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3 La Cina come mebro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite

3.6 Le fasi storiche della Cina all’interno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite

3.6.1 La prima fase: 1971-

Essendo piuttosto evidente il controllo di Mao, la Cina di quel periodo si concentra su una strategia di promozione dei principi rivoluzionari antiegemonici e di autodeterminazione (Taiwan esclusa si intende), di difesa e supporto dei Paesi del Terzo Mondo e di strenua opposizione ad entrambe le superpotenze, il cui scontro considerava come uno dei più grandi pericoli del momento. La strategia che sceglie è quella della non partecipare alle sedute in cui è prevista una votazione su tematiche verso le quali nutre sfiducia, si tratta in genere di istituzione o espansione di operazioni di Peacekeeping (PKO) tra le quali rientrano persino le missioni di monitoraggio dei cessate il fuoco. La Cina si rifiuta di votare, adottando quella che aveva definito come “ la quinta modalità di voto” in 63 occasioni su 195 per una percentuale del 32% sui voti totali; si deve precisare che, la non partecipazione equivaleva ad una forma di astensione, per cui in quelle occasioni la Cina poteva anche fornire delle dichiarazioni giustificative del rifiuto di votare. Questo tipo di scelta era considerato il modo in cui veniva data voce al suo categorico rifiuto verso ogni forma di PKO, tanto che non solo non partecipava alle sedute che trattavano l’istituzione delle operazioni, ma neanche a quelle relative alla gestione delle finanze di queste ultime147; i reclami cinesi durante questi anni erano dunque quasi tutti relativi al timore che le PKO potessero essere usate dalle due superpotenze come uno strumento per esercitare la loro influenza politica in

147 Non esistendo al tempo nessun capitolo di spesa sulle PKO tutte le operazioni gravavano sul

budget ordinario, alcune venivano addirittura finanziate attraverso contributi volontari. La Cina era quindi in grado, vista la ben nota ritrosia verso le PKO, di non contribuire al loro finanziamento visto che non esisteva nessuna capitolo a riguardo sul budget di spesa; durante il conflitto arabo-israeliano però la Cina aveva in più occasioni affermato che, non partecipando neanche alle risoluzioni che le approvavano naturalmente non ne avrebbe sostenuto i costi.

Carla Contini. La vocazione internazionale della Cina.

Tesi di Dottorato in Scienze Politiche e Sociali. Università degli Studi di Sassari

aree precarie come l’Africa ed il Medio Oriente. La prima non partecipazione fu nel Dicembre del 1971, subito dopo il suo insediamento ufficiale, in occasione della votazione sulle forze di peacekeeping a Cipro, e successivamente non partecipa a cinque risoluzioni sul conflitto arabo-israeliano nel 1973 poiché le Risoluzioni non riflettono il punto di vista cinese sulla questione o che la Risoluzione 339 altro non è che “un semplice pezzo di carta che non condanna l’espansione aggressiva di Israele”. Anche in merito alla questione del cessate il fuoco tra Iraq e Iran la Cina sceglie di non partecipare alle risoluzioni, nonostante in una dichiarazione esprima parere positivo verso la risoluzione della disputa attraverso la negoziazione, ed aggiungendo che i due paesi avrebbero potuto raggiungere un accordo equo basato sui Cinque Principi di Coesistenza Pacifica. La stagione della non partecipazione si apre e si chiude con questa prima fase grazie alla Risoluzione dell’Assemblea Generale 36/116A con cui si richiede che le somme dovute dalla Cina per le PKO degli anni 1973 e 1974 vengano versate in un conto speciale148 e che, grazie ad un accordo tra Cina e Nazioni Unite, dal 1 Gennaio 1982 la China verserà quanto dovuto per l’UNDOF in Libano; grazie a questa soluzione negli anni 80, per l’esattezza nel 1982 la Cina abbandona la non partecipazione e passa alla strategia dell’astensione.

In diverse occasioni, 65 su 160 approvate in totale, la Cina ha votato all’unanimità insieme al resto del Consiglio in questioni riguardanti l’ammissione di nuovi membri, la nomina del Segretario Generale, la

148 La Risoluzione 36/116° stabilisce anche per quello specifico caso la non applicabilità

dell’Articolo 19 delle Carta delle Nazioni che prevede che un Membro delle Nazioni Unite che sia in arretrato nel pagamento dei suoi contributi finanziari all’Organizzazione non ha voto nell’Assemblea Generale se l’ammontare dei suoi arretrati eguagli o superi l’ammontare dei contributi da lui dovuti per i due anni interi precedenti. L’Assemblea Generale può, nondimeno, permettere a tale Membro di votare se riconosca che la mancanza del pagamento è dovuta a circostanze indipendenti dalla sua volontà.

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presentazione di una richiesta per tenere le riunioni del Consiglio riguardanti l’Africa ad Addis Abeba, la richiesta rivolta a Israele di astenersi da qualunque attacco verso il Libano e di ritirare le sue truppe, una Risoluzione che sancisce l’inalienabile diritto all’indipendenza ed all’autodeterminazione dei territori Africani ancora sotto il controllo Portoghese, fornitura di aiuti al Zambia in seguito alle sanzioni della Rhodesia del Sud, richiesta di blocco degli interventi militari stranieri a Cipro, condanna dell’occupazione illegale in Namibia da parte del Sud Africa; decisione dell’imposizione di nuove sanzioni alla Rhodesia, condanna del Sud Africa per i morti durante la rivolta di Soweto oltre ad una esortazione alla moderazione tra Grecia e Turchia per la disputa sulla sovranità nel Mar Egeo. E’ facile osservare come, molte delle tematiche che hanno trovato la Cina in accordo con gli altri Membri siano relative alla tutela alla tutela degli Stati del Terzo Mondo.

Per quanto concerne la partecipazione al voto in Risoluzioni non approvate all’unanimità, traspare in certi casi una certa urgenza cinese di distanziarsi dall’Unione Sovietica quando nel 1971 la Cina vota insieme agli Stati Uniti nel rimandare la questione della crisi tra India e Pakistan all’Assemblea Generale149, vota inoltre insieme agli altri Membri Permanenti una richiesta per una seduta speciale d’emergenza dell’Assemblea Generale dopo l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica150.

Tuttavia, a parte questi voti isolati la Cina ha votato durante tutto questo periodo molte più volte insieme all’Unione Sovietica di quante non abbia fatto con gli altri tre Membri Permanenti, soprattutto gli Stati Uniti: ha votato con

149 Risoluzione 303 del 1971

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L’URSS e i non Allineati151 3 delle 4 Risoluzioni sulle questioni africane passate ad Addis Abbeba: rispettivamente la situazione dei territori sotto l’amministrazione Portoghese, la questione della Namibia e del Sud Africa. Gli sforzi congiunti cinesi e sovietici, alimentati dal rifiuto che il regime della Rodesia potesse rimanere al potere portarono ad una Risoluzione che esortava al ripristino della legalità ed all’approvazione della transizione verso una maggioranza approvata attraverso il suffragio universale sotto la supervisione della Nazioni Unite.

3.6.1.2 1972, il primo veto:

il primo veto posto dalla Cina nel Consiglio avviene a neanche un anno dal suo ingresso nelle Nazioni Unite e sancisce il diniego all’ammissione del Bangladesh tra i nuovi membri.

Il motivo è da ricercarsi nella sua avversione verso l’espansionismo sovietico ed anche, seppur in maniera indiretta, nella visione cinese dell’integrità territoriale e , in maniera più specifica può essere considerato un riflesso delle posizioni cinesi verso Taiwan.

Il conflitto sino-sovietico influisce nella decisione di porre il veto perché il Bangladesh chiede l’ammissione alle Nazioni Unite subito dopo aver una

151 Le proposte provenivano dai Paesi non Allineati, ed il supportarle era anche un modo per

mostrare pubblicamente il proprio sostegno a questo Movimento al quale la Cina sentiva di appartenere

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guerra di indipendenza combattuta contro il Pakistan, al quale prima apparteneva in quanto regione orientale, con l’aiuto dell’India di Indira Gandhi e dell’Unione Sovietica.

La questione di Taiwan è invece determinante poiché il principio di integrità territoriale che la Cina osserva strettamente non contempla la possibilità di dichiarazioni unilaterali di indipendenza e perché la Cina non può certo permettersi di creare un precedente riconoscendo una regione resasi indipendente, tra l’altro da un alleato cinese, poiché lo stesso precedente potrebbe essere usato da Taiwan nell’ipotesi di una sua dichiarazione di indipendenza.

Un ulteriore fattore che fa decidere la Cina per il veto è di fatto un favore verso il suo alleato Pakistano che cercava di ritardare il più possibile il riconoscimento ufficiale della posizione del Bangladesh al fine di poterla utilizzare come mezzo di scambio per la restituzione di circa 90000 prigionieri di guerra pakistani ancora detenuti in India.

Nelle motivazioni fornite dall’Ambasciatore cinese durante la votazione della Risoluzione è presente un chiaro richiamo all’India ed al suo alleato sovietico che ancora hanno delle truppe dispiegate in territorio bengalese, situazione che la Cina ritiene insostenibile da un punto di vista legale.

Le tensioni vengono meno quando, nel 1974 India, Pakistan e Bangladesh sottoscrivono un trattato che pone fine alle rivendicazioni pakistane sul Bangladesh e la Cina non obietta quando durante lo stesso anno il Bangladesh presenta una nuova domanda di ingresso nelle Nazioni Unite

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