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Considerazioni intorno alla terza riforma del sistema tributario italiano

Costanza Costantino

L'azione di rinnovamento del sistema fiscale intrapresa con slancio ed onestà dal Vanoni nel 1951 si andò rapidamente smorzando, tanto che già nel 1960 il sistema tributario italiano appariva assolutamente inadeguato alla reale situazione del sistema economico. Le ragioni di tale scarso successo •— è utile ricordarlo — furono diverse. Anzitutto, la riforma Vanoni aveva voluto essere più che altro una riforma di costume e non di s t r u t t u r a del nostro si-stema, ma aveva urtato contro ostacoli di ordine obbiettivo e altri di ordine psicologico e sociale. Tra i primi, occorre menzionare la scansa efficienza dell'amministrazione finanzia-ria, l'opposizione di interessi, e il costante e forte incremento della spesa pubblica. Tra i secondi, la permanente ed irriducibile incom-prensione t r a fisco e contribuente, e il radicato e diffuso convincimento che l'evasione fosse l'unico e giusto rimedio contro lo sperpero del denaro pubblico. A ciò si era aggiunto, negli anni dal '50 al '60, una rapidissima trasforma-zione del sistema economico, che pur nella sua permanente dualità, era divenuto decisamente industrializzato, con una forte diffusione del lavoro dipendente e una notevole concentrazione industriale, nonostante la sussistenza di un vasto settore di piccole imprese individuali.

Lo squilibrio tra il gettito delle imposte dirette ed indirette al gettito erariale totale permaneva, nonostante l'introduzione del 1954 dell'imposta sulle società, dell'aggravamento delle aliquote dell'imposta complementare e, dopo il 1962, di quelle della ricchezza mobile.

Tre fenomeni inoltre andavano assumendo dimensioni inusitate: quello delle esenzioni fi-scali, quello del peggioramento continuo della situazione della finanza locale e quello dell'ina-deguatezza della s t r u t t u r a a n t i q u a t a dell'ammi-nistrazione finanziaria, irta di lunghe procedure di controllo — ben spesso meramente formali — che rende faticosa e contrastata una gestione più sollecita ed efficiente.

A ciò si aggiungevano i difetti propri del

sistema tributario tuttora vigente e cioè, per non ricordare che i principali:

1) la scarsissima certezza giuridica, inten-dendo con essa — come ben nota lo Scotto (1) — l'assommarsi di una molteplicità di difetti relati-vamente particolari e cioè principalmente: la elevatezza del numero dei tributi in complesso esistenti (tra imposte vere e proprie, sovrim-poste, addizionali) che provoca una legislazione tributaria voluminosissima, male coordinata, spesso affrettata nella formulazione; la strut-tura quasi universalmente criticata del sistema del contenzioso; l'incentivo che funzionari e giudicanti trovano nelle conseguenze rovinose che talvolta comporterebbe l'applicazione rigo-rosa delle norme e delle aliquote scritte nella caotica legislazione, ad applicare la legge con criteri equitativi, criteri nei quali a sua volta cova il germe dell'arbitrio;

2) la eccessiva elevatezza raggiunta dalla pressione tributaria globale: statale -j- regio-nale + provinciale comuregio-nale + camerale -f-oneri sociali;

3) la mancanza di trasparenza, come si usa dire, derivante dal f a t t o che alle aliquote delle vere e proprie imposte erariali si acca-vallano, sulla stessa materia imponibile, addi-zionali, sovrimposte, aggi, così che il contri-buente non riesce ad avere un'idea esatta del-l'aliquota complessiva che grava in effetti sul suo reddito;

4) l'inutile duplicazione di noie per il contribuente e di costi di accertamento per la pubblica amministrazione, derivanti dal f a t t o che i Comuni possono applicare l'imposta di famiglia, il cui accertamento è autonomo, ma la cui n a t u r a è o dovrebbe essere identica a quella dell'imposta complementare;

( 1 ) A L D O SCOTTO, Analisi della struttura finanziaria statale,

Relazione al Convegno sulle interrelazioni fra i diversi sistemi finanziari, in « Atti del convegno », Pavia, 4-5 aprile 1964, Camera di commercio, industria e agricoltura di Pavia.

5) la scarsa attitudine tecnica del nostro sistema a servire alle esigenze della politica economica; d'altro lato la scarsa presenza nel sistema degli stabilizzatori automatici.

La necessità di porre rimedio a questi difetti e di adeguare la struttura del sistema finan-ziario alla m u t a t a struttura del sistema econo-mico imponeva una riforma generale del sistema tributario italiano.

1. La struttura e le caratteristiche del nuovo sistema.

Nel settembre del 1962 fu costituita una commissione per provvedere alla riforma del sistema tributario (2). Dopo studi molto labo-riosi ed accesi dibattiti parlamentari — come ne fanno prova il disegno di legge 19 luglio 1967, successivamente modificato da quello ap-provato dal Consiglio dei ministri il 20 giugno 1969 e sottoposto poi a numerosi emendamenti da parte del Senato e della Camera dei depu-tati — si pervenne alla legge 9 ottobre 1971, n. 825 con cui si concesse la delega legislativa al governo della Repubblica per la riforma del sistema tributario. D e t t a legge, entrata in vigore il 17 ottobre 1971, fissa i principi ed i criteri direttivi a cui dovranno ispirarsi i decreti delegati per la attuazione della riforma da emanarsi entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge-delega.

Le caratteristiche che vuole avere il nuovo sistema tributario sono tre:

1) semplicità, in modo che risultino chiari e facili i doveri del contribuente;

2) flessibilità, e cioè possibilità di a d a t t a -mento, in particolare nelle aliquote, all'anda-mento della congiuntura (e quindi presenza nel sistema degli stabilizzatori automatici);

3) progressività, in ossequio all'art. 53 della Costituzione.

La riforma contempla, secondo il modello anglosassone e scandinavo, l'unificazione del-l'imposizione diretta sul reddito delle persone fisiche in una sola imposta generale e personale, con accertamento statale, evitando cosi al con-tribuente le noie e i costi dell'attuale inutile duplicazione di imposizione da parte dello Stato e del Comune. La scala delle detrazioni per carichi e di famiglia e per motivi sociali, porta in generale a una sensibile attenuazione dell'imposta per i redditi minori, e in par-ticolare per i redditi di lavoro dipendente. (Questo è uno dei p u n t i sul quale il disegno di legge del 1969, e ancor più il testo definitivo, innovano rispetto al precedente al fine di mi-gliorare la condizione dei redditi più bassi,

di-minuendo, insieme, il numero delle dichiara-zioni di reddito). Le aliquote progressive per sca-glioni sono tali che la nuova imposta possa dare un gettito pari a quello dei tributi da abolirsi.

Accanto all'imposta generale e progressiva sul reddito delle persone fisiche la riforma in-troduce l'imposta locale sui redditi patrimoniali, d'impresa e professionali con l'intento di svol-gere una funzione perequativa e integrativa del tributo precedente. (Invero, il disegno di legge del 1967 prevedeva un'imposta soltanto sui redditi patrimoniali che avrebbe dovuto col-pire t u t t i i redditi non derivanti da lavoro, con vera funzione perequativa ed integrativa dell'imposta generale sul reddito e con il risul-t a risul-t o di srisul-tabilire un risul-t r a risul-t risul-t a m e n risul-t o discriminarisul-tivo a favore dei redditi di lavoro. Oggi, al contrario, la discriminazione esiste, ma a favore dei red-diti di lavoro subordinato).

Uguale funzione perequativa ha, si sostiene, l'imposta sull'incremento di valore degli im-mobili. Il suo imponibile è però più esteso di quello della vigente imposta sull'incremento di valore delle aree fabbricabili, in quanto essa pone sullo stesso piano delle aree fabbricabili anche le aree fabbricate.

È pure contemplato un rimaneggiamento della imposta sulle società, la quale si trasforma in un'imposta sul reddito delle persone giuri-diche, che colpisce però il reddito e non il so-vrareddito e il patrimonio, ed è unica essendo soppresse t u t t e le vigenti imposte reali, ivi inclusa quella di R.M.

Nel campo delle imposte indirette, l'intro-duzione dell'imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) in luogo dell'imposta generale sull'entrata, for-ma la parte più importante della riforfor-ma. Il tributo intende colpire, una sola volta, gli scambi di beni e di servizi destinati al consumo, attraverso l'imposizione del valore aggiunto nelle varie fasi di lavorazione; la sua istitu-zione, oltre che dagli obiettivi vantaggi che presenta rispetto all'I.G.E., fu sollecitata al fine di armonizzare i sistemi fiscali degli stati appartenenti alla Comunità europea.

La legge-delega fissa inoltre i principi di-rettivi per la revisione delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie, sulle successioni, sugli spet-tacoli pubblici e di altri tributi minori.

Anche la finanza locale è profondamente riformata. Sono inoltre contemplati l'adegua-mento e il perfezional'adegua-mento della disciplina

del-(2) I lavori della Commissione per la riforma tributaria, presieduta da Cesare Cosciani, furono pubblicati nel volume:

Stato dei lavori della Commissione per lo studio della riforma tributaria, Giuffrè, Milano, 1904, con contributi di Cesare

Cosciani, Enrico Allorio, Francesco Forte, Aldo Scotto, Sergio Steve, Bruno Visentini e altri.

l'accertamento, della riscossione, delle sanzioni e del contenzioso; la riorganizzazione dell'ammi-nistrazione finanziaria.

La riforma tributaria, che avrebbe dovuto entrare in vigore il 1° gennaio 1972 a causa della ritardata approvazione della legge-delega, fu rinviata al 1° gennaio 1973; soltanto per l'imposta sul valore aggiunto venne stabilita l'entrata in vigore al 1° luglio 1972. Tuttavia, a causa della cessazione dei lavori della Com-missione parlamentare incaricata di seguire l'applicazione della legge delega sulla riforma tributaria, il governo italiano decise di chiedere alle autorità della Comunità economica euro-pea una ulteriore dilazione al 1° gennaio 1973. Mentre scriviamo, pare che il rinvio sarà con-cesso senza incorrere in sanzioni, salvo l'appli-cazione — quale misura compensativa per lo slittamento — di un lieve ritocco di alcune aliquote riguardanti i ristorni dell'I.G.E. alla esportazione.

2. Osservazioni sulla riforma delle imposte dirette e indirette.

Si può affermare che questa revisione gene-rale, e quasi ovunque radicale, dei tributi esi-stenti, sia avvenuta secondo un jnano organico che tenga conto non solo delle necessità cre-scenti della finanza pubblica, ma anche delle condizioni dei contribuenti e dello sviluppo futuro del sistema economico ?

Il giudizio che, in via di massima, poteva essere favorevole sia sul progetto della Com-missione per la riforma tributaria, sia ancora — per quanto in misura a t t e n u a t a — sui disegni di legge del 1967 e del 1969, lo è molto meno sul testo approvato con legge 9 ottobre 1971, n. 825. Gli emendamenti approvati dalle Came-re, raramente ponderati con il dovuto rigore e, ben più spesso, introdotti per tener buona l'opposizione parlamentare ed extra parlamen-tare, hanno f a t t o perdere al progetto molte delle caratteristiche positive originarie.

Senza entrare nella analisi minuta della s t r u t t u r a dei singoli tributi (3), ci sembra — per quanto attiene alla riforma delle im/poste di-rette — che t r a i pregi principali restino:

a) la maggiore snellezza della s t r u t t u r a dell' imposizione diretta dominata dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, in stretta inter-dipendenza cosi con l'alto livello attuale di industrializzazione del sistema economico ita-liano, il gran numero di lavoratori dipendenti e l'ampiezza delle attività terziarie;

b) una certa maggiore trasparenza delle aliquote, grazie alla soppressione delle sovraim-poste e addizionali provinciali e comunali, delle

molteplici addizionali statali, degli aggi di riscossione e del bollo sulle quietanze esatto-riali e sui versamenti ili tesoreria.

A questi pregi si aggiunge, a seguito di emendamento:

c) un adeguamento periodico, a partire dal quinto anno di applicazione dei nuovi tri-buti, delle aliquote, delle quote esenti e delle detrazioni fisse al mutato valore della moneta.

I difetti sono, invece, aumentati:

a) grave inasprimento delle aliquote ori-ginali;

b) ingiusta discriminazione, nell'imposta sul reddito delle persone fisiche, per il gioco delle detrazioni soggettive, tra redditi di lavoro subordinato e redditi di lavoro autonomo, per quanto attiene agli scaglioni più bassi di reddito;

c) estensione dell'imposta locale sui red-diti patrimoniali anche ai redred-diti professionali, con la conseguente diversa progressività del-l'imposizione diretta per redditi di lavoro (subordinato ed autonomo) quantitativamente uguali. Una discriminazione qualitativa piut-tosto pesante, che si fonda — sembra — sulla facilità di evasione dei redditi di lavoro auto-nomo (talora elevati), ma che lascia alquanto perplessi quando si pensi alla diffusione ognora crescente in Italia del lavoro subordinato e altamente qualificato, prestato juresso enti pub-blici, la cui rimunerazione, per la legislazione amministrativa complicata, voluminosissima e malamente coordinata che la regola, ha possibi-lità di facile e larga evasione. Ragioni di equità tributaria avrebbero reclamato di far soggia-cere a questa seconda tassazione dei redditi delle persone fisiche — se colpirli di nuovo si voleva — tutti i redditi di lavoro superiori ad un determinato ammontare.

Non è da escludersi quindi che l'art. 4 della legge delega — relativo all'imposta locale sui redditi — violi in taluni suoi commi, gli arti-coli 3, 35 e 53 della Costituzione: l'art. 3 sulla uguaglianza di t u t t i i cittadini di fronte alla

(3) Soprattutto sono da menzionare al riguardo i seguenti studi: Stato dei lavori della Commissione per lo studio della

riforma tributaria, op. cit.; E R N E S T O D ' A L B E R G O , Orienta-menti per una revisione del sistema tributario, ed. Zuffi,

Bo-logna, 1 0 4 9 ; C E S A R E COSCIANI, La riforma tributaria, La nuova

Italia, Firenze, 1 9 5 0 ; R E N A T O L I G U O R I , La riforma tributaria,

Cedam, Padova, 1 9 5 1 ; A N T O N I O P E S E N T I , Per una riforma tributaria democratica, in « Critica economica », 1953, n. 3;

L E L L O GANGEMI, Verso una riforma tributaria organica, in

« Giornale degli economisti », 1 9 6 4 ; SERGIO S T E V E , Lezioni di scienza delle finanze, Cedam, Padova, 1965; Società per lo

studio dei problemi fiscali, L'imposta personale sid reddito

nel quadro della riforma tributaria, Atti del III Convegno di

studi, Torino, 9-10 aprile 1965, Giuflrè, Milano, 1965; Autori vari, La riforma fiscale in Italia, Angeli, Milano, 1 9 6 7 ; C E S A R E COSCIANI, Istituzioni di scienza delle finanze, Utet, Torino, 1 9 7 0 .

legge, l'art. 35 per il quale il lavoro è tutelato in tutte le sue forme e applicazioni e l'art. 53 nel quale è detto che t u t t i sono tenuti a con-correre alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva; ora questo principio non prevede soltanto la discriminazione quan-titativa dei redditi; ma anche quella qualitativa, che espressamente viene messa in non cale dal primo e dal quinto comma dell'art. 4 della legge delega;

d) abolizione del credito d'imposta nel-l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e conseguente grave disincentivazione per le so-cietà di capitali.

Nei due disegni di legge governativi del 1967 e del 1969, l'assetto dell'imposizione sulla società di capitali e sulle altre persone giuridiche contemplava una innovazione di grande rilievo: il « credito d'imposta ». Tale istituto, già adot-tato nelle legislazioni francese (« avoir fiscal ») e belga (« crédit d'impot »), aveva lo scopo di evitare, in t u t t o o in parte, duplicazioni di tributo in quanto lo stesso reddito delle persone giuridiche sarebbe stato colpito anche dall'im-posta locale sui redditi patrimoniali, d'impresa e professionali. Un correttivo perciò si imponeva.

Infatti, nel disegno di legge del 1969 l'ali-quota dell'imposta sulle persone giuridiche era stabilita nella misura del 30%. Il credito d'im-posta spettante ai soci in sede d'imd'im-posta sul reddito delle persone fisiche era pure del 30%.

Senonché la Camera dei deputati mentre da un lato ridusse l'aliquota dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche dalla misura proposta del 3 0 % al 25%, eliminò l'istituto del credito d'imposta previsto dai due disegni di legge del 1967 e 1969, aggravando notevolmente la situazione del contribuente, il quale, per i redditi provenienti dalle partecipazioni in so-cietà di capitali ed organizzazioni assimilate, vede, in pratica, eliminata la franchigia del 30% che avrebbe potuto far valere in sede di pagamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

In sostanza, i redditi conseguiti dai soci delle società di capitali, sono soggetti alle aliquote seguenti:

1) imposta sul reddito delle persone giu-ridiche 25%;

2) imposta locale sui redditi patrimoniali, d'impresa e professionali dall'8,90 al 14,70%; 3) imposta sul reddito delle persone fisiche dal 10 al 72%.

P u r tenendo il conto dovuto delle detra-zioni oggettive e soggettive e del funzionamento a scaglioni dell'imposta progressiva sul reddito,

in definitiva il cumulo tributario sul contri-buente, socio di una società di capitali, ci pare piuttostcL-gravoso e di conseguenza abba-stanza disincentivante per lo sviluppo futuro di questo tipo di società;

e) riforma non coordinata ed organica della tassazione degli incrementi di valore della proprietà immobiliare, ma, al contrario, una scomposta aggressione alla proprietà immobi-liare grande e piccola;

/) sostanziale soppressione del principio dell'unità dell'accertamento a cura dell'ammi-nistrazione finanziaria dello Stato con l'appro-vazione da. parte del parlamento della parteci-pazione in modo concreto dei comuni all'accer-tamento del reddito delle persone fisiche (art. 10 sub. 3 della legge 9 ottobre 1971, n. 825); è appena il caso di accennare — t a n t o sono evi-denti — gli inconvenienti che ne conseguiranno e il palese contrasto del predetto art. 10 sub. 3 con l'art. 3 della Costituzione;

g) mancata unificazione delle aliquote e degli scaglioni dei tributi locali (imposta locale sui redditi patrimoniali, d'impresa e professio-nali e comunale sull'incremento di valore degli immobili), con una disparità di t r a t t a m e n t o da comune a comune. Sarebbe stato più opportuno — dato che l'accertamento di questi tributi compete allo Stato — determinare una norma unica e generale per quanto attiene sia le ali-quote, sia gli scaglioni (nell'imposta sull'incre-mento di valore degli immobili).

Anche per quanto riguarda la riforma delle imposte indirette gli emendamenti hanno, per lo più, peggiorato il progetto governativo (4). Restano — ci pare — taluni indiscutibili pregi :

a) riparto p e r f e t t a m e n t e proporzionale dell'I.V.A. alle spese dei consumatori e assenza di incentivazione artificiosa all'integrazione ver-ticale delle imprese;

b) notevole semplificazione del lavoro am-ministrativo delle imprese private e pubbliche per la soppressione del bollo di quietanza;

c) rilevante riduzione del numero delle imposte indirette e conseguente maggiore tra-sparenza e flessibilità dell'intero sistema tri-butario.

(4) Stato dei lavori della Commissione per lo studio della riforma tributaria, op. cit., pagg. 2 9 5 - 3 0 2 ; M. R E Y , Alcimi elementi quantitativi per Vapplicazione in Italia di un'im-posta sul valore aggiunto. Quaderni di studi economici a

cura della Facoltà di economia e commercio dell'Università di Napoli, 1 9 6 5 ; E . G E R E L L I e G . SARTORATI, Contributo alle indagini sulla riforma del sistema tributario, Istituto

lombardo per gli studi economici e sociali, Milano, 1904, pagg. 8 8 - 9 0 .

I difetti sono molti e, quasi sempre, trovano scaturigine da emendamenti parlamentari:

a) discriminazione delle aliquote del-l'I. V. A. ed eccessiva elevazione dell'aliquota normale (5);

b) difficoltà di un accertamento sufficien-temente rigoroso nella fase al dettaglio del-1 I.V.A. e, in molti casi, elevati costi di ri-scossione;

c) maggiore complessità nella contabilità necessaria per assolvere l'I.V.A. soprattutto nei riguardi delle imprese minori;

d) revisione piuttosto modesta, nella sua portata, delle imposte di registro, nonostante che nei lavori preparatori della riforma fosse emersa quasi unanime, eia parte degli esperti e del mondo economico, la richiesta di sop-pressione di questi tributi, perché costituenti un intralcio agli affari, un incentivo alla stipu-lazione di atti simulati e fonti frequenti di controversie tributarie. Anche il Consiglio na-zionale dell'economia e del lavoro aveva dato parere favorevole alla loro abolizione;

e) mantenimento dell'imposta progressiva sul valore globale dell'asse ereditario, con la sua assurdità ed illegittimità costituzionale e con le gravi sperequazioni che ne conseguono;

/) mancata rivalutazione — nell'imposta successoria sulle singole quote — anche della imposta pagata sulle donazioni precedentemente ricevute di cui la legge ordina il cumulo con l'aggiornamento di valore alla data di apertura della successione.

Invero, questo rapido esame dei pregi e dei difetti

più salienti contenuti nella legge 9 ot-tobre 1971, n. 825 sulla riforma del "sistema tributario rende assai perplessi circa la possi-bilità di ammettere che essa risponda ora ad un piano organico che tenga conto, oltre che delle necessità crescenti della finanza, delle condizioni dei contribuenti e dello sviluppo fu-turo del sistema economico italiano. Ma le per-plessità aumentano quando si pensi, inoltre, all'art. 18 della legge-delega che autorizza il governo, ove il gettito complessivo non ri-sponda alle sue attese, a variare — nei due anni successivi al primo biennio di applicazione dei nuovi tributi — le aliquote dei tributi medesimi.

Una clausola di salvaguardia di tale specie si può ritenere utile per la moralizzazione dei rapporti tra fisco e contribuente?

E per concludere, non si deve dimenticare che il successo della riforma richiede condizioni di stabilità politica ed economica, e, prelimi-narmente, la riorganizzazione ed il potenzia-mento dell'amministrazione finanziaria.

(5) Il progetto della Commissione di studiosi ed esperti costituita presso il Ministero delle Finanze e i disegni di legge del 1907 e del 1009 contemplavano, invece, un'aliquota unica del 10%. La unicità era ritenuta condizione essenziale per rendere agevole — nella misura del possibile — il funziona-mento del nuovo tributo. (Cfr. al riguardo: Autori vari,

L'azione degli enti internazionali