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Durata della presunzione e misure cautelari: la ratio e i profili di criticità I rintocchi della “liberty bell”

E‟ essenziale quindi un accertamento della responsabilità sulla base della legge e

9. Durata della presunzione e misure cautelari: la ratio e i profili di criticità I rintocchi della “liberty bell”

fatti risuonare dalla Corte europea, hanno inciso sull‟attività del legislatore interno, su quella dei pubblici ministeri e dei giudici imponendo loro di rivedere il sistema cautelare alla luce del principio dell‟inviolabilità della libertà personale. Si voleva far in modo che tale principio potesse conquistare una posizione di primazia334 e che quindi la compressione della libertà potesse avvenire solo «in una fascia limitata di casi che costituiscono l‟eccezione alla regola secondo cui l‟imputato attende il giudizio e vi partecipa libero».

C‟è però da considerare un primo punctum dolens che si manifesta come un vero e proprio risvolto problematico legato allo status dell‟imputato e in particolar modo alla durata della presunzione di innocenza335 che incide chiaramente sulla libertà del soggetto e che si manifesta in modo diverso in base agli ordinamenti considerati.

Leggendo l‟art. 6 comma 2 CEDU non si capisce se il superamento della presunzione d‟innocenza possa o meno coincidere con l‟accertamento della colpevolezza sin dalla sentenza di primo grado336 oppure se ciò possa avvenire

333 E. Amodio, Inviolabilità della libertà personale e coercizione cautelare minima, in Cass. pen.,

2015, p. 12.

334

F. Cerqua, Cautele interdittive e rito penale. Uno studio sulle alternative ai modelli coercitivi

personali, Maggioli, 2015, p. 2. Cfr. E. Valentini, Sovraffollamento carcerario e custodia cautelare. Fotografia del presente e alcun spunti per il futuro, in Pol. dir., 2011, p. 287 ss; G.

Illuminati, Carcere e custodia cautelare, in Cass. pen., 2012, p. 2370 ss; C. Fiorio, Misure

cautelari personali e sovraffollamento carcerario: “cocci” di un‟altra legislatura “sprecata”, in Giur. It., 2013, p. 3 ss.

335 La presunzione di innocenza «deve quindi poter essere un volano di celerità nella sua

definizione, non un impaccio da eludere con espedienti e sotterfugi». Così T. Padovani, Giustizia:

la presunzione di innocenza? Un principio inattuato, in www.ristretti.it. V. anche www.radiocarcere.com, 27 febbraio 2009.

336 Corte eur., 27 giugno 1968, Wemhoff c. Germania, § 9. V. anche la sentenza 28 marzo 1990, B

c. Austria, § 36 in cui si riconosce che tra i titoli idonei a sorreggere le pene o le misure detentive

ai sensi dell‟art. 5 par. 1 della Conv. Eur. occorre inserire anche le sentenze di condanna di primo grado, a prescindere dal regime di impugnazione previsto. Per M. Chiavario, La presunzione di

innocenza nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell‟uomo, cit., p. 1091, si dovrebbe

escludere la possibilità che la Convenzione possa porre dei limiti all‟esecutività delle sentenze impugnate o impugnabili. C‟è da precisare che la possibilità di giustificare lo stato detentivo dell‟imputato in una logica di esecuzione anticipata della sanzione penale, viene riconosciuta sulla base del combinato disposto degli artt. 5 par. 1 lett. a), in cui si allude alla privazione della libertà “in seguito a condanna da parte del tribunale competente”, e dell‟art. 6 par. 2, in cui si collega il venir meno della presunzione d‟innocenza al momento in cui la colpevolezza sia stata “legalmente accertata” e non alla definitività della sentenza di condanna. Ne deriva che negli ordinamenti che non prevedono l‟effetto sospensivo delle impugnazioni, l‟incarcerazione dell‟imputato che è stato condannato in primo grado non si configurerà in contrasto con le previsioni della Convenzione di

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solo nel momento in cui la sentenza di condanna diviene irrevocabile secondo quanto affermato dall‟art. 27 comma 2 Cost. Il fatto che tale ultimo articolo procrastini la garanzia fino alla condanna definitiva comporta l‟impossibilità di introdurre nel nostro sistema forme di esecuzione provvisoria della pena mediante una semplice legge ordinaria337.

Da ciò si rileva una forte conseguenza in merito all‟esecutività della sentenza di condanna: l‟art. 27 comma 2 Cost implica che l‟impugnazione di una sentenza di condanna determini l‟effetto sospensivo ex art. 588 comma 1 c.p.p. Dall‟altro lato, l‟art. 6 comma 2 CEDU non impedisce l‟esecutività immediata della sentenza di condanna di primo o di secondo grado, pendente l‟impugnazione. Si ponga mente al fatto che l‟art. 5 CEDU legittima a sua volta la detenzione in forza della sola condanna di primo grado, anche senza che sia avvenuto il deposito della tempestiva impugnazione.

La previsione dell‟art. 6 comma 2 CEDU non va a contrastare con l‟apertura di un eventuale procedimento penale, basata semplicemente sul sospetto che l‟imputato abbia commesso un fatto penalmente rilevante.

Negli ultimi anni, anche a fronte di una crescita veramente accelerata della criminalità e dinanzi al rischio di veder scomparire l‟efficacia intimidatoria della pena nelle sabbie mobili di processi infiniti, la prospettiva di rendere immediatamente esecutiva la condanna di primo grado si è fatta sempre più concreta338. Questa soluzione è apparsa come “necessitata” e ciò anche in un‟ottica di avvicinamento dei vari ordinamenti processuali che, riconoscono appieno queste forme di esecuzione anticipata della pena (es. Francia, Belgio). Analizzato l‟aspetto della durata della presunzione e colte le dovute difformità tra le previsioni della Costituzione e quelle della CEDU, c‟è da porsi un importante

Roma e non costituirà un‟ipotesi di custodia cautelare, bensì si presenterà come una detenzione in esecuzione della pena. Cfr. E. Marzaduri, Presunzione d‟innocenza e tutela della libertà personale

dell‟imputato, cit., p. 179. Cfr. M. Chiavario, Sub art. 6, in AA.VV., Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, (a cura di) S. Bartole -

B. Conforti - G. Raimondi, Padova, 2001, p. 217. Cfr. Corte EDU, 27 giugno 1968, § 9; Cfr. Corte EDU, Grande Camera, 5 luglio 2016, § 85, in cui si rammenta che il periodo da prendere in considerazione per la detenzione in corso di processo “starts when the person in arrested (…) or

remanded in custody (…), and ends when he or she is released and/or the charge is determined, even if only by a court of first instance”.

337 P.P. Paulesu, La presunzione di innocenza, tra realtà processuale e dinamiche

extraprocessuali, cit., p. 127.

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quesito che ci consentirà di chiudere, sotto certi aspetti, l‟analisi della garanzia in questione, almeno dal punto di vista della sua portata e delle sue implicazioni. La domanda a cui gli studiosi hanno, in diverso modo, cercato di dare risposta è la seguente: la presunzione di non colpevolezza può lasciare spazio alla previsione di misure cautelari339(e nello specifico a misure di tipo coercitivo)?

Innanzitutto si tenga conto dell‟attrito che può manifestarsi tra due diverse esigenze processuali: da un lato ci si muove costantemente per rispondere alle istanze di difesa sociale e al desiderio di sicurezza collettiva; dall‟altro, al tempo stesso, si intende evitare un generalizzato aumento dei termini di custodia cautelare per individui che, nonostante siano imputati di particolari e gravi delitti, devono comunque essere considerati presunti innocenti340.

Chiaramente, il riconoscimento di questa presunzione non necessariamente esclude la previsione e l‟applicazione di misure cautelari detentive341

purché queste siano di ragionevole durata e concretamente riconducibili ad ogni singolo caso. Si rinvengono pertanto gli importanti principi di legalità e di favor rei (art. 49 par. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione europea che ricalca l‟art. 7 CEDU) in quanto non è comunque possibile condannare un soggetto per una condotta non costituente reato al momento della commissione e al tempo stesso non è ammissibile infliggere una pena più grave di quella prevista, facendo salva per contro la possibile applicazione di una pena più lieve ove essa fosse successivamente prevista (principio della retroattività della legge penale più mite)342.

339 Analizzando la scia tracciata dalla giurisprudenza di Strasburgo é possibile rilevare che la

disciplina delle misure cautelari è riconducibile principalmente all‟art. 5, §1 (misure privative della libertà personale) e all‟art. 2 del Protocollo n. 4 della Convenzione (misure restrittive della libertà di circolazione).

340 D. Vispo, Il computo dei termini di durata della custodia cautelare: tra favor libertatis ed

esigenze di efficienza processuale, in Legislazione penale (www.lalegislazionepenale.eu),

28.07.2015, p. 2.

341

La custodia dell‟imputato sarà considerata convenzionalmente legittima se supportata da una piattaforma probatoria che è in grado di generare un sospetto di commissione dell‟illecito, senza che sia richiesta la presenza di un giudizio di pericolosità cautelare. Quindi, non contrasta con la Convenzione, l‟emissione di un provvedimento che preveda l‟instaurazione di una custodia del soggetto imputato avente come unica premessa una valutazione provvisoria sulla fondatezza dell‟ipotesi accusatoria. Cfr. E. Marzaduri, Presunzione d‟innocenza e tutela della libertà

personale dell‟imputato, cit., p. 177.

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Tutte le volte che si parla di misure privative si allude a situazioni che comportano “un confinamento in uno spazio ristretto” e che senz‟altro non sono oggetto di consenso da parte di chi le subisce343. La Grande Camera della Corte di Strasburgo ha precisato come «the persistence of a reasonable suspicion is a

condition sine qua non for the validity of the continued detention, but, after a certain lapse of time, it no longer suffices», nel senso che, in aggiunta alla

presenza del fumus commissi delicti344, devono essere presenti ragioni “relevant” e “sufficient” idonee a giustificare la prosecuzione dello stato detentivo, sempre che l‟autorità giudiziaria abbia dimostrato “special diligence” nella conduzione del procedimento penale. Pertanto, dinanzi ad un mero “reasonable suspicion”, trascorso un certo lasso di tempo, la custodia dell‟imputato non potrà più ritenersi giustificata. In merito a tali considerazioni, è interessante citare la svolta giurisprudenziale operata nell‟estate 2016 in seno alla Corte EDU, che, ha ritenuto “rather vague” la nozione di “a certain lapse of time” a cui veniva generalmente riferita l‟esigenza dell‟individuazione di ragioni “additional to reasonable

suspicion”.

Di conseguenza si è quindi stabilito il dovere per l‟autorità giudiziaria di verificare la sussistenza di dette ragioni “at the time of the first decision ordering

detention on remand, that is to say „promptly‟ after the arrest”345.

L‟imputato - oltre a dove essere considerato come se non avesse commesso il reato fino al momento in cui si giunge alla certezza (mediante un impianto probatorio idoneo a convincere della sua colpevolezza) della responsabilità del fatto - non potrà neanche essere sottoposto a misure di detenzione preventiva,

343 Cfr. Corte eur. dir. uomo nei casi Storck c. Germania (2005) e Guzzardi c. Italia (1980). 344 Si registra un significativo avvicinamento al modello italiano, che - con l‟eccezione delle

ipotesi disciplinate nell‟art. 275 comma 3 c.p.p. - impone la verifica dell‟esistenza sia del fumus

commissi delicti che del periculum in mora. Il riferimento normativo utilizzato per arrivare a tale

risultato interpretativo si ricava non dall‟art. 6 par. 2 CEDU, ma dall‟art. 5 par. 3 CEDU, che forma “a whole” con l‟art. 5 par. 1 lett. c) CEDU e che disciplina la fase successiva all‟arresto dell‟imputato. Cfr. E. Marzaduri, Presunzione d‟innocenza e tutela della libertà personale

dell‟imputato, cit., p. 178. Si tenga presente che il giudizio relativo al fumus commissi delicti esige

una valutazione particolarmente rigorosa in quanto deve essere accompagnato da una prognosa di condanna. Cfr. V. Bonini, Illegittimo l‟obbligo di richiesta di archiviazione derivante dal

giudicato cautelare sull‟insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza: ancora un colpo di scure sulla “Legge Pecorella” (a proposito della sent. 121/2009 della Corte costituzionale), in Legislazione penale (www.lalegislazionepenale.eu), 2009, p. 545.

345 Così Corte EDU, Grande Camera, 5 luglio 2016, Buzadji c. Moldavia, § 100 ss. Cfr. Cfr. E.

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salvo la presenza di importanti argomenti motivazionali. Quindi, qualunque soggetto si trovi in stato di custodia cautelare346 deve in ogni caso poter beneficiare delle condizioni di detenzione che siano compatibili con l‟applicazione concreta del principio della presunzione di non colpevolezza347

. Già con l‟art. 13 c. 5 Cost. (nel quale si prevedono termini massimi di durata alla restrizione della libertà), si vuole evitare che un decorso particolarmente lungo della privazione possa comportare dei meccanismi di assimilazione della stessa con la pena.

In primis il codice prevede dei termini massimi di custodia cautelare sia in merito alle singole fasi o ai gradi del procedimento (termini massimi intermedi o di fase), sia in relazione al procedimento considerato nel suo complesso (termini massimi complessivi). Inoltre, riprendendo il contenuto dell‟art. 304 c. 6 c.p.p., sono anche predisposti dei termini finali “invalicabili”. Ciò significa che, anche laddove fossero previste proroghe o sospensioni dei termini di fase, sono comunque presenti (in base all‟articolo sopra citato) termini che costituiscono una sorta di “argine insuperabile”, che non ammettono quindi di andare oltre in quanto rappresentano il “massimo dei massimi”348

.

La Corte ha inoltre ribadito che, proprio in un‟ottica di eccezionalità della custodia carceraria ante iudicium l‟imputato debba essere chiamato al più presto in giudizio oppure debba comunque esser scarcerato.

Infatti, se anche i termini massimi sono stati rispettati, l‟eccessiva durata della custodia può comunque essere censurata se si riscontrano ritardi non giustificati349.

346 Secondo l‟orientamento della Corte, solo una misura cautelare prevista in occasione di una

sentenza di condanna potrà considerarsi applicata ad un soggetto di cui si afferma la responsabilità per l‟accusa addossatogli, senza incorrere nella violazione dell‟art. 6 par. 2 CEDU. Cfr. E. Marzaduri, Presunzione d‟innocenza e tutela della libertà personale dell‟imputato, cit., p. 187.

347 Quanto detto trova attuazione con riguardo soprattutto al regime penitenziario, sulla base di una

scelta che parrebbe trovare preciso riscontro nell‟art. 1 ord. penit. anche se la CEDU non prevede comunque una previsione simile all‟art. 10 comma 2 lett. A Pidu in base al quale «gli imputati salvo circostanze eccezionali devono essere separati dai condannati e sottoposti a un trattamento diverso, consono alla loro condizione di persone non condannate».

348 D. Vispo, Il computo dei termini di durata della custodia cautelare, cit., p. 4. Cfr. C. Cost.

7.7.2005 n. 299, in CP 2005, 3246 ss., con nota critica di G. Romeo, Meglio tardi che mai? e G. Leo, Superato l‟impasse tra giurisdizioni grazie al peso del «diritto vivente», in GD 2005, (31), 59.

349 B. Nacar, I termini e la ragionevole durata del processo penale, Giappichelli, Torino, 2012, p.

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Proprio in virtù dell‟art. 5 par. 3 CEDU si riconosce a ogni persona arrestata o detenuta in via cautelare il diritto di essere tradotto il prima possibile dinanzi a un giudice (o magistrato) e il diritto «di essere giudicata entro un tempo ragionevole o di essere messa in libertà durante l‟istruttoria».

Seguendo le previsioni della giurisprudenza della C. EDU si riconosce che la condanna, (anche laddove non fosse definitiva), legittima comunque il protrarsi della detenzione che cessa di conseguenza di essere considerata «cautelare». Disposizioni ancor più dettagliate e precise in merito allo status del soggetto in attesa di essere giudicato, sono rinvenibili anche nel Patto Internazionale sui diritti civili e politici (art. 9). Qui, si prevede innanzitutto il riconoscimento del diritto di libertà e la necessità di assicurare che il soggetto privato della stessa sia tradotto il prima possibile dinanzi all‟autorità giudiziaria; al tempo stesso però si specifica che “la detenzione delle persone in attesa di giudizio non deve costituire la regola” (comma 3) e si consente di poter ricorrere a un tribunale per la verifica senza indugio della legalità della privazione della libertà privata (comma 4).

Al riguardo si tenga anche conto della Raccomandazione n. 13 del 27 settembre 2006 del Consiglio d‟Europa, con cui si è andati ad affermare la necessità che gli Stati «si dotino di sistemi di “continuous reviews” della perdurante necessità della custodia secondo “regular intervals” e la mera utilità, non imprescindibile, dell‟ancoraggio della custodia cautelare a cadenze temporali predeterminate (maximum periods)»350.

Questo tipo di sistema risulta poco conciliabile con l‟ordinamento giuridico italiano in quanto la nostra carta costituzionale non prevede alcun legame tra la vicenda cautelare e il canone della ragionevole durata del processo (art. 13 e 111 Cost.). Anzi, è opportuno precisare che è importante mantenere le due sfere distinte per evitare indebite sovrapposizioni; infatti c‟è da considerare che i tempi della custodia non possono essere calibrati secondo scansioni che permettano di perseguire l‟obiettivo della ragionevole durata del processo. Al tempo stesso la parametrazione dei termini di custodia non può essere condizionata dalla necessità di consentire la previa definizione del procedimento personale.

di procedura penale, vol II, Prove e misure cautelari, Tomo II. A. Scalfati, Le misure cautelari,

Utet, Torino, 2008, p. 263; G. Ubertis, Principi di procedura penale europea, cit., p. 87.

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C‟è da aggiungere che nel nostro sistema l‟applicazione di una misura cautelare si può sostanziare in una vera e propria “carcerazione” andando a creare un‟interversione nel rapporto di strumentalità tra il processo e il diritto sostanziale, con il rischio di trasformare la misura custodiale in una tecnica per perseguire scopi generalpreventivi351.

L‟evoluzione normativa in materia (messa a punto anche dalla legge 8 maggio 2015 entrata in vigore la legge 16 aprile 2015 n. 47) ha inteso ridurre lo spazio lasciato alla custodia cautelare e ha voluto sottolineare che il ricorso alla pena carceraria debba essere inteso come extrema ratio. La ragionevolezza del mantenimento dell‟imputato in custodia potrà essere riconosciuta solo “if there

are actual indications of a genuine requirement of public interest which, notwithstanding the presumption of innocence, outweighs the rule of respect for individual liberty laid down in Article 5 of the Convention”352. Tale formula è facilmente riscontrabile all‟interno delle motivazioni delle decisioni in tema di libertà personale dell‟imputato, ma non viene generalmente seguita da alcun approfondimento in merito all‟ambito di efficacia rivestito dall‟art. 6 par. 2 CEDU. Si riesce solo a cogliere qualche accenno per giungere correttamente ad una decisione che riguardi la sorte del soggetto imputato. Si prevede infatti che i giudici devono “with respect for the principle of the presumption of innocence,

examine all the facts militating for or against the existence of the above- mentioned requirement of public interest or justifying a departure from the rule in Article 5, and must set them out in their decisions on applications for release”353. Com‟è noto l‟Italia è stata più volte dichiarata colpevole proprio con riguardo alla situazione (divenuta ormai inaccettabile) di sovraffollamento degli istituti penitenziari. In particolar modo si ricordi la sentenza c.d. Torregiani pronunciata agli inizi del 2013 con cui la Corte Europea ha riconosciuto la violazione dell‟art. 3 CEDU che prevede la «proibizione della tortura» e secondo il quale «nessuno

351 D. Vispo, Il computo dei termini di durata della custodia cautelare, cit., p. 4. Cfr. E. Amodio,

Inviolabilità della libertà personale e coercizione cautelare minima, cit., 12 ss.

352 E. Marzaduri, Presunzione d‟innocenza e tutela della libertà personale dell‟imputato, cit., p.

190.

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può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti354». Fu in quell‟occasione che i giudici di Strasburgo ebbero modo di evidenziare «il carattere strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario in Italia» e imposero di individuare una soluzione cercando di procedere a una «una riduzione al minimo del ricorso alla custodia cautelare in carcere355».

Si può infatti ammettere che «solo la diminuzione delle persone in attesa di giudizio ristrette nei nostri istituti (con allineamento alla media europea) potrà consentire di riportare la detenzione dei condannati nel rispettoso alveo dell‟art. 3 CEDU (e ovviamente dell‟art. 27 Cost)»356

.

Successivamente alla sentenza Torregiani il legislatore ha provveduto ad inserire all‟interno del tessuto codicistico le disposizioni contenute nel d.l. 1 luglio 2013 n. 78 convertito con modificazioni nella l. 9 agosto 2013 n. 94 recante “Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena”. Con l‟applicazione di tali norme si è realizzato un innalzamento dei limiti edittali della custodia cautelare in carcere che ora può essere disposta solo nel caso di delitti consumati o tentati per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e per il delitto di finanziamento illecito di partiti.

Un ulteriore intervento legislativo è avvenuto con il d.l. 23 dicembre 2013 n. 146 convertito con modificazioni in l. 21 febbraio 2014 n. 10 con cui si è inciso sulla