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Se sul versante della “practice” e di ciò che costituisce manifestazione ai sensi dell’articolo 9 l’approccio si è rivelato restrittivo, sul versante della determinazione dei culti ammessi, Commissione e Corte hanno assunto un atteggiamento maggiormente propenso all’inclusione.

Una delle critiche che viene mossa con frequenza alla Corte di Strasburgo è quella di non essersi sufficientemente confrontata con la questione della definizione del concetto di religione. L’importanza infatti di trovare dei confini a questo aspetto risiede nella necessità di delimitare anche un'area entro la quale una persona sia libera di credere ed agire in conformità con le sue convinzioni, senza che subisca alcun vincolo da parte dell’ordinamento99. E’ un compito tuttavia non privo di rischi:

“those with the power to define religion must steer between the Scylla of under-inclusiveness

and the Charybdis of over-inclusiveness”100. Il pericolo insito nel delineare il concetto di

religione è da un lato quello di escludere a priori certi gruppi religiosi invece meritevoli di protezione, magari dando preferenza a quelli più conosciuti e familiari; dall’altro lato, proprio mossi da questa consapevolezza, il rischio è quello di propendere per una definizione estremamente vaga e tale da rendere il concetto privo di un qualche effettivo significato101. Nelle società moderne, caratterizzate da

un sempre maggiore pluralismo religioso, le stesse corti nazionali vivono certe problematiche per identificare una nozione condivisa di religione pur collocandosi all’interno di un ambito nazionale la cui comunità condivide la medesima origine storica, una identità culturale e dei fondamenti comuni. La difficoltà di arrivare ad

98 IBIDEM, par. 78

99 ADHAR R., LEIGH I., Religious Freedom in the Liberal State, Oxford University Press, Oxford, 2013,

pag. 141

100 IDEM, pag. 141 101 IDEM, pag. 141

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un approccio condiviso sulla religione è maggiormente amplificata nel contesto sovranazionale europeo; seppur per la maggior parte caratterizzati da un innegabile

background cristiano, i 47 stati del Consiglio d’Europa mostrano profonde differenze

circa il rapporto tra potere secolare e potere temporale nonché sul ruolo spettante alla religione nello spazio pubblico102. Tradizionalmente infatti possiamo identificare stati

che si riconoscono in una chiesa nazionale o di stato, stati caratterizzati da relazioni pattizie con le rappresentanze religiose e stati in cui vige una netta separazione tra stato e chiesa. Queste differenze si ripercuotono a livello internazionale. Si pensi anche semplicemente all’acceso dibattito scatenato dalla presenza o meno di un riferimento esplicito alle radici cristiane nell’ormai tramontato progetto di un Trattato costituzionale europeo103.

La Corte di Strasburgo vive queste difficoltà; essa non può fare riferimento ad un ordine costituzionale per valutare quali siano le forme di relazione tra stato e chiesa preferibili o quali siano i culti meritevoli di protezione; ha affermato: “it is not possible

to discern throughout Europe a uniform conception of the significance of religion in society;

even within a single country such conceptions may vary104. Essa ha preferito adottare un

atteggiamento neutro che permettesse un bilanciamento tra la protezione dei diritti individuali e le peculiari caratteristiche dei vari stati membri105. Non solo la Corte

non ha ritenuto necessario dare una definizione di cosa costituisce religione ma ha anche affermato che questo non è un compito ad essa spettante. Si legge infatti nel caso Kimlya e altri v. Russia106: “the Court observes that the question whether or not

Scientology may be described as a “religion” is a matter of controversy among the member

102 BRATZA N., The precious asset: Freedom of religion under the European Convention on Human Rights, in

Religion and Discrimination Law in the European Union, in HILL M. (a cura di), European Consortium for Church and State Research, Tier, 2012, pag. 10

103 Si veda FUMAGALLI CARULLI O., Costituzione Europea, radici cristiane e Chiese, in www.olir.it,

disponibile al link http://www.olir.it/areetematiche/83/documents/Fumagalli_Carulli_RadiciCristiane Europa.pdf, 2005

104 Caso Otto-Preminger v. Austria, ricorso n. 13470/87, 1994, par. 50

105 BRATZA N., The precious asset: Freedom of religion under the European Convention…, cit. nota 102, pag.

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States. It is clearly not the Court’s task to decide in abstracto whether or not a body of beliefs and related practices may be considered a “religion” within the meaning of Article 9 of the Convention. In the absence of any European consensus on the religious nature of Scientology teachings, and being sensitive to the subsidiary nature of its role, the Court considers that it must rely on the position of the domestic authorities in the matter and determine the applicability of Article 9 of the Convention accordingly”107. Sono gli stati che giocano il

ruolo di attori principali in quest’ambito. Si vedrà infatti che, con riguardo alla libertà religiosa, la Corte farà ampio uso della dottrina del margine di apprezzamento per concedere un margine di discrezionalità alle autorità nazionali.

Data quindi la difficoltà di trovare una definizione sufficientemente vaga da abbracciare l’immenso repertorio di fedi religiose ma tale da non risultare in pratica di impossibile applicazione, la Corte e la Commissione hanno preferito affidarsi esplicitamente al termine belief piuttosto che al più “pericoloso” concetto di religione108. Questo è stato reso possibile dal testo stesso dell’articolo 9 che

ricomprende nell’ambito di protezione non solo la religione ma più in generale le convinzioni personali - beliefs. L’approccio di Strasburgo è stato quello di definire

religion o belief ai sensi dell’articolo 9 in modo generalmente ampio ed inclusivo.

Anche questo approccio tuttavia non è privo di problematiche; esso infatti sembra rimandare a monte il problema che si aveva a valle: solo la manifestazione di religion e belief trova protezione nell’articolo 9,109 non l’espressione di pensiero e coscienza. È

nuovamente di fondamentale importanza quindi cercare di porre dei filtri nel definire religion e belief per distinguerli da ciò che l’articolo 9 menziona come thought e conscience.

107 IDEM, par. 79

108 BRATZA N., The precious asset: Freedom of religion under the European Convention…, cit. nota 102, pag.

11; si veda anche TULKENS F., Freedom of Religion under the European Convention on Human Rights: A

Precious Asset, in BYU Law Review, Vol. 2014, n. 3, Art. 3, disponibile al link

http://digitalcommons.law.byu.edu/lawreview/vol2014/iss3/3, 2015, pag. 509

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Oltre alle religioni tradizionali – Cristianesimo, Ebraismo, Islam, Buddismo, Religione Sikh, Induismo - sono state ammesse anche religioni minoritarie come Testimoni di Geova o più controverse come la Chiesa di Scientology, il Divine Light

Zentrum e il culto Moon. Sembra che le forme religiose di minoranza siano ammesse

più facilmente se sono in grado di dimostrare anche nella propria fede l’esistenza di certe caratteristiche già riscontrabili in una forma accettata di credo religioso. Pare quindi che l’esistenza di una fede minoritaria debba essere in qualche modo provata dal ricorrente e non semplicemente presunta110. Così si è espressa la Commissione nel

caso X v. Regno Unito111; il ricorrente, carcerato, affermava di essere “president of a

society of occult sciences” e chiedeva di essere registrato come membro della religione

“Wicca” per poter accedere a certe agevolazioni per l’esercizio della sua religione. Nell’opinione della Commissione “it is evident that such facilities are only conceivable if

the religion to which the prisoner allegedly adheres is identifiable”112. La Commissione, nel

rigettare la sua richiesta, osserva che il richiedente non aveva menzionato alcun fatto che consentisse di stabilire l’esistenza della religione Wicca.

L’articolo 9 oltre a tutelare la libertà di religione garantisce anche la libertà dalla religione e la libertà di non credere. La Corte ha infatti affermato che la libertà di pensiero, coscienza e religione, oltre ad essere “one of the most vital elements that go to

make up the identity of believers and their conception of life” è anche “a precious asset for atheists, agnostics, sceptics and the unconcerned”113. Oltre alle convinzioni religiose, la

giurisprudenza di Strasburgo ha ricompreso anche convinzioni di natura non religiosa o filosofica, quali il pacifismo, il veganismo, le convinzioni anti abortiste e anche ideologie politiche come il comunismo114.

110 IDEM, pag. 290

111 Caso X v. Regno Unito, ricorso n. 7291/75, 1977 112 IBIDEM, pag. 55-57

113 Caso Kokkinakis v. Grecia, ricorso n. 14307/88, 1993, par. 31

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L’approccio adottato quindi è sostanzialmente ampio, tuttavia se troppo individualistico comporta il rischio di un abuso. In realtà, analizzando la giurisprudenza degli organi di Strasburgo emerge un filo conduttore comune; una convinzione per essere protetta dall’articolo 9 deve avere una certa coerenza, rilevanza e serietà, non deve essere incompatibile con la dignità umana e deve attenere a certe questioni fondamentali. I seguenti casi daranno conto di questa impostazione.

Innanzitutto, una convinzione ai sensi dell’articolo 9 deve assumere un certo livello di coerenza morale ed intellettuale115. Nel caso X v. Repubblica Federale di

Germania116 il ricorrente rivendicava la volontà, una volta morto, di essere cremato e

di vedere le ceneri sparse nella sua proprietà. Riteneva che fosse una forma di esercizio delle sue convinzioni religiose. Sarebbe stato infatti per lui inconcepibile essere sepolto in un cimitero pieno di simboli cristiani. Egli richiamava, tra le altre, le garanzie offerte dall’art. 9 della Convenzione Europea. La questione che la Commissione si trova a valutare è se “the applicant's wish to be buried on his own land

according to his religious beliefs is protected by Article 9(1) as being the manifestation of a belief in practice”. La Commissione esclude che si tratti di una manifestazione protetta

poiché non ritiene sussistere alcun credo. Pur riconoscendo che l'azione desiderata fosse mossa da una forte motivazione personale essa non costituiva una visione coerente circa questioni fondamentali117 e dunque non poteva qualificarsi come belief

ai sensi dell’articolo 9. Con il medesimo ragionamento, nel caso Pretty v. Regno

Unito118, la Corte, pur non mettendone in dubbio la fermezza, ha escluso che le idee

della ricorrente circa il suicidio assistito potessero costituire beliefs ai sensi

115 EVANS C., Religious Freedom in European Human Rights Law…, cit. nota 11, pag. 390 116 Caso X v. Repubblica federale di Germania, ricorso n. 8741/79, 1981

117 IDEM; “The desired action has certainly a strong personal motivation. However, the Commission

does not find that it is a manifestation of any belief in the sense that some coherent view on fundamental problems can be seen as being expressed thereby”.

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dell’articolo 9119. Osserva infatti che “non tutte le opinioni o convinzioni costituiscono

beliefs protetti […] dalla Convenzione. Le affermazioni [della ricorrente] non

comportano una forma di manifestazione di una religione o convinzioni personali, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche o l'osservanza, come descritto nella seconda frase del primo comma [dell’art. 9]”120. Ancora la Commissione nel caso

Salonen v. Finlandia121 ha escluso che la volontà dei genitori di scegliere il nome dei

figli potesse essere ricondotta a belief: “[t]he desired name has certainly a strong personal

motivation. However, the Commission does not find that it is a manifestation of any belief in the sense that some coherent view on fundamental problems can be seen as being expressed thereby”122.

Un’altra indicazione utile per delimitare il concetto di belief viene fornita, seppur indirettamente, nel caso Campbell e Cosans v. Regno Unito123 del 1982; la Corte di

Strasburgo si trova a affrontare un ricorso contro la previsione e l’utilizzo di punizioni corporali “didattiche” all’interno delle istituzioni scolastiche statali in Scozia. Pronunciandosi a proposito del significato delle convinzioni religiose e filosofiche ai sensi dell’articolo 2 Protocollo 1124 della Convenzione, la Corte

coinvolge anche quelle convinzioni protette ai sensi dell’articolo 9. “Nel suo significato comune la parola “convinzioni”, presa da sola, non è sinonimo delle parole "opinioni" ed "idee", come vengono utilizzati all'articolo 10 della Convenzione,

119 Nel caso di specie la ricorrente era affetta dalla MND o malattia del motoneurone, una malattia

degenerativa che colpisce i neuroni che controllano la muscolatura volontaria e che conduce progressivamente il paziente alla disabilità e alla morte. La ricorrente si trovava già in uno stadio di avanzata degenerazione muscolare, pur rimanendo intatta la sua capacità cognitiva e chiedeva di poter accedere al suicidio assistito, non consentito ai sensi della legge inglese.

120 Caso Pretty v. Regno Unito, 2346/02, 2002, par. 82. Nel caso di specie, il suo punto di vista ribadiva

piuttosto l’affermazione del principio dell'autonomia personale, riconducibile all’articolo 8 della Convenzione

121 Commissione, caso Salonen v. Finlandia, ricorso n. 27868/95, 1997 122IBIDEM, par. 2

123 Caso Campbell e Cosans v. Regno Unito, ricorsi n. 7511/76; 7743/76, 1982

124 CEDU, Primo Protocollo Addizionale, Art. 2 Diritto all’istruzione: “Il diritto all’istruzione non può

essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”.

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che garantisce la libertà di espressione, ma è più simile al termine "credenze" che figurano all'articolo 9 che garantisce la libertà di pensiero, di coscienza e di religione - e denota convinzioni che raggiungono un certo livello di cogenza, serietà, coerenza e rilevanza"125. Inoltre, “avuto riguardo alla Convenzione nel suo insieme, […]

l'espressione "filosofiche" nel contesto attuale denota, a parere della Corte, convinzioni che sono degne di rispetto in una "società democratica" e non sono incompatibili con la dignità umana”126.

125 Caso Campbell e Cosans v. Regno Unito, ricorsi n. 7511/76; 7743/76, 1982, par. 36 126 IDEM, par. 36

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CAPITOLO SECONDO

LE RELIGIOUSACCOMMODATIONS NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTEEUROPEADEIDIRITTIDELL’UOMO