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Legittimità costituzionale dell'art 30 comma 5, dlgs 140 del

CAPITOLO 8) L'EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE

6. Legittimità costituzionale dell'art 30 comma 5, dlgs 140 del

Corte Costituzionale

Secondo il TAR di Palermo, Sicilia, 7 Settembre 2011, sentenza n. 1628, la definitiva certezza prodotta dal passaggio in giudicato della sentenza che statuisce sulla domanda di annullamento del

318 TAR Milano, Lombardia, Sez. IV, 29 Settembre 2011, n. 2319.

319Avv. D. MAJORI, L’art. 34, comma 3, c.p.a. deve applicarsi in via restrittiva,

soltanto allorquando la domanda risarcitoria sia stata proposta nello stesso giudizio, oppure quando la parte ricorrente dimostri che ha già incardinato un separato giudizio di risarcimento o che è in procinto di farlo, in www.giustizia- amministrativa.it.

provvedimento, priva di qualunque giustificazione la previsione di un brevissimo termine decadenziale per la proposizione dell'azione risarcitoria320. Si evidenzia come l'art. 30 c.p.a.

risponda a un'esigenza compromissoria, volta a conciliare le esigente emerse nella giurisprudenza della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato in merito alle condizioni per l'accesso al rimedio risarcimento. Si sarebbe in questo modo affermata la possibilità teorica della proponibilità dell'azione risarcitoria autonoma ma assoggettandola ad un breve termine decadenziale (non differenziando di molto le due forme di tutela).

In particolare, la critica che viene mossa è nei termini di una irragionevolezza della disposizione per la previsione di un termine decadenziale per proporre azione risarcitoria autonoma, avvicinandosi all'impianto della giurisprudenza di Cassazione, e rendendola quindi molto più simile all'azione di annullamento del provvedimento amministrativo che a una domanda di risarcimento danno. Dunque più discussa, appare l'estensione di tale regime all'ipotesi di azione risarcitoria preceduta dall'impugnazione del provvedimento lesivo caratterizzato dall'irrevocabile formazione della certezza della spettanza.

Il parametro di legittimità della decadenza convenzionale (art. 2965 cc.) è dato dall'eccessiva difficoltà nell'esercizio di un diritto: applicabile anche in questo caso da parte del giudice delle leggi. Il profilo dunque di irragionevolezza sta nella previsione di un termine stabilito a pena di decadenza caratterizzato da eccessiva compressione piuttosto che un regime più favorevole di prescrizione.

Così il suddetto TAR, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30 comma 5, per violazione degli art. 3, 24, 103 e 113 Cost., a cui la Corte Costituzionale con la sentenza 280 del 12 dicembre 2012 ha inteso rispondere alla problematica

sollevata dal tribunale amministrativo siciliano. In particolare: Ha rilevato come, mentre la prescrizione ha per oggetto un rapporto (azione o diritto sostanziale) che per effetto di essa si estingue, la decadenza ha per oggetto un atto che per effetto di essa non può più essere compiuto. La disciplina dell’azione di risarcimento del danno, pertanto, sarebbe ragionevolmente compatibile con la prima e non con la seconda.

Tuttavia, rileva anche come il legislatore se avesse voluto, avrebbe potuto adottare un termine prescrizionale anziché decadenziale. Tra l'altro, mentre la prescrizione è legata all'inerzia del privato, la decadenza è collegata piuttosto alla certezza del diritto, anche se in materia di risarcimento danno l'esigenza di certezza non sembrerebbe affatto sussistente.

Uno schema utile, secondo la Corte, si ritroverebbe nell’art. 1495 cc., in materia di risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta: là dove la denunzia del vizio deve avvenire entro un brevissimo termine di decadenza (correlato all’esigenza di certezza dei traffici), mentre la successiva azione risarcitoria, subordinata alla tempestiva (e pregiudiziale) denunzia, ma di per sé ormai estranea all’esigenza posta alla base del termine decadenziale, soggiace coerentemente ad un termine di prescrizione annuale.

Per cui la Corte rileva come, nel caso di azione risarcitoria autonomamente proposta (art. 30, comma 1), l’accertamento sia pure incidentale e senza effetti sostanziali sul rapporto dell’illegittimità del provvedimento lesivo, potrebbe giustificare la previsione di tale termine, mentre la definitiva certezza giuridica prodotta sul rapporto dal giudicato priverebbe di qualsiasi giustificazione razionale la previsione di un brevissimo termine di decadenza per la proposizione dell’azione risarcitoria.

D'altronde, la relazione al codice del processo amministrativo afferma che il detto termine decadenziale si giustificherebbe sul

presupposto che non è estraneo alla tutela risarcitoria, a fronte di evidenti esigenze di stabilizzazione delle vicende che coinvolgono la pubblica amministrazione, anche se si trovano termini decadenziali solo in relazione ad attività propedeutiche alla proposizione dell’azione di danno.

Fra l'altro, la stessa Corte, rileva come dopo la sentenza n. 204 del 2004 Cort. Cost., sarebbe opinione comune che il rimedio risarcitorio sia inscindibilmente legato a quello caducatorio321. La

tutela costituzionale dunque, dell’interesse legittimo sarebbe soddisfatta soltanto se il titolare potesse chiedere, oltre all’annullamento del provvedimento lesivo, il risarcimento per equivalente del danno. L’azione di danno, sarebbe costituzionalmente necessaria, come si desume anche dalla sentenza Cort. Cost. n. 191 del 2006. Tuttavia, la concentrazione dei rimedi in capo al giudice amministrativo, funzionale alla contrazione dei tempi processuali, non potrebbe avvenire in condizioni di accesso alla tutela assolutamente restrittiva, perché in tal guisa risulterebbe contraddetta la stessa previsione dello strumento risarcitorio accanto a quello caducatorio, nel sistema di tutela dell’interesse legittimo. In altre parole, sarebbe contraddetta l’esigenza di pienezza ed effettività della tutela.

Per ultimo, la Corte ha affermato come sia indifferente la qualificazione, in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo, della situazione giuridica soggettiva del danneggiato, che domanda il risarcimento dei danno da illegittimo esercizio della funzione amministrativa.

A tal fine la Corte ha sentenziato l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 30, comma 5, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 poiché la valutazione di rilevanza effettuata dal giudice a quo non è apparsa plausibile, avendo egli denunciato una norma (l’art. 30, comma 5, del dlgs. n. 104 del

2010) della quale non doveva fare applicazione, in quanto estranea al tema sottoposto al suo esame.