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Cons St., Sez V., 28 Febbraio 2011, n 1271 sulla risarcibilità

CAPITOLO 9) I DANNI RISARCIBILI

4. Cons St., Sez V., 28 Febbraio 2011, n 1271 sulla risarcibilità

La decisione rappresenta un'importante approdo a cui è giunto il Supremo Consesso in tema di risarcibilità del danno biologico a carico della PA per il ritardo nell'emanazione di provvedimenti amministrativi (nella specie titoli abilitativi edilizi)367.

Tale questione era stata in precedenza affrontata, con esiti negativi per il richiedente, nel ristretto ambito dei rapporti di lavoro con la PA in connessione con il ritardo nel provvedere a concludere procedure concorsuali o a costituire rapporti di lavoro con i privati aventi titolo. Con la presente decisione, in particolare, si è accordato un risarcimento del danno biologico ad un

365Cass., Sez. I, 29 Gennaio 2010, n. 2122.

366M. D'ARIENZO, La tutela del tempo nel procedimento e nel processo, Ed. Sc. Giur., 2012.

imprenditore edile a seguito del ritardo dell'amministrazione comunale nel provvedere a rilasciare un permesso di costruire in variante. C'è da premettere che il ricorrente nel 2001, fece istanza all'Ente Locale per il rilascio di un permesso di costruire in variante. L'amministrazione, tuttavia, adducendo varie ragioni (fra cui mancanza di alcuni elaborati grafici), concluse il procedimento solamente nell'anno 2004, quindi con oltre due anni di ritardo dal termine di legge stabilito.

Il privato chiese allora davanti al TAR Puglia-Lecce la condanna dell'ente al risarcimento dei danni derivanti dall'illegittimo ritardo. Il TAR adito respinse però la richiesta rilevando l'insussistenza del necessario requisito della colpa in capo alla PA, in quanto il ritardo nel provvedere era stato giustificato dalle caratteristiche particolari e dalle difficoltà insite nel caso di specie. Non potevano pertanto essere mossi addebiti all'operato, seppur tardivo, dell'amministrazione. Inoltre, secondo il giudice, la domanda avrebbe dovuto essere in ogni caso rigettata anche per una serie di problematiche relative alla prova del danno risarcibile; in particolare, riguardo al danno non patrimoniale avrebbe difettato la prova del nesso causale tra il comportamento posto in atto dalla PA e l'infermità lamentata dal ricorrente. Tuttavia, la V Sez., con un'elaborata sentenza preceduta da un'ordinanza di disposizione di due C.T.U, ha accolto il ricorso, condannando il Comune intimato al risarcimento del danno patrimoniale e non, in ordine al danno patrimoniale sofferto per effetto del ritardo nel rilascio dei titoli abilitativi, per la verifica della sussistenza delle patologie sanitarie lamentate, della loro data di insorgenza e del nesso di causalità con il ritardo nell'azione amministrativa, in parziale riforma della sentenza di primo grado368.

Il ragionamento dei giudici del Consiglio di Stato, muove dunque

dalla considerazione della inidoneità degli elementi richiamati dal TAR per escludere la colpa dell'amministrazione a seguito del ritardo, di oltre due anni, nel provvedere. Le plurime richieste istruttorie della PA procedente al privato, sono apparse di fatto meramente dilatorie e comunque non giustificate, in palese violazione del principio di non aggravamento del procedimento amministrativo di cui all'art. 1 comma 3 legge 241 del 1990.

Da tali considerazioni, emerge pertanto come il ritardo nel rilascio dei permessi a costruire sia stato soggettivamente imputabile al Comune e come non sussistessero, in realtà, elementi idonei ad escluderne la colpa. Nel caso di specie, il privato aveva richiesto la tutela risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui l'amministrazione aveva adottato un provvedimento a essa favorevole, determinando un conseguente ritardo nell'attribuzione del bene della vita spettante. In questi casi, la giurisprudenza, è stata pacifica nell'ammettere la risarcibilità del danno da ritardo. La Sezione infatti, pur ammettendo che il caso non rientrasse nella fattispecie del danno da mero ritardo, è parsa comunque propendere per la sua risarcibilità. Secondo tale impostazione infatti, l'art. 2 bis presuppone che anche il tempo debba essere considerato bene della vita. Pertanto, poiché è riconosciuto che il ritardo nella conclusione di qualunque procedimento costituisce sempre un costo per il cittadino e, poiché il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell'attuazione dei piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica, tale costo, deve essere risarcito dalla PA369.

La sentenza, inoltre, ha effettuato una disamina della ripartizione dell'onere della prova per i casi di responsabilità della PA, in relazione ai danni causati dall'illegittimo esercizio (o dal mancato esercizio) dell'attività amministrativa. In essa si afferma come

spetti al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell'esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo, perché tale principio attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non all'allegazione dei fatti; se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c., per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque essenziale allegare le circostanze di fatto precise. Pertanto, quando il soggetto onerato non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subito, né, può essere invocata una consulenza tecnica d'ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento del suddetto onere probatorio370.

L'onere probatorio, può ritenersi altresì assolto allorquando il ricorrente indichi, a fronte di un danno certo nella sua verificazione, taluni criteri di quantificazione dello stesso, salvo il potere del giudice di vagliarne la condivisibilità attraverso l'apporto tecnico del CTU o, comunque, quando il ricorrente fornisca un principio di prova della sussistenza e quantificazione del danno.

La sentenza, alla luce dei principi in tema di onere della prova della responsabilità, è giunta dunque alla conclusione, diametralmente opposta rispetto a quella raggiunta in primo grado, della sussistenza del danno e del rapporto di causalità, giungendo così a liquidare al ricorrente il danno patrimoniale relativo alle perdite economiche subite ed il relativo danno biologico371.

Infatti, il privato, oltre ai danni patrimoniali avrebbe subito, ad avviso del Consiglio di Stato anche un danno biologico, in quanto la già debole situazione psicofisica del ricorrente è stata in

370Cons. St., Sez. V, 13 Giugno 2008; Cons. St., Sez. VI, 12 Marzo 2004, n.. 1261.

concreto messa duramente alla prova da un'attesa, apparsa a volte interminabile, da cui dipendeva la sorte dell'unica attività imprenditoriale in quel momento svolta. Il ritardo di due anni, nella conclusione del procedimento e le ripetute richieste, sono elementi che hanno finito per incidere sull'equilibrio psicofisico del ricorrente, provocando un danno, che andava quindi risarcito. Del resto, occorre ricordare che a seguito delle note sentenze della Cassazione a Sezioni Unite del 2008 (le c.d. sentenze di San Martino)372 l'ambito della risarcibilità del danno non patrimoniale

si è esteso, oltre ai casi espressamente previsti dalla legge (art. 185 c.p.), alle ipotesi in cui l'inadempimento abbia leso in modo grave un diritto della persona tutelato dalla Costituzione, fra le quali vi è sicuramente il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.) denominato, appunto, “danno biologico”373. La definizione di danno biologico è data dagli art.

138 e 139 del dlgs. 7 settembre 2005, n. 209 “Codice delle Assicurazioni private”, secondo cui per danno biologico si intende

“la lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”374.

Con l’orientamento emerso dalle citate sentenze, la Cassazione ha chiarito la natura di categoria generale del danno non patrimoniale, come tale non suscettibile di frazionamenti ulteriori in sottocategorie. La riaffermata univocità della categoria del danno non patrimoniale, ha condotto la Cassazione a precisare come tutti gli ulteriori tipi di pregiudizio lamentati, lungi dal rappresentare sottocategorie autonome di voci di danno, rispondano unicamente ad esigenze descrittive.

372Cass. Civ., SS. UU., 11 Novembre 2008, n. 26972, 26973, 26974, 26975.

373 G. CONTI, Il danno da ritardo nell'agire amministrativo, Edizioni Exeo, 2012. 374Cass.Civ., Sez. III, n.. 19816, 2010.

Nell’ambito poi, delle indicazioni descrittive, il vecchio “danno morale” inteso come “turbamento dell’animo, dolore intimo

sofferti, ad esempio, dalla persona diffamata o lesa nell’identità personale, senza lamentare degenerazione patologiche della sofferenza”375 rientra nel danno biologico che, nel suo ambito,

racchiude sia il danno derivante da pregiudizio fisico, sia quello derivante da turbamento morale.

Dunque, tale danno biologico, accertato dal CTU, e derivante dalla lesione del diritto inviolabile alla salute del ricorrente, è conseguenza dell'illecito costituito dall'inerzia della PA nel provvedere all'istanza del privato che, in questo caso, assume particolare valenza negativa, in risposta all'ingiustificata inosservanza del termine di conclusione del procedimento che il legislatore ha elevato, con l'inserimento ad opera della L. 69/2009 del comma 2 bis dell'art. 29 della legge sul procedimento amministrativo, all'ambito dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale ex art. 117, comma 2 lett. m) della Costituzione376.

Per la liquidazione del danno biologico permanente, i giudici, hanno proceduto dunque in via equitativa, tenendo conto dell'età del ricorrente e dei criteri di cui all'art. 139 dlgs. 209/2005.

Si veda l'esempio a pag. 103.

375 Cass. Civ., SS.UU., n. 26972, 2008.

CAPITOLO 10) LA RESPONSABILITA' DEL