• Non ci sono risultati.

V’è infine chi ha affermato che il concetto di accomodamento ragionevole potrebbe trovare supporto proprio nel criterio di proporzionalità che determina la compatibilità di una limitazione di un diritto convenzionale con la Convenzione stessa109. Infatti la libertà religiosa, quando si manifesta in modo tangibile nel mondo

esterno, sappiamo non essere assoluta ma limitabile ai sensi di quanto prevede il secondo comma dell’articolo 9. Le sole restrizioni ammesse devono essere a) prescritte dalla legge b) perseguire un obiettivo legittimo - pubblica sicurezza, protezione dell’ordine, salute, morale pubblica, o dei diritti e della libertà altrui – c) dirsi necessarie e proporzionate in una società democratica. Il concetto di “necessarietà” implica l’esistenza di un pressing social need che giustifichi quella limitazione110. Tuttavia non è sufficiente che la limitazione persegua un obiettivo

legittimo e qualora vi sia un bisogno sociale pressante per essa, “there must be a

reasonable relationship of proportionality between the means employed and the aim pursued”111. Il principio di proporzionalità “richiede che l’intensità della restrizione

non sia eccessiva rispetto ai bisogni legittimi e interessi, che la specifica restrizione mira a soddisfare”112. Una certa misura può dirsi proporzionata quando, tra una serie

di alternative idonee a perseguire un certo fine, è la scelta meno restrittiva per il diritto in gioco. “Si potrebbe sostenere che, se una disposizione, giustificata da un

108IDEM, pag. 288

109 BRIBOSIA E., RINGELHEIM J., RORIVE I., Reasonable Accommodation for Religious Minorities…, cit.

nota 89, pag. 15

110 Si vedano tra gli altri: caso Grigoriades v. Grecia, ricorso n. 121/1996/740/939, 1997, par. 44; Dudgeon v.

Regno Unito, ricorso n. 7525/76, 1981, par. 54

111 Caso Scollo v. Italia, ricorso n. 19133/91, 1995, par. 32

112 TSAKYRAKIS S.,Proportionality: An assault on human rights?, in International Journal of Constitutional

87

obiettivo legittimo, compromette la libertà religiosa di certi individui e l’accomodamento ragionevole consentisse di eludere tale perdita senza allo stesso tempo compromettere l'obiettivo previsto, questa seconda soluzione dovrebbe essere favorita perché rappresenta il mezzo per raggiungere l'obiettivo, meno restrittivo dei diritti in gioco”113.

Seppur la Commissione e la Corte non sembrino aver adottato questa via quando hanno affrontato le richieste di ragionevole accomodamento nel contesto lavorativo, questa impostazione è stata illustrata dai giudici di minoranza nel caso

Sessa v. Italia114 del 2012. Il caso riguardava un cittadino italiano, di fede ebraica, che

svolgeva la professione di avvocato. Egli era rappresentante di una delle due parti civili in un procedimento penale avviato contro alcune banche. Durante il procedimento, l’udienza dedicata all’incidente probatorio era stata rinviata, per impedimento del GIP, a due altre possibili date che coincidevano con due festività religiose ebraiche, precisamente lo Yom Kippur e il Succot; il ricorrente Sessa aveva dichiarato la sua impossibilità a presenziare all’udienza di rinvio a causa dei suoi obblighi religiosi; ne aveva chiesto quindi il rinvio ma senza successo. Dopo aver esaurito i ricorsi interni, aveva presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: il rifiuto dell’autorità giudiziaria di rinviare l’udienza controversa, fissata in una data coincidente con la festività ebraica, gli aveva impedito di partecipare all’udienza in qualità di rappresentante di una delle parti civili ed aveva costituito un ostacolo al suo diritto di professare liberamente la sua religione. Invocava quindi l’articolo 9 della Convenzione.

La Corte mantiene la sua impostazione tradizionale: la fissazione della data di udienza coincidente con la festività ebraica e il rifiuto di rinviarla ad altra data non costituivano un’ingerenza nel diritto del ricorrente ad esercitare liberamente il suo culto. L’interessato aveva adempiuto ai suoi doveri religiosi e avrebbe potuto farsi

113 BRIBOSIA E., RINGELHEIM J., RORIVE I., Reasonable Accommodation for Religious Minorities…, cit.

nota 89, pag. 15

88

sostituire all’udienza per adempiere anche ai suoi obblighi professionali. Inoltre, il rifiuto era conforme alle disposizioni della legge in vigore. Anche ammesso che vi fosse stata un’ingerenza nel diritto del ricorrente tutelato dall’articolo 9 comma primo, secondo la Corte tale ingerenza era giustificata ai sensi del comma secondo. Essa infatti era prevista dalla legge e volta alla tutela dei diritti e delle libertà altrui, in particolare del diritto delle parti in giudizio al buon funzionamento della giustizia e del rispetto del principio della ragionevole durata del procedimento. Inoltre era presente un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo prefissato115.

Interessante è notare che la decisione è stata assunta con una maggioranza di quattro giudici con tre dissenzienti, registrando il dissenso dei giudici Tulkens, Popovic e Keller. Questi ultimi criticano il ragionamento della maggioranza considerato troppo “asciutto” sia per quanto riguarda la non-esistenza dell’ingerenza sia la valutazione di proporzionalità. Un ragionamento troppo sbrigativo risulterebbe problematico alla luce del fatto che la libertà religiosa è sempre stata definita dalla Corte come uno degli aspetti fondamentali della persona e come uno dei valori essenziali di una società democratica. Per quanto riguarda l’esistenza dell’ingerenza, la maggioranza constata che la decisione del giudice per le indagini preliminari di non accogliere la domanda di rinvio del ricorrente si fonda sulle disposizioni del codice di procedura penale italiano ai sensi del quale l’udienza relativa all’incidente probatorio si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore della persona sottoposta alle indagini. Quindi ne deduce che la presenza del legale di parte civile non fosse necessaria; pertanto, la fissazione dell’udienza in una data coincidente con una festività ebraica e il rifiuto di spostarla ad altra data non potevano comportare una restrizione del diritto del ricorrente di esercitare liberamente il suo culto. I giudici dissenzienti notano che “l’articolo 401 del codice di procedura penale italiano prevede sì la partecipazione obbligatoria del pubblico ministero e del difensore dell’imputato, ma tale

89

disposizione precisa anche che «il difensore della persona offesa ha diritto di parteciparvi». Spetta quindi al difensore e solo a lui, in funzione degli interessi del cliente, decidere di avvalersi o meno di tale diritto che gli è riconosciuto, senza che le autorità giudiziarie possano intromettersi nell’esercizio dei diritti della difesa né presumere l’assenza di necessità della sua partecipazione”116.

È tuttavia il ragionamento sul test di proporzionalità la parte più interessante ai fini della questione del ragionevole accomodamento. I giudici di minoranza esplicitano infatti che uno dei passaggi che strutturano il test di proporzionalità di una limitazione è il rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo prefissato. “La proporzionalità di una misura presuppone che, tra i diversi mezzi che consentono di raggiungere lo scopo legittimo perseguito, le autorità scelgano quello meno lesivo dei diritti e delle libertà”117. La ricerca di un ragionevole accomodamento si

inserirebbe in quest’ottica; esso, in alcune circostanze, può rappresentare un mezzo meno restrittivo per raggiungere l’obiettivo perseguito. Nel caso di specie, secondo i giudici dissenzienti, esistevano le condizioni per giungere ad un accomodamento ragionevole, che avrebbe consentito di evitare la lesione della libertà religiosa del ricorrente, senza tuttavia compromettere il buon funzionamento della giustizia118. In

particolare, si fa notare che il ricorrente aveva fatto subito presente alle autorità giudiziarie la sua impossibilità di partecipare all’udienza controversa per motivi religiosi. Esse avevano avuto quindi a disposizione un tempo sufficiente, di quattro mesi, per riorganizzare il calendario delle udienze in modo da garantire i diversi

116 IBIDEM, opinione dissenziente dei giudici Tulkens, Popović e Keller, par. 6 (versione italiana) 117 IBIDEM, par. 9

118 IBIDEM, par. 9 e 10: “As to the proportionality requirement, which is the test of whether the interference

was necessary in a democratic society, the Court’s case-law is very clear: for a measure to be proportionate, the authorities, when choosing between several possible means of achieving the legitimate aim pursued, must opt for the measure that is least restrictive of rights and freedoms. From that standpoint, seeking a reasonable accommodation of the situation in issue may, in some circumstances, constitute a less restrictive means of achieving the aim pursued. In the present case we believe that the conditions were met for attempting to reach a reasonable accommodation of the situation, that is to say, one that did not impose a disproportionate burden on the judicial authorities. By dint of a few concessions, this would have made it possible to avoid interfering with the applicant’s religious freedom without compromising the achievement of the clearly legitimate aim of ensuring the proper administration of justice”.

90

diritti in gioco119. Quindi la ricerca del ragionevole accomodamento si inserirebbe

secondo i giudici dissenzienti proprio nel test di proporzionalità stesso.

91

CAPITOLO TERZO

LA RILEVANZA DELLA DEFERENCE NELLA RELAZIONE TRA LAVORO E RELIGIONENELLAGIURISPRUDENZADELLACORTEDISTRASBURGO

Al pari di altre corte sovranazionali1, anche la Corte Europea dei Diritti

dell’Uomo mostra solitamente un certo grado di rispetto, o deference, verso le autorità nazionali.2 Lo strumento della deference viene infatti spesso utilizzato dalle corti

sovranazionali per destreggiarsi nel sistema multilivello di tutela dei diritti fondamentali. Attraverso questo strumento, le corti sovranazionali mostrano un dovuto rispetto alle tradizioni costituzionali nazionali, alle scelte legislative e di policy nazionali prevenendo quindi potenziali situazioni di conflitto3. La Corte

Europea dei Diritti dell’Uomo ha sviluppato a tal proposito la ben nota dottrina del margine di apprezzamento. Nei casi che attengono alla libertà religiosa, forse in maggior misura rispetto ad altre disposizioni convenzionali, questa dottrina ha assunto un ruolo fondamentale, per non dire principale, scatenando ampie critiche rispetto all’efficacia della garanzia dei diritti fondamentali della CEDU. Nei paragrafi seguenti si darà conto di come questa dottrina sia venendo ad assumere un carattere particolare nell’intreccio tra lavoro e fede.