FATTO E AL PERCORSO (ANCORA) DA FARE
2. La “regola d’oro” del giusto processo
Per la Corte di Strasburgo il compito di interpretare il principio della presunzione di innocenza - elevato a “corollario logico del fine razionalmente assegnato al processo” - risulta nobile ma al tempo stesso impegnativo.
Riprendendo quanto accennato nel precedente paragrafo in merito alla nozione di giusto processo, c‟è subito da evidenziare che il diritto di cui all‟art. 6 § 2 CEDU costituisce una specificazione della più generale nozione di equo processo212, di
l‟individuazione dei fini perseguibili con le misure processuali de libertate. Si stabilì infatti che «la detenzione preventiva (…) va disciplinata in modo da non contrastare con le fondamentali garanzie della libertà del cittadino: la presunzione di non colpevolezza». In questi termini E. Marzaduri, Law in the books e law in action, cit., p. 2.
211 R.E. Kostoris, Verso un processo penale non più statocentrico, in AA.VV., in Giurisprudenza
europea e processo penale italiano, cit., p. 5 ss. Si tenga conto delle prese di posizione del
Comitato dei Ministri del Consiglio d‟Europa (raccomandazione n. R. (2002)2) tese proprio ad invitare gli Stati aderenti ad adottare delle misure di restitutio in integrum a favore della vittima di violazioni di diritti tutelati dalla Convenzione stessa. Nello specifico, la Cassazione (caso Dorigo) ha riconosciuto che una pronuncia europea che va a censurare una sentenza di condanna dei giudici italiani per violazione dell‟equità processuale non possa restare senza alcun effetto. Laddove non sia presente uno strumento giuridico ad hoc (che consenta di riaprire il caso) essa ha comunque previsto la non eseguibilità della decisione italiana.
212 Con la sentenza Corte EDU Palchik v. Ukraine (2 Marzo 2017) si richiama l‟importanza
dell‟equo processo. Si prevede che nell‟ipotesi in cui i testimoni d‟accusa non abbiano partecipato al processo ma le loro dichiarazioni precedenti siano state comunque acquisite, il giudizio dovrà considerarsi equo se l‟imputato è riuscito a esaminare i propri accusatori durante le indagini. Nel caso di specie la Corte ha evidenziato una violazione di tale principio in quanto il ricorrente non ha avuto modo di rivolgere domande ad un teste d‟accusa le cui dichiarazioni erano state acquisite al processo nonostante egli non vi avesse partecipato. Si tenga conto che da sempre la Corte europea è andata a censurare tutte le disposizioni che fossero in grado di impedire la piena ed effettiva attuazione di un equo processo. Si pensi ad esempio alla decisione con la quale è stata dichiarata illegittima la scelta legislativa francese in cui si prevedeva di subordinare lo svolgimento del giudizio in Cassazione alla previa costituzione in carcere dell‟imputato che era stato già condannato nei gradi di merito (Corte eur., sent 21.2.1975, Golfer c. Regno Unito). Cfr. O. Mazza,
I protagonisti del processo, in AA.VV., Procedura penale, P.M. Corso, - G. Dean – O. Dominioni
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cui al § 1213 della medesima disposizione, sicché le doglianze relative alla presunzione di innocenza dovevano essere valutate alla luce di entrambi i commi. La presunzione si inserisce topograficamente alla cerniera fra la più ampia clausula ricognitiva del diritto al processo e quella che richiama gli specifici diritti dell‟accusato all‟interno del processo stesso. In mancanza di un‟adeguata cultura del giusto processo, «tutto forse risplenderà nei desiderata dell‟empireo costituzionale, ma al suolo l‟immagine del “giusto”, essendo riflessa in pozzanghere verrà calpestata o evitata»214.
Ora, si tenga conto che il processo “ideale” non esiste se non nei suoi principi. Sarebbe vano lo sforzo di voler convogliare tutta la disciplina processuale nelle sue innumerevoli sfaccettature e problematiche in aggregati normativi caratterizzati da valori immutabili e capaci di definire ogni aspetto pratico del processo valevole per ogni tempo. Sarebbe allo stesso modo sciocca e superficiale un‟attività che non ricercasse però i tratti simili e le esigenze comuni ad ogni processo che è sorto e che sorgerà in futuro215.
Appare comunque chiaro che tutte le garanzie apprestate dalla nostra Costituzione e dai testi analizzati costituiscono solo un elenco “minimo” dei tratti essenziali del giusto processo. La giurisdizione è infatti colma di ulteriori tutele che contribuiscono a formare un vasto apparato di “protezione” per l‟imputato.
Posizione centrale è attribuita a quella norma con cui si è inteso cristallizzare l‟immagine di un processo coerente, pubblico, regolare: l‟art. 111 Cost216
. Proprio
213 Nella versione francese si legge: «Tous sont égaux devant les tribunaux et les cours de justice.
Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement et publiquement par un tribunal compétent, indépendant et impartial, établi par la loi, (…)». Cfr. J. Meunier, La notion de procès équitable devant la Cour européenne des droits de l‟homme, in Procès équitable et enchevetrement des espaces normatif, Travaux de l‟atelier de droit international de l‟UMR de droit compare de Paris, sous la direction de H. Ruiz-Fabri, Societé de législation comparée, 2003,
p. 1.
214
A. De Francesco, op. citata, p. 44.
215 Ivi, p. 6.
216 Si è sostenuto che tale disposizione «avrebbe inquadrato le garanzie processuali non in termini
di diritto soggettivo (come nell‟art. 6 Conv.), ma come vero e proprio connotato strutturale del processo, inteso ad operare non a vantaggio delle parti, ma dell‟ordinamento». Cfr. V. Petralia, op.
citata, p. 182; F. Siracusano, La durata ragionevole del processo quale “metodo” della giurisdizione, in Dir. pen. Proc., 2003, p. 759 ss; M. Chiavario, Cultura italiana del processo penale e Convenzione europea dei diritti dell‟uomo: frammenti, appunti e spunti per una “microstoria”, in Riv. int. dir. uomo, 1990, p. 445. Questa ricostruzione «è stata avversata da
quanti ritengono che la norma potrebbe essere letta solo su un piano oggettivo, come se l‟interesse tutelato fosse solo quello della buona amministrazione della giustizia». Cfr. D. Liakopoulos, op.
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le modifiche a tale disposizione, intervenute con la legge cost. del 23 novembre 1999 n. 2, hanno consentito l‟introduzione nel summenzionato articolo di cinque nuovi commi inerenti il “giusto processo”217
.
Siamo quindi dinanzi ad un quid avente notevole pregnanza, che ci proviene dal diritto naturale e che è in grado di vincolare l‟intera attività legislativa. E‟ chiaro che, in questa accezione, il giusto processo si colloca come un ideale di giustizia preesistente rispetto alla legge e strettamente connesso ai diritti inviolabili che trovano il primo riconoscimento nell‟art. 2 Cost.218
Sia la Corte di Strasburgo che la Corte Costituzionale hanno sempre riconosciuto il ruolo essenziale ricoperto da tale garanzia e non hanno mai dimenticato che «il confronto tra tutela convenzionale e tutela costituzionale dei diritti fondamentali deve essere effettuato mirando alla massima espansione delle garanzie anche attraverso lo sviluppo delle potenzialità insite nelle norme costituzionali che hanno ad oggetto i medesimi diritti»219.
Del giusto processo ne parlano, oltre al citato art. 6 § 2 CEDU220 anche molti atti internazionali, a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti dell‟uomo il cui
217
L‟articolo 111 Cost. così recita: «La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell‟accusa a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l‟interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell‟accusa e l‟acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell‟imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all‟interrogatorio da parte dell‟imputato o del suo difensore. La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell‟imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati (...)».
218
G. Vignera, Il giusto processo regolato dalla legge, in AA.VV., Giusto processo e riti speciali, A. Bodrito - F. Fiorentin - A. Marcheselli - G. Vignera, Giuffrè, Milano, 2009, p. 11.
219 Corte costituzionale, Sent. n. 317/2009. Tale pronuncia prosegue sostenendo che «il risultato
complessivo dell‟integrazione delle garanzie dell‟ordinamento deve essere di segno positivo, nel senso che dall‟incidenza della singola norma CEDU sulla legislazione italiana deve derivare un
plus di tutela per tutto il sistema dei diritti fondamentali». Cfr. G. Parodi, “Le sentenze della Corte EDU come fonte del diritto”. La giurisprudenza costituzionale successiva alle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, in Diritto pubblico, comparato ed europeo, Volume IV, Giappichelli, 2012, p. 1749.
220
C‟è da precisare che in dottrina è stato rilevato che - con riguardo alle finalità che si prefigge di perseguire il diritto all‟equo processo - all‟interno dei lavori preparatori della Convenzione tale questione non sia mai stata oggetto di dibattito. Cfr. D. Liakopoulos, Equo processo nella
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art. 10 stabilisce che “Everyone is entitled in full equality to a fair and public
hearing by an independent and impartial tribunal, in the determination of his rights and obligations and of any criminal charge against him”.
Si parla di equo processo221 anche nell‟art. 14 del Patto internazionale per i diritti civili e politici222, nell‟art. XVIII della Dichiarazione americana sui diritti e i doveri dell‟uomo del 2 maggio 1948, nell‟art. 8 della Convenzione americana sui diritti dell‟uomo, nell‟art. 7 della Carta africana sui diritti dell‟uomo e dei popoli del 26 giugno 1981, nell‟art. 19 della Dichiarazione del Cairo sui diritti dell‟uomo nell‟Islam del 5 agosto 1990. Se ne ritrovano numerosi riferimenti anche nell‟art. 21 dello Statuto del Tribunale delle Nazioni Unite per i crimini commessi nella ex Yugoslavia, nell‟art. 20 dello Statuto del Tribunale delle Nazioni Unite per i crimini commessi in Ruanda e negli articoli 55 e 65-67 dello Statuto della Corte penale internazionale.
221
Molti autori si sono chiesti se il diritto all‟equo processo appartenga alla cerchia dei diritti derogabili o rientri nella categoria invece di quelli inderogabili. Nel sistema internazionale si è assistito alla nascita di un nucleo di diritti che, anche se non espressamente considerati assoluti, lo sarebbero comunque in virtù della loro intrinseca natura. Ed ecco che, proprio la garanzia dell‟equo processo va letta alla stregua di un diritto assoluto. C‟è da aggiungere però che in base agli elementi forniti dalla Corte europea dei diritti dell‟uomo si propende per il riconoscimento della derogabilità della garanzia in questione. Per la giurisprudenza di Strasburgo, infatti, il diritto all‟equo processo potrebbe essere derogato allorquando le limitazioni siano imposte dalla tutela di controvalori consacrati in altre norme della Convenzione. Bisognerebbe pertanto affidarsi alla logica di un ragionevole bilanciamento tra i diversi interessi contrapposti. In ogni caso la Corte Europea, pur riconoscimento l‟esistenza di una deroga, ha inteso precisare che questa non deve essere tale da far venir meno “sa substance même”, cioè l‟essenza fondamentale del diritto. Quindi, per chiarire una volta per tutte la natura (derogabile o non derogabile) dell‟equo processo è opportuno porre in essere una scelta di prospettiva. Non si può parlare di garanzia del processo equo ma di garanzie; questo deriva dal fatto che il diritto in questione comprende una molteplicità di valori e allora è necessario capire «se la derogabilità del diritto vada intesa come derogabilità di tutte le garanzie che esso contiene o se invece vada riferita singolarmente a ognuna di esse, non potendosi affermare una derogabilità in toto». Quello che si può constatare è che non sembra che dalla giurisprudenza della Corte europea emerga un‟idea piena e totalizzante in merito alla derogabilità del diritto all‟equo processo. Anzi, si può parlare di derogabilità con riguardo a singole garanzie che necessitano di essere bilanciate con gli altri valori. Cfr. V. Petralia, Equo
processo, giudicato nazionale e Convenzione europea dei diritti dell‟uomo, Giappichelli, 2012, p.
123 ss . V. anche N. Parisi, Lo statuto europeo dello straniero: il contributo della giurisprudenza
nazionale e internazionale, in La costruzione dell‟identità europea: sicurezza collettiva, libertà individuali e modelli di regolazione sociale, (a cura di) B. Montanari, Università di Catania, II,
Torino, 2013, passim. In tale testo si richiama il rapporto The right to a fair trial: current
recognition and measures necessary for its strenghthening, E/CN.4/Sub.2/1994/24, specific. p.to
165.
222
Nel primo paragrafo si legge: «All persons shall be equal before the courts and tribunals. In the
determination of any criminal charge against him, or of his rights and obligations in a suit at law, everyone shall be entitled to a fair and public hearing by a competent, independent and impartial tribunal established by law (…)».
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In linea generale la giurisprudenza della Corte ha costruito un patrimonio di tutele e garanzie per gli individui sottoposti a processo cercando di creare un forte innalzamento del livello complessivo di tutela223.
Parlare di processo equo non vuol dire soffermarsi semplicemente a riconoscere la necessità di un processo “pubblico” in cui la sentenza sia resa pubblicamente ma anche rispondere al bisogno di un processo ragionevole ovvero celere dinanzi ad un giudice indipendente, imparziale e stabilito dalla legge224.
I principi di indipendenza ed imparzialità225 sono intimamente connessi al punto che il primo può essere considerato strumentale per l‟attuazione del secondo. Essi costituiscono due facce della stessa medaglia in quanto, pur nella peculiarità di ognuno, operano in perfetta simbiosi. Il concetto di indipendenza si riferisce alla libertà dell‟organo giurisdizionale di agire «secondo il proprio giudizio e la propria volontà, senza vincoli né rapporti di subordinazione»226, mentre «l‟imparzialità per il giudice è come l‟avalutatività per lo scienziato: è la somma delle virtù. Un giudice parziale è come uno scienziato tendenzioso. Ma come tutte le virtù anche l‟imparzialità è difficile da praticare»227
.
223 Non si deve porre in antitesi “efficienza e garanzie”. E‟ opportuno chiedersi se la vera
efficienza di un sistema processuale possa o meno prescindere dal riconoscere il ruolo essenziale delle garanzie. Cfr. V. Patanè, Il diritto al silenzio dell‟imputato, Giappichelli, Torino, 2006, p. 372.
224
Vi è uno stretto legame tra i concetti di indipendenza e imparzialità. Per questo motivo la Corte effettua sempre un‟analisi congiunta di questi due requisiti (Findlay v. the United Kingdom, § 73). I principi mediante i quali si attesta l‟esistenza dell‟indipendenza e dell‟imparzialità si applicano sia ai giudici togati che a quelli onorari e ai giurati (Holm v. Sweden, § 30). Cfr. European Court
of human rights – Cour européenne des droits de l‟homme, Guida all‟art. 6., cit, p.16.
225
Nel caso Nešták c. Slovacchia (Corte europea dei diritti dell‟uomo, IV sez., sent. 27 febbraio 2007, ric. n. 65559/01) si manifesta una vera e propria violazione dell‟art. 6 § 1 (diritto ad un giudice imparziale) della CEDU. Nello specifico si sottolinea che tale violazione sarebbe derivata dal fatto che un‟altra camera della stessa Corte giudicante si fosse pronunciata in fase predibattimentale sul ricorso del ricorrente con una procedura in camera di consiglio, «senza la partecipazione dello stesso e con sua affermazione di responsabilità». Cfr.
www.forumcostituzionale.it.
226
D. Siracusano - A. Galati - G. Tranchina - E. Zappalà, Diritto processuale penale, Volume I, 2011, Giuffrè, p. 56.
227 N. Bobbio, Quale giustizia, quale legge, quale giudice, in Quale giust., 1971, p. 272. Cfr. H.
Belluta, Imparzialità del giudice, cit., p. 7. Per la dottrina , che si è soffermata sull‟analisi dei testi internazionali, indipendenza e imparzialità sono qualità indefettibili della stessa idea di giurisdizione. Cfr. L. Caraceni, Poteri d‟ufficio in materia probatoria e imparzialità del giudice
penale, Giuffrè, 2007, p. 19; H. Danelius, L‟indipendenza e l‟imparzialità della giustizia alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell‟uomo, in Riv. int. dir. uomo, 1992, p. 443;
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La prima rappresenta un requisito strutturale del giudice228 e può assumere tre diverse sfaccettature; potrà infatti denominarsi indipendenza “istituzionale” o “organica esterna” (quando riguarda l‟autonomia dell‟organizzazione giudiziaria nel suo complesso), indipendenza “organica interna” (quando si intende richiamare l‟autonomia del singolo giudice nel contesto dell‟organizzazione giudiziaria) e indipendenza “funzionale” la cui base costituzionale è rappresentata dall‟art. 101 comma 2 Cost. e si riferisce al momento di applicazione della norma da parte del giudice che dovrà pronunciarsi senza che nessun altro soggetto possa dargli «ordini o suggerimenti circa il modo di giudicare in concreto»229.
Con l‟imparzialità invece si vuole indicare la mancanza di legami fra colui che deve giudicare e le parti, per evitare situazioni che possano influenzarne il giudizio. L‟imparzialità si manifesta come un concetto relativo e mutevole in rapporto alle parti e ai metodi di edificazione del sapere processuale. L‟essere “altro” rispetto agli antagonisti favorisce un‟adeguata equidistanza del giudice rispetto all‟oggetto della contesa230
.
Si può distinguere un‟imparzialità di stampo soggettivo, con cui si prende in considerazione “the personal conviction of a given judge in a given case” (che si presume fino a prova contraria)231 e un‟imparzialità di tipo oggettivo, che prevede la sussistenza di alcune semplici apparenze, per accertare se il giudice “offered
guarantees sufficient to exclude any legittimate doubt in this respect”232.
Nell‟affermare la necessità di un giudizio equo è inoltre opportuno richiamare l‟elemento che fa da motore trainante della vicenda processuale: il principio del contraddittorio. Si tratta di un canone che per un verso prevede il diritto delle parti di contribuire alla formazione degli elementi che saranno utilizzati dal giudice per la decisione; per un altro verso, si collega direttamente ai modi del conoscere
228
S. Bartole, Indipendenza del giudice (teoria generale), in Enc. Giur., XVI, 1989, 1.
229 C. cost. 23 maggio 1964, n. 40, in Giur. cost., 1964, p. 540. 230 H. Belluta, Imparzialità del giudice, cit., p. 36.
231 D. Liakopoulos, op. citata, p. 39. Per maggiori ragguagli cfr. G. Ubertis, La giurisdizione
penale, in Principi di procedura penale europea, Le regole del giusto processo, R. Cortina editore,
Milano, 2000, p. 23 s; M. Chiavario, Commento all‟art. 6 Cedu, in Commentario Cedam alla
Cedu, Cedam, Padova, 2001 p. 183 s.
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giudiziale consacrando il principio dialettico come il miglior strumento attraverso il quale pervenire all‟accertamento dei fatti233
.
Infine, volendo giungere a parziali conclusioni, si ricordi anche che l‟art. 6 CEDU garantisce che il processo si concluda in un “reasonable time”, senza indicare in maniera esplicita in cosa consista tale ragionevolezza234. Il legislatore costituente ha avuto modo di recepire il sentire comune dei cittadini e dei giuristi ed è andato a elevare a rango di norma costituzionale il bisogno che ogni vicenda processuale si svolga in un certo intervallo temporale.
Infatti, anche il tempo del processo ha generato oramai “legittime aspettative” da parte dei cittadini. Oggi, parlare di processo significa parlare di “pena” per l‟imputato che si troverà costretto a subire, oltre ad un onere economico e psicologico, anche il “dubbio” in merito all‟esito dell‟accertamento giudiziario e all‟applicazione di eventuali sanzioni235
. Quindi, proprio nell‟impegno a contenere in tempi ragionevoli la durata del processo penale vanno a confluire istanze di portata diversa che rispondono al bisogno di efficienza, spesso vanificata da lunghi procedimenti che sfociano nello stallo della prescrizione236.
Sono stati elaborati dalla Corte tre criteri per definire se vi sia stata o meno