Siberia: un aggiornamento 123 Vasilij Timofeevič detto Ermak (dal turco, “macina da mulino”) dai territori della Čusovaja verso le distese della Siberia.12 I rapporti tra i cosacchi di Ermak e i potenti mercanti Stroganov sono così stati riassunti:

L’insolenza delle depredazioni compiute dai cosacchi nei villaggi del Volga raggiunsero un tale livello che lo zar fu costretto a inviare truppe contro di loro. I banditi si dispersero in varie direzioni, una parte si rifugiò nel bacino della Kama semi-deserto, dove non trovando bottino sufficiente e informati sulle ricchezze esistenti al di là degli Urali, decisero di recarvisi […] La volontà degli Stroganov non esercitò alcun ruolo nella spedizione di Ermak, che si lanciò verso la Siberia a suo rischio e pericolo.13

Il dibattito su questo tema controverso ha prodotto diverse posizioni, riassunte in modo persuasivo da Ruslan G. Skrynnikov, che ha anche chiarito i problemi relativi alla datazione della spedizione.14 Anche sul numero dei componenti il gruppo di cosacchi che seguirono l’atamano, le cifre sono discordanti: si passa dai 5000 uomini indicati nella Istorja Sibirskaja da Semen Remezov (1645-1720), storico e cartografo di Tobol’sk, agli 840, comprendenti oltre ai 540 veri e propri cosacchi i 300 armati forniti dagli Stroganov. In realtà, sembra ormai accertato che solo i primi arrivarono fino a Sibir’, secondo la lettura che segue.15

In sostanza, tre sono le questioni relative alla spedizione di Ermak in Siberia e alla sua iniziale conquista della capitale del khanato, Kašlyk (Sibir’ in russo), conclusa dalla successiva morte dell’atamano e dalla perdita della città. La prima riguarda la data effettiva della spedizione e qui Skrynnikov, sulla base dell’esame incrociato delle testimonianze a volte leggendarie e fantasiose, mette ordine e fornisce una ricostruzione convincente. La partenza della spedizione, il 1 settembre 1582, ebbe come testimone il voevoda di Čerdyn, Pelepelicyn, e non vi sono altre tesi contrastanti, mentre l’arrivo e la conquista della capitale del khanato, due mesi dopo, il 26 ottobre, presenta qualche difficoltà di ammissione per la brevità del tempo impiegato. La riprova della spedizione compiuta da studiosi dell’Università di Perm’ comportò un periodo di quattro mesi e non i due indicati dalle testimonianze. In realtà, la flottiglia di Ermak, composta da imbarcazioni fluviali a fondo piatto dette doščaniki, percorse 300 chilometri controcorrente e gli altri 1200 navigando in discesa su fiumi liberi dall’attuale insabbiamento e in condizioni complessive assai diverse, e non assediando a lungo – come narravano alcune fonti tardive – la capitale, ma prendendola con un colpo a sorpresa.

La seconda questione, relativa alla partecipazione diretta degli Stroganov all’organizzazione della spedizione, sostenuta dagli stessi mercanti, è più complessa, vedendo un’iniziale attiva partecipazione di questi e una loro successiva desistenza. Dai frammenti degli “archivi” di Ermak, secondo

12 Ustrjalov, pp. 19 sgg. e Sergeev, 1959, n.1, pp.117-129, e Rezun, 1982 13 Adrianov, 1893, pp. 522-550.

14 Skrynnikov, 1999, pp.59-64 e Idem, 1982. 15 Sibirskie letopisi, 1907, p. 317

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Skrynnikov, si evince che, dopo aver lasciato lo Yaik, il gruppo di cosacchi arrivò sulla Kama e sulla Čusovaja e difesero le postazioni dall’attacco delle truppe del figlio di Kučum, Alej. Nel frattempo il resto delle truppe tatare si era rivolto verso il sud, verso Sol-Kamskaja, aprendo la possibilità ai 300 cosacchi di attaccare la capitale, prima del rientro di Alej. E fu ciò che accadde. Nel frattempo, gli Stroganov, minacciati direttamente dalle incursioni tatare, non avevano alcun interesse a sguarnire le loro fortezze per armare i cosacchi, che anzi operando direttamente sui centri del khanato di Siberia distoglievano il nemico, in più senza l’impegno diretto della casata.16 e la partecipazione o meno dello zar alla organizzazione della spedizione cade di fronte alla lettura della lettera di Ivan IV agli Stroganov del novembre 1582, che ordina loro di richiamare Ermak dalla Siberia per difendere la “regione di Perm’ dagli attacchi dei tatari”. In quel tempo la Russia era ancora in guerra con la Svezia, a sud le sue frontiere erano costantemente violate dalle incursioni del khan di Crimea e dall’Orda Nogaj, mentre sull’alto Volga piccole tribù erano in aperta ribellione verso Mosca, e lo zar non aveva certamente la disposizione di entrare in conflitto anche con il khan di Siberia. In ultimo, quando la lettera di Ivan pervenne agli Stroganov, Ermak aveva già compiuto la sua impresa.17 Nel 1583-84, un gruppo di cosacchi fu inviato a Mosca per informare lo zar sui risultati dell’impresa e a richiedere rinforzi per la sua prosecuzione, a conferma che nessun intervento diretto d’indirizzo da parte di Ivan era sino ad allora avvenuto, ma da quel momento sia l’impresa che il più concreto atto di annessione delle terre siberiane entrarono nella prospettiva politica dello zar, anche se non si tradussero immediatamente in iniziative concrete dati gli impegni bellici del momento.

La fine dell’impresa di Ermak è così descritta dalle cronache dell’epoca: Dopo la morte di Ermak e del suo stato maggiore, i superstiti nella città di Sibir, vedendo che i tatari avevano ucciso il proprio comandante e molti altri cosacchi, e temendo di restare ancora nella città, l’abbandonarono e discesero in barca l’Irtyš e il grande fiume Ob’, e attraverso l’Ural arrivarono in Russia, abbandonando la città di Sibir. E il principe Alej, figlio dello zar Kučum, informato del ritiro dei cosacchi e dell’abbandono della città, vi rientrò con i suoi uomini e vi si stabilì.18

Ermak Timofeevič morì nella notte del 6 agosto 1585, affogando nel fiume Ob’ inseguito dai tatari e in compagnia di pochi uomini.19

In conclusione, la spedizione di Ermak servì più a soddisfare le immediate esigenze dei cosacchi in fuga che ad assolvere precisi scopi di espansione dello zar di Mosca, che solo successivamente ne sfruttò il risultato e ne accettò la ricostruzione leggendaria.

16 G. F. Miller, 1941, T. 1, p. 272. 17 Skrynnikov, 1982, pp. 63-64.

18 Sibirskie letopisi, p. 222 e Sergeev, 1959, pp. 127-129. 19 Skrynnikov, 1982, pp. 47-65.

La conquista della Siberia: un aggiornamento 125 La fondazione di città al di là degli Urali e soprattutto la mitica spedizione di Ermak, sono considerate l’inizio della conquista della Siberia, ma la loro posizione era ben lontana dal territorio del khanato tataro, e solo nel 1594, con la spedizione militare affidata al generale principe Fedor Eleckij, si può far iniziare un progetto vero e proprio di confronto “serrato” con lo zar Kučum, premessa essenziale per una successiva annessione. Le truppe si mossero seguendo la direzione Ufa-Tjumen’, già aperta a suo tempo dal generale Sukin, e fondarono una nuova fortezza sulla Tara, a 200 chilometri oltre Tobol’sk, operazioni militari che spinsero Kučum ad aprire trattative dirette con Mosca e con il voevoda di Turinsk. Lo zar Fëdor Ivanovič rispose offrendo protezione al khan, ma rivendicando il potere “ereditario” sull’intero suo regno. Gli sforzi di dialogo, così impostati, avevano scarse possibilità di successo, e, in realtà, il 1 agosto 1598, lo zar Boris Fedorovič Godunov ordinò al voevoda di Turinsk, Andrej Vojkov, di attaccare Kučum e di “conquistare tutte le terre che non si erano sottomesse al grande principe Boris Fedorovič e non pagavano lo jasak a Turinsk”. Alla testa di 400 uomini Vojkov marciò contro Kučum che, in quel momento, si trovava sull’Ob’ con 500 uomini e lo batté nettamente, tanto che il khan fuggì accompagnato da tre dei suoi sei figli e da una trentina d’uomini. Nonostante la sconfitta, Kučum preferì l’esilio alla sottomissione allo zar di Mosca e riparò presso i Calmucchi, che stavano

avanzando dalla Mongolia, che impietosamente lo uccisero nel 1600.20

L’avanzata russa, dopo questo decisivo successo, non fu né rapida né decisa, proponendo sempre mediazioni e accordi ai successori di Kučum, ma nel frattempo consolidando la propria penetrazione con la costruzione di città fortificate che dovevano controllare il territorio: nel 1604 fu fondata Tomsk, al di là dell’Ob’, con il compito di controllare la Siberia orientale, mentre Turinsk doveva controllare quella occidentale.21 La sparizione del khanato di Siberia non ha, dunque, una data precisa, ma nel 1626 un documento della cancelleria dello zar segnala che Alej, il figlio di Kučum, era al confino nella provincia di Jaroslavl’ e, dopo di allora, si hanno notizie che i nipoti del khan erano al servizio dei Calmucchi, con ciò ponendo fine all’autonomia della loro antica terra.22

Si era ormai realizzato quello che all’inizio aveva mosso l’azione di espansione russa ad est: “Colui che possiede Astrachan, la Volga e il fiume Yajk, dominerà l’orda Nogaj”,23 stabilendo innanzitutto una base solida territoriale nei confronti dell’antico occupante e avviando la reconquista delle terre invase a suo tempo dai tatari, prima ancora di spingersi verso gli ignoti territori dell’oltre Urali, dove la

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