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Considerazioni conclusive e spunti di riflessione Uno sguardo sul futuro prossimo

LA DIRETTIVA 2016/343/UE: AI POSTERI L’ARDUA SENTENZA

7. Considerazioni conclusive e spunti di riflessione Uno sguardo sul futuro prossimo

In un momento storico caratterizzato dal populismo penale ed in cui i governi si mostrano sempre attenti alle esigenze di sicurezza rispetto che alla necessità di affermare i diritti fondamentali, l‟introduzione di un provvedimento (ad opera del Parlamento europeo e del Consiglio) che esalta e riporta l‟attenzione sull‟importanza assunta dal principio della presunzione di innocenza è certamente un segno particolarmente positivo.

616

Unione delle Camere penali italiane. Osservatorio d‟Europa, cit., p. 8.

617 «Non dobbiamo farci illusioni sulla possibilità di scongiurare il pericoloso fenomeno, più

culturale che strettamente giuridico, di emulazione. Non possiamo cioè escludere che anche il nostro legislatore e più facilmente la giurisprudenza interna creativa rimangano irrimediabilmente affascinati dall‟idea di fondo della direttiva per cui, in una prospettiva efficientistica, va garantita l‟equità complessiva del processo piuttosto che la sacralità dei singoli diritti inviolabili, aprendo così a pericolose valutazioni discrezionali sulla concreta effettività delle garanzie». Cfr. O. Mazza,

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Tuttavia, nella Direttiva alcuni618 rinvengono l‟esistenza di un‟evidente lacuna ammettendo che essa nulla prevede con riguardo alla presunzione d‟innocenza come regola di trattamento619.

Anziché individuare e introdurre “elementi nuovi”, si sono andate a toccare delle garanzie che potrebbero portare in futuro ad una riduzione delle tutele assicurate dagli ordinamenti interni, che, per certi versi offrono – a detta di molti – maggior protezione.

Sono in molti coloro che evidenziano come già la proposta di Direttiva dimostrasse qualche debolezza e potesse quindi condurre ad un risultato inappagante e discutibile in quanto il contenuto sembrava «(…) appiattirsi sui ben noti principi della giurisprudenza di Strasburgo, compresi quelli espressi dagli arresti più controversi». Questi sono i termini che appaiono nel comunicato del 24 maggio 2014 (significativamente già all‟epoca intitolato “La proposta di direttiva sulla presunzione di innocenza: una delusione!”) reso a seguito dell‟analisi dell‟Unione delle Camere Penali dell‟(allora) “bozza della Direttiva”. In quell‟occasione vennero messi in risalto gli aspetti che di lì a poco si sarebbero dimostrati davvero poco convincenti620.

Guardando la versione definitiva, è facile constatare, come anticipato, che talvolta vengono a mancare adeguati raccordi con le Direttive già adottate.

Inoltre, sulla base di un‟attenta analisi dalla Direttiva stessa, si nota che spesso non vengono neanche presi in considerazione gli standard seguiti dalle garanzie previste dalla Convenzione Europea dei diritti dell‟Uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea; ciò potrebbe comportare la possibilità che essa possa essere invocata per interpretare “al ribasso” alcuni standard internazionali nelle materie oggetto della Direttiva, «facendo ad esempio leva sul riferimento contenuto nella direttiva in parola all‟equità complessiva del processo, equità complessiva che potrebbe pregiudicare persino l‟esercizio dei singoli diritti

618

Ibidem.

619

Di segno opposto appare l‟opinione di A. De Caro il quale nel suo commento alla Direttiva (La

recente direttiva europea sulla presunzione di innocenza e sul diritto alla partecipazione al processo, cit.), pone ben in evidenza che è proprio con l‟art. 5 (in cui si vieta che indagati e

imputati possano essere presentati alla stregua di soggetti colpevoli) che la presunzione di innocenza viene considerata come regola di trattamento e riferita in particolare alle misure coercitive ante iudicium.

620 La proposta di direttiva sulla presunzione di innocenza: una delusione!, in

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inviolabili, aprendo così a pericolose valutazioni discrezionali sulla concreta effettività delle garanzie»621.

Quindi, in sintesi, alcuni tratti di detta Direttiva appaiono ancora “nell‟ombra”, al punto che sono molti coloro che si chiedono se tale atto sia effettivamente capace di consolidare l‟equo processo e la fiducia reciproca tra gli Stati membri, così come tanto auspicato dal legislatore europeo.

L‟intervento del 2016 viene considerato «una riproduzione “parziale” della giurisprudenza della Corte EDU ed è frutto di atteggiamento di eccessiva “cautela” nella definizione e nella disciplina dei diritti in essa contenuti (…)»622

Infatti, se come detto, non solo nel progetto originario erano evidenti dei possibili “nei”, altrettante perplessità si erano già riscontrate in merito alle previsioni contenute nel testo dal quale la Direttiva ha preso origine, ovvero quel Libro Verde sulla presunzione d‟innocenza del 4 aprile 2006, «che la Commissione delle Comunità europee aveva distribuito attraverso gli Stati membri, con richiesta di risposta entro il 9 giugno del medesimo anno»623.

Si ricordi che, con tale Libro si volle sottolineare come il principio del reciproco riconoscimento potesse funzionare efficacemente solo nei casi in cui fosse garantita la fiducia negli altri sistemi giudiziari, avendo quindi la sicurezza che, per ogni individuo nei cui confronti fosse stata emessa una sentenza giudiziaria straniera, venisse comunque assicurata una decisione secondo giustizia624

Un ulteriore aspetto che avvalora la tesi di coloro i quali sostengono che “poca luce e poca chiarezza” si possa ottenere dalla Direttiva è riscontrabile nei

considerandum 4 e 5.

Da qui emerge come il principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie «presuppone che gli Stati membri ripongano fiducia reciproca nei rispettivi sistemi di giustizia penale», ma di fatto accade che «sebbene gli Stati membri siano firmatari della CEDU e dell‟ICCPR625, l‟esperienza ha dimostrato

621

La Direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza

e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali: più ombre che luci, cit.

622 Come rilevato anche dal rapporteur (Nathalie Griesbeck) della Commissione LIBE

(Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni) del Parlamento europeo si corre il rischio di un‟armonizzazione delle disposizioni nazionali “verso il basso”.

623 C. Valentini, op. citata, p. 193. 624 Ivi, p. 194.

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che questa circostanza in sé non sempre assicura che vi sia un grado sufficiente di fiducia nei sistemi di giustizia penale di altri Stati membri».

Quindi, secondo le stesse istituzioni europee, il Sacro Graal del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie si è nella pratica arenato contro l‟ostacolo del reciproco dubbio degli Stati in merito all‟effettivo rispetto delle garanzie dell‟equo processo da parte delle giurisdizioni interne626

.

Si tratterebbe di uno scoglio che l‟Unione ha per lungo tempo finto di non vedere al fine di perseguire obiettivi più semplici e molto graditi all‟esprit poliziesco della cooperazione giudiziaria in materia penale.

Molti Autori sottolineano che il punto di partenza doveva essere un altro in quanto non c‟è mai stata una vera e propria coscienza volta ad attualizzare i canoni del giusto processo penale comune.

A ciò deve aggiungersi tuttavia che il contenuto dispositivo della Direttiva tradisce lo scopo iniziale, perché i principi espressi son ancora timidi e spesso del tutto irrilevanti, con l‟eccezione di alcune parti, «destinate a porre non pochi problemi al legislatore italiano chiamato all‟adeguamento».

Entrando ancor più nello specifico ed analizzando da vicino i diversi punti di vista degli studiosi, c‟è da evidenziare la posizione assunta da alcuni importanti componenti dell‟Osservatorio Europa627.

Il riferimento è ai commenti e alle riflessioni del Prof. Oliviero Mazza e di altre due componenti dell‟Osservatorio stesso: Eleonora Sartori e Carmela Parziale (quest‟ultima appartenente alla Giunta). Costoro rimarcano come la Direttiva sia apparsa alquanto deludente «già dalla sua proposta, sia perché è giunta in grave ritardo, sia perché, fino ad oggi le istituzioni europee non hanno dimostrato un grande interesse alla creazione di un sistema univoco ed armonico di regole processuali penali»628.

626 C. Valentini, op. citata, p. 194. 627

L‟Osservatorio ha il compito di monitorare dal punto di vista scientifico l‟emanazione delle direttive e dei regolamenti inerenti l‟ambito della cooperazione giudiziaria nel settore penale. Inoltre, «promuove l‟attuazione della tutela dei diritti fondamentali e la formale adesione dell‟Unione europea alla CEDU». Si propone altresì di mantenere i contatti con le diverse istituzioni europee (Eurojust, Europol, Olaf, la Commissione LIBE del Parlamento europeo) e con gli organi di giustizia europea (la Corte EDU, la CGUE e la Corte Penale Internazionale). Cfr.

www.camerepenali.it.

628 E. Sirotti, op. citata, p. 28. L‟Opinione di O. Mazza, traspariva già dal suo contributo intitolato

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Tale situazione è dovuta al fatto che la legislazione europea sembra avere una visione in parte sbagliata del processo dovuta soprattutto alle gravi problematiche determinate dalla criminalità organizzata e dagli episodi di terrorismo.

L‟Europa infatti non è mai riuscita a trovare delle regole per ottenere un giusto processo penale comune. Di conseguenza non è possibile imporre agli Stati membri delle regole uguali e soddisfacenti629.

Quindi, per certi versi, alcuni ritengono che sia evidente il poco interesse mostrato dall‟Unione.

Questa situazione ha spesso creato delle polemiche dovute soprattutto alla mancanza di un progetto studiato, completo ed esauriente.

Il lettore che si cimenta in un‟attenta analisi della Direttiva è in grado di evidenziare alcune incongruenze che portano ad esaltare le problematiche analizzate.

Si pensi ad esempio all‟affermazione della presunzione di innocenza riconosciuta dall‟inizio del procedimento penale fino all‟accertamento della colpevolezza dell‟imputato. Nonostante quanto affermato nella Relazione della proposta, «una condanna non definitiva non costituisce un accertamento della responsabilità anche se non potranno essere ridotte le garanzie previste dall‟art. 27 comma 2 Cost che amplia le garanzie di non colpevolezza fino al momento in cui la sentenza non diventi definitiva»630.

Il contenuto della Direttiva si rivela poco chiaro anche per quanto concerne l‟onere della prova. Come precisato più volte, tale onere ricade sulla pubblica accusa salvo l‟intervento del giudice, che potrà avvenire entro certi limiti, i quali non sono però chiaramente definiti.

Allo stesso modo pecca di chiarezza il contenuto dell‟art. 6 in materia di inversione dell‟onere della prova.

Se da un lato riecheggiano punti di vista e posizioni critiche in merito all‟adozione di tale provvedimento, c‟è però da puntualizzare che la Direttiva631

, in ogni caso

629 Ci sono alcuni ordinamenti (con i quali il nostro Paese si relaziona in ambito di cooperazione

giudiziaria) in cui non vengono neanche attuati i fondamentali principi del procedimento penale.

630 E. Sirotti, op. citata, p. 30.

631 Interessante è l‟articolo di A. Bigiarini, Presunzione di innocenza e diritto al silenzio nella

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rappresenta un notevole passo avanti nel cammino intrapreso a livello europeo e costituisce una solida garanzia tra gli Stati.

La Direttiva quindi, come rilevato da Nicola Caputo (parlamentare europeo) « (…) ha l‟obiettivo di completare il corpus giuridico europeo esistente in materia di diritti della difesa degli indagati o imputati in procedimenti penali all‟interno dell‟Unione europea. Si tratta di strumenti chiave per garantire un processo equo in tutta l‟Unione e il rispetto assoluto dei diritti della difesa quali sanciti dai trattati europei, dalla Carta dei diritti fondamentali dell‟UE e dalla Convenzione europea dei diritti dell‟uomo. Alcuni importanti aspetti riguardanti la presunzione di innocenza, che è un diritto fondamentale essenziale per evitare arbitrarietà e abusi nei procedimenti penali, sono stati rafforzati, grazie al riconoscimento del diritto di assistere al processo e all‟ampia limitazione dei casi in cui sia possibile svolgere processi in contumacia»632.

Altrettanto ottimisti appaiono i commenti di Agostino De Caro, il quale, in chiusura al suo contributo633 scrive: «Con questo provvedimento, il processo penale diventa sicuramente più capace di proporsi come il luogo ove si accerta un fatto penalmente rilevante nel rispetto delle garanzie dell‟individuo».

Dallo stesso lato si schiera anche un altro studioso: il Professor Lucio Camaldo634, il quale, pur “in punta di piedi”, dopo aver effettuato un‟attenta analisi del testo e del contesto in cui si va a collocare la Direttiva, non va ad evidenziare alcuna nota di segno negativo.

Chiaramente, a poco meno di un anno dal momento in cui la Direttiva diverrà vincolante per tutti gli Stati membri, sarà indispensabile pensare al “dopo”.

Le garanzie ci sono ed i testi analizzati da questo elaborato dimostrano che il tema della presunzione di innocenza è stato sempre al centro del pensiero e dell‟attività del legislatore comunitario.

Ora sta per arrivare il momento più critico, il momento della “messa in pratica”, il momento della “prova”.

632 Cfr. Presunzione di innocenza e diritto di partecipare al processo nei procedimenti penali, in

www.nicolacaputo.eu, 20.01.2016.

633 Cfr. La recente direttiva europea sulla presunzione di innocenza e sul diritto alla

partecipazione al processo, cit.

634 Cfr. L. Camaldo, Presunzione di innocenza e diritto di partecipare al giudizio: due garanzie

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L‟estrema attenzione e il bisogno di richiamare ancora una volta in gioco i principi fondamentali di tutela riconosciuti agli indagati e agli imputati dimostra che le istituzioni non sono si disinteressate al tema in oggetto.

Anzi, la scia di Direttive introdotte nel tempo (e soprattutto negli ultimi anni) ha colto nel segno e ha permesso di ribadire con forza la necessità di muoversi in sistemi più omogenei che siano in grado di sposare delle linee comuni.

Bisognerà quindi provare a fare un “salto di qualità” nella costruzione di questo sistema, imboccando la strada della certezza e della sicura applicazione di quanto la Direttiva si fa portavoce.

I diritti riconosciuti nella Direttiva stessa, (sebbene siano espressamente ricollegabili al principio del giusto processo) sono molti: il ventaglio delle tutele appare variegato ed ampio.

Assicurarne un‟attenta applicazione alle fattispecie processuali non sarà compito facile ma “Dum spiro, spero: finché respiro, spero” in quanto la speranza è l‟ultima a morire.

Conclusioni

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Conclusioni

«Esiste una “presunzione di innocenza” dalla quale deriva che anche l‟uomo arrestato, ammanettato, fotografato al pubblico ludibrio va considerato innocente finché non intervenga una sentenza che lo dichiari colpevole “in nome della legge” e, suppongo, del popolo italiano.

(…) Quell‟aggressione a quell‟uomo non ancora giudicato non è stata un‟aggressione a noi stessi? E‟ chiaro: se quella “presunzione di innocenza “non è ben salda e fondata qualcosa d‟altro ne prenderà il posto: una “presunzione di colpa” da cui è impossibile difendersi.»

Giorgio Manganelli - Tortora - in Mammifero Italiano

Un caso tra tanti, forse uno dei primi e più eclatanti, ma non sicuramente l‟ultimo635

. Perché rimembrare in questa sede quello che accadde al noto presentatore televisivo Enzo Tortora arrestato per “pentito dire”?636

C‟è forse un collegamento tra l‟esito del processo che venne condotto e le garanzie che (non) vennero riconosciute a quell‟uomo? E‟ da questa angolatura che vorrei partire. Preso come punto di riferimento per qualche piccola, breve riflessione conclusiva, il caso Tortora637, ad avviso della scrivente, può considerarsi antesignano del processo mediatico nonché esempio di una mancanza, di uno “sbaglio a monte” (violazione della presunzione di innocenza) trasformatosi (dopo molti anni) nel riconoscimento dell‟esistenza di un “errore giudiziario a valle” che altro non è stato se non il prodotto di un iter processuale condotto sulla base di indizi debolissimi, quasi inesistenti.

635

L‟elenco dei “mostri da prima pagina per sbaglio” è molto lungo. Per citarne alcuni: Daniele Barillà, Gino Girolimoni, Lelio Luttazzi, Pietrino Vanacore, Patrick Lumumba, Giuseppe Gulotta, Raniero Busco.

636

Per una dettagliata analisi sul tema si rimanda al Dibattito organizzato dalla Camera Penale "Fabio Dean" di Perugia e dall‟Ordine degli Avvocati di Perugia del 24 Marzo 2017 in occasione della presentazione del libro di Enzo Tortora "Lettere a Francesca".

637 «La lotta fra me, innocente, e l‟accusa, impegnatissima a dover dimostrare il contrario (...)

durerà a lungo» scrive l‟uomo. «Il mio compito è uno: far sapere. E non gridare solo la mia innocenza: ma battermi perché queste inciviltà procedurali, questi processi (...) vengano a cessare. Perché un uomo sia rispettato, sentito, prima di essere ammanettato come un animale e gettato in

carcere (...)». Cfr. l‟articolo “Cara Francesca mi sento umiliato fino al midollo”: le lettere di Enzo Tortora dal carcere, in www.repubblica.it, 13.06.2016.

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Sono passati ormai 29 anni da quando Tortora venne assolto ma le cose non sono troppo cambiate. Ancora evidente appare la presenza di uno “iato” e quindi di una frattura tra il “come il processo è” e il “come il processo dovrebbe essere”.

I sistemi e i meccanismi che entrano in gioco appaiono spesso fallibili; proprio per questa loro fallibilità intrinseca sarà indispensabile prevedere alcuni contrappesi processuali e umani.

Non è difficile rendersi conto che in certi casi la presunzione di innocenza (che dovrebbe profilarsi come il più nobile presupposto processuale) appare annichilita, messa in disparte da una dominante presunzione di colpevolezza che si erge con forza durante le dinamiche processuali.

Sarà quindi opportuno che per dichiarare la colpevolezza o la non colpevolezza, l'innocenza o la quasi innocenza dell'accusato, il giudice compia un'adeguata anabasi (e quindi un percorso in salita, faticoso e difficile) dal buio, alla penombra, fino a raggiungere la luce piena.

Si tratta di un atto liberatorio e al tempo stesso conoscitivo che risalta la dinamicità del compito affidatogli. Il giudice dovrà essere garante di questo sistema e dovrà condannare solo laddove si riesca a dimostrare che la colpevolezza esiste al di là di ogni ragionevole dubbio638.

La ragionevolezza del dubbio dovrà essere quindi considerata alla stregua di una “logica ferrea e implacabile”639

. Sarà il giudice a dover fornire un “convincimento ragionato”, la cui razionalità critica ma anche argomentativa deriva dall'ascolto e dalla sintesi delle posizioni delle parti processuali.

E‟ ovvio che non è sempre facile far luce sulle vicende giudiziarie: la ricerca della verità non è un momento statico (in attesa di illuminazione), ma un graduale avanzamento, verso nuovi indizi, prove e provvedimenti.

Il concetto di verità (nel suo significato etimologico di alétheia), significa “dis- velamento”, e quindi bisogno di mostrare ciò che risulta nascosto.

Ed è proprio durante questa “fase di ricerca” che la presunzione di innocenza gioca il suo ruolo; è qui che deve scendere in campo e combattere contro logiche sbagliate e meccanismi poco garantisti.

638 «Qualora il giudice condanni un innocente o è convinto della sua colpevolezza, o è ancora più

colpevole della vittima» (Roberto Gervaso, La volpe e l‟uva, Bompiani, 1989).

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Purtroppo infatti non mancano occasioni in cui l'intera categoria dei media - con la loro “voglia di raccontare” - è andata a gettare innocenti in pasto all‟opinione pubblica pronta ad “impugnare il forcone” e a “sentir girare i chiavistelli”.

Si creano dei veri e propri “trailer giudiziari” che riprendono il momento dell‟arresto, quello in cui viene applicata la misura cautelare o che mettono in risalto la fase investigativa e le perquisizioni effettuate.

A questo punto potremmo anche chiederci: cosa accadrebbe nell‟ipotesi in cui la verità giudiziale e quella mediatica non risultino coincidenti?

Ci troviamo ormai all‟interno di un vortice caratterizzato dalla fuga di notizie che ogni giorno sono pronte a riempire d‟inchiostro la prima pagina dei quotidiani. Tutti aspettano di sapere i dettagli di ogni interrogatorio, di ogni domanda posta dagli inquirenti e di ogni risposta data o non data.

Nonostante queste avversità, sarà nostro compito “non arrendersi”: forse la presunzione di innocenza potrà perdere qualche battaglia, potrà essere messa fuori gioco dall'istinto umano di trovare ora e subito il capro espiatorio ma, restituendole il giusto peso e l‟adeguata collocazione nella sfera dei principi fondamentali, sarà anche pronta per tornare a splendere e divenire il solido punto di raccordo e di sintesi del diritto di difesa e del principio del contraddittorio. Tale presunzione, accompagnato dall‟onere della prova a carico dell‟accusa e dall‟enunciazione del principio in dubio pro reo, costituisce «la diretta derivazione di quei valori potenti messi irrimediabilmente in gioco dal processo penale»640.

Ad essa dovrà essere restituito il suo ruolo di “criterio basilare di gnoseologia

giudiziaria”641

, nonché quello di ineludibile guideline per la costruzione di un moderno accertamento processuale di tipo tendenzialmente accusatorio.

Con la speranza e l'auspicio che questa nuova Direttiva possa fungere da faro in grado di indicare la rotta da seguire verso una tutela più incisiva e concreta, il nostro sistema processuale penale si rimette in moto, alla ricerca di nuove mete e di una giustizia al passo con i canoni europei e con obiettivi sempre più ambiziosi.