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CAPITOLO 5) LE MODALITA' DI CONCLUSIONE DEL

3. Le varie tipologie di silenzio

Il nostro ordinamento conosce varie forme di silenzio: silenzio-

rigetto, silenzio significato, silenzio-inadempimento, silenzio devolutivo101. Nell'ipotesi di silenzio significativo, l'ordinamento

collega al decorso del termine la produzione di un effetto equipollente all'emanazione di un provvedimento favorevole, l'assenso, o il diniego, a seguito dell'istanza di un privato. Poiché i casi di diniego devono essere espressamente previsti dalla legge (es. art. 53 comma 10, dlgs. 165 del 2001 per cui l'autorizzazione richiesta da dipendenti pubblici alla PA di appartenenza per lo svolgimento di incarichi retribuiti, si intende negata, quando a seguito di richiesta che non attenga a incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche sia inutilmente decorso il termine di 30 giorni per provvedere). Un'altra ipotesi, è quella dell'art. 25 legge 241 del 1990 per quanto concerne l'accesso ai documenti amministrativi. Essa, tra l'altro, non è coerente con il principio del contraddittorio ingenerato dal preannuncio di diniego ai sensi dell'art. 10 bis della stessa legge, visto che dà luogo a diniego senza possibilità di opporsi garantita da tale norma. Secondo un primo orientamento, il diniego rappresenterebbe un mero atto negativo non riconducendovi alcun valore provvedimentale, per altro orientamento maggioritario, sarebbe invece l'equivalente dell'emanazione di un rigetto dell'istanza. Il giudice amministrativo, quindi, non dovrebbe limitarsi ad accertare il rispetto dell'obbligo di provvedere come in caso di silenzio non significato, ma dovrebbe accertare la legittimità della conclusione negativa del provvedimento.

Il silenzio assenso, invece, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 80 de 2005, costituisce la regola per i procedimenti ad istanza di parte, anche se, secondo un differente prospettiva l'istituto avrebbe carattere settoriale, essendo esso stesso incompatibile con il principio di buon andamento stabilito dall'art. 97 Cost. Per questa tesi, dunque, il silenzio assenso si

applicherebbe agli atti amministrativi nei quali la discrezionalità è modesta e caratterizzati dalla semplicità del procedimento. Pertanto, coinciderebbe con il campo di applicazione dell'art. 19 (SCIA) per atti ad iniziativa privata e a seguito di accertamento dei requisiti previsti dalla legge, o per atti amministrativi a contenuto generale102 in cui non sia previsto alcun limite per il rilascio degli

stessi, né persista la necessità di valutazioni da parte della PA103.

Secondo dunque una prima visione, l'inerzia dell'atto amministrativo implicito equivalente ad un esplicito atto di assenso, sarebbe una delle modalità di esercizio del potere amministrativo e pertanto soggetto alla disciplina dell'annullamento dell'atto amministrativo104. Per altra tesi,

invece, sarebbe solo un mero fatto giuridico, al quale non potendo mai essere applicato il regime dell'atto amministrativo, non potrebbe essere né illegittimo, né di conseguenza annullabile. C'è da ribadire d'altronde, come prevalga la prima di queste tesi secondo cui il silenzio non sarebbe altro che un provvedimento tacito di accoglimento sulla scorta del dato testuale dell'art. 20 comma 3, secondo cui, una volta decorso il termine per provvedere, l'amministrazione non potrà più emanare un provvedimento, ma potrà solo intervenire in via di autotutela per l'annullamento o la revoca (art. 21 quinquies e 21 novies legge 241/90) entro un termine ragionevole, tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati105.

Il presupposto di questo silenzio è quello secondo il quale la legge effettua una preliminare valutazione astratta della compatibilità dell'attività privata con l'interesse pubblico. L'art. 20 legge 241

102E. QUADRI, Il silenzio della pubblica amministrazione, Percorsi giurisprudenziali, Scenari, Giuffrè, 2007, 13.

103TAR Napoli, Campania, Sez. III, 16 Gennaio 2012, n. 189.

104R. GIOVAGNOLI, Il silenzio e la nuova Scia. Obbligo di provvedere e danno da ritardo e nuove forme di liberalizzazione e semplificazione, Giuffrè, 2011.

105ID., Il silenzio e la nuova Scia. Obbligo di provvedere e danno da ritardo e nuove forme di liberalizzazione e semplificazione, Giuffrè, 2011.

del 1990 dispone che: “fatta salva l'applicazione dell'art. 19 ( Scia)

nei procedimenti ad istanza di parte, il silenzio della PA equivale ad accoglimento della domanda senza ulteriori diffide, se l'amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'art. 2 commi 2 e 3, ovvero non procede indicendo la conferenza servizi”. Il campo di applicazione coincide in sostanza con i

procedimenti ad istanza di parte.

Tuttavia, ai sensi del successivo comma 4, vi sono tutta una serie di eccezioni che qualificano il silenzio come inadempimento. La deroga riguarda i casi di procedimenti riguardanti il patrimonio culturale paesaggistico, l'asilo la cittadinanza, la salute, la pubblica incolumità, i casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, i procedimenti individuati con un decreto del Presidente del Consiglio su proposta del ministro per la funzione pubblica, e i casi in cui si prevede il silenzio-diniego. Questa è l'area in cui l'amministrazione dovrebbe provvedere espressamente.

L'art. 20 precisa comunque che il silenzio opera fatta salva l'applicazione dell'art. 19, che non opera per gli atti discrezionali o quelli per cui si prevede contingentamenti106.

Del resto, per evitare la formazione del silenzio, l'amministrazione può operare in tre modi:

a) Può provvedere espressamente anche se la presenza del silenzio significato rappresenta un forte disincentivo in questo senso.

b) Ai sensi dell'art. 20 comma 1, può comunicare all'interessato il provvedimento di diniego nei termini di cui all'art. 2. Tuttavia il comma 5 dello stesso articolo afferma che trova applicazione anche la norma dell'art. 10 bis che dispone, nei procedimenti a istanza di parte prima dell'adozione di un provvedimento negativo, la comunicazione dei motivi che ostano all'accoglimento.

Ciò significa che anche nei settori di applicazione del silenzio assenso, prima di comunicare il provvedimento di diniego, la PA deve comunicare il preavviso di diniego che interrompe i termini. Non sembra dunque sostenibile che, per evitare la formazione del silenzio-assenso l'amministrazione che abbia “preannunciato”107 il

diniego, debba provvedere nel minor termine residuo prima dello spirare dei 30 giorni calcolati dall'inizio del procedimento in luogo del nuovo termine di altri 30 giorni (calcolato secondo l'art. 10 bis) perché ne comporterebbe uno svuotamento di quest'ultimo. Pare pertanto preferibile un'interpretazione che vada contro la lettera del comma 1 dell'art. 20 e che consenta all'ente pubblico di comunicare il provvedimento di rifiuto nel termine più ampio in forza dell'interruzione dell'art. 10 bis.

c) L'amministrazione, infine, può indire entro 30 giorni dalla presentazione dell'istanza una conferenza servizi tenendo conto anche delle situazioni giuridiche dei controinteressati.

Dopo la formazione del silenzio, l'amministrazione, può assumere determinazioni in via di autotutela tramite un potere discrezionale (revoca, annullamento d'ufficio e convalida)108. Questi poteri, del

resto, espongono l'attività del privato ad una forte “instabilità”109.

Ricordiamo inoltre che in caso di dichiarazioni mendaci o false attestazioni, il dichiarante, è punito con la sanzione di cui all'art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico). In tali ipotesi patologiche, per giunta, non opera la formazione del silenzio ai sensi dell'art. 20 e nemmeno le previsioni dell'art. 19. Bisogna tuttavia ribadire come il silenzio sia equiparato al provvedimento favorevole: l'ordinamento sulla base di una valutazione di compatibilità con l'interesse pubblico ha scelto la dinamica caratterizzata dall'interposizione di un potere amministrativo tra legge e produzione degli effetti giuridici. Il

107 E. CASETTA, Compendio di diritto amministrativo,Giuffrè, 2012.

108Vedi art. 21 quinquies e art. 21 novies, legge 241 del 1990.

fatto che la PA disponga di un potere anche se non lo esercita emanando il provvedimento, ha come conseguenza che il privato, autorizzato a svolgere una certa attività a seguito della formazione del silenzio, trova il titolo legittimante non nella legge ma negli effetti collegati al silenzio. L'attività dunque non è “liberalizzata”110

ma pur sempre soggetta a regime amministrativo.

Per ultimo, affrontiamo il tema del silenzio inadempimento (o silenzio rifiuto) considerato da giurisprudenza e dottrina, un mero fatto. La sua applicazione si ricava dalla lettura dell'art. 2 e 20 legge 241/90. L'ambito riguarda le eccezioni al silenzio assenso e concerne le ipotesi in cui l'amministrazione, sulla quale grava il dovere di agire, ometta di provvedere. Si tratta di ipotesi attinenti a interessi “critici” (asilo, cittadinanza, salute, ecc.)111.

A partire dal termine previsto in base all'art. 2 legge 241/90, il silenzio si intende formato senza necessità di ulteriore diffida, ed è da tale momento che scatta il successivo termine per proporre ricorso giurisdizionale per l'ottenimento di una pronuncia con cui il giudice ordina all'amministrazione di provvedere entro e non oltre 30 giorni. Il ricorso, può proporsi fintanto che perdura l'inadempimento ma non oltre un anno dalla scadenza dei termini per provvedere. Sono dunque ammessi provvedimenti tardivi anche perché non c'è stato alcun esercizio di potere al riguardo. Il silenzio-rigetto si forma invece quando, sulla base di un ricorso amministrativo, la PA rimane inerte.

Per ultimo, una tipologia di silenzio diverso, è quello disciplinato dagli art. 16 e 17 della legge 241 del 1990 (attività consultiva e valutazioni tecniche): l'inutile decorso del termine permette al soggetto pubblico di concludere il procedimento pur in assenza di un parere obbligatorio o senza doversi rivolgere ad un'altra amministrazione per ottenere una valutazione tecnica non resa

110 CASETTA, Compendio di diritto amministrativo,Giuffrè, 2012.

dall'amministrazione precedentemente adita.

4. L'evoluzione storica della tutela giurisdizionale del