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La continua ricerca di un equilibrio tra universalità e rispetto delle diversità nella definizione dei diritti umani è particolarmente sentita nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo sulla libertà religiosa63. Infatti, come vedremo, il margine di

apprezzamento e il fattore del consensus hanno rivestito un ruolo fondamentale, per non dire preponderante, nella tutela accordata dall’art. 9 CEDU.

È interessante notare che nel caso Kokkinakis v. Grecia, in cui per la prima volta la Corte ha riscontrato una violazione dell’art. 9, e caso fondamentale nell’enucleare i principi cardine nella costruzione della libertà religiosa protetta dalla Convenzione Europea, il riferimento al margine di apprezzamento è del tutto limitato64: in un solo

punto della sentenza la Corte si riferisce ad un “certo” margine di apprezzamento e soggetto in ogni caso alla supervisione europea. Ciò non fa certo pensare al ruolo preponderante che acquisirà questa dottrina negli anni a venire, in particolare in tema di libertà religiosa individuale.

L’anno successivo rispetto a Kokkinakis, con il caso Otto-Preminger Institut v. Austria65,

entrerà però in gioco il secondo grande fattore che caratterizzerà la tutela accordata alla libertà religiosa, il consensus. Il caso riguardava la censura e la confisca di un film “Das Liebeskonzil” raffigurante Dio, Cristo e la Vergine Maria, talvolta anche in maniera oscena e irriverente. Nonostante la violazione della Convenzione fosse stata sollevata ex art. 10 - libertà di espressione -, la Corte ha avuto modo esprimersi anche

63 MARTÍNEZ TORRÓN J., Freedom of Religion in the European Convention on Human Rights…, cit. nota

37, pag. 1

64 Caso Kokkinakis v. Grecia, ricorso n. 14307/88, 1993, par. 47: “the Court has consistently held that a certain

margin of appreciation is to be left to the Contracting States in assessing the existence and extent of the necessity of an interference, but this margin is subject to European supervision, embracing both the legislation and the decisions applying it, even those given by an independent court. The Court’s task is to determine whether the measures taken at national level were justified in principle and proportionate”.

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sulla libertà religiosa, affermando che “[n]on è possibile discernere in tutta Europa una concezione uniforme del significato della religione nella società, [...] anche all'interno di un singolo paese tali concezioni possono variare. Per questo motivo [...] un certo margine di valutazione deve essere lasciato alle autorità nazionali per valutare l'esistenza e la portata della necessità di tale interferenza”66.

La Corte di Strasburgo ha da sempre ravvisato nel panorama europeo una pluralità di modelli costituzionali che disciplinano i rapporti tra lo stato e le denominazioni religiose67; questa diversità, frutto di diverse tradizioni storiche, religiose e culturali è

da sempre stata ritenuta meritevole di rispetto. In linea di principio, sia uno stato laico sia all’opposto uno stato confessionale68 sono compatibili con la Convenzione69,

purché ovviamente sia rispettata la libertà religiosa di tutti, sia nella dimensione individuale che collettiva. Del resto, come si è già visto, già durante i lavori dell’assemblea consultiva incaricata di redigere il testo della Convenzione, ad alcuni delegati premeva assicurarsi di salvaguardare le peculiarità religiose nazionali, frutto di tradizioni anche secolari. Attestata quindi questa diversità di partenza, l’obiettivo dell’articolo 9 non è stato quello di imporre un criterio uniforme valevole per tutto il Consiglio d’Europa; anzi, la Corte ha ripetutamente affermato che quando “sono in gioco questioni riguardanti il [delicato] rapporto tra Stato e religioni, per le quali le idee in una società democratica possono variare notevolmente, al ruolo di un organo decisionale nazionale deve essere data particolare importanza”70. In altre parole,

mentre la sostanza del diritto è una tensione comune, vi possono legittimamente

66 IBIDEM, par. 50

67 Caso Fernandez Martinez v. Spagna, ricorso n. 56030/07, 2014, par. 130

68 Ad esempio nel caso Darby v. Svezia [ricorso n. 11581/85, 1989] la Commissione Europea ha

affermato: “a State Church system cannot in itself be considered to violate Article 9 (Art. 9) of the Convention.

In fact, such a system exists in several Contracting States and existed there already when the Convention was drafted and when they became parties to it. However, a State Church system must, in order to satisfy the requirements of Article 9 (Art. 9), include specific safeguards for the individual's freedom of religion. In particular, no one may be forced to enter, or be prohibited from leaving, a State Church”, par. 45

69 MARTÍNEZ TORRÓN J., Freedom of Religion in the European Convention on Human Rights…, cit. nota

37, pag. 331

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essere delle differenze nel suo esercizio concreto; gli stati hanno a disposizione un certo margine, per “adattare” il godimento della libertà religiosa alle specifiche circostanze nazionali, purché siano rispettati i requisiti minimi imposti dall’articolo 971.

Per quanto riguarda l’ampiezza di questo margine, v’è da dire che nel caso della libertà religiosa la Corte europea consente solitamente agli stati un margine di apprezzamento particolarmente ampio. Da quanto si legge nel caso Kokkinakis, in cui la Corte ha descritto la libertà religiosa come uno dei fondamenti di una società democratica nonché uno degli aspetti fondamentali per l’identità della persona, si potrebbe, almeno teoricamente, ipotizzare un margine di apprezzamento narrow e un ruolo di forte controllo da parte della Corte72. Al contrario, il margine di

discrezionalità che la Corte è pronta a riconoscere tende ad essere particolarmente vasto: l’assenza di un consenso europeo ma anche la sensibilità della questione dal punto di vista politico e culturale, hanno nel corso degli anni contribuito al rafforzamento della dottrina del margine di apprezzamento in questo contesto73.

Per quanto riguarda in particolare l’utilizzo di simboli religiosi nei luoghi di lavoro, privati o pubblici, o nel contesto educativo, la Corte ha riscontrato che nella maggioranza degli Stati Membri o non vi è una regolazione specifica74 o profonde

71 MARTÍNEZ TORRÓN J., Freedom of Religion in the European Convention on Human Rights…, cit. nota

37, pag. 332-333

72 HENRARD K., A Critical Appraisal of the Margin of Appreciation Left to States Pertaining to 'Church–

State Relations' Under the Jurisprudence of the European Court of Human Rights, in FOBLETS M.C.,

ALIDADI K., VRIELINK J. (a cura di), Test of Faith? Religious Diversity and Accommodation in the

European Workplace (Cultural Diversity and Law in Association with RELIGARE), Aldershot, Ashgate,

2012, disponibile al link SSRN: https://ssrn.com/abstract=2307845 or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.230784, pag. 70-71

73 FOKAS E., Directions in Religious Pluralism in Europe…, cit. nota 45, pag. 58. In realtà v’è chi fa notare

l’esistenza di un consenso europeo “emergente” verso un superamento del modello “stato confessionale” o almeno verso una riduzione del peso delle Chiese di Stato a vantaggio di una maggiore estensione dei diritti delle altre confessioni religiose; si veda a tal proposito HENRARD K.,

A Critical Appraisal of the Margin of Appreciation…, cit. nota 72;

74 Caso Eweida e altri v. Regno Unito, ricorsi n. 48420/10, 59842/10, 51671/10, 36516/10, 2014, par. 47: “[a]n

analysis of the law and practice relating to the wearing of religious symbols at work across twenty-six Council of Europe Contracting States demonstrates that in the majority of States the wearing of religious clothing and/or

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sono le differenze a livello europeo75. Di conseguenza, questo è un ambito in cui la

Corte è pronta a riconoscere un’importanza particolare all’organo decisionale nazionale76. In generale, quando si tratta di regolamentare l'uso dei simboli religiosi,

gli approcci delle autorità nazionali sono differenti, le discipline variano da un paese all'altro a seconda delle tradizioni nazionali, dei requisiti imposti dalla necessità di proteggere i diritti e le libertà degli altri e mantenere l'ordine pubblico. Quindi, la scelta della misura e forma che tale regolamentazione dovrebbe assumere deve inevitabilmente essere lasciata entro un certo limite allo Stato interessato, in quanto dipende dal contesto nazionale specifico77.