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3 La Cina come mebro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite

3.1 La conquista del Seggio

In quanto vittima di numerose e ripetute aggressioni ed invasioni straniere, la Cina ha sempre riposto grande interesse nella creazione ed evoluzione di un sistema di sicurezza collettiva; quando, al termine della Prima Guerra Mondiale fu creata la Società delle Nazioni, l’opinione pubblica cinese la accolse immediatamente in termini entusiastici, nella speranza che grazie ad essa potesse finalmente cominciare un prospero periodo di sicurezza internazionale. Nonostante il fallimento della Società della Nazioni la Cina non si arrese all’eventualità di un mondo instabile dal punto di vista della sicurezza dei propri confini, unendosi di conseguenza agli Stati Uniti, al Regno Unito ed all’Unione Sovietica nella promozione di una Conferenza delle Nazioni che avesse lo scopo di preparare una Carta che istituisse una Organizzazione Internazionale che deputata al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, la Cina fu infatti nel 1945 uno dei cinque fondatori delle Nazioni Unite ed uno dei primi 50 firmatari della Carta istitutiva.

Questo equilibrio mutò però radicalmente quando nel 1949 la Cina divenne Repubblica Popolare Cinese in seguito alla vittoria di Mao Zedong sulle truppe nazionaliste che si ritirarono sull’isola di Taiwan: si venne così a creare una situazione paradossale per cui il governo di Pechino non era più quello che sedeva nel Seggio delle Nazioni Unite e rappresentava la Cina

Carla Contini. La vocazione internazionale della Cina.

Tesi di Dottorato in Scienze Politiche e Sociali. Università degli Studi di Sassari

all’interno di queste, di conseguenza l’appartenenza venne riconosciuta a Taipei e non a Pechino113. Nonostante questa esclusione, Mao era ben consapevole dell’influenza internazionale che le Nazioni Unite erano in grado di esercitare, e sebbene le considerasse come mero strumento nelle mani delle due superpotenze non smise mai di esercitare pressioni affinchè alla Cina venisse riconosciuto un posto all’interno dell’Organizzazione; la natura di questa ostinazione è anche da ricercarsi nella visione maoista di Taiwan come provincia della Cina comunista, non autorizzata, pertanto a rappresentare autonomamente il suo territorio; esisteva infatti, secondo questa dottrina “una sola Cina”, il cui legittimo governo sedeva a Pechino. Si vedrà inseguito come la politica di “una sola Cina”influenzi ancora oggi tutta la condotta della Cina all’interno della Nazioni Unite.

Nei primi periodi successivi al 1949 la Cina provò a dialogare con le Nazioni Unite allo scopo di vedersi riconosciuto un posto al loro interno, tanto che nel novembre del 1949, il Capo del Governo Cinese e Ministro degli Affari Esteri cinese Zhou Enlai notificò alle Nazioni Unite che Pechino sarebbe dovuta essere la sola rappresentante della Cina; dal 1950 Zhou comunicò mensilmente con l’ONU allo scopo di ottenere un riconoscimento formale114, ma ogni tentativo si rivelò vano, e la Cina fu relegata all’esclusione dalle Nazioni Unite fino al 1971. Nel 1950 poi, a causa del suo intervento nella guerra di Corea, la Cina si ritrovò in conflitto con gli Stati Uniti che, guidando una coalizione caldeggiata dalle Nazioni Unite, lanciarono una controffensiva

113 Per comodità con il termine Cina ci si riferirà sempre alla Repubblica Popolare Cinese

fondata nel 1949 da Mao Tse Tung, mentre con “Taiwan” si intenderà la “Repubblica di Cina” fondata sempre nel 1949 dalle truppe nazionaliste che vi si rifugiarono in seguito alla vittoria comunista.

114 Riteneva infatti che l’accesso della Cina alle Nazioni Unite fosse il simbolo della sovranità

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contro la Corea del Nord; David Bosco115 osserva che, se la Cina non fosse intervenuta nel conflitto coreano, sarebbe entrata nelle Nazioni Unite molto prima del 1971. Durante questi 22 anni numerosi stati lavorarono al progetto di re includere la Cina nelle Nazioni Unite: dal 1950 infatti, ogni anno veniva presentata all’Assemblea Generale, dai governo amici di Pechino, una risoluzione al fine di trasferire il seggio permanente da Taipei a Pechino, ed ogni anno gli Stati Uniti riuscivano a costituire una maggioranza all’interno dell’Assemblea che fosse in grado di rigettare la risoluzione. durante gli anni 60 si assistette però ad un’ondata di ammissioni di Paesi del Terzo Mondo, che quindi contribuirono ad un’alterazione dei precedenti equilibri nell’Assemblea.116

Visto lo slittamento della maggioranza in favore delle rivendicazioni di Pechino, l’Assemblea Generale, sotto l’influenza e la supervisione occidentale, approvò una decisione che stabiliva che ogni proposta circa il cambio di rappresentanza della Cina dovesse rientrare sotto l’Articolo 18117 della Carta delle Nazioni Unite, necessitando dunque, per la sua approvazione, della maggioranza dei 2/3, più difficile da raggiungere rispetto a quella semplice solitamente prevista per le votazioni in Assemblea Generale; a causa di questa decisione, la maggioranza semplice conquistata dalla Cina non bastava assolutamente all’approvazione della risoluzione. Nei due decenni successivi

115 BOSCO, David L. Five to rule them all: the UN Security Council and the making of the modern world. Oxford University Press, USA, 2009.

116 La Cina di Mao si propose fin da subito come alleato dei Paesi del Terzo Mondo,

finanziando gran parte delle guerre di decolonizzazione che portarono alla creazione di numerosi stati indipendenti che poi, una volta seduti all’Assemblea Generale, pagarono il loro debito di lealtà esercitando pressioni all’interno dell’Organizzazione al fine dell’inclusione di Pechino.

117 L’Articolo 18 della Carta delle Nazioni Unite prevede che “Le decisioni dell’Assemblea

Generale su questioni importanti sono prese a maggioranza di due terzi dei Membri presenti e votanti. Tali questioni comprendono”….”’ammissione di nuovi Membri delle Nazioni Unite, la sospensione dei diritti e dei privilegi di Membro, l’espulsione di Membri”

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gli Stati Uniti si impegnarono al fine di far perdurare l’esclusione cinese seguendo tre principali linee d’azione: assicurandosi anzitutto che tutti i loro eventuali alleati rigettassero qualunque proposta di reinserimento della Cina; in secondo luogo si impegnarono, riuscendoci, a sponsorizzare una serie di risoluzioni che facessero rientrare la questione cinese nell’alveolo delle “importanti questioni”, di cui all’Articolo 18 della Carta delle Nazioni Unite, ed infine promuovendo alla fine degli anni ‘60 una politica di doppia rappresentazione di Cina e Taiwan all’interno dell’ONU, che ovviamente Pechino non avrebbe mai approvato in quanto aperta in violazione del principio di “una sola Cina”.

Un altro fattore che fece tardare l’ingresso della Cina nella Nazioni Unite, oltre alla Guerra di Corea, era rappresentato dalla Rivoluzione Culturale: infatti durante il processo di radicalizzazione interna la Cina aveva annunciato, una serie di prerequisiti alla sua adesione all’ONU, come l’espulsione dalle Nazioni Unite di tutte i paesi imperialisti ed una risoluzione che denunciava gli Stati Uniti in quanto aggressori durante la Guerra di Corea. Appare subito evidente come questa proposta sia stata scartata dalle Nazioni Unite senza che neanche venire passata al vaglio.

Durante la 26 assemblea Generale della Nazioni Unite nel 1971 tuttavia la situazione mutò drasticamente ed inaspettatamente118, e la Risoluzione 2758 venne approvata, Taiwan venne così privata del Seggio nel Consiglio di Sicurezza che andò invece a Pechino; questa svolta non colse di sorpresa solo

118 Questo era dovuto ad una contingenza di fattori tra cui: l’appoggio dei nuovi stati

indipendenti emersi in seguito ai processi decolonizzazione, il riconoscimento dello status della cina come grande potenza nucleare ed il suo sempre più influente peso negli affari mondiali, soprattutto nel Terzo Mondo ed il cambio di riconoscimento diplomatico, da Taipei a Pechino di alcuni importanti alleati statunitensi come Italia, Austria e Canada.

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gli Stati Uniti, ma la Cina stessa119, che ancora incredula convocò immediatamente una conferenza di ricognizione interna volta a capire come interpretare tale novità, colti impreparati alcuni dei leader del partito comunista suggerirono di disertare le Nazioni Unite fino all’anno seguente al fine di osservare le dinamiche dell’Organizzazione e preparare una linea di azione al loro interno, questa linea venne però bocciata da Mao e dunque, il 29 Ottobre del 1971 l’allora Ministro degli esteri Ji Pengfei comunicò al Segretario Generale delle Nazioni Unite U Thant che Pechino avrebbe di lì a poco inviato una delegazione ad assistere alla seguente sessione plenaria dell’Assemblea Generale; paradossalmente si può affermare che, per via della grande sorpresa suscitata dall’esito della Risoluzione 2758, il primo ingresso della Cina al Palazzo di vetro fu interpretato più come un riscatto del Terzo Mondo che come un’azione guidata dalla lunga mano della Cina.

119 La Cina si aspettava infatti che il suo ingresso nelle Nazioni Unite avvenisse non prima del

seguente anno. Negli stessi giorni in cui si votava la Risoluzione 2758 infatti, l’allora Consigliere per la Sicurezza Nazionale si trovava in Cina in gran segreto per preparare la visita di Nixon programmata per il 1972, e prometteva al Primo Ministro Zhou Enlai che Nixon avrebbe appoggiato il loro ingresso nelle Nazioni Unite nell’autunno del 1972. Paradossalmente la Risoluzione venne approvata proprio il giorno in cui Kissinger lasciava Pechino.

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3.2 Sviluppo della politica estera dentro le Nazioni