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A seguito delle Conferenze di Alto Livello tenutesi a Brighton 2012, Interlaken 2010 e Izmir 2011, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha adottato il Protocollo n. 15 alla Convenzione che va a modificarne il Preambolo per dichiarare che “[…] spetta in primo luogo alle Alte Parti contraenti, conformemente al principio di sussidiarietà, garantire il rispetto dei diritti e delle libertà definiti nella presente Convenzione e nei suoi protocolli e che, nel fare ciò, esse godono di un margine di

religious symbols in the workplace is unregulated. In three States, namely Ukraine, Turkey and some cantons of Switzerland, the wearing of religious clothing and/or religious symbols for civil servants and other public sector employees is prohibited, but in principle it is allowed to employees of private companies. In five States - Belgium, Denmark, France, Germany and the Netherlands - the domestic courts have expressly admitted, at least in principle, an employer’s right to impose certain limitations upon the wearing of religious symbols by employees; however, there are neither laws nor regulations in any of these countries expressly allowing an employer to do so. In France and Germany, there is a strict ban on the wearing of religious symbols by civil servants and State employees, while in the three other countries the attitude is more flexible. A blanket ban on wearing religious clothing and/or symbols at work by private employees is not allowed anywhere. On the contrary, in France it is expressly prohibited by law. Under French legislation, in order to be declared lawful any such restriction must pursue a legitimate aim, relating to sanitary norms, the protection of health and morals, the credibility of the company’s image in the eyes of the customer, as well as pass a proportionality test”.

75 Caso Ebrahimian v. Francia, ricorso n. 64846/11, 2015, par. 56 [citando Dahlab v. Svizzera] 76 IDEM, par. 56

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apprezzamento, sotto il controllo della Corte europea dei Diritti dell’Uomo istituita dalla presente Convenzione”78.

Il principio di sussidiarietà e il margine di apprezzamento sono quindi entrati espressamente nel testo della Convenzione. Secondo un certo orientamento questo avrebbe creato un incentivo allo sviluppo, con un’articolazione più organica e strutturata, del principio di sussidiarietà da parte della Corte europea e una sorta di nuova fase nella vita della stessa, denominata appunto “the age of subsidiarity”79: il

Protocollo 15 è stato enfatizzato come “momentum for bringing the responsibility for

protection of ECHR rights home to the member states”80. Attraverso la maggiore forza

acquisita dalla sussidiarietà, il centro di gravità della protezione dei diritti nel sistema del Consiglio d’Europa sarebbe ritornato più vicino a tutti gli europei, sia da un punto di vista temporale che spaziale”81. Alla luce di ciò anche la recente

giurisprudenza della Corte Europea avrebbe assorbito la necessità di far defluire verso il basso la protezione dei diritti. Fermo restando il margine di apprezzamento, sembra assistersi ad un certo cambiamento nel controllo che la Corte opera per assicurare il rispetto degli impegni derivanti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli alle Alte Parti contraenti82. In particolare, vi sarebbe stato un passaggio da un

controllo definito sostanziale ad uno di tipo procedurale.

La Corte EDU ha sempre sottolineato l’importanza del controllo di ragionevolezza di ogni limitazione ai diritti della Convenzione. Il classico approccio,

78 CEDU, Protocollo n. 15 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti

dell’Uomo e delle Libertà fondamentali Strasburgo, 24.VI.2013, disponibile al link:

http://www.echr.coe.int/ Documents/Protocol_15_ITA.pdf

79 SPANO R., Universality or Diversity of Human Rights…, cit. nota 33, pag. 491

80 ARNADÖTTIR O. M., Organised Retreat? The Move from Substantive to Procedural Review in the

ECtHR’s Case Law on the Margin of Appreciation, in European Society of International Law Conference Paper 4/2015, 2015, pag. 3

81 SPIELMANN D., Whither the Margin of Appreciation?, European Court of Human Rights, marzo 2014,

disponibile al link http://www.echr.coe.int/Documents/Speech_20140320_London_ENG.pdf

82 Ruolo che è attribuito alla Corte dall’Art. 19 della Convenzione; Istituzione della Corte: “Per

assicurare il rispetto degli impegni derivanti alle Alte Parti contraenti dalla presente Convenzione e dai suoi Protocolli, è istituita una Corte europea dei Diritti dell’Uomo, di seguito denominata «la Corte». Essa funziona in modo permanente”.

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definito appunto sostanziale, può essere riassunto nell’elaborazione in astratto di una certa interpretazione dei diritti e delle libertà convenzionali, per poi procedere all’applicazione di quei principi, in concreto, ai fatti del caso; l’applicazione di questi principi si manifesta nella valutazione di proporzionalità che la Corte opera rispetto ad ogni interferenza con un diritto fondamentale per determinare se questa si traduca o meno in violazione della Convenzione. Infatti, quando la Corte utilizza le espressioni di “giusto bilanciamento” tra i diritti della Convenzione o tra interesse individuale e generale, o quando fa riferimento alla valutazione di proporzionalità per verificare se le giustificazioni addotte siano “relevant and sufficient” e volte a soddisfare un “pressing social need”, o ancora quando valuta se la limitazione è idonea e appropriata a proteggere l’interesse ritenuto minacciato e se le modalità scelte siano le meno invasive per il diritto che è stato limitato, si sta preparando ad operare un controllo che penetra nella sostanza della limitazione del diritto convenzionale, per vagliarne ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza83.

Nonostante formalmente la Corte di Strasburgo non abbia abbandonato la metodologia della valutazione sostanziale, alcuni esempi recenti nella sua giurisprudenza dimostrerebbero un accresciuto interesse piuttosto verso la correttezza e la diligenza dei processi nazionali che hanno determinato e vagliato una limitazione di un certo diritto84. Il caso Axel Springer v. Germania, che richiedeva un

bilanciamento tra il diritto al rispetto della vita privata e la libertà di espressione, costituisce un esempio di questo nuovo orientamento. La Corte infatti ragiona in questi termini: “[w]here the balancing exercise between those two rights has been

undertaken by the national authorities in conformity with the criteria laid down in the Court’s case-law, the Court would require strong reasons to substitute its view for that of the

83 GERARDS J., Procedural Review by ECtHR: A Typology, in GERARDS J., BREMS E. (a cura di),

Procedural Review in European Fundamental Rights Cases, Cambridge University Press, Cambridge, 2017

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domestic courts”85. Quindi, invece di adottare l’approccio che va a guardare alla

sostanza delle giustificazioni di un certa limitazione attraverso lo svolgimento dei vari passaggi del test di proporzionalità in concreto, la Corte ha ideato un criterio di

self-restraint rinviando quella valutazione alle autorità nazionali: se nel processo

decisionale nazionale è già stata fatta accurata e scrupolosa applicazione dei principi da essa enucleati, tutti gli interessi sono stati soppesati alla luce della proporzionalità, la Corte non procederà nuovamente alla valutazione di proporzionalità, fidandosi di quella già svolta a livello nazionale86. In qualche modo il controllo della Corte

diventa un controllo astratto sul controllo concreto svolto primariamente dalle autorità nazionali: se esse sono state sufficientemente attente nell’applicare correttamente gli standard della Convenzione, la Corte sarà pronta ad accettare con più facilità le scelte operate, senza mostrare troppa attenzione a contenuto e sostanza delle giustificazioni addotte87. Questa nuova modalità di controllo della Corte, che rinvia al corretto agire

delle autorità nazionali nell’applicazione dei principi della Convenzione, è stata appunto definita controllo procedurale. Con il controllo procedurale, la Corte si autolimita a constatare che siano state le autorità nazionali ad aver soppesato tutti gli interessi in gioco e ad aver svolto correttamente il controllo sostanziale.

Nell’ottica di riformulazione dei criteri sostanziali e procedurali che regolano il livello di deference da attribuire agli Stati membri, la qualità del processo decisionale diventa fondamentale e decisiva nei casi limite88. Ciò si deduce dalle

85 Caso Axel Springer AG v. Germania, ricorso n. 39954/08, 2012. Si veda anche il citato caso MGN

Limited v. Regno Unito, ricorso n. 39401/04, 2011, par. 150: “[…] the Court considers that, having regard to the margin of appreciation accorded to decisions of national courts in this context, the Court would require strong reasons to substitute its view for that of the final decision of the House of Lords or, indeed, to prefer the decision of the minority to that of the majority of that court”; O ancora il caso Palomo Sánchez e altri v. Spagna, ricorsi n. 28955/06, 2011, par. 57: “If the reasoning of the domestic courts’ decisions concerning the limits of freedom of expression in cases involving a person’s reputation is sufficient and consistent with the criteria established by the Court’s case-law, the Court would require strong reasons to substitute its view for that of the domestic courts”.

86 ARNADÖTTIR O. M., Organised Retreat? The Move from Substantive to Procedural Review…, cit. nota

80, pag. 12

87 GERARDS J., Procedural Review by ECtHR…, cit. nota 83, pag. 128

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parole della Corte ad esempio nel caso Animal Defenders International v. Regno Unito89;

“in order to determine the proportionality of a general measure, the Court must primarily

assess the legislative choices underlying it. The quality of the parliamentary and judicial review of the necessity of the measure is of particular importance in this respect, including to

the operation of the relevant margin of appreciation”90. La qualità del processo decisionale

nazionale è un elemento che influenza il controllo di proporzionalità, e poiché il controllo di proporzionalità è interconnesso al margine di apprezzamento, anche questa dottrina trova una sua connessione con il controllo procedurale; secondo taluni infatti la qualità del processo decisionale nazionale influirebbe sull’ampiezza del margine di apprezzamento: “procedural defects can lead to a stricter review on the

merits, while carefully constructed processes for domestic decision-making could mean more lenient review by the Court”91.

Nonostante non vi sia ancora completa chiarezza su questa nuova metodologia utilizzata dalla Corte, è possibile identificare tre direttrici verso cui essa è rivolta; la Corte guarda al processo decisionale legislativo – in particolare alla qualità dei dibattitti parlamentari ma anche alla diffusione e profondità delle discussioni nella società civile-, a quello amministrativo e al processo decisionale delle Corti nazionali.

Per quanto riguarda il livello legislativo, la Corte si interessa primariamente della qualità del discorso democratico; “se un caso solleva delle questioni che dimostrano che non è esistito un appropriato dibattito sociale per giungere a soluzioni giuridiche adeguatamente motivate, allora minor deferenza sarà concessa su tale base agli organi decisionali”92. Il caso Hirst v. Regno Unito93 è un esempio di

come la Corte si sia soffermata sulla qualità del dibattito parlamentare, decidendo a

89 Caso Animal Defenders International v. Regno Unito, ricorso n. 48876/08, 2013 90 IBIDEM, par. 108

91 ARNADÖTTIR O. M., Organised Retreat? The Move from Substantive to Procedural Review…, cit. nota

80, pag. 7

92 LEGG A., The Margin of Appreciation in International Human Rights Law…, cit. nota 1, pag. 96 93 Caso Hirst v. Regno Unito (No. 2), ricorso n. 74025/01, 2005

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sfavore della posizione governativa; “[a]s to the weight to be attached to the position

adopted by the legislature and judiciary in the United Kingdom, there is no evidence that Parliament has ever sought to weigh the competing interests or to assess the proportionality of a blanket ban on the right of a convicted prisoner to vote”94. La deference sarà quindi

rafforzata nel caso risulti che una policy sia preceduta e sorretta da un adeguato dibattito parlamentare e sociale; vi sarà maggiore propensione a ritenere che le posizioni, anche dei gruppi di minoranza, siano state considerate e che uno sforzo idoneo è stato fatto per raggiungere un equilibrio tra gli interessi confliggenti95.

Quanto invece all’approccio verso le Corti nazionali, l’atteggiamento di “judicial self-

restraint should prevail in the event that superior national courts have analyzed in a comprehensive manner the precise nature of the impugned restriction, on the basis of the

relevant Convention case law and principles drawn therefore”96.

Il cambiamento verso il controllo procedurale potrebbe forse essere spiegato come una reazione alle critiche rivolte alla Corte e al discontento emerso tra gli Stati per la sua posizione talvolta troppo “ingombrante” oppure potrebbe anche essere un tentativo della Corte di alleviare l’enorme pressione, aspettativa, nonché carico di ricorsi cui è soggetto il meccanismo europeo, forse addirittura vittima del proprio successo97. Certo è che “the unequivocal call for an increased emphasis by the Strasbourg

Court on applying a robust and coherent concept of subsidiarity is thus, by definition, a call for an increased diversity in the protection of human rights”98. L’enfasi, che durante le

Conferenze di Alto Livello, è stata posta sulla sussidiarietà e sull’imprescindibilità del margine di apprezzamento sembra essere una conferma del fatto che ad una stessa domanda di protezione dei diritti umani vi possono essere delle differenti

94 IBIDEM, par. 79

95 Si veda SAUL M., The European Court of Human Rights’ Margin of Appreciation and the Processes of

National Parliaments, in Human Rights Law Review, Vol. 15, n. 4, 2015

96 SPIELMANN D., Allowing the Right Margin the European Court of Human Rights…, cit. nota 7, pag. 23 97 ARNADÖTTIR O. M., Organised Retreat? The Move from Substantive to Procedural Review…, cit. nota

80, pag. 20

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risposte a livello nazionale. Questo potrebbe provare l’idea emersa ormai qualche anno fa secondo cui i diritti umani sarebbero universali al livello dell’astrazione, ma nazionali al momento della loro applicazione; d’altra parte per quei diritti umani che non sono assoluti, la stessa possibilità di una loro limitazione alla luce della protezione di altri diritti o interessi generali porta con sé la ricerca di un compromesso, l’esercizio di un bilanciamento, che può essere fatto solo nel contesto specifico di una data società o di un certo sistema giuridico99. L’applicazione di un

diritto in un caso concreto, lo scambio tra un diritto individuale e un interesse generale o tra un diritto individuale e un altro, spesso varia da stato a stato a seconda delle circostanze fattuali e giuridiche100. Il controllo procedurale potrebbe rispondere

proprio a questa richiesta di diversità nell’applicazione dei diritti, nel senso che ogni stato potrebbe applicare da sé i principi generali elaborati nel sistema della Convenzione Europea permettendo al contempo di dare rilevanza al contesto nazionale ed evitando spiacevoli attriti con la Corte di Strasburgo. Tanto più che la Corte sembra più propensa ad adottare questa tipologia di approccio nei casi più ardui o con alto grado di sensibilità, solitamente verso i quali la Corte è già solita concedere un ampio margine di apprezzamento101. Tali sono quelli che comportano

delle scelte difficoltose, o delle divergenze già a livello nazionale, come le questioni relative alle unioni omosessuali o alla genitorialità genetica, o ancora all’espressione religiosa individuale nella sfera pubblica. In casi di questo genere difficilmente la Corte devia da quelle che sono le risultanze al livello nazionale, se ritiene soddisfatti i requisiti del controllo procedurale.

Questo nuovo atteggiamento di deference e di fiducia nell’operato del livello nazionale di protezione, potrebbe essere la nuova guida con cui guardare alla tutela della libertà religiosa nel contesto lavorativo, e non solo. Spesso infatti, dato il rilevante utilizzo del margine di apprezzamento in questo ambito, v’è chi critica

99 LORD HOFFMANN, The Universality of Human Rights…, cit. nota 34, par. 15 100 IBIDEM, par. 24

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l’operato della Corte di Strasburgo; alcuni sostengono che essa abbia abdicato al suo ruolo di supervisore delle scelte nazionali: “several judgments give the impression that

the Court does not want to second-guess the assessment and choices of national authorities in

this respect”102. Altri parlano di “extremely deferential approach” o di “virtual deferential

approach leading to a virtual absence of scrutiny of the actual circumstances of alleged

violations of religious rights”103. Ancora, si afferma che la Corte si sia scordata del suo

ruolo di protezione dei diritti fondamentali104; o ancora si parla di “non protezione”

della libertà religiosa individuale da parte della Corte di Strasburgo105. Da una

esamina più attenta dei casi più recenti sulla libertà religiosa, almeno nel contesto lavorativo, si potrebbe ipotizzare che l’atteggiamento di self-restraint della Corte sia in realtà proprio determinato dall’operato delle autorità nazionali, in primis delle corti nazionali superiori, nel soddisfare i parametri richiesti dalla Convenzione di Strasburgo ed in particolare nell’adottare come criterio principe di giudizio proprio il principio di proporzionalità. In altre parole, la recente giurisprudenza circa la libertà religiosa nel contesto lavorativo mostrerebbe i sintomi di quel cambiamento nella metodologia del controllo della Corte, da sostanziale a procedurale. I seguenti esempi daranno conto di questo ragionamento.

102 HENRARD K., A Critical Appraisal of the Margin of Appreciation…, cit. nota 72, pag. 71

103 LEWIS T., What not to wear: Religious Rights, the European Court and the Margin of Appreciation, in

International and Comparative Law Quarterly, Vol. 56, n. 2, 2007, pag. 396; “It will be suggested that this may be inevitable, given the liberal, secular paradigm, not to mention the current international

political climate, within which the Court operates. However, to religious adherents, this judicial deference in religious matters will look as if the leading human rights court in Europe is guilty of disparity of treatment; that it gives far greater protection to those rights (such as political expression and sexual autonomy) that it does have a clear conceptual grasp of, than those rights (such as freedom of religious belief) that it does not”.

104 ZAGREBELSKY V., Pace sociale e margine di apprezzamento…, cit. nota 15, pag. 302

105 MARTINEZ TORRỚN J., La (non) protezione della libertà religiosa dell’individuo nella giurisprudenza

della Corte di Strasburgo, in MAZZOLA R. (a cura di), Diritti e religione in Europa, Rapporto sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di libertà religiosa, il Mulino, Bologna,

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