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La funzione di accertamento degli usi e delle consuetudini

Adriano Perino

Poiché la vita economica non è statica bensì in continuo divenire, essa non si presta alle generalizzazioni che sono proprie della legge scritta ma si svolge indipendentemente dal-l'esistenza di particolari norme giuridiche atte a disciplinarla. Nascono cosi nuovi istituti o si trasformano quelli già esistenti con il sorgere di nuove esigenze; uniformandosi a queste ul-time i singoli consociati assumono un comporta-mento che si ripete con il verificarsi delle stesse.

Tale comportamento, che inizialmente cor-risponde ad una norma di condotta spontanea-mente adottata, acquista, con il ripetersi e il generalizzarsi, caratteri di uniformità, di co-stanza, di generalità, sempre crescenti in modo che, ad un determinato momento, la maggio-ranza dei consociati vi presta osservanza non più spontaneamente ma con la convinzione di adeguarsi ad una norma generale e obbligatoria. In tale istante, al quale si perviene gradual-mente, con maggiore o minore rapidità a seconda del grado di frequenza e di uniformità degli atti nei quali si estrinseca il comportamento menzionato in precedenza, la norma di con-dotta acquista i caratteri giuridici dell'uso.

Inteso in tale senso l'uso non differisce dalla consuetudine la quale, secondo la dottrina di gran lunga dominante, è appunto costituita da due elementi: l'uno esteriore, materiale, di fatto, consistente nella ripetizione uniforme, generale e costante, di un determinato compor-tamento; l'altro interiore e psicologico, che si estrinseca nella convinzione di osservare, cosi operando una norma giuridica (nel diritto ro-mano « opinio iuris ac necessitatis »).

Da ciò discende la necessità di reperire un elemento che dia valore alla consuetudine pra-ticata, occorre cioè ricercare nei comportamenti che la costituiscono un carattere che li distingua dalle regole di correttezza e come tali giuridica-mente irrilevanti.

Si t r a t t a a p p u n t o di stabilire perché e come essa si ritenga esistente nel f a t t o di vendere

con imballo o senza e non nell'inviare le feli-citazioni per un contratto coneluso con soddi-sfazione reciproca.

È opportuno precisare che la prassi costante ed uniforme va intesa come un atto esterno di volontà, e non come semplice pensiero o sentimento, e che l'uso deve avere la struttura ed il contenuto di una norma di diritto.

Non t u t t o il costume infatti diventa diritto ma solo quello attinente ad una materia che per sua natura è passibile di una disciplina giuridica. Gli usi sociali, di condotta, di eti-chetta, ecc., non sono consuetudini in senso tecnico appunto perché non riguardano una materia giuridica.

Giova al riguardo ricordare che l'articolo 1 delle disposizioni preliminari del codice civile annovera gli usi tra le fonti del diritto e che l'articolo 8 delle stesse preleggi recita quanto segue:

« Nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati ».

Cosi avviene in merito agli effetti del con-tratto, laddove l'art. 1374 del codice civile afferma in tema di integrazione del contratto stesso:

« Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a t u t t e le conseguenze che ne derivano o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità ».

Altro richiamo agli usi è quello dettato dal primo comma dell'art. 1084 del codice civile, sulle norme regolatrici della servitù, che è cosi formulato:

« Per l'esercizio della servitù di presa d'acqua, quando non dispone il titolo o non è possibile riferirsi al possesso, si osservano gli usi locali ».

I rinvii agli usi contenuti nel codice civile sono ancora molteplici e ciò è dovuto non solo

al fatto che in esso sono stati uniti i due prece-denti codici civile e di commercio già abrogati ma anche alla circostanza che in molti casi è stato reso specifico quel rinvio generico agli usi mercantili che era menzionato nell'articolo 1 del codice di commercio del 1882.

Di carattere diverso sono gli « usi interpre-tativi » o « negoziali » o « di fatto », come varia-mente sono stati chiamati.

Essi non sono vere e proprie norme consue-tudinarie ma semplici indizi di una certa vo-lontà che si presume fino a prova contraria: l'origine di questi usi è la volontà dei contraenti ed essi hanno la funzione di mere clausole con-trattuali avendo attinenza, in definitiva, al set-tore dell'interpretazione dei negozi giuridici.

L'art. 1368 del codice civile si riferisce a questi ultimi allorché, in merito alle pratiche generali interpretative, afferma quanto segue: « Le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso ».

Agli stessi usi interpretativi si richiama l'art. 1340 c.c. che recita:

« Le clausole d'uso s'intendono inserite nel contratto, se non risulta che non sono state volute dalle parti ».

È opportuno infine precisare che chi decide se l'uso si è formato su una determinata ma-teria è il giudice cui viene chiesta l'applicazione della consuetudine e a cui spetta accertarne la rilevanza giuridica. Il giudice si avvale natu-ralmente delle raccolte di usi, di cui l'art. 9 delle disposizioni preliminari del codice civile afferma: « Gli usi pubblicati nelle raccolte uf-ficiali degli enti e degli organi a ciò autorizzati si presumono esistenti fino a prova contraria ». Altri mezzi con cui si può provare l'esistenza delle consuetudini sono i precedenti giurispru-denziali, le pubblicazioni di scrittori, le testi-monianze.

Sebbene spetti sempre al giudice trarre un apprezzamento complessivo, sembra evidente che le raccolte ufficiali garantiscano una mag-giore attendibilità e preminenza anche rispetto ad un precedente accertamento giudiziale che può essere ormai superato.

Esistono nel nostro ordinamento due modi di accertamento degli usi: quello affidato alle Camere di commercio per gli usi formatisi nelle rispettive province e quello demandato al Mi-nistero dell'industria del commercio e dell'arti-gianato per gli usi generali.

In merito a questi ultimi l'articolo 1 del Decreto-Legge del Capo provvisorio dello Stato del 27 gennaio 1947, n. 152, affidava ad una commissione speciale permanente istituita

pres-so il Ministero stespres-so « l'accertamento degli usi generali del commercio ».

Quanto ai primi, che particolarmente ci riguardano, g i f ' l ' a r t . 5, lettera d, della legge 20 marzo 1910, n. 121, stabiliva: «le Camere di commercio compilano e rivedono periodica-mente la raccolta degli usi e delle consuetudini commerciali del proprio distretto e rilasciano certificati su tale materia, indicando la delibe-razione camerale in cui i singoli usi furono accertati ».

Successivamente il testo unico 20 settembre 1934 n. 2011, che riguardava le attribuzioni degli allora esistenti Consigli provinciali del-l'economia corporativa, demandava a questi ultimi l'accertamento degli usi e delle consue-tudini j^raticati nelle singole provincie in cui tali organi esercitavano la propria giurisdizione.

Recita infatti l'art. 34 del predetto testo unico: «Il Consiglio, esperite direttamente le necessarie indagini, formula uno schema che viene comunicato alle associazioni professionali interessate, esistenti o aventi competenza nella provincia, e che viene affisso nell'albo del Con-siglio stesso per un mese; entro quarantacinque giorni dalla data di inizio dell'affissione, le associazioni jDrofessionali interessate e chiunque vi abbia interesse fanno pervenire le loro osser-vazioni; le sezioni competenti del Consiglio, esaminate le osservazioni j^ervenute, redigono il progetto della raccolta, che diviene definitivo dopo la approvazione del consiglio generale.

Gli usi e le consuetudini invalsi nelle fiere o nei mercati della provincia sono accertati dal Consiglio sentiti gli ufficiali preposti alle fiere e ai mercati e i mediatori che vi inter-vengono abitualmente.

La raccolta cosi compilata è depositata nella segreteria del Consiglio provinciale dell'Econo-mia corporativa e può essere esaminata da chiunque ne abbia interesse ».

Il procedimento testé descritto, — sebbene siano trascorsi decenni e i disciolti Consigli provinciali dell'economia corporativa abbiano m u t a t o denominazione e finalità con la rico-stituzione nel '44 delle Camere di commercio, industria e agricoltura, divenute nel '66 Camere di commercio industria, artigianato e agricol-tura, — è ancora sostanzialmente valido.

Ciò non per ossequio ad una vecchia nor-mativa considerata irreformabile né t a n t o meno per un senso di fedeltà al passato ma poiché già allora le categorie produttive, pur nella limitatezza della rappresentanza organica vi-gente nell'ordinamento corporativo, erano chia-mate ad una funzione a cui attendono normal-mente oggigiorno, e cioè ad esprimere il loro parere in merito a norme consuetudinarie le

quali, oggi come allora, debbono attingere la loro forza dalla realtà economica e sociale intrinseca alla n a t u r a stessa delle cose.

Da tale periodo non vi è più s t a t a alcuna innovazione legislativa al riguardo e p e r t a n t o continuano ad essere operanti le norme citate in precedenza.

La materia da allora è s t a t a soltanto og-getto di una circolare ministeriale del 2 luglio 1064 nella quale il Ministero dell'industria, allo scopo di rendere uniforme in t u t t o il territorio nazionale l'ordinamento degli usi nelle raccolte provinciali pubblicate dalle Camere di com-mercio, rilevava la necessità che, a decorrere dal 1965, le revisioni quinquennali dovessero avvenire simultaneamente in ogni provincia e cioè nel 1970, nel 1975 e nei quinquenni succes-sivi per t u t t i gli E n t i camerali esistenti in Italia.

La circolare suggeriva al t e m p o stesso che la materia venisse riordinata secondo u n deter-m i n a t o schedeter-ma-tipo, anche allo scopo di ren-dere possibile la comparazione formale degli usi e per facilitare, di conseguenza, il reperi-m e n t o di quelli generali.

Nella circolare era previsto che u n a Com-missione provinciale per la revisione degli usi, n o m i n a t a dalla Giunta camerale e presieduta da u n magistrato, organizzasse e coordinasse le operazioni di revisione, redigendo lo schema della raccolta provinciale degli usi da proporre alla approvazione della Giunta camerale.

Nella nostra provincia la Commissione citata in precedenza iniziò i propri lavori per la revi-sione del 1970, — la cui « r a c c o l t a » f u edita n e l l ' a u t u n n o dello stesso a n n o —, circa due anni p r i m a della pubblicazione del testo e cioè nel giugno 1968.

Si poneva il problema di aggiornare la rac-colta del '65 includendovi settori sino ad allora non t r a t t a t i e i n q u a d r a n d o in u n a visuale più a p p r o f o n d i t a vari aspetti di singole materie che già erano s t a t e oggetto di u n a precedente elaborazione.

Si raccolsero cosi usi già p r a t i c a t i e vigenti su diverse piazze d ' I t a l i a e si invitarono gli operatori economici ad esprimere il loro parere sulla applicabilità di tali consuetudini pure in provincia di Torino ed, e v e n t u a l m e n t e , a for-mulare nuove proposte.

I n tal modo si diede corso ad u n a serie di interviste che si protrassero per la d u r a t a di u n anno, e precisamente dal giugno '68 al giugno '69, d u r a n t e il quale t u t t a la m a t e r i a oggetto del testo della a t t u a l e raccolta f u sotto-posta ad u n p r i m o esame.

Dopo ogni g r u p p o di interviste d i r e t t e a d accertare n u o v i usi su a r g o m e n t i affini, la Com-missione espresse il proprio giudizio, vagliando

a c c u r a t a m e n t e t u t t e le proposte, formulandone u n primo testo provvisorio ed eliminando t u t t o ciò che non costituiva consuetudine ma sem-plicemente un insieme di norme merceologiche o di pura correttezza commerciale.

Giova ricordare che la Commissione, presie-d u t a presie-da un alto magistrato e composta pure da insigni docenti di diritto commerciale, si at-tenne scrupolosamente ai canoni fondamentali di uniformità, costanza e generalità che carat-terizzano gli usi e che ancora oggi ne confer-mano la definizione romanistica di « diuturni mores consensu u t e n t i u m comprobati ».

U l t i m a t a questa prima p a r t e del lavoro di revisione, si diede subito inizio alla seconda fase già nel primo semestre del 1969.

I n tale periodo furono inviati a t u t t e le Associazioni di categoria della provincia, agli Ordini professionali e a vari operatori econo-mici di ogni settore — esclusi n a t u r a l m e n t e quelli intervistati nella p r i m a fase dei lavori — sia gli usi accertati con la revisione del '65 sia gii usi nuovi di cui si proponeva l'accertamento. A ciascuna associazione e ad ogni g r u p p o di operatori economici si trasmisero le consue-tudini inerenti al loro settore di a t t i v i t à invi-t a n d o a confermarne la A c i d i invi-t à o, in caso di desuetudine di usi già accertati, a suggerirne l'abolizione o la sostituzione con u n nuovo testo da jiroporsi.

E n t r o la fine di o t t o b r e del '69 pervennero t u t t e le risposte; gli usi già accertati non susci-tarono rilevanti proposte di modificazioni m e n t r e gli usi nuovi di cui si chiedeva l ' a c c e r t a m e n t o f u r o n o sostanzialmente confermati, salvo qual-che suggerimento di integrazione della m a t e r i a o di miglioramento del testo.

N e l l ' a u t u n n o del '69 si passò quindi alla terza fase, — la p i ù i m p e g n a t i v a —, dei lavori di revisione.

L a Commissione riesaminò ancora t u t t o il materiale p e r v e n u t o e predispose lo schema della raccolta provinciale degli usi, suddiviso in titoli, capitoli e relativi articoli, a d o t t a n d o la classificazione d e l l ' I s t i t u t o centrale di statistica, suggerita dal Ministero dell'industria.

F u necessario indire f r e q u e n t i riunioni, allo scopo di t r a t t a r e c o m p i u t a m e n t e t u t t i gli argo-menti, e in tali sedute ai m e m b r i della Com-missione si affiancarono esperti, che vennero consultati per le questioni s t r e t t a m e n t e tec-niche, in r a p p r e s e n t a n z a delle categorie eco-nomiche.

P e r t a n t o in ogni riunione i n t e r v e n n e r o a f o r m u l a r e il loro parere sulle questioni p r e d e t t e due r a p p r e s e n t a n t i delle categorie agricole o artigiane o industriali o commerciali o del set-tore creditizio, n o m i n a t i dal Presidente della

Camera di commercio di volta in volta a se-conda degli argomenti in esame e designati dalle rispettive associazioni.

Tale procedura aveva trovato già applica-zione ili occasione della revisione del 1965 e fu disposta dalla Giunta camerale con delibe-razione n. 644 del 2 ottobre 1964.

Sia in quest'ultima fase della revisione, come nelle due che la precedettero, furono consultati i direttori dei principali mercati della provincia di Torino, in adempimento anche alle disposi-zioni contenute nel già citato testo unico del 20 settembre 1934 che prescrive di accertare gli usi e le consuetudini invalsi nelle fiere o nei mercati della provincia « sentiti gli ufficiali pre-posti alle fiere e ai mercati ».

Questa terza ed ultima fase della revisione ebbe termine nel maggio 1970; in giugno lo schema con il testo provvisorio della raccolta fu inviato nuovamente a t u t t e le Associazioni di categoria e, per la parte attinente alle eco-nomie locali, ai Comuni della Provincia.

Trascorsi quarantacinque giorni dalle comu-nicazioni non pervenne né da parte delle asso-ciazioni di categoria né dai Comuni alcuna osservazione in merito e il testo provvisorio fu approvato successivamente dalla Giunta Camerale diventando cosi definitivo.

La mancanza di ulteriori rilievi da parte delle Associazioni di categoria fu dovuto na-turalmente al fatto che le stesse, o direttamente o tramite operatori economici designati, ave-vano partecipato attivamente alla elabora-zione del testo provvisorio nelle tre successive fasi della revisione precedentemente indicate.

Di conseguenza il prezioso apporto degli operatori economici di ogni settore fu partico-larmente fruttuoso e va attribuito alla Com-missione il merito di essersene avvalsa.

Per quanto riguarda il testo della nuova raccolta, che è valida per il quinquennio 1970-75, si deve constatare che essa, pur seguendo lo stesso ordine sistematico della precedente edi-zione del 1965, si differenzia da questa per una maggiore completezza che abbraccia nuovi settori e che inquadra in una più approfondita visione alcuni asjDetti di singole materie che erano già state trattate nella pubblicazione del 1965.

I capitoli in cui compaiono consuetudini che precedentemente non erano state ancora accertate sono i seguenti: locazioni di immobili, riscaldamento, compravendita, permuta, affitto e conduzione di fondi rustici, compravendita di prodotti della zootecnia, uova, pollame e pul-cini, di prodotti dell'agricoltura, della silvicol-tura, della caccia e della pesca, delle industrie alimentari, delle industrie del legno, della carta e poligrafiche, dell'oreficeria, di elettrodome-stici, di materiali per l'installazione di impianti elettrici, riparazione apparecchi radio.

Nella nuova raccolta compaiono pure per la prima volta gli usi relativi ai trasporti ter-restri e al commercio filatelico.

La spedizione del nuovo testo ai vari Enti pubblici della provincia, alle associazioni di cate-goria e alle altre Camere di commercio esistenti in Italia avvenne sempre nell'autunno del 1970. Poiché la materia degli usi, per la sua stessa natura, è soggetta ad una costante evoluzione, sarà cura dell'Ente camerale di Torino mante-nere i contatti già iniziati con il mondo impren-ditoriale affinché possano scaturire eventuali ulteriori elementi che, esaminati e vagliati, diano adito successivamente alla Commissione di ac-certare nuovi usi che venissero a formarsi in futuro. Si sarà svolto cosi un lavoro proficuo per le revisioni dell'avvenire.